per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone
prima che vengano bandite per sempre?
la risposta, amico mio, se ne va nel vento,
L’Italia ha
perso la grande occasione di dire addio alle armi nucleari USA sul proprio
territorio - Ilaria Cagnacci
In Italia ci sono almeno 40 testate nucleari. Non sorprende quindi che non
abbia firmato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, appena entrato
in vigore. Eppure l’opinione pubblica è contraria e altri Paesi, come il
Canada, ci dicono che si può far parte della NATO pur essendo contrari al
nucleare.
Lo scorso 22
gennaio è entrato in vigore il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), il primo trattato applicabile a livello
globale che proibisce categoricamente l’uso, lo sviluppo, i test, la
produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento,
il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento,
l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. L’ultimo paese a
ratificare il trattato è stato l’Honduras il 24 ottobre 2020 con il quale è
stata raggiunta la soglia di 50 Paesi firmatari necessaria per la sua
entrata in vigore.
Nessuna
delle potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina,
Israele, India, Pakistan e Corea del Nord) ha firmato il trattato e soltanto
sei stati europei lo hanno ratificato: Austria, Irlanda, Malta, San Marino,
Liechtenstein, Città del Vaticano.
L’Italia non
ha né firmato né sottoscritto il trattato così come Germania, Belgio e Paesi
Bassi che, come il nostro Paese, condividono accordi di ‘nuclear sharing’ con
gli Stati Uniti.
Sul nostro
territorio nazionale si stima la presenza di 40 testate nucleari di cui 20
presso la base di Ghedi (Brescia) e le restanti 20 nella base di Aviano
(Pordenone) mentre negli altri Paesi europei se ne stimano circa 20 a testa.
Non si può parlare di numeri certi in quanto in linea con la politica della
NATO “né confermare né smentire” la presenza di ordigni nucleari l’Italia si
avvale del vincolo di riservatezza e secondo il ministero della Difesa, più
volte interpellato a rilasciare informazioni a riguardo, si tratterebbe di
informazioni che i cittadini italiani non sono tenuti ad avere. Gli accordi
bilaterali con gli USA non solo prevedono ‘la condivisione nucleare’ bensì
anche una partecipazione attiva in caso di guerra, circostanza nella quale i nostri
cacciabombardieri dovrebbero essere pronti a sganciare queste armi. Molti
commentatori non esitano a dire che questa situazione va chiaramente in
contrasto con quanto previsto dal Trattato di non proliferazione
nucleare che l’Italia firmò e ratificò il 2 maggio 1975 e dove
si impegnò alla via del disarmo, della distensione internazionale e
della pace…
Da oggi le armi nucleari sono
illegali - Angelo
Baracca
Oggi 22
gennaio 2021 il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN, in inglese TPNW)
entra in vigore come norma del diritto internazionale. Ad oggi è stato firmato
da 86 Stati (gli Stati aderenti all’ONU sono 194), e ratificato da 51. Molti
sono i commenti pubblicati (https://www.pressenza.com/it/2020/10/la-proibizione-delle-armi-nucleari-diventa-norma-internazionale/; raccomando anche A.
Pascolini, Un anno dal bando delle armi nucleari: un trattato peculiare, Il
Bo-Live, 7 luglio 2018, https://ilbolive.unipd.it/it/blog-page/bando-armi-nucleari-trattato-tpnw-proibizione) e non è il caso di riprendere qui
tutte le argomentazioni.
Rammentiamo
come sintesi le disposizioni dell’art. 1 del trattato (il testo completo si
trova per esempio in https://www.avvenire.it/c/mondo/Documents/trattato%20ITA.pdf). Il TPWN obbliga ogni Stato che vi
aderisca a «non: (a) Sviluppare, testare, produrre, oppure acquisire, possedere
o possedere riserve di armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari;
(b) Trasferire a qualsiasi destinatario qualunque arma nucleare o altri
dispositivi esplosivi nucleari o il controllo su tali armi o dispositivi
esplosivi, direttamente o indirettamente; (c) Ricevere il trasferimento o il
controllo delle armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari,
direttamente o indirettamente; (d) Utilizzare o minacciare l’uso di armi
nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari; (e) Assistere, incoraggiare
o indurre, in qualsiasi modo, qualcuno ad impegnarsi in una qualsiasi attività
che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (f) Ricercare o
ricevere assistenza, in qualsiasi modo, da chiunque per commettere qualsiasi
attività che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (g)
Consentire qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o
di altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi
luogo sotto la propria giurisdizione o controllo».
Mi limiterò
a richiamare l’origine, e il valore, del TPAN e del movimento della società
civile che ha portato ad esso, e il corrispettivo di qualche limite che anche
per questo sconta, aggiungendo qualche modesta considerazione sul futuro degli
armamenti nucleari.
Come e
perché si è giunti al TPAN?
In primo
luogo vi è una differenza di fondo fra il Trattato di Non Proliferazione (TNP)
del 1970 e il TPAN. Il TNP fu voluto e negoziato solo dalle 5 (allora) potenze
nucleari (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia, Cina: anche se Israele aveva già
l’atomica, ma ancora oggi non lo ammette ufficialmente) preoccupate unicamente
di sbarrare la strada della bomba ad altri paesi. Tant’è vero che “concessero”
il famoso Art. VI con la “promessa di marinaio” di proseguire “trattative in
buona fede” per arrivare a un accordo di disarmo completo. Ipocrisia che è
stata confermata da 9 Conferenze quinquennali di Riesame (quella del 2020 è
stata rinviata a causa della pandemia), nelle quali gli Stati non nucleari
hanno inutilmente chiesto l’avvio effettivo del processo di disarmo. Proprio
dalla constatazione della pervicace determinazione degli Stati nucleari a non
rinunciare a queste armi, nacque 16 anni fa nella società civile la Campagna
Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), la quale riuscì a
presentare la questione all’ONU, che promosse il negoziato che il 7 luglio 2017
approvò il testo del TPAN. La partecipazione della società civile al negoziato
ONU costituì una grande novità, ma anche la partecipazione di tutti gli Stati
dell’ONU che lo volessero costituì una differenza abissale rispetto ai
negoziati per il TNP.
