Daniele Del
Giudice, il suo impegno civile ci ha fatto volare verso la verità – Oreste Pivetta
E’ morto la notte scorsa Daniele Del
Giudice e sembra di dover scrivere di un’altra epoca,
non solo per il silenzio che ha accompagnato gli ultimi dolorosi anni della sua
vita, non solo perché il suo primo romanzo, “Lo stadio di Wimbledon”, il
romanzo che lo rese famoso, risale a quasi mezzo secondo fa (venne pubblicato
da Einaudi, proposto da Calvino,
nel 1983), ma soprattutto per la distanza dai nostri tempi di quell’uomo
semplice, gentile, timido, coltissimo e raffinato cultore della letteratura,
scrittore della “leggerezza”e insieme della profondità, sobrio e
scrupolosissimo “utilizzatore” della parola scritta, cercata, ricercata,
soppesata, limata perché nulla risultasse improprio, impreciso, superfluo,
volgare.
Rigore contro sciatteria e
superficialità
dSi possono leggere o rileggere i suoi romanzi e i
suoi racconti per le storie che insegnano, per i sentimenti che rappresentano,
per le domande che pongono. Ma anche come un abbecedario dei modi di
immaginare, descrivere, interrogare, proporre cultura, contro la sciatteria, la
superficialità, la grossolanità, gli inganni dei nostri tempi informatici.
Quindi, un invito: non dimentichiamolo…
Daniele Del Giudice era nato a Roma
nel 1949. Rimase presto orfano del padre, trascorse anni in collegio, non
concluse gli studi universitari, cominciò prestissimo a collaborare con i
giornali, lavorò a Paese Sera.
Lasciò Roma per Milano e si trasferì quindi definitivamente a Venezia.
Dopo “Lo stadio di Wimbledon”, romanzo suggerito dalla figura di Bobi
Bazlen, nel 1985 apparve, ancora per Einaudi, “Atlante
occidentale”, storia dell’amicizia tra un giovane fisico italiano, che
lavora al Cern di Ginevra, e un anziano scrittore, Ira Epstein, scienziato e
romanziere, accomunati dalla passione per il volo, che si interrogano sulla
possibilità della letteratura di sentire la realtà della vita.
La passione per il volo
Solo tre anni dopo, Del
Giudice pubblicò, ancora con Einaudi, “Nel
museo di Reims”: Barnaba seguito durante la sua ostinata battaglia per
fissare nella memoria le immagini di un museo, prima di diventare cieco. Nel
1994 uscì “Staccando l’ombra da terra”, sei racconti dedicati al volo.
Con “Staccando l’ombra da terra” Del
Giudice vinse il Premio Bagutta, soprattutto narrò, a
partire dalla vicenda di Antoine de Saint-Exupery, una sua passione, le sue
esperienze, il suo addestramento, citando peraltro episodi storici e situazioni
del presente, tragedie sconosciute e altre che segnarono la nostra storia.
Volare come espressione di libertà, libertà che il
cielo nella sua trasparenza, nella sua luce, nella sua dimensione infinita, può
offrire. Ma “volare” anche come espressione di responsabilità: si può imparare
a volare, istinto, educazione, studio si sommano, ma poi, pure in
quell’universo illimitato, non si può trascurare la rotta, uscire dalla rotta.
Vale per il pilota, vale anche per lo scrittore: un ennesimo richiamo al
rigore.
La notte di Ustica, dramma in piazza con
Paolini
La notte di Ustica ispirò
uno di quei racconti , “Unreported inbound Palermo”, costruito citando i
dialoghi del “voice recorder”. Ne derivò il dramma musicale di Alessandro
Melchiorre. Anni dopo fu la base per lo spettacolo teatrale di Marco Paolini con
la musica di Giovanna Marini, “I-TIGI. Canto per Ustica”,
che andò in scena nel 2000, prima a Bologna e poi a Palermo, vent’anni dopo la
tragedia del DC9 Itavia.
Il monologo andò in scena in piazza, Paolini dettagliò
quanto era avvenuto nelle notte di Ustica,
ricordò i morti, riassunse l’iter delle investigazioni e dei processi.
Commozione tra il pubblico. Commosso tra il pubblico c’era Daniele Del
Giudice, pronto a spiegare le ragioni di quel lavoro
straordinario, di narrazione e di documentazione, romanzo di una verità senza invenzioni,
testimonianza ancora del valore e della forza della letteratura.
Il lavoro alla Einaudi, l’amicizia con
Calvino
Di Daniele Del Giudice si
dovrebbe ricordare altro. La sua collaborazione alla Einaudi,
quando fu il più giovane, appena quarantenne, a partecipare alle famose
riunioni del mercoledì di via Biancamano, a partecipare a discussioni spesso
ferocissime circa le scelte letterarie delle casa editrice.
La sua amicizia con Calvino: fu
lui a darne notizia della morte. I suoi successivi romanzi: “Orizzonte
mobile” (2009), “In questa luce” (2013). Altri racconti: “Mania”
(1997). L’introduzione alle opere complete di Primo Levi (1997, 2016), perché
fu anche un saggista di grande acutezza.
Si dovrebbe infine dire della sua malattia: l’alzheimer. Lo si deve dire perché
potrebbe sembrare inverosimile che una simile morbo abbia potuto divorare una
intelligenza così profonda e nobile. E’ successo, tradendo un intellettuale che
avrebbe potuto aiutarci ancora.
Nessun commento:
Posta un commento