Dopo la
notte di travaglio tra il 6 e il 7 luglio, un Consiglio dei Ministri fatto di
scontri e litigi ha partorito un decreto mostruoso, #italiaveloce come voluto marinettianamente
dai renziani, che prevede di gettare 200 miliardi di euro – praticamente
quelli previsti come contributi a fondo perduto dall’UE – in grandi opere sulla
cui utilità non si è minimamente dibattuto. In contemporanea arriva una
notizia spaventosa dalla Banca d’Italia secondo la quale il 40% delle famiglie italiane con un mutuo non
riesce a pagarlo.
Trovo queste
due notizie un chiaro segnale – che non so se sarà così interpretato
dall’informazione mainstream – di come ormai la politica
italiana, maggioranza e opposizioni unite in questo, assieme alla cricca più
parassitaria che domina in Confindustria, sia totalmente slegata dalle sorti
del paese.
Nei TG e GR
del 7 luglio si è fatto un gran riferire delle prospettive magnifiche che
seguiranno nella riapertura di alcuni cantieri, si è inneggiato alla
sburocratizzazione delle norme che avrebbero rallentato il procedere di troppi
progetti. In realtà, lo hanno riconosciuto persino ex ministri come Graziano
Delrio, i problemi delle grandi infrastrutture in realizzazione vengono dalla
cattiva progettazione e dalla mancanza di pianificazione. Ma queste critiche
sono state sempre tacitate, disturbavano il flusso generoso di soldi pubblici
verso i grandi appalti; tanti soldi pubblici, sempre di più, con aumenti dei
costi da vergogna.
Nessuno vuol
ricordare le parole di un esperto di lavori pubblici come Ivan Cicconi che ci
ha mostrato come la “grande opera inutile” sia funzionale all’impresa
finanziarizzata post-fordista, ci ha fatto notare che, praticamente in tutti i
grandi cantieri, problemi tecnici sorgevano sempre per costringere ad aumenti
dei costi che sono arrivati anche al 700% (per esempio la linea AV Firenze
Bologna). Sempre Cicconi ha profetizzato di come tante infrastrutture
che in teoria dovevano ripagarsi da sole si sono dimostrate un fallimento (per
esempio il Pisa Mover per rimanere in Toscana, o la BreBeMi per guardare di là
dall’Appennino) dove il soggetto pubblico corre sempre in soccorso dei
profitti, anzi delle rendite; perché di questo si tratta, di rendite sempre
garantite da contratti capestro per la collettività.
La grande
bugia usata generosamente per giustificare questi salassi economici e questi
mostri ambientali è la promessa del lavoro; le infrastrutture creerebbero
migliaia… no! decine di migliaia, milioni di posti di lavoro risolvendo i
problemi della disoccupazione. Questa è una grande menzogna; oggi le grandi
opere non sono più quelle del passato che vedevano moltitudini di minatori, di
manovali a rimuovere terra e portare cemento con le carriole. Oggi la
meccanizzazione dei grandi cantieri è altissima, la quota di investimenti
destinata al lavoro è circa il 30%; il settore è capital intensive, cioè con
basso uso di manodopera, mentre al contrario nei cantieri di dimensioni più
contenute e soprattutto in quelli per la manutenzione e il restauro, la quota
che va al lavoro sarebbe molto più alta.
Ma questo
non si dice mai, si continua a parlare di opere “strategiche”,
“imprescindibili”, privando questi poveri aggettivi di ogni significato,
garantendo rendite esorbitanti ai padroni delle betoniere e, al tempo stesso,
prendendo in giro il mondo del lavoro. La grande impresa finanziarizzata
post-fordista non ha funzioni sociali, non è parte di un paese, ma un corpo
estraneo che lo dissangua senza esitazioni.
Di fronte a
questo quadro – ormai dimostrato da decine e decine di casi e decenni di errori
– dopo la crisi della pandemia, all’alba di una crisi economica che si presenta
devastante, la notte dei lunghi coltelli del governo giallo-rosa ha partorito
un mostriciattolo: spacciando per semplificazione una
deregolamentazione che si dimostrerà foriera di ancor più grandi ritardi e
sperperi, si sono inventati il commissariamento di 36 grandi cantieri, cioè
l’abolizione delle residue norme che dovrebbero tutelare l’ambiente e la
società.
Contemporaneamente
a questi fatti, come si diceva, è uscito un report della Banca d’Italia da cui
risulta che il 40% delle famiglie italiane che hanno un mutuo hanno
difficoltà a pagarlo. Milioni di famiglie sono a rischio di perdere la casa
che hanno provato a comprare, e se non hanno risorse per onorare i loro impegni
si avranno anche problemi per le banche creditrici; tutto ciò ricorda
sinistramente l’inizio della crisi dei subprime del 2007. Il
report della Banca d’Italia ricorda anche come il reddito delle persone sia
precipitato nell’ultimo periodo, ma addirittura “utilizzando come riferimento
omogeneo una soglia di povertà relativa stimata sulla base dell’Indagine sui
Bilanci delle Famiglie italiane (IBF) del 2016, la quota di popolazione
che non ha sufficienti risorse finanziarie liquide per poter restare alla
soglia di povertà per 3 mesi in assenza di altre entrate raggiunge il 55 per
cento”.
Già lo
psicodramma delle settimane passate sul MES ha dimostrato come troppa politica
non ha assolutamente contatto con la realtà, confondendo un prestito con una
ipoteca sulla propria futura politica economica (perché questo è il MES),
pensando che 137 miliardi in dieci anni del Recovery Fund (la stessa
quantità destinata alle infrastrutture commissariate!) ci possano salvare,
mentre altri paesi, non obnubilati dall’austerità, stanno pianificando
l’immissione di migliaia di miliardi nel sistema economico. Come sganciato
dalle reali esigenze del Paese è il piano di rilancio affidato ad un manager
come Colao, con troppi conflitti di interessi per essere minimamente preso sul
serio, venduto come la ricetta per ripartire. Tanto che la miglior economista
di quella “squadra”, Mariana Mazzucato, ha sbattuto la porta dicendo che quella
proposta è la ricetta liberista per il disastro.
In questo
quadro non poteva certo mancare la sinfonia dell’attuale sindaco di Firenze,
dell’ex sindaco, del candidato regionale e di tutti i maggiordomi delle grandi
opere toscane e fiorentine che hanno intonato un peana di giubilo immaginando
che anche i loro personali interessi fossero nell’elenco delle meraviglie
partorito da Conte e la De Micheli.
Davanti ai
possibili scenari di un futuro vicinissimo, vedere un governo che gongola
perché ha trovato un accordo per sperperare oltre 130 miliardi a favore di
pochissimi, lascia senza parole.
Una cittadinanza informata scenderebbe in strada, con le mascherine certamente, ma chiederebbe che la banda di pirati che ballano su un pianeta che affonda se ne andasse a casa, magari su Marte, per poter cominciare a vivere e a far vivere la Terra.
Una cittadinanza informata scenderebbe in strada, con le mascherine certamente, ma chiederebbe che la banda di pirati che ballano su un pianeta che affonda se ne andasse a casa, magari su Marte, per poter cominciare a vivere e a far vivere la Terra.