AGGIORNAMENTO 22/01: da stamattina anche Fabiola è
entrata in sciopero della fame
Abbiamo appreso la notizia che da questa mattina (21 gennaio 2021) Dana e
altre due detenute hanno cominciato lo sciopero della fame, costrette dalla
grave situazione che stanno vivendo all’interno del carcere delle Vallette.
Sono importanti le motivazioni che le hanno spinte a questa forma di
protesta pacifica:
§ La diminuzione delle
ore di colloquio previste per legge (anche in videochiamata)
Le sei ore che ogni detenuta ha a disposizione per legge per effettuare
colloqui in presenza che, sospesi per via della pandemia Covid-19, sono stati
sostituiti da video chiamate che però non mantengono mai il monte ore
settimanale complessivo, ma al contrario lo diminuiscono se non direttamente
dimezzato.
Questo mancato mantenimento delle ore di colloquio familiare previste per
legge, colpiscono duramente il diritto all’affettività garantito dal Ministero
di Grazia e Giustizia, ma non solo, vanno a calpestare la dignità delle
detenute e dei detenuti.
§ Il secondo punto delle
motivazioni dello sciopero tratta il tema dei colloqui in presa in tempi di
restrizioni dettate dai DPCM emanati dal Governo.
Dal momento in cui il carcere ha riaperto la possibilità di effettuare le
visite familiari, tantissimi parenti si sono recati al carcere per effettuare
le prenotazioni, solo che una volta presentatisi in loco, a tutti quelli
provenienti da fuori Torino è stato vietato l’accesso al carcere con la
scusante della Zona Arancione. Come se non fosse un motivo di primaria
necessità quello di incontrare i propri parenti detenuti. Ma non solo, sono
stati respinti e colpevolizzati per essersi presentati, nonostante non sia
giunta a loro alcuna comunicazione da parte della Casa Circondariale.
A fronte di questa immotivata privazione, il carcere delle Vallette non
prevede ad oggi alcuna forma sostitutiva che garantisca le 6 ore di colloquio
anche sottoforma di video chiamata.
Per queste ragioni da questa mattina Dana, S. Calabria e M.E. Calabrese
hanno iniziato lo sciopero della fame che porteranno avanti ad oltranza fino a
che non saranno nuovamente garantiti i loro diritti.
Le loro istanze invocano alla possibilità che vengano immediatamente
riammesse le videochiamate, la telefonata ordinaria e anche quella aggiuntiva introdotta
proprio durante la sospensione dei colloqui in presenza. Ma, siccome il
problema del taglio delle ore non è solamente per chi non ha ancora accesso
alle visite in presenza, viene richiesto che tutti i detenuti e le
detenute abbiano possibilità di integrare con videochiamate le ore in presenza
così da raggiungere comunque il monteore complessivo settimanale.
Altra importante richiesta si riferisce alla necessità di ristabilire
al più presto le prenotazioni dei colloqui via mail, che ancora oggi è in
disuso. Questo certamente renderebbe più agevole e più sicuro, a livello
sanitario, la possibilità per le famiglie di effettuare la prenotazione alla
visita.
Inoltre, viene richiesto che la chiamata con il proprio legale non
rientri nell’elenco delle telefonate ai familiari, evitando così che quella
chiamata ne sottragga una con i propri cari. D’altronde le visite in presenza
degli avvocati sono certamente escluse dal monte ore settimanale. Pertanto la
logica vorrebbe che lo stesso avvenisse con le telefonate.
Il Covid-19 in carcere è già stata fonte di paura e enorme stress per tutte
le detenute e i detenuti, basti pensare alle rivolte che si sono scatenate lo
scorso marzo, pertanto al centro di questo sciopero c’è anche la richiesta
urgente di ricevere reali misure di tutela sanitaria che il carcere di Torino
ancora non ha previsto. E quindi, di ricevere notizie in merito al vaccino
e alla sua somministrazione, di mettere in atto in tempi brevi un’indagine
medica accurata su tutti i detenuti così da riuscire ad effettuare una reale
mappatura dei contagi e poter prevenire terrificanti scenari.
Aggiungiamo che a Dana, S. Calabria e M.E. va tutto il nostro sostegno e la
nostra solidarietà, mentre vogliamo sottolineare ancora una volta, la
responsabilità di tutte le istituzioni che si occupano direttamente e/o
indirettamente delle carceri (o meglio non se ne occupano) in questa
continua violazione dei minimi diritti delle detenute e dei detenuti e dei loro
familiari.
Il Movimento NOTAV risponde alla direttrice del
carcere di Torino
Sulle dichiarazioni
della Direttrice della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno,
dove si difende dalle accuse ricevute in questi giorni da molti familiari e
amici delle detenute e dei detenuti, alcune di loro in sciopero della fame da
giovedì 21 gennaio, ma che ammette in modo diretto la negligenza del carcere
nel garantire i diritti all’affettività (attraverso il mantenimento delle ore
di colloquio previste per legge) e alla salute di tutta la popolazione detenuta
delle Vallette, rispondiamo che:
La Direttrice del
Carcere ha il dovere di rendere noti questi problemi conla finalità di
risolverli, facile farlo dopo che le detenute li evidenziano con una protesta
così forte.
L’Asl effettua i
tamponi solamente a chi mostra dei sintomi, ma non ha mai effettuato un
tracciamento completo e approfondito sui detenuti e sulle detenute così da
stabilire chi sono i positivi, da chi invece non lo è. Per cui chiediamo che lo
screening venga fatto anche per tutte le detenute e i detenuti.
Le comunicazioni telematiche
nel 2021 sono la base nella società, quindi è inaccettabile che la Direzione
del carcere si nasconda dietro la mancanza di fondi, al contrario deve
assumersi la responsabilità del proprio ruolo e richiedere con forza che il
Governo stanzi immediatamente dei fondi per permettere l’acquisto di mezzi e
strumenti che garantiscano a tutta la popolazione carceraria di mantenere il
proprio diritto all’affettività e quindi assicurarsi i colloqui familiari in
video chiamata come in presenza. L’acquisto di soli 15 portatili rappresenta la
cifra di decadenza in cui verte il carcere di Torino, che non si distanzia
molto dalla situazione esistente anche nelle altre strutture.
Il fatto che il DPCM
emanato dal Governo non tuteli il diritto all’affettività delle detenute e dei
detenuti, non consentendo ai familiari lo spostamento per motivo di prima
necessità per andare a trovare i propri parenti in carcere, non giustifica la
struttura che invece proprio da DPCM ha tutta la facoltà di introdurre nuove
misure che favoriscano il mantenimento dei rapporti affettivi e che mantengano
la dignità dei detenuti durante la permanenza in carcere.
La necessità di
garantire dignità e rispetto alle famiglie dei detenuti favorendo le modalità
di prenotazione dei colloqui. Per prenotare bisogna “tentare la sorte” poiché
gli uffici sono aperti ad intermittenza e senza indicazioni di orario, quindi
diventa obbligatorio recarsi continuamente al carcere sperando che sia aperto.
Infine, pensiamo che
la sicurezza interna e asfissiante nei confronti di alcune detenute funzioni e
quindi, evidentemente, la Direttrice ha più a cuore il mantenimento del
silenzio, che i problemi sollevati.
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