Punti di
forza del TPAN…
Anzi, la
genesi del TPAN è stata letteralmente antitetica rispetto a quella del TNP, dal
momento che gli Stati nucleari, come pure i “satelliti” della NATO, hanno
sdegnosamente rifiutato di prendere parte al negoziato. Questo ha fatto sì che
il negoziato si sia concluso in pochi mesi, mentre i negoziati per il TNP
richiesero anni. Fra gli Stati che hanno ratificato il TPAN vi sono molti paesi
minuscoli, che forse molti di noi non conoscevano neanche prima d’ora: come
Antigua and Barbuda, Comoros, Fiji, Kiribati, Palau, Saint Kitts and Nevis,
Tuvalu, Vanuatu. Ma qui sta anche la grossa novità: Stati che finalmente hanno
avuto voce in capitolo a dispetto dell’arroganza delle potenze nucleari (1). Un
fattore basilare di democrazia, come nell’Assemblea Generale dell’ONU, uno
Stato un voto.
. . . e
qualche punto debole
Ci sono
comunque nel TPAN un paio di punti deboli non trascurabili. Il primo è che fra
gli Stati che hanno partecipato al negoziato è prevalsa la posizione di
consentire lo sviluppo della tecnologia nucleare per usi civili. Un secondo
punto è stato molto più controverso, il riconoscimento della possibilità per
gli Stati che aderiranno al TPAN di recedere da esso se sono a rischio
«interessi supremi di un paese» (art. 17): si ammette così implicitamente che
le armi nucleari possano essere indispensabili, contraddicendo così la loto
proibizione ed eliminazione per sempre. Ma è stato chiaro nel corso del
negoziato che senza questa clausola di recesso molti Stati non avrebbero
approvato il TPAN. Giova ricordare che il TNP riconosce esplicitamente il
diritto di recesso con tre mesi di preavviso senza nessuna condizione: è quanto
fece la Corea del Nord, al colmo delle minacce degli Stati Uniti, realizzando
così in tre anni la bomba.
I difficili
rapporti con gli Stati nucleari per un processo di disarmo
Non vi è
dubbio che qualora gli Stati nucleari avessero partecipato al negoziato le cose
sarebbero state molto più complesse, lente e contrastate: nessuno dei paesi che
hanno partecipato possedeva armi nucleari e doveva assumere impegni per
eliminarle. In un articolo con Elio Pagani abbiamo cercato di affrontare la
complessità di un processo di eliminazione totale delle armi nucleari: https://www.pressenza.com/it/2020/08/se-tutti-i-9-stati-nucleari-firmassero-il-tpan-come-avverrebbe-leliminazione-delle-armi-nucleari/. In estrema sintesi, è irrealistico
pensare che una potenza nucleare decida unilateralmente di eliminare le proprie
armi nucleari, se non altro perché verrebbe a trovarsi in condizioni di estrema
vulnerabilità rispetto alle altre, in geopolitica non valgono la lealtà e la
buonafede: sarà necessario un negoziato specifico ed estremamente complesso fra
tutti gli Stati nucleari (che al più potranno accettare prevedibilmente
“spettatori” senza diritto di voto), per stabilire un’eliminazione bilanciata
con stretti sistemi di controllo. Del resto è quello che è avvenuto dopo la
scomparsa dell’Unione Sovietica e del Blocco comunista, con laboriose
trattative per i Trattati di Riduzione delle Armi Strategiche (START I, II, e
Nuovo START), sebbene non si siano affatto posti l’obiettivo della totale eliminazione.
A tale proposito, è particolarmente preoccupante un’osservazione piuttosto
perentoria di Alessandro Pascolini nell’articolo su Bo-Live che
ho citato, perché contrasta con la premessa del TPAN, «che porti alla loro
totale eliminazione», e con la percezione comune del trattato: «Per i paesi con
armi nucleari che intendano aderire al trattato sono previste delle condizioni
che prevedono un trattamento punitivo e delle procedure che difficilmente
potranno essere accettate anche dagli stati che intendano rinunciare ai propri
armamenti nucleari, per cui il TPAN è praticamente privo di effetti reali come
strumento per il disarmo nucleare, anche perché non mira a creare le
precondizioni necessarie per un mondo privo di tali armi» (2).
Cruciali le
decisioni dei paesi della NATO
Vista la
feroce opposizione al TPAN da parte delle potenze che detengono un proprio
arsenale nucleare, sarebbe cruciale per rompere il fronte stimolare l’adesione
dei paesi europei che “ospitano” testate nucleari statunitensi, e in generale
dei paesi che aderiscono all’Alleanza Atlantica. Anche se la NATO continua a
ribadire l’affidamento dell’Alleanza sugli armamenti nucleari (di Stati Uniti,
Francia e Gran Bretagna), non vi è nessun impedimento reale perché uno Stato
che non detiene armi nucleari proprie firmi il TPAN: soprattutto Stati che non
“ospitano” armi nucleari potrebbero ottemperare in modo relativamente facile
alle norme del TPAN, ovviamente pur di avere la dignità di sottrarsi al “Washington
consensus” che è il vero collante della NATO, poiché in realtà gli Stati
aderenti litigano su tutto! Vi sono molte spinte in questo senso. Il 16 gennaio
2020 il Parlamento del Belgio (che “ospita” 20 testate nucleari statunitensi)
votò su una Risoluzione presentata dalla Commissione Esteri del Parlamento che
richiedeva l’eliminazione degli ordigni NATO dal territorio e l’ingresso del
Belgio nel TPAN: la Risoluzione fu respinta per un margine strettissimo – 66
voti favorevoli e 74 contrari – 5 soli voti per ottenere la maggioranza (https://www.peacelink.it/disarmo/a/47222.html). Sulla lista di ICAN circolano
vari messaggi sulle crescenti pressioni di varie forze politiche in vari paesi.
