venerdì 25 marzo 2022

Guerra senza fine?

 Finché c’è guerra c’è speranza? e per chi? – Francesco Masala

cosa possiamo sperare, in Italia, se i padri (ig)nobili di un partito al governo  – partito che ha lo stesso nome di quello della guerrafondaia Hillary Clinton – sono a libro paga di una delle più grandi imprese europee che fa i soldi con le guerre?

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possiamo pensare che siano impegnati a promuovere la pace?

possiamo pensare che siano interessati alla vita dei poveri ucraini, se finché c’é guerra c’é speranza di fare ancora più soldi?

canta un premio Nobel (*):

Lasciate che vi faccia una domanda
il vostro denaro è così potente
che pensate potrà comprarvi il perdono?

Io penso che scoprirete
quando la morte chiederà il suo pedaggio
che tutto il denaro che avete fatto
non riscatterà la vostra anima

E spero che voi moriate
spero che la vostra morte arriverà presto
seguirò la vostra bara
nel pomeriggio opaco
veglierò mentre siete sepolti
sotto il vostro letto di morte
e resterò sulla vostra tomba
finché sarò sicuro che siete morti.


 

Intervista a Noam Chomsky: i colloqui di pace in Ucraina “non andranno da nessuna parte” se gli Stati Uniti continuano a rifiutarsi di aderire

Mentre la Russia intensifica il suo assalto all’Ucraina e le sue forze avanzano su Kiev, i colloqui di pace tra le due parti dovevano riprendere il 14 marzo, poi sono stati rinviati un’altra volta al 15 marzo. Sfortunatamente, alcune opportunità per un accordo di pace sono già state sprecate, quindi è difficile essere ottimisti su quando la guerra finirà. Indipendentemente da quando o come finirà la guerra, tuttavia, il suo impatto si fa già sentire in tutto il sistema di sicurezza internazionale, come mostra il riarmo dell’Europa. L’invasione russa dell’Ucraina complica anche la lotta urgente contro la crisi climatica. La guerra sta avendo un pesante tributo sull’Ucraina e sull’ambiente, ma offre anche all’industria dei combustibili fossili una leva in più tra i governi.

Nell’intervista che segue, l’accademico e dissidente di fama mondiale Noam Chomsky condivide le sue opinioni sulle prospettive di pace in Ucraina e su come questa guerra possa influire sui nostri sforzi per combattere il riscaldamento globale.

Noam Chomsky, riconosciuto a livello internazionale come uno dei più importanti intellettuali viventi, è autore di circa 150 libri e destinatario di decine di premi prestigiosi, tra cui il Sydney Peace Prize e il Kyoto Prize (l’equivalente giapponese del Premio Nobel), e di decine di dottorati honoris causa dalle università più rinomate del mondo. Chomsky è Professore Emerito al MIT e attualmente Professore Emerito presso l’Università dell’Arizona.

C.J. Polychroniou: Noam, mentre un quarto round di negoziati doveva svolgersi oggi (14 marzo u.s., ndr) tra i rappresentanti russi e ucraini, ora è rinviato a domani (15 marzo u.s., ndr) e sembra ancora improbabile che la pace in Ucraina possa essere raggiunta presto. Gli ucraini non sembrano volersi arrendere e Putin pare determinato a continuare la sua invasione. In tale contesto, cosa pensa della risposta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky alle quattro richieste fondamentali di Vladimir Putin, che erano (a) cessare l’azione militare, (b) riconoscere la Crimea come territorio russo, (c) modificare la Costituzione ucraina per sancire la neutralità, e (d) riconoscere le repubbliche separatiste nell’Ucraina orientale?

Noam Chomsky: Prima di rispondere, vorrei sottolineare la questione cruciale che deve essere in prima linea in tutte le discussioni su questa terribile tragedia: dobbiamo trovare un modo per porre fine a questa guerra prima che si intensifichi, possibilmente fino alla totale devastazione dell’Ucraina e fino ad inimmaginabili e ulteriori catastrofi. L’unico modo è un accordo negoziato. Piaccia o no, questo deve fornire una sorta di via di fuga per Putin, o accadrà il peggio. Non la vittoria, ma una via di fuga. Queste preoccupazioni devono essere al primo posto nelle nostre menti.

Non credo che Zelensky avrebbe dovuto semplicemente accettare le richieste di Putin. Penso che la sua risposta pubblica il 7 marzo sia stata giudiziosa e appropriata.

In queste osservazioni, Zelensky ha riconosciuto che l’adesione alla NATO non è un’opzione per l’Ucraina. Ha anche insistito, giustamente, sul fatto che le opinioni delle persone nella regione del Donbass, ora occupata dalla Russia, dovrebbero essere un fattore cruciale nel determinare una qualche forma di accordo. In breve, sta ribadendo quello che molto probabilmente sarebbe stato un percorso per prevenire questa tragedia, anche se non possiamo saperlo, perché gli Stati Uniti si sono rifiutati di provarci.

Come si è capito da molto tempo, decenni in effetti, per l’Ucraina entrare a far parte della NATO sarebbe un po’ come se il Messico si unisse a un’alleanza militare guidata dalla Cina, ospitando manovre congiunte con l’esercito cinese e mantenendo armi puntate su Washington. Insistere sul diritto sovrano del Messico a farlo sarebbe oltremodo stolto (e, fortunatamente, nessuno solleva una tale istanza). L’insistenza di Washington sul diritto sovrano dell’Ucraina di aderire alla NATO è ancora peggiore, poiché pone una barriera insormontabile alla risoluzione pacifica di una crisi che è già un crimine sconvolgente e che presto diventerà molto peggiore se non risolta mediante negoziati a cui Washington si rifiuta di aderire.

Questo atteggiamento riguardo alla sovranità appare del tutto incoerente rispetto allo spettacolo caricaturale che dà di sé il leader mondiale del disprezzo sfacciato per questa dottrina, dileggiata in tutto il Sud del mondo, sebbene gli Stati Uniti e l’Occidente in generale, millantino la loro impressionante disciplina e si atteggino a difensori della sovranità, o almeno fingano di farlo.

Le proposte di Zelensky riducono notevolmente il divario rispetto alle richieste di Putin e offrono l’opportunità di portare avanti le iniziative diplomatiche intraprese da Francia e Germania, con un limitato sostegno cinese. I negoziati potrebbero avere successo o potrebbero fallire. L’unico modo per scoprirlo è provare. Naturalmente, i negoziati non andranno da nessuna parte se gli Stati Uniti persisteranno nel loro ostinato rifiuto di aderire, sostenuti dal commissariato virtualmente unito, e se la stampa continuerà a insistere affinché il pubblico rimanga all’oscuro rifiutandosi persino di riportare le proposte di Zelensky…

(Traduzione dall’inglese di Veronica Tarozzi. Revisione di Thomas Schmid.)

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articoli di Noam Chomsky, Luciano Canfora, Alessandro Robecchi, Disarmisti esigentiSandro Curatolo, Salvatore PaliddaBenedetta Piola Caselli, Avvocato di strada, Maurizio AcerboAntonio Tricarico, Stefano Galieni, Manifesta, Gianni Lixi, Vittorio Di Giuseppe, Pino Cabras, F. William Engdahl, Michele Bollino, Roberto Lovattini, Benito d’Ippolito, Stefano Fassina, Peace Brigades International, Comidad, Francesco Masala, Bob Dylan, Andrea Masala, Edoardo Sanguineti, Aldo Zanchetta, Riccardo Gianola, Mauro Biglino, Branko Marcetic, Vincenzo Costa, Edoardo Bennato e Franco Cardini



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