La nostra associazione si
impegna nel denunciare invadenze confessionaliste nelle istituzioni e
nelle strutture pubbliche, come scuole o ospedali. Talvolta il nostro attivismo
laico viene minimizzato, se non ridicolizzato, da chi non è passato per certe
esperienze o derubrica queste questioni come poco importanti. “Esagerati!” ci
sentiamo dire. Ma intanto continuiamo a ricevere una montagna di segnalazioni
di persone che ci chiedono supporto, segno di quanto il problema della laicità
in Italia sia vivissimo. E continuiamo a ricevere tantissimi (preziosi)
messaggi di stima da quelle persone, che ci danno la spinta per proseguire.
Il confessionalismo sistemico si infiltra
con la sudditanza e l’inazione della politica
Il confessionalismo sistemico si
infiltra con la sudditanza e l’inazione della politica, sebbene la popolazione
sia sempre più secolarizzata e insofferente dei privilegi religiosi. Un
confessionalismo che, mascherato da sussidiarietà o da “libertà religiosa”,
approfitta oggi persino dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus per
invadere spazi e ledere la dignità delle persone.
Abbiamo ricevuto testimonianze dai
contorni drammatici di persone ricoverate per Covid-19 o per altri motivi in ospedali dove, per
motivi di sicurezza, non si possono avere contatti con persone esterne, siano
essi familiari oppure assistenti di anziani o persone disabili.
Tuttavia, in queste tragiche
circostanze che sacrificano i rapporti umani per agevolare la prevenzione e il
contenimento del contagio, lo stato concede alcune eccezioni. Nelle lettere
inviateci ci è stato infatti riferito di preti e cappellani a cui, nonostante
le delicatissime norme di sicurezza vigenti, è concesso circolare liberamente
tra i reparti ospedalieri, attraversando senza precauzioni ambienti sterili e
ambienti frequentati da visitatori. E, come abbiamo già segnalato, non lo fanno
gratuitamente.
In base a un accordo tra le autorità
italiane e quelle ecclesiastiche che coinvolgono regioni e conferenze
episcopali, queste figure svolgono il servizio di assistenza spirituale ai
malati. Che la loro preghiera apporti effettivamente benefici alla terapia è
ancora da verificare. Quel che invece è appurato è che preti e suore sono pagati
con i soldi di tutti.
Mattia Tombolini è il direttore
editoriale di un’importante casa editrice per bambini e ragazzi ed è il
protagonista di una puntata di “Non è un paese per atei”, la serie
del Circolo Uaar di Roma che raccoglie
video testimonianze di soprusi religiosi subiti in Italia. Col suo tragicomico
racconto, il giovane editore apre una nuova prospettiva sull’allucinante
presenza del personale ecclesiastico nelle corsie degli ospedali pubblici.
Tombolini racconta di quando, ricoverato in un ospedale romano a seguito di un
brutto incidente, come tutti i pazienti riceveva periodicamente la visita di
una suora indiana, desiderosa di leggere ai ricoverati passi dei suoi libri
sacri.
In un mondo sempre più
secolarizzato, Mattia è una di quelle sempre più numerose persone del tutto
estranee al coinvolgimento religioso: non è battezzato, non crede, non cerca
alcun conforto di tipo confessionale da accostare al suo percorso di
guarigione. Anzi, in realtà ambirebbe a non essere disturbato in un periodo
delicato quale può essere quello di un ricovero ospedaliero. Ringraziando, ogni
volta declina l’invito della suora asiatica a pregare insieme. Il disinteresse
per il conforto religioso di chi non ha mai ricevuto insegnamenti dogmatici si
aggiunge al rifiuto di chi, suo malgrado, da piccolo ha subìto indottrinamenti
da cui si è sottratto con fatica e magari anche con imbarazzo verso i
familiari.
Eppure, suor Celine è decisa a
guadagnarsi onestamente il suo stipendio e, pur di avvicinare il recalcitrante
paziente al divino lo trasporta, senza il suo consenso, con tutta la barella
nella cappella dell’ospedale. L’evento crea scompiglio, ma Mattia è giovane e
aperto, e trova anche una chiave per entrare in confidenza con la suora
molesta. Si fa l’idea che, in fondo, lei non creda in dio e che abbia preso i
voti per fuggire dalla povertà. La Chiesa, grazie allo stato italiano, un
lavoro gliel’ha trovato.
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