Si ha l’impressione di una pentola che sta per scoppiare. E il baratro che
segna la crisi irreversibile della politica e della società degli Stati Uniti
(con la minaccia concreta che un Presidente possa innescare una guerra
nucleare) dovrebbe consigliare proprio di dissociarsi dalla dipendenza da quel
paese: perfino i topi fuggono da una nave che sta affondando!
I futuri
passi degli Stati aderenti al TPAN
Il trattato
contempla che gli Stati aderenti al TPAN tengano la prima riunione ad un anno
dalla sua entrata in vigore, e questa è già programmata a Vienna per il gennaio
2022: auspicabilmente per quella data il numero di Stati aderenti avrà superato
il numero di 51. Il Monitor del trattato contiene già una
serie di proposte, ovviamente preliminari e non ufficiali, per un piano
d’azione per l’implementazione del trattato (https://banmonitor.org/news/recommendations-for-the-first-meeting-of-states-parties-to-the-tpnw).
È interessante
la prima di esse: il piano d’azione dovrebbe richiedere agli Stati nucleari di
avviare negoziati, bilaterali o/e multilaterali, per porre fine alla corsa agli
armamenti nucleari e avviare un processo generale di disarmo, sottolineando la
partecipazione ai negoziati della società civile e delle organizzazioni
internazionali.
La sfida che
ci aspetta
Affido
queste considerazioni alla riflessione collettiva. Il problema mi sembra che
vada al di là del TPAN: da oggi la proibizione delle armi nucleari diventa
norma del diritto internazionale. Questo è indubbiamente un fatto di grande
rilevanza, tuttavia sappiamo bene che l’applicazione di una norma dipende dai
rapporti di forza a livello della società, in questo caso a livello
geopolitico. Ma si deve assolutamente rivendicare che il diritto è l’opposto
della legge del più forte, e la democrazia, quella reale, si misura in primo
luogo dai diritti che hanno le minoranze. Oggi, dopo 76 anni, il diritto di
piccoli paesi, e piccoli popoli, diventa norma internazionale, a dispetto della
volontà delle grandi e tronfie potenze. Dalla dichiarazione dei diritti alla
loro conquista spesso il passo è molto grande, alcuni diritti fondamentali sono
ancora lontani dall’essere realizzati, altri sono costantemente messi in
discussione (basta pensare alla legge sull’aborto). A me viene spesso alla
mente il famoso detto «Datemi un punto d’appoggio e solleverò in mondo»: ecco,
oggi il punto d’appoggio lo abbiamo, sollevare il peso delle armi nucleari sarà
un processo ancora lungo e difficile, dipenderà dalla consapevolezza e la
determinazione dei popoli della Terra pretendere che un divieto diventi realtà!
Assumiamo la data di oggi come un buon auspicio.
Note:
(1) A chi
non lo conoscesse (senza dubbio i giovani) raccomanderei la visione di un
capolavoro di satira del lontano 1959, il film Il ruggito del topo,
in cui il grande Peter Sellers interpreta 4 o 5 personaggi diversi. Il tema è
il minuscolo Ducato di Grand Fenwick la cui unica fonte di ricchezza è l’esportazione
del famoso vino omonimo. Allorché questo viene fabbricato anche dagli Stati
Uniti le finanze del Ducato subiscono un tracollo irreparabile. Viene allora
adottato il piano di dichiarare guerra agli Stati Uniti, perderla, poi ottenere
delle sovvenzioni finanziarie. La dichiarazione di guerra viene cestinata dal
Dipartimento di Stato, mentre un gruppo di soldati armati di corazze, archi e
frecce, s’imbarca su di un battello. Giunti a New York, trovano la città
deserta poiché è in corso un’esercitazione antiatomica. I guerrieri girano per
le ampie strade deserte e pensano che gli Stati Uniti siano in allarme per il
loro sbarco, ma vagano in cerca di qualcuno che possa vincerli, perché questa è
la loro missione. Così s’imbattono nel professor Kokinz, che incurante
dell’allarme sta dando gli ultimi tocchi alla bomba Q, enormemente più potente
della bomba H ma delle dimensioni di una palla da rugby. Hanno allora l’idea
geniale di prendere prigionieri il professore e sua figlia, con la bomba, ed
anche il generale Ship, che con quattro agenti stava cercando i guerrieri di
Grand Fenwick, scambiati per marziani. Tutta la comitiva viene fatta salire sul
battello, che la riporta in Europa. All’arrivo nel Ducato costernazione
generale perché il compito era di perdere la guerra, ma quando si viene a
sapere che il Ducato è in possesso della bomba Q, i maggiori Stati del mondo
mandano i loro agenti a trattare l’acquisto, mentre gli Stati Uniti sono
costretti a firmare la resa. Le finanze del Ducato rifioriscono. Ma qualcuno
cerca di rubare la bomba, e si innesca una specie di partita a rugby, e la
bomba ruzzola a terra: terrore generale, la bomba produce un certo rumore ma …
salta fuori un topolino.
(2) L’art. 4
renderebbe molto difficile un complesso e necessario negoziato fra gli Stati
nucleari per effettuare l’eliminazione controllata degli armamenti nucleari,
come abbiamo delineato nell’articolo citato di Baracca e Pagani: come se uno
Stato nucleare potesse decidere autonomamente l’eliminazione delle armi
nucleari sottoponendosi a una rischiosissima vulnerabilità (si pensi ad esempio
a India e Pakisan da sempre sull’orlo di un conflitto armato). Art. 4 comma 2:
«Ciascuno Stato Parte che, in deroga all’articolo 1, lettera a),
detiene, possiede o controlla qualsiasi arma nucleare o altri dispositivi
esplosivi nucleari, deve immediatamente rimuoverli dallo stato operativo e
distruggerli non appena possibile, ma non oltre un termine da determinare
durante la prima Riunione degli Stati Parte, in conformità a un piano giuridicamente
vincolante e con scadenza per l’eliminazione verificata e irreversibile del
programma sulle armi nucleari di tale Stato Parte, compresa l’eliminazione o la
conversione irreversibile di tutte le strutture connesse con le armi nucleari.
