Siamo in un momento importante, per the Weapon Watch, per gli amici che ci sostengono e per chi si è esposto in prima persona, “con il corpo”, nella protesta nonviolenta contro le “navi di morte” saudite. Polizia e magistratura genovesi hanno deciso di passare all’azione: ora un gruppo di portuali e militanti genovesi è accusato di associazione a delinquere e di avere attentato alla sicurezza dei trasporti per aver lanciato “micidiali” fumogeni contro le navi Bahri al loro arrivo in porto. Interpretiamo l’azione di polizia come un segnale di quanto sia forte e non azzerabile la protesta contro la guerra, di quanto sia insopportabile denunciare la connivenza della politica (si pensi ai viaggi d’affari di Matteo Renzi) e degli operatori economici (dagli agenti marittimi genovesi alla multinazionale Leonardo) con una dittatura come quella del Regno saudita, in cui gli oppositori politici finiscono in galera o assassinati. Segnaliamo che lo stesso trattamento viene contemporaneamente riservato anche agli autori di uno sciopero nel magazzino Fedex-TNT di Piacenza, 29 persone indagate di cui 2 agli arresti domiciliari, 5 con divieto di dimora e 6 con revoca del permesso di soggiorno, accusati – come a Genova – di associazione a delinquere e anch’essi privati di telefoni e computer personali. Lo sciopero di Piacenza era coordinato da una rete sindacale europea. Le proteste nel porto di Genova sono seguite e sostenute in tutti i porti da cui transitano le navi saudite, dal Canada al Nord Europa e al Mediterraneo. Di questa rete internazionale a sostegno dei portuali di Genova e delle conseguenze sulla popolazione civile yemenita delle armi vendute all’Arabia Saudita darà conto proprio stasera, alle 21:20, la trasmissione di Riccardo Iacona, una puntata di “Presa Diretta” (RAI 3) dal titolo assai opportuno: “La dittatura delle armi”.
Riportiamo qui il testo del comicato
stampa del CALP:
La Digos ha perquisito le case di alcuni
compagni del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova (CALP) su ordine
della Procura. I reati contestati riguardano la attività sindacale e
antimilitarista in porto, con preciso riferimento alle lotte nei confronti
delle navi saudite Bahri con i suoi carichi di armi pesanti e esplosivi
destinati alla guerra in Yemen e in Siria.
Dallo sciopero indetto due anni fa per bloccare un carico destinato alla guerra
in Yemen su una Bahri, a oggi, passando per la manifestazione di un anno fa
contro il transito di esplosivi a bordo di un’altra Bahri dagli USA diretto
alla guerra siriana, gli armatori sauditi attraverso l’agenzia genovese Delta e
il Terminal GMT avevano chiesto a più riprese alla Procura la testa dei
portuali del CALP. Per quale colpa?
La colpa di avere messo in pratica in questi due anni, con le associazioni e i
movimenti contro la guerra e per i diritti civili ciò che il Parlamento ha
approvato poco dopo lo sciopero nel porto di Genova del 2019 e confermato alla
fine del 2020: lo stop alla vendita di bombe e missili ad Arabia e Emirati,
utilizzati per colpire la popolazione civile in Yemen.
Nel frattempo, la Procura di Roma, pochi giorni ha aperto un’indagine contro i
responsabili della RWM Italia produttrice degli ordigni e dell’UAMA, l’agenzia
del Ministero degli Esteri che autorizza l’esportazione di armamenti, a seguito
delle morti civili procurate in Yemen e documentate da Amnesty International. È
di questi giorni la notizia che il Presidente USA Biden ha rivelato che è stato
Bin Salman, Principe della Corona dell’Arabia Saudita, a fare scannare il
giornalista dissidente Kashoggi nel consolato saudita a Istanbul.
La Procura di Genova sostiene che il CALP si è reso colpevole di avere
strumentalizzato la protesta con “dispositivi modificati in modo da renderli
micidiali”. I bengala e i fumogeni utilizzati dai portuali per attirare
l’attenzione sulle navi dalle stive e i ponti piene di armi e esplosivi diretti
a fare stragi sarebbero “micidiali”, non le armi e gli esplosivi caricati sulle
navi. In realtà il CALP ha usato un’arma “micidiale”, ossia lo sciopero. Questo
ha fatto tremare gli armatori e i terminalisti: non i razzi luminosi e i fumi
colorati, ma che il traffico criminale di armi non sia solo criticato
idealmente ma sia bloccato materialmente dai lavoratori.
Rivolgiamo