Ieri 14 settembre 2021 il giudice per le
udienze preliminari del Tribunale di Cagliari, la Dott.ssa Manuela Anzani , ha
rinviato a giudizio i 43 giovani, nostri figli, accogliendo la richiesta del
sostituto procuratore Guido Pani, capo della DIA di Cagliari sull’indagine
condotta dalla Digos dalla Questura.
I vari capi d’imputazione vanno da rapina, lesioni, lancio di oggetti,
resistenza a pubblico ufficiale fino all’ accusa di associazione con fini
terroristici e sovversione dell’ordine democratico.
Lo Stato Italiano attraverso la sua pubblica accusa decide così della vita di
43 attivisti delle lotte contro l’occupazione militare della Sardegna ,
definendoli paradossalmente TERRORISTI.
Abbiamo assistito alla parata degli elicotteri sorvolare il tribunale e della
unità cinofila della polizia in funzione sanificatrice dell’area. L’ennesima
pagliacciata evocatrice di paura e terrore che doveva confermare l’esistenza e
la necessità di questo processo farsa. È presumibile che la farsa durerà a
lungo.
Il paradosso e l’anacronismo di questo circo e della definizione di Terrorismo,
però, non induce alla risata.
Come si potrebbe definire ciò che è accaduto a Teulada e Quirra secondo gli
atti dell’indagine sui reati di “Devastazione ambientale” e “Omicidio” di cui
sono accusati i capi militari responsabili delle basi? Non sono le nostre
pericolose e diffamatorie parole di “Madri contro l’operazione Lince” ma, nel
caso di Teulada, quelle del giudice che non ha accolto la richiesta di
archiviazione avanzata, paradossalmente, dallo stesso PM che, con grande
perizia, ha condotto un’indagine durata anni e che , per motivi imprecisabili
di ragion militare, fa prevalere il diritto alle criminali esercitazioni
militari, piuttosto che le ragioni del diritto alla vita e alla salute delle
persone e dell’ambiente.
Come definire la morte di militari inconsapevoli degli effetti dell’uranio
impoverito e dei metalli pesanti liberati dalle loro stesse armi negli scenari
di guerra dei Balcani, che per ragioni Umanitarie, lo stato italiano Bombardava
negli anni ’90?
Come definire il sacrificio di 81 cittadini nel DC9 Di Ustica, imposto dallo
Stato italiano per motivi di sudditanza militare e politica alla Nato?
Come definire il massacro di civili in Afghanistan ad opera della coalizione,
addestrata nei poligoni militari della Sardegna, di cui l’esercito italiano fa
pienamente parte, nei 20 anni di guerra in quel punto della terra per cui non
si trova più una definizione di consorzio umano. Coalizione dissolta e in fuga
ingloriosa, che ora consegna ai TERRORISTI Talebani ciò che si possono definire
poveri resti umani?
Come definire l’operato del governo che tratta ora con i Talebani, che in un
vorticoso cambio di prospettiva, li accredita come forza politica degna di
governo di quel luogo?
È ovvio che il Ministero dell’Interno e il Ministero della Difesa non possono
permettere che un popolo di un milione di persone possa, attraverso
manifestazioni, informazione e lotte, bloccare l’ingranaggio dell’escalation
militare che si è già succhiata gran parte dei bilanci italiani e del
“Recovery” e mettere in evidenza il nuovo ordine internazionale, di cui
l’esercito europeo sarebbe l’ulteriore “ mai più senza” .
A chi potrebbero interessare le vite di 43 giovani sospesi nelle ammuffite aule
del tribunale di Cagliari?
Non certo ai giudici e ai magistrati, che piagnucolano e sbraitano per la
perdita di autonomia di potere, quando non mostrano alcuna volontà di
affermarla, proni e complici di una ideologia e di un sistema che sta
liquidando lo stato di diritto, interessati solo alla carriera nella loro
insignificante esistenza.