Lo Stato Parte, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente Trattato
per tale Stato Parte, presenta il piano agli Stati Parte o ad un’autorità
internazionale competente designata dagli Stati Parte. Tale piano sarà quindi
negoziato con l’autorità internazionale competente che lo sottopone alla
successiva riunione degli Stati Parte o alla Conferenza di riesame, a seconda
di quale sia prevista per prima, per l’approvazione in conformità con le sue
regole procedurali.»
Dalla “non
proliferazione” alla proibizione delle armi nucleari - Elena
Camino
Il Trattato di non proliferazione degli
armamenti nucleari, risalente al 1968, non ha arginato in modo significativo il
fenomeno. Oggi, 22 gennaio 2021, entra in vigore un nuovo trattato per la
proibizione delle armi nucleari. Non farà miracoli ma potrà produrre alcuni
effetti importanti per un effettivo processo di disarmo nucleare
Il “Trattato di non proliferazione degli armamenti nucleari”
Il 1º luglio 1968 USA, Regno
Unito e Unione Sovietica sottoscrissero un “Trattato di non proliferazione
degli armamenti nucleari” (Treaty on the Nonproliferation of Nuclear Weapons (NPT) che
entrò in vigore il 5 marzo 1970. Francia e Cina vi aderirono nel 1992.
L’articolo IV del Trattato assicurava tuttavia a ciascuno degli Stati
membri il diritto a usi pacifici della tecnologia nucleare:
«Tutti gli Stati membri hanno il diritto inalienabile a
sviluppare ricerca, produzione e uso dell’energia nucleare per scopi pacifici,
senza discriminazioni. […] Tutte le Parti del Trattato si impegnano a
facilitare e hanno il diritto di partecipare al più completo scambio possibile
di attrezzature, materiali e informazioni scientifiche e tecnologiche per gli
usi pacifici dell’energia nucleare. Le Parti del Trattato in grado di farlo
coopereranno anche per contribuire, da sole o insieme ad altri Stati o
organizzazioni internazionali, all’ulteriore sviluppo delle applicazioni
dell’energia nucleare per scopi pacifici, specialmente nei territori in cui
sono presenti Stati che non possiedono armi nucleari, con la dovuta
considerazione per le esigenze delle aree in via di sviluppo del mondo».
Così, dopo l’elaborazione e
l’approvazione del trattato, la produzione ed emissione di radionuclidi non è
cessata. Nonostante la complessità della filiera, gli enormi investimenti
finanziari e i vincoli di sicurezza richiesti per la costruzione di una
centrale nucleare, la produzione di energia da fonte nucleare si è diffusa in
molte parti del mondo. Come segnala Stephen
Herzog, l’Agenzia Internazionale per
l’Energia atomica(International Atomic Energy Agency – IAEA) presenta una lista
di 220 reattori attualmente impiegati per la ricerca nucleare in 53 Stati, e
440 reattori per la produzione di energia, presenti in 30 Paesi.
Con il moltiplicarsi delle
trasformazioni climatiche causate dall’aumento della CO2 nell’atmosfera
e negli oceani, si sta cercando di ridurre l’uso dei combustibili fossili per
la produzione di energia, sostituendoli con altre fonti. Nel definire –
all’interno dell’Unione Europea ? quali siano le fonti energetiche da
finanziare prioritariamente per le loro ridotte emissioni di gas-serra, si
assiste a una crescente pressione per far riconoscere l’energia nucleare come
fonte “sostenibile”, giustificata dal fatto che durante il funzionamento degli
impianti le emissioni di CO2 sono basse.
Il 28 marzo 2019 il Parlamento
europeo ha votato sulla proposta di classificazione delle iniziative
sostenibili, che avrebbe escluso il nucleare dal ricevere il timbro verde di
approvazione sui mercati finanziari. Ma in questi due anni l’industria nucleare
ha esercitato crescenti pressioni, anche grazie all’intervento della
Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE): così nel gruppo
degli esperti del settore energetico sta prendendo forza una corrente di
sostenitori dell’energia nucleare. Durante una riunione virtuale dei Ministri
dell’Energia – nel settembre 2020 – il Gruppo dei
Venti (G20) «ha riconosciuto il
ruolo dell’energia nucleare nel fornire energia pulita e nell’aumentare la
sicurezza energetica».
Numerosi incidenti hanno segnato
la storia del nucleare civile. Quelli più noti, per la vicinanza temporale e
per la gravità degli esiti, sono avvenuti in due centrali nucleari per la
produzione di elettricità, a Chernobyl nel 1986 e a Fukushima nel 2011. Durante
le ore e i giorni successivi agli incidenti sono stati rilasciati in atmosfera
vari radionuclidi la cui presenza è stata poi rilevata a migliaia di km di
distanza. Ed è risultata persistente per lunghi periodi di tempo. Sui danni
provocati alle persone e ai sistemi viventi in seguito a tali incidenti non si
è mai raggiunto un consenso: né sugli effetti a breve termine, né su quelli a
lungo termine.
Ancora oggi, dopo decenni, non si
è ancora trovato un accordo internazionale sulle effettive conseguenze, né sui
rischi ancora presenti nelle aree colpite. La consapevolezza sugli effetti del
rilascio di radionuclidi e la trasparenza nella comunicazione dei dati rilevati
sono ancora molto scarsi. Un’analisi recente, pubblicata nel gennaio 2021, su
campioni di grano e di legname raccolti tra il 2011 e il 2019 nel distretto di
Ivankiv (Ukraine), in un’area 50 km a sud della centrale di Chernobyl, hanno
confermato che livelli alti, radiologicamente significativi di contaminazione
da stronzio (90S) persistono 34 anni dopo l’incidente. A Fukushima
l’inizio dei lavori per la rimozione del combustibile nucleare
fuso non sono ancora iniziati; nel frattempo il Governo sta prendendo in
considerazione l’ipotesi di sversare nell’oceano l’acqua radioattiva, che in
questi anni è stata stivata in grandi contenitori.
