Proseguono
le operazioni per arrestare la presunta presenza del narcoterrorismo in
Wallmapu, uno dei tanti escamotage utilizzati da Santiago del Cile per
proseguire nella militarizzazione e nell’occupazione del territorio tramite i carabineros e le bande paramilitari
di cui si servono le multinazionali minerarie, forestali e l’oligarchia
terriera.
Lo scorso 9 luglio, un membro dei carabineros cileni
ha ucciso Pablo Marchant Gutiérrez nel Fundo Santa Ana dell’impresa Forestal
Mininco. Il giovane, di 29 anni, era un militante dell’Órgano de Resistencia
Territorial della Coordinadora Arauco Malleco ed un simpatizzante della causa
mapuche grazie alle origini della sua nonna.
Pablo Marchant Gutiérrez aveva vissuto con lo
storico militante mapuche Héctor Llaitul e la sua morte, avvenuta a seguito di
uno scontro con i carabineros sui terreni di cui si è
impossessata Mininco, rappresenta solo uno dei tanti esempi della progressiva
militarizzazione di Wallmapu, oltre che una sinistra intimidazione nei
confronti dello stesso Llaitul, a cui i carabineros, in un primo
momento, avevano detto che ad essere ucciso era stato suo figlio.
L’omicidio di Marchant, seppellito con il rito
funebre mapuche, era avvenuto a poche ore dall’approvazione, da parte della
Convenzione costituzionale, di una richiesta formulata da Frente Amplio,
comunisti e socialisti affinchè fosse concesso l’indulto ai prigionieri della
rivolta iniziata nel 2019 e deliberata una progressiva smilitarizzazione di di
Wallmapu.
A seguito dell’omicidio del comunero Camilo
Catrillanca, avvenuto il 14 novembre 2018 ancora ad opera dei carabineros,
è cresciuta sia la lotta delle comunità mapuche sia la repressione da parte
dello Stato cileno, per il quale ogni scusa è buona pur di attaccare o
diffamare le comunità, ma anche per distruggerne il suo tessuto sociale tramite
aperte attività di cooptazione nelle zone di conflitto.
Da un lato, lo Stato tenta di dividere i comuneros cercando
di far accettar loro veri e propri diktat o le false promesse delle imprese
multinazionali presenti sul territorio, dall’altro propaganda la necessità di
condurre operazioni di contrainsurgencia a causa del presunto
dilagare del narcoterrorismo nelle comunità mapuche.
Ad esempio, la scorsa primavera, un’imboscata
contro una troupe di Televisión Nacional de Chile che si stava
recando ad intervistare Héctor Llaitul, portavoce della Coordinadora Arauco
Malleco, è stata attribuita immediatamente ai mapuche che, grazie ad una rapida
attività di controinformazione hanno invece smascherato i veri responsabili,
legati a Mininco. Tra loro vi erano sia mapuche sia non mapuche, ma comunque al
servizio dell’impresa, la quale riveste un ruolo di primo piano sia nella
cooptazione delle comunità sia nella militarizzazione del territorio tramite
l’aperto sostegno alle bande paramilitari: è in questo scenario che è maturata
la morte di Pablo Marchant Gutiérrez, assassinato da un colpo alla testa
esploso da un carabinero che prestava servizio presso il Fundo
Santa Ana-Tres Palos (Regione della Araucanía) della Forestal
Mininco.
Tutto ciò non sorprende, basti pensare alle
campagne condotte nel XIX secolo quali “Conquista del Desierto” in Argentina,
“Pacificación de la Araucanía” e “Colonización de las Provincias de Valdivia y
Llanquihue” in Cile.
È per questi motivi che, di fronte alla
crescente spoliazione del territorio mapuche e al furto delle risorse naturali
promossa da una classe politica in gran parte legata all’oligarchia terriera,
dalle multinazionali minerarie, dalle imprese turistiche interessate solo a
produrre speculazioni immobiliari e dalle transnazionali del settore
energetico, giunte soprattutto nel Bio Bio e in Araucanía da Cina, Stati uniti,
Europa e Canada, assume particolare importanza il lavoro della Convenzione
costituzionale per cercare nuove forme di convivenza tra uno Stato cileno
escludente e razzista e la Nazione mapuche.
Promossa dalla dittatura pinochettista, la
costituzione della proprietà privata forestale è cresciuta nel corso degli anni
grazie all’acquisizione statale, a basso prezzo, di ampie parti del territorio
mapuche, avallata peraltro anche dai governi democratici che sono seguiti ed
anch’essi estremamente accondiscendenti verso Arauco e Mininco, le principali
imprese forestali.
La restituzione delle terre, dell’acqua e il
diritto di utilizzare il mapuzungun, la lingua mapuche, rispetto a
quella spagnola dei colonizzatori, sono state più volte rivendicate, tra gli
altri, dalla machi Francisca Linconao di fronte ad uno Stato
che continua a definire i mapuche come “terroristi”.
Proprio la Convenzione costituzionale sembra
essere il terreno preferito dalla destre per proseguire negli attacchi ai
mapuche. Tempo fa hanno fatto scalpore le parole di Teresa Marinovic Vial, una
delle esponenti di ultradestra della Costituente che ha accusato una mapuche
democraticamente eletta all’interno dello stesso organo di essere una “dittatrice”
e di aver montato uno “show mediatico” solo per essersi espressa nella propria
lingua originale e non in spagnolo.
A questo proposito l’Observatorio Ciudadano ha
rivolto un nuovo appello affinché siano garantiti i diritti territoriali e
collettivi dei mapuche stigmatizzando la logica di guerra alimentata dallo
Stato cileno e da alcuni settori della società cilena legati al mondo
imprenditoriale.
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