Non certo agli addetti alla propaganda ( una volta chiamati operatori
dell’informazione) con la mente svuotata dalle veline degli uffici stampa e con
le mani bloccate sul copia e incolla.
Ma ai noi Madri le loro vite sono più care delle nostre, non ci sottrarremmo
mai all’impegno di scelta politica e umana della loro cura.
Riconosciamo a pochi Magistrati e Giornalisti coraggio, correttezza e
sensibilità. Le riconosciamo alla Giudice Tedde che ha rigettato la richiesta
di archiviazione per i reati di Teulada al PM di Lanusei Biagio Mazzeo che ha
richiesto la condanna per 8 militari responsabili del disastro di Quirra e ai
Giudici del TAR Sardegna che si sono pronunciati contro il Ministero della
Difesa per il mancato adempimento all’Ordinanza di risarcimento al militare
colpito da tumore nelle missioni all’estero.
Le riconosciamo a tutti i lavoratori dell’informazione non mainstream che in
tutto questo tempo diffuso notizie, inchieste ed eventi e che hanno dato voce a
chi non ce l’ha.
Non ci arrendiamo. Li vogliamo liberi e
pensanti.
Lotteremo con loro perché siano affermate le loro idee, che sono anche le
nostre di resistenza per un mondo libero dalla necessità della guerra.
Invitiamo le associazioni, i movimenti, le persone a condividere e diffondere
questo comunicato per esprimere la loro solidarietà
Madri Contro la repressione Contro l’operazione Lince
email : madricontrorepressione.lince@gmail.com
da qui
Operazione Lince: opporsi alle servitù militari è reato? - A Foras
UN PROCESSO POLITICO. TUTTE E TUTTI GLI
INDAGATI RINVIATI A GIUDIZIO STAMATTINA A CAGLIARI
Il Tribunale di Cagliari stamattina ha disposto il rinvio a giudizio
di tutti i 45 indagati e indagate, attivisti a vario titolo del movimento sardo
contro l’occupazione militare, dell’operazione Lince. Per le contravvenzioni e
i capi d’accusa meno gravi è intervenuto il non luogo a procedere, ma tutti gli
altri sono stati confermati. Per 5 l’accusa più grave riguarda l’associazione
eversiva e per gli altri 40 questo elemento rappresenta un’aggravante.
A Foras non è certo sorpresa da questa decisione, che conferma la
natura politica di questa indagine e del processo che comincerà il 6 dicembre.
La contestazione del reato associativo, come se gli attivisti sardi fossero
mafiosi e non militanti politici, indica come il vero obiettivo del processo
non sia quello di far luce sui singoli reati che gli indagati avrebbero
commesso, tutti da dimostrare peraltro. L’obiettivo è quello di mettere sotto
accusa e disperdere un movimento che gode di una diffusa simpatia popolare e
che negli ultimi anni aveva rialzato la testa. Proprio a partire dalla grande
manifestazione di Capo Frasca di cui ricorreva ieri il settimo anniversario. I
45 indagati e indagate sono stati scelti per spaventare tutti i sardi e le
sarde che da decenni lottano contro le basi militari. Questo processo vuole
spaventare i sardi con una chiara minaccia: chi lotta contro le basi è un
terrorista eversore.
Il movimento sardo contro l’occupazione militare è un insieme di
singoli e collettivi che lavorano, ognuno con le proprie modalità e senza un
organismo direttivo, per liberare la Sardegna da una servitù odiosa. Lo Stato
vuole sopprimere questo movimento, tanto che il ministero della Difesa si è
costituito parte civile nel processo, mentre dall’altro lato fa di tutto per
evitare di riconoscere risarcimenti alle vittime delle esercitazioni e per
difendere gli ufficiali responsabili della sicurezza dei lavoratori, militari e
civili, e della popolazione che vive intorno ai poligoni.
Il movimento però non si farà intimorire e risponderà sul piano
politico, a cominciare da quest’autunno con la ripresa delle esercitazioni e
dal 6 dicembre, giorno per cui è stata fissata la prima udienza.
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