I sostenitori del “nucleare
green”, oltre a non calcolare – come sarebbe corretto ? l’impatto complessivo
della filiera delle centrali nucleari nella produzione di CO2 trascurano
un elemento di grande rilevanza: le stesse procedure di arricchimento
dell’uranio utilizzate per alimentare i reattori nucleari e generare
elettricità, o produrre radioisotopi medici, possono anche produrre uranio
altamente arricchito (HEU) per uso militare. Dal 1939 al 2012, 31 paesi hanno
sviluppato tecniche per l’arricchimento dell’uranio o il ritrattamento del
plutonio (ENR), presentando potenzialità di produzione di armi nucleari.
Questo problema non si limita al
processo di arricchimento, poiché le tecnologie del ciclo del combustibile sono
intrinsecamente a duplice uso e le normali operazioni dei reattori nucleari
producono plutonio che potrebbe essere utilizzato anche nella produzione di
armi dopo il ritrattamento. Inoltre, le informazioni tecniche per la
costruzione di armi nucleari non sono più un segreto nell’era contemporanea;
possono essere reperite nella letteratura open-source. All’inizio del 2019, le
scorte globali di uranio altamente arricchito (HEU) erano stimate pari a circa
1335 tonnellate. La riserva globale
di plutonio separato era di circa 530 tonnellate, di cui circa 310 tonnellate
di plutonio civile.
Sono tuttora presenti, diffuse in
numerose aree del mondo, diverse fonti di emissioni radioattive – alcune note,
altre segrete o sconosciute – che costituiscono una minaccia per le popolazioni
umane e l’ambiente, e contribuiscono ulteriormente a caratterizzare questo
periodo geologico come “radioattivo”. Basta pensare all’intera filiera, di cui
le centrali nucleari sono solo una tappa, per rendersi conto che tutto il
percorso che dalle miniere porta ai depositi di scorie è caratterizzato da emissioni
radioattive.
I reattori attualmente in
funzione richiedono circa 67.500 tonnellate di uranio ogni anno, proveniente da
miniere o da fonti secondarie (scorte commerciali, scorte di armi nucleari,
plutonio e uranio riciclati dal ritrattamento di combustibili usati…). Dopo la
fase di produzione di energia il combustibile nucleare resta pericolosamente
radioattivo per tantissimo tempo. Il suo smaltimento è un problema ancora
irrisolto. Spesso gli investimenti che richiederebbe questa fase finale non
vengono contabilizzati dalle grandi imprese industriali e dai politici.
Ancora più grave è il problema
dello smaltimento delle scorie nucleari prodotte dalle attività militari nel
mondo, di cui non ci sono inventari disponibili su ubicazione e quantità. I
costi delle operazioni necessarie per restituire le aree contaminate all’uso
umano di materiale radioattivo sono enormi: alle spese immediate inoltre
bisogna aggiungere il fatto che spesso i siti dovranno essere monitorati per
lunghissimo tempo. Anche le competenze tecniche non sono sufficienti a trovare
soluzioni definitive. Attualmente sono in costruzione vari siti, di cui almeno
due – uno in Europa, l’altro negli Stati Uniti – dovrebbero ospitare le scorie
radioattive più pericolose per decine di migliaia di anni.
Nelle profondità delle rocce che
ricoprono l’isola di Olkiluoto, in Finlandia, è in fase di costruzione il
deposito sotterraneo di Onkalo (che in finlandese vuol dire “grotta”, “luogo
per nascondere”) che ospiterà le scorie radioattive delle tre centrali
finlandesi per le prossime decine di migliaia di anni (su tale deposito è stato
prodotto un film, Into Eternity, disponibile anche in italiano]. Il Waste
Isolation Pilot Plant (impianto pilota per l’isolamento dei rifiuti) o WIPP, a
sua volta, è un deposito geologico profondo situato
nel Nuovo Messico, destinato a conservare per i prossimi 10.000 anni i
rifiuti radioattivi che provengono dalla ricerca e dalla produzione
di armi nucleari degli Stati Uniti. Si
stima che il progetto abbia un costo totale di 19 miliardi di dollari.
Il “Trattato per la proibizione delle armi nucleari”
Dal 22 gennaio 2021 sarà
ufficialmente in vigore il “Trattato ONU per la proibizione delle armi
nucleari” (Treaty of Prohibiting
Nuclear Weapons – TPNW) che, in una certa misura, integra il
“Trattato sulla non proliferazione di armi nucleari” (Treaty on Non-proliferation
of Nuclear Weapons – TNP), in particolare vietando (articolo 1) l’uso, la
fabbricazione, o l’acquisizione con altri mezzi di armi nucleari, o la minaccia
di utilizzare armi nucleari. Esso, inoltre, introduce alcuni obblighi positivi
con l’articolo 6 («Assistenza alle vittime e risanamento ambientale») e 7
(«Cooperazione e assistenza internazionale»).
Secondo Maurizio Boni, esperto di
questioni militari (difesa, sicurezza), ci sono alcune differenze che rendono
improbabile, almeno per ora, l’adesione di molti dei membri del TNP al nuovo
trattato: in particolare quella dell’obbligo
di astenersi in ogni circostanza
dall’assistere, incoraggiare o indurre chiunque (individui, società,
organizzazioni internazionali, attori non governativi) a intraprendere ogni
tipo di attività proibita dal trattato.
Sempre secondo Boni, la clausola
di non assistenza porta con sé implicazioni significative per i paesi
alleati di Stati possessori di ordigni atomici, come quelli che gli Stati Uniti
proteggono dall’ombrello nucleare. Per i paesi non detentori di armi nucleari
che hanno accesso alla tecnologia e/o al materiale nucleare per usi pacifici, o
che cercano di accedervi; per gli stessi nuclear- weapon –states,
che hanno bisogno dell’assistenza di molti non-nuclear-weapon-states per
mantenere e modernizzare i propri arsenali e per garantirne lo schieramento e
l’operatività in diverse parti del mondo (forniture di materiale fissile per
l’arricchimento, di software e di tecnologie missilistiche, disponibilità di
basi per i bombardieri strategici).
