lunedì 21 marzo 2022

L’invadenza della suora in corsia: la video-testimonianza di un paziente per “Non è un paese per atei” - Irene Tartaglia

  

La nostra associazione si impegna nel denunciare invadenze confessionaliste nelle istituzioni e nelle strutture pubbliche, come scuole o ospedali. Talvolta il nostro attivismo laico viene minimizzato, se non ridicolizzato, da chi non è passato per certe esperienze o derubrica queste questioni come poco importanti. “Esagerati!” ci sentiamo dire. Ma intanto continuiamo a ricevere una montagna di segnalazioni di persone che ci chiedono supporto, segno di quanto il problema della laicità in Italia sia vivissimo. E continuiamo a ricevere tantissimi (preziosi) messaggi di stima da quelle persone, che ci danno la spinta per proseguire.

Il confessionalismo sistemico si infiltra con la sudditanza e l’inazione della politica

Il confessionalismo sistemico si infiltra con la sudditanza e l’inazione della politica, sebbene la popolazione sia sempre più secolarizzata e insofferente dei privilegi religiosi. Un confessionalismo che, mascherato da sussidiarietà o da “libertà religiosa”, approfitta oggi persino dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus per invadere spazi e ledere la dignità delle persone.

Abbiamo ricevuto testimonianze dai contorni drammatici di persone ricoverate per Covid-19 o per altri motivi in ospedali dove, per motivi di sicurezza, non si possono avere contatti con persone esterne, siano essi familiari oppure assistenti di anziani o persone disabili.

Tuttavia, in queste tragiche circostanze che sacrificano i rapporti umani per agevolare la prevenzione e il contenimento del contagio, lo stato concede alcune eccezioni. Nelle lettere inviateci ci è stato infatti riferito di preti e cappellani a cui, nonostante le delicatissime norme di sicurezza vigenti, è concesso circolare liberamente tra i reparti ospedalieri, attraversando senza precauzioni ambienti sterili e ambienti frequentati da visitatori. E, come abbiamo già segnalato, non lo fanno gratuitamente.

In base a un accordo tra le autorità italiane e quelle ecclesiastiche che coinvolgono regioni e conferenze episcopali, queste figure svolgono il servizio di assistenza spirituale ai malati. Che la loro preghiera apporti effettivamente benefici alla terapia è ancora da verificare. Quel che invece è appurato è che preti e suore sono pagati con i soldi di tutti.

Mattia Tombolini è il direttore editoriale di un’importante casa editrice per bambini e ragazzi ed è il protagonista di una puntata di “Non è un paese per atei”, la serie del Circolo Uaar di Roma che raccoglie video testimonianze di soprusi religiosi subiti in Italia. Col suo tragicomico racconto, il giovane editore apre una nuova prospettiva sull’allucinante presenza del personale ecclesiastico nelle corsie degli ospedali pubblici. Tombolini racconta di quando, ricoverato in un ospedale romano a seguito di un brutto incidente, come tutti i pazienti riceveva periodicamente la visita di una suora indiana, desiderosa di leggere ai ricoverati passi dei suoi libri sacri.

In un mondo sempre più secolarizzato, Mattia è una di quelle sempre più numerose persone del tutto estranee al coinvolgimento religioso: non è battezzato, non crede, non cerca alcun conforto di tipo confessionale da accostare al suo percorso di guarigione. Anzi, in realtà ambirebbe a non essere disturbato in un periodo delicato quale può essere quello di un ricovero ospedaliero. Ringraziando, ogni volta declina l’invito della suora asiatica a pregare insieme. Il disinteresse per il conforto religioso di chi non ha mai ricevuto insegnamenti dogmatici si aggiunge al rifiuto di chi, suo malgrado, da piccolo ha subìto indottrinamenti da cui si è sottratto con fatica e magari anche con imbarazzo verso i familiari.

Eppure, suor Celine è decisa a guadagnarsi onestamente il suo stipendio e, pur di avvicinare il recalcitrante paziente al divino lo trasporta, senza il suo consenso, con tutta la barella nella cappella dell’ospedale. L’evento crea scompiglio, ma Mattia è giovane e aperto, e trova anche una chiave per entrare in confidenza con la suora molesta. Si fa l’idea che, in fondo, lei non creda in dio e che abbia preso i voti per fuggire dalla povertà. La Chiesa, grazie allo stato italiano, un lavoro gliel’ha trovato.


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