“La Georgia è uno Stato che i democratici possono e devono vincere”, scriveva a novembre del 2019, Stacey Abrams in un pezzo sul Washington Post. A distanza di poco più di un anno, i fatti le hanno dato ragione: non solo Joe Biden ha vinto in Georgia - stato del Sud tradizionalmente conservatore - dopo quasi 30 anni da quando l’aveva fatto Bill Clinton nel 1992, ma i democratici hanno ottenuto il controllo del Senato grazie all’elezione di due senatori nello Stato, il pastore nero Raphael Warnock e Jon Ossoff, un ex giornalista 33enne.
È un risultato storico per il
partito Democratico, e il merito è in gran parte del lavoro condotto negli
ultimi anni da Stacey Abrams e del suo impegno per
portare la gente a votare.
Abrams, 46 anni, ha studiato allo
Spelman College e alla Yale Law School, e per oltre dieci anni, fino al 2017,
ha fatto parte della Camera dei Rappresentanti della Georgia. Nel frattempo,
nel 2013, ha fondato il New Georgia Project, un'organizzazione che aiuta gli
elettori, specialmente quelli appartenenti a minoranze, a registrarsi e
partecipare al voto. Negli anni il progetto è riuscito a raggiungere potenziali
elettori andando nei quartieri, nelle chiese, nei campus universitari.
L’anno successivo, dopo aver vinto
le primarie del suo partito, Abrams si era candidata come governatrice della
Georgia. È stata la prima donna nera a correre per questa carica. Un
momento definito da un
articolo su Business Insider "rivoluzionario non solo per
le donne nere, ma per la Georgia, che era ancora composta da un elettorato
largamente conservatore".
Prima di iniziare la campagna
elettorale, Abrams aveva intuito che la strada per la vittoria per il partito
Democratico stava nel riconoscere i cambiamenti che stavano avvenendo in
Georgia, soprattutto a livello demografico: la popolazione stava diventando
sempre più giovane e diversificata, in particolare nelle aree suburbane, le più
densamente popolate. Per vincere, i Democratici avrebbero dovuto intercettare i
georgiani più giovani, bianchi, neri, ispanici o di altre origini. Era un
proposito che si era data non solo per la Georgia, ma l'aveva portato al
partito a livello nazionale.
Alla fine, alle elezioni per la carica di governatore Abrams perse per 55 mila voti – 50,2%-48,8%
il margine minore tra due candidati dal 1966 in elezioni locali - contro il
Repubblicano Brian Kemp, al tempo segretario di Stato della Georgia nonché
principale funzionario incaricato di sovrintendere al voto. Nonostante i
numerosi appelli e le accuse di conflitto d'interessi, Kemp si era rifiutato di dimettersi.
L’elezione fu molto contestata:
oltre un milione di cittadini georgiani erano stati esclusi dalle liste
elettorali, quasi 670mila nel 2017. Secondo il New York Times, mentre era segretario di Stato, Kemp ha
“supervisionato le epurazioni delle liste elettorali e sostenuto un
inasprimento delle regole di registrazione”.
Come spiegava un
articolo uscito sull’Economist, poco prima delle elezioni presidenziali
del 2016, Kemp aveva accettato di sospendere “una norma locale che stabiliva di
respingere le domande di registrazione alle liste elettorali se i dati della
persona non coincidevano esattamente con quelli presenti nei registri dello
Stato”. Bastava anche una lettera o un accento mancanti, o una firma dissimile
da quella di altri documenti. A quel punto il cittadino aveva 40 giorni di
tempo per rettificare.
Associazioni per la difesa dei
diritti civili avevano fatto causa alla Georgia, accusando lo Stato di aver
respinto circa 35mila domande tra il 2013 e il 2016, in maggioranza di
cittadini neri e in seconda battuta di origina ispanica o asiatica. Kemp ha
dunque sospeso la regola, e lo Stato ha patteggiato. Poco tempo dopo però la
Georgia ha approvato una legge che ripristinava la necessità della “corrispondenza
esatta”, dando ai cittadini 26 mesi per correggere le inesattezze. Secondo
un’inchiesta dell’Associated Press il 70% degli
elettori esclusi era composto da neri. Una circostanza rilevante dato che solo
il 32% della popolazione della Georgia è rappresentato da neri.