È chiaro che, fino a quando
coloro che possiedono armi nucleari non firmeranno il trattato, il processo di
disarmo nucleare effettivo faticherà a decollare. Tuttavia il TPNW può favorire
l’avvio di iniziative importanti. Per esempio, i Paesi che attualmente ospitano
delle armi nucleari sul loro territorio (Germania, Belgio, Italia, Olanda,
Turchia), se decideranno di aderire al TPNW, dovranno allontanarle. Questo
potrebbe costituire un passo importante verso il disarmo totale. Gli articoli 6
e 7, poi, obbligano i Paesi firmatari a farsi carico delle patologie umane e
dei danni ambientali ancora presenti in conseguenza all’uso di materiali
radioattivi. Si pensi alle responsabilità della Francia in Algeria, degli Stati
Uniti in Vietnam, dell’Unione Sovietica/ Russia in Kazakistan. Potrebbe essere
un passo importante verso iniziative di giustizia riparativa.
Inoltre il TPNW per la prima
volta – riconoscendo l’impatto a lungo termine delle armi nucleari – sottolinea
la necessità di proteggere le generazioni future anche da un punto di vista
legale. Infine, l’entrata in vigore di questo Trattato può richiamare
l’attenzione pubblica e dei Governi sui problemi del dual-use e
sull’attuale incapacità di gestire le scorie radioattive, contribuendo così a
cancellare le centrali nucleari dalla lista delle fonti energetiche
“sostenibili”.
Alcune note e
informazioni sul Trattato TPNW e sulla sua entrata in vigore
Punti chiave di questo risultato storico
- Anche
gli Stati che si sono rifiutati di aderire al TPNW saranno coinvolti dalla
sua entrata in vigore.
- I
precedenti trattati di disarmo hanno portato a un cambiamento di
comportamento anche nei Paesi che si sono rifiutati di aderire.
- C’è
una nuova realtà nel disarmo internazionale, ed è un mondo dove le armi
nucleari sono vietate.
- Decenni
di attivismo hanno raggiunto quello che molti dicevano fosse impossibile:
le armi nucleari sono vietate. La democrazia ha trionfato, la stragrande
maggioranza delle persone nel mondo sostiene il TPNW.
- Ora
aderiranno altri Stati, come è successo con l’entrata in vigore di ogni
altro Trattato di questo tipo
Cosa cambierà
Ci sono diversi modi in cui tutti
gli Stati saranno interessati nei mesi ed eventualmente negli anni successivi
all’entrata in vigore, non solo quelli che hanno ratificato il Trattato.
L’attivismo è la chiave per far progredire questi impatti.
Cosa diventa illegale esattamente?
Il Trattato TPNW proibisce
specificamente l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la produzione, la
fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, il possesso, l’immagazzinamento, il
trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento,
l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. Il Trattato rende illegale
per i paesi che lo firmano permettere qualsiasi violazione nella loro
giurisdizione o assistere, incoraggiare o indurre qualcuno ad impegnarsi in una
di queste attività. Il Trattato raffrza la norma contro le armi nucleari come
primo strumento legale per vietarle.
Per ulteriori informazioni sulle
implicazioni legali, leggere il documento informativo di ICAN.
Impatto sulle alleanze militari
Gli Stati che non sono parte di
alleanze militari con gli Stati firmatari possono essere interessati
dall’entrata in vigore del TPNW se gli Stati firmatari sono tenuti a modificare
la loro cooperazione con gli Stati dotati di armi nucleari e con quelli alleati
a causa dei loro obblighi derivanti dal trattato. Ad esempio, mentre i membri
della NATO possono aderire senza problemi al TPNW per essere in regola una
volta entrato in vigore questi Stati dovranno rinunciare all’uso di armi
nucleari per loro conto.
Impatto sulla produzione e sull’uso
Gli ultimi decenni insegnano che
con l’entrata in vigore di altri Trattati di proibizione di armamenti la
produzione di armi vietate tra gli Stati che ne fanno parte e gli Stati che non
ne fanno parte è praticamente cessata. Ad esempio aziende statunitensi che
producono munizioni a grappolo negli Stati Uniti hanno cessato la produzione da
quando è entrato in vigore, nonostante gli Stati Uniti non ne siano parte.
Lo stesso avviene per quanto
riguarda uso e trasferimento: dopo l’entrata in vigore del Trattato sulle mine
anti-persona i circa 34 Stati che hanno esportato mine terrestri hanno cessato
tutti i trasferimenti (nonostante non abbiano aderito al Trattato). Gli Stati
Uniti hanno modificato la loro posizione sulle mine terrestri e sulle munizioni
a grappolo dopo l’entrata in vigore di questi trattati.
L’entrata in vigore di precedenti
divieti su specifiche armi (ad esempio per quanto riguarda le mine anti-
persona o le munizioni a grappolo) ha portato a cambiamenti concreti ed
evidente anche nella produzione, nelle politiche di utilizzo e nel
trasferimento di queste armi anche nell’ambito di Stati non partecipanti a tali
norme internazionali. Ciò avverrà anche per il TPNW inquinato alcune aziende
hanno già iniziato ad adeguarsi a questo nuovo panorama giuridico.
Cosa significa questo per gli istituti finanziari?
Poiché l’assistenza è proibita
dal Trattato, per molti Stati ciò significherà come in altri casi che il
finanziamento o l’investimento nella produzione di armi nucleari venga
considerato una violazione. Gli istituti finanziari spesso scelgono di non
investire in “attività su armi controverse”, che sono tipicamente armi proibite
dal diritto internazionale. L’entrata in vigore del TPNW colloca chiaramente le
armi nucleari in questa categoria e probabilmente innescherà ulteriori
disinvestimenti. Inoltre, gli Stati parte possono impartire direttive alle
istituzioni finanziarie sotto la loro giurisdizione per la cessione da parte di
società che producono l’arma proibita in Stati non parte. In previsione
dell’entrata in vigore del TPNW, alcune istituzioni finanziarie, tra cui ABP,
uno dei cinque maggiori fondi pensione del mondo, hanno già deciso di non
investire più in produttori di armi nucleari.
