L’attuale governo sta cercando di incentivare l’uso della moneta
elettronica. Si tratta di un obiettivo condivisibile, ma restano alcune
perplessità.
Anzitutto bisogna considerare il limite per l’uso dei contanti. Nel 2011 il
governo Monti l’aveva ridotto a 1.000 euro per ciascun acquisto. Il Governo
Renzi a partire dal 2016 aveva alzato questo limite a 3.000 euro. Dal 1° luglio
2020 il governo Conte l’ha ridotto a 2.000 euro e prevede di riportarlo a 1.000
euro nel 2022. Queste oscillazioni certo non mostrano una convinta strategia da
parte dello Stato nei confronti dell’evasione fiscale.
Dall’8 dicembre 2020 il governo Conte ha avviato il “cashback”, cioè la
possibilità di un rimborso del 10% di quanto viene speso utilizzando la moneta
elettronica. L’intento è da considerarsi positivo, ma la complessità del
sistema adottato rischia di vanificarne l’esito.
Il primo ostacolo si trova nella necessità di registrarsi online e di
utilizzare una specifica applicazione, con enormi problemi di accesso e
funzionamento. Dato che tutte le carte di credito e i bancomat sono associati a
conti correnti i cui intestatari risultano nella banca dati del fisco, che
necessità c’era di creare ulteriori procedure di registrazioni burocratiche, a
maggior ragione se malfunzionanti?
Inoltre, paradossalmente con il sistema del cashback viene incentivato (e premiato)
anzitutto il numero di operazioni anziché l’importo. Infatti, riceverà il
premio del 10% chi avrà effettuato almeno 10 operazioni con carte di credito o
bancomat dall’8 al 31 dicembre 2020 indipendentemente dalla cifra spesa (quindi
anche per 10 caffè). Un consumatore con 9 operazioni di importo elevato non
avrà alcun rimborso. Difficile comprendere la logica di una scelta simile, che
proseguirà anche per il 2021 con 50 operazioni a semestre. Se si vuole
contrastare l’evasione fiscale conta soprattutto la tracciabilità degli importi
elevati.
Dopo il rinvio di agosto 2020, dal 1° gennaio 2021 era prevista la partenza
della lotteria degli scontrini. Su richiesta degli esercenti è stata nuovamente
posticipata, poiché sussiste l’obbligo di aggiornare il software che gestisce i
pagamenti con moneta elettronica, dovendo inserire un nuovo codice che ogni
consumatore deve acquisire dal sito dedicato alla lotteria degli scontrini.
Tale codice è univoco per ogni contribuente e di conseguenza non se ne capisce l’utilità:
sarebbe stato più semplice eventualmente utilizzare il codice fiscale o la
tessera sanitaria come da anni avviene per le detrazioni per l’acquisto di
farmaci. Anche in questo caso vale quanto già detto: le carte di credito e i
bancomat non sono anonimi, ma sono sempre associati ad un contribuente.
Resta infine il problema, per altro non nuovo, dell’invito alla
partecipazione a lotterie da parte dello Stato. Se il cashback è già un
incentivo utile per motivare i contribuenti all’uso della moneta elettronica,
per quale ragione si ritiene necessario aggiungere anche l’aleatorietà della
lotteria, che premia a caso, senza meriti specifici? Educare alla moneta
elettronica è una buona prassi, ma non dovrebbe comportare la diseducazione
implicita nella promozione di meccanismi che hanno analogie con il gioco
d’azzardo.
Per disincentivare l’uso di contanti si potrebbero trovare altre vie, assai
meno discutibili. Per esempio, tassare ogni prelievo in contanti e/o mettere
una sovrattassa per ogni pagamento in contanti. Insomma, per il denaro contante
si potrebbe impiegare la strategia opposta a quella della moneta elettronica.
Se si utilizzano i contanti si paga di più, con le transazioni tracciabili si
paga di meno. Troppo semplice?
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