Abrams non ha formalmente concesso
la vittoria a Kemp, sostenendo che l’esclusione degli elettori avesse inficiato
il voto. «Voglio essere chiara: questo non è un discorso di concessione
della vittoria, perché concessione significa riconoscere che un’azione sia
giusta, vera o appropriata», aveva detto. «Come donna di coscienza e di fede, questo non posso ammetterlo. Ma
il titolo di governatore non è importante quanto il titolo che condividiamo,
quello di elettori. Ed è per questo che continuiamo a combattere». In ogni
caso, ricorda Al
Jazeera, il supporto ricevuto dalla candidata democratica è stato
significativo - ha ricevuto più voti di qualsiasi democratico in corsa per
qualsiasi carica nello Stato - e indicava che a livello elettorale in Georgia
qualcosa stava cambiando.
Nonostante l’elezione persa, dunque,
Abrams non si è fermata, anzi. «Dopo il 2018, Stacey non si è scoraggiata,
demoralizzata o ha deciso di lasciar perdere. È andata subito a lavorare per
abbattere le barriere e dare potere alle comunità che erano state trascurate,
sia in Georgia che in tutto il paese», ha raccontato Vanita Gupta, presidente e
CEO della Leadership Conference on Civil and Human Rights. «Ha contribuito
a creare l’infrastruttura che sta portando risultati incredibili in Georgia e
in tutto il paese».
Dopo la sconfitta, Abrams ha
fondato Fair Fight, un'organizzazione
nazionale per il diritto al voto con lo scopo di combattere
l’esclusione degli elettori. L’obiettivo è sempre quello di portare
più persone possibili ai seggi, specialmente quelle appartenenti a comunità
storicamente escluse. Il progetto, infatti, prova anche a educare e responsabilizzare
giovani elettori neri o di minoranze e li incoraggia a iscriversi nei registri.
In questi due anni Abrams «ha
lavorato instancabilmente per portare l’attenzione di Biden e del
partito Democratico sulla Georgia, assicurandosi che la voce dei cittadini
fosse ascoltata ai seggi», ha detto Nsé
Ufot, CEO del New Georgia Project, aggiungendo che non sarebbero stati
raggiunti questi risultati senza la sua leadership. La strategia di Abrams
ha funzionato: dalle primarie alle presidenziali, l’affluenza alle urne in
Georgia è cresciuta di almeno 1 milione di persone dal 2016, secondo i dati dell’US
Election Project dell’Università della Florida.
«Come donna nera cresciuta in
Mississippi, ho imparato che se non alzi la mano, le persone non ti vedono e
non ti danno attenzione», ha detto alla CNN lo
scorso aprile.
Grazie allo sforzo combinato di Fair
Fight e New Georgia Project, si è arrivati al risultato di 800mila nuovi
elettori presenti negli elenchi dello Stato. Nel frattempo, altre
organizzazioni dal basso stavano nascendo in tutto lo Stato con lo scopo di far
registrare i cittadini e farli partecipare al processo democratico: Black
Voters Matter, una coalizione al lavoro principalmente nei quartieri abitati da
persone nere, Urban League of Greater Atlanta, attiva nella periferia della
principale città della Georgia.
L’impegno di Abrams, scrive il Washington Post, infatti, si inserisce nella
tradizione di generazioni di donne nere, soprattutto degli Stati del Sud, che
si sono organizzate costruendo a livello locale coalizioni e mobilitando le
comunità di cui facevano parte, trasformando il partito Democratico allargando
l’elettorato. “Il lavoro di Abrams nel combattere l’esclusione dal voto prima e
dopo la sua sconfitta elettorale è solo un episodio nella lunga storia della
politica dei neri del Sud. Il suo lavoro si fonda su una grande storia di organizers nere
che usano le urne come strumento – insieme ad altri come la protesta, la
costruzione di istituzioni nere, il riconoscimento internazionale – per
consentire agli Stati Uniti di essere all’altezza dei loro ideali democratici”.
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