Pressione internazionale
Gli Stati parte di questo
Trattato TPNW avranno ora l’obbligo di sollecitare altri Stati ad aderire e
dovranno lavorare per l’universalizzazione del Trattato. Ciò significa che non
solo i cittadini, ma anche la pressione dei pari da parte di altri Governi
aumenterà nel tempo, durante le visite di Stato, nelle discussioni bilaterali e
multilaterali, in una vasta gamma di diversi organi delle Nazioni Unite e di
altre organizzazioni internazionali, in altri organi e incontri di Trattati,
ecc.
Anche a causa di questa crescente
pressione politica e normativa, i Paesi che si oppongono a un Trattato al
momento della sua adozione hanno aderito a norme internazionali dopo la loro
entrata in vigore. Dato il grande sostegno pubblico al TPNW in molti paesi che
non vi hanno ancora aderito (79% degli australiani, 79% degli svedesi, 78% dei
norvegesi, 75% dei giapponesi, 84% dei finlandesi, 70% degli italiani, 68% dei
tedeschi, 67% dei francesi, 64% dei belgi e 64,7% degli americani) anche questi
Paesi potrebbero seguirne l’esempio.
Senzatomica
+39 338 6167247
Rete Italiana Pace e Disarmo
Segreteria Nazionale c/o Casa per la Nonviolenza, via Spagna 8 –
Verona
per contatti mail: media@retepacedisarmo.org segreteria@retepacedisarmo.org – campagne@retepacedisarmo.org
per contatti telefonici:
045/8009803 (Segreteria)
328/3399267 (Francesco Vignarca – coordinatore Campagnee
Lettera aperta
ai pacifisti di tutti i gruppi e no
Con
il 22 gennaio 2021 è stato raggiunto un grande risultato, con l'approvazione
del Trattato di proibizione delle armi nucleari. All' italiana, chiamiamolo
TPAN. Ogni gruppo ha festeggiato la data, compatibilmente con la situazione
pandemica in cui ci troviamo, che riguarda, ricordiamolo per inciso, TUTTI, i
Paesi e non solo il nostro. Con il Clima e la Pace che dovrebbero farci sentire
abitanti del Pianeta, senza dimenticare lo Stato di nascita. Ebbene, dalla data
di cui sopra non si potrebbero possedere, trasformare, trasferire, queste armi
di distruzione di massa. Il nostro Paese non ha firmato e ratificato tale
Trattato. Ricordiamo che queste armi, per la loro specificità, non coinvolgono
solo gli Stati e soprattutto i cittadini che lo compongono, dello Stato o degli
Stati in guerra, come è avvenuto fino ad oggi, ma TUTTI gli altri Stati e
cittadini del mondo. Fatto che la nostra intelligenza umana dovrebbe rigettare,
come pure dovrebbero fare i responsabili e i cittadini degli altri Stati
nucleari " disposti" alla guerra, che se ne guardano bene dall'
affrontare l'argomento, come pure le possibili "stragi" dei propri
cittadini che fino ad oggi, diceva di "difendere".
L'
occasione è, appunto, questo Trattato. Parlando della situazione italiana
sarebbe possibile arrivare al traguardo della firma e ratifica dello stesso,
nell' ordine "sparso" in cui sono i nostri gruppi organizzati? E'
buon segno che ognuno abbia"festeggiato"come se la Pace appartenesse
solo al proprio gruppo? "E' pacifista" questo comportamento? Non
contiene un poco di trumpismo? Se la Pace è e dovrebbe essere l'aspetto
preminente dell'agire, valgono le tesi personali, le antipatie magari
reciproche (solo queste possono contare?). Se in Parlamento o in Senato ci sono
rappresentanti sensibili alla Pace e qualche gruppo ha contatti con questi,
perché non farli lavorare insieme per raggiungere l'obiettivo del maggior
numero di firme per mozioni allo scopo? Un certo signor Gandhi, sembra
pacifista, non proponeva la collaborazione tra gruppi, pur non rinunciando alla
propria originalità, in nome della comune aspirazione ad essa?
Vogliamo
cambiar strada e riflettere sulla situazione "terrestre" in cui
siamo, le armi che possediamo e che saranno sostituite da altre armi più valide
da un punto di vista militare cioè più morti e miglior utilizzo tecnico? Si può
osservare che il signor Biden, che ha sostituito Trump alla guida dell'America,
comunque sostiene, certo con altro stile, che prima dovranno essere vaccinati
gli americani e poi gli altri se il vaccino avanza? E la Cina dovrà essere
sempre "contenuta" e guardata con sospetto, considerato che al suo insediamento
era presente un alto rappresentante di Formosa, isola che in base ad accordi
precedenti doveva essere pienamente cinese, non certo inviato da Pechino? Certo,
tutto in linea con quanto scritto in documenti ufficiali (è proprio il caso di
dirlo) del Pentagono, che ha identificato come nemici degli Stati Uniti ad
esempio Cina e Russia. E' notorio che la Russia ha più o meno il nostro Pil
italiano? La fa diventare "potenza" il retaggio industrial-militare
dell'URSS.
Augurerei buon lavoro a tutti noi
Milano 24 gennaio 2021 Giuseppe Bruzzone (obiettore di coscienza
66/68)
In vigore il TPAN: che fare adesso?
Incontro su Internet svoltosi il 22 gennaio 2021: azione non
celebrazione!
Il 22 gennaio 2021, dopo 90 giorni dalla 50esima ratifica
dell'Honduras, è entrato in vigore il Trattato ONU di proibizione
delle armi nucleari (TPAN), approvato da una Conferenza ONU il 7 luglio
2017.
I Disarmisti esigenti e WILPF Italia, membri ICAN,
premio Nobel per la pace 2017, hanno promosso nell'occasione una
consultazione online, aperta ai firmatari delle nostre petizioni, in
particolare "NO ARSENALI SI OSPEDALI" (https://www.petizioni.com/no_arsenali_si_ospedali),
sulle iniziative da prendere:
1) per continuare a premere sulla ratifica del parlamento italiano che, al
carro del veto NATO, fino ad oggi non c'è;
2) per opporsi al ritorno degli euromissili che include la risistemazione
delle basi di Ghedi e Aviano (senza dimenticare il problema dei porti
nucleari);
3) per dare corpo, anche ricorrendo ad intelligenti forme di obiezione di
coscienza, all'obiettivo "NO ARSENALI SI OSPEDALI": convertire le
spese militari in investimenti per la salute nella prospettiva di una
conversione ecologica dell'economia.
L'incontro si è svolto il giorno 22 gennaio 2021 con
inizio alle ore 19.00 e termine alle ore 21.30; è stato
registrato per essere introdotto sul canale video "SIAMO TUTTI PREMI
NOBEL PER LA PACE CON ICAN".
Alfonso Navarra (portavoce dei Disarmisti esigenti) e Antonia Sani (WILPF
Italia) hanno introdotto.
Loredana De Petris senatrice di LEU ci ha inviato un messaggio (vedi testo
sotto riportato) per l'impegno a presentare un DDL di ratifica italiana del
TPAN.
Una lettera (vedi file allegato) è stata spedita ai 69 deputati e 2 senatori
della XVIII Legislatura che hanno sottoscritto l'ICAN Pledge.
Sono intervenuti nella discussione:
Patrizia Sterpetti (WILPF Italia), Adriano Ciccioni (Ban the Bomb), Ennio
La Malfa e Oliviero Sorbini (AK), Laura Tussi (Memoria e Futuro), Fabrizio Cracolici
(Rete educazione alla terrestrità), Giuseppe Farinella (Il Sole di Parigi),
Massimo Aliprandini (Lega obiettori di coscienza), Giovanni Sarubbi (il
Dialogo), Francesco Lo Cascio (Rete Ambasciate di pace), Patrick Boylan
(PeaceLink), Ennio Cabiddu (Sardegna Pulita), Tonino Drago (fisico nucleare),
Marzia Manca (Movimento Nonviolento).
I temi affrontati: il mail bombing sui parlamentari per il DDL di ratifica
italiana del TPAN (testo redatto da IALANA Italia); l'opposizione locale al
dispiegamento delle nuove atomiche americane; l'azione in agosto sulle potenze
nucleari a Roma da effettuare in concomitanza con la sessione di revisione del
TNP a New York; il sondaggio mondiale antinucleare sulle piattaforme social; il
coinvolgimento del mondo cattolico ed in particolare la pressione sui
francescani perché recedano dal considerare l'industria bellica volano di
sviluppo (vedi volo delle Frecce Tricolori su Assisi); la strategia per
rilanciare la denuclearizazzione sia civile che militare (vedi deposito unico
delle scorie radioattive); il rilancio dell'obiezione alle spese militari,
finalizzata alla difesa nonviolenta, anche per perseguire gli obiettivi di NO
ARSENALI SI OSPEDALI; il lavoro culturale sulla terrestrità con il progetto
Memoria e Futuro e altre iniziative.
Luigi Mosca, di Armes Nucléaires STOP, si è fatto tramite con il
webinar internazionale "ENTRY INTO FORCE DAY" organizzato dalla
campagna ICAN, che è iniziato alle ore 21 e che è visibile al
seguente link: https://www.icanw.org/studio_2221?utm_campaign=studio_21_22_announc&utm_medium=email&utm_source=ican
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Qui di seguto il
MESSAGGIO DI LOREDANA DE PETRIS ALL’INCONTRO DIGITALE DEL 22 GENNAIO 2021
DAL TITOLO: IL TPAN ENTRA IN VIGORE: CHE FARE? ORGANIZZATO DA DISARMISTI
ESIGENTI E WILPF ITALIA
Care e cari amici,
Oggi celebrate la storica giornata dell’entrata in vigore del Trattato ONU
di proibizione delle armi nucleari.
Condividendo la vostra gioia e la vostra speranza, saluto il vostro
incontro, di riflessione e programmazione di strategie e di azioni per la sua
effettiva implementazione.
Mi preme sottolineare il lungo cammino che abbiamo percorso fianco a
fianco, con la collaborazione in varie iniziative parlamentari (mozioni etc.),
che, nel corso degli anni, abbiamo anche presentato in conferenze stampa
organizzate insieme al Senato.
Sono ben consapevole che i Paesi aderenti alla NATO non hanno
partecipato ai negoziati per la definizione del Trattato per la proibizione
delle armi nucleari; ed in conseguenza di ciò l’Italia, conformandosi a tale
posizione, finora ha fatto mancare la sua adesione.
Continuo ad essere convinta che sussistono sia le ragioni di opportunità
storica che di diritto internazionale affinché l’Italia aderisca al Trattato
che stigmatizza lo stesso possesso delle armi nucleari.
Il trattato infatti vieta non solo l’uso delle armi nucleari, ma anche la
minaccia, negando quindi la legittimità della deterrenza che ha consentito la
crescita esponenziale degli arsenali nucleari durante la “Guerra fredda”, e la
folle corsa agli armamenti oggi, purtroppo, ripresa.
E confermo che, sempre con il vostro aiuto di cittadini attivi e sensibili
ai problemi della pace e della sopravvivenza dell’umanità, continuerò a
darmi da fare per impegnare il governo:
1) a disporre gli atti necessari all’adesione dell’Italia al Trattato delle
Nazioni Unite relativo al divieto delle armi nucleari, adottato a New York il 7
luglio 2017 e aperto alla firma il 20 settembre 2017;
2) a presentare conseguentemente alle Camere il disegno di legge per
l’autorizzazione alla ratifica e per l’esecuzione del Trattato.
Auguri di buon lavoro e a rivederci e risentirci presto.
Loredana De Petris – senatrice LEU - Presidente del gruppo misto
INFO:
Alfonso Navarra - Disarmisti esigenti - alfiononuke@gmail.com -
cell. 340-0736871
Antonia Sani - WILPF Italia - antonia.sani.baraldi@gmail.com - cell.
349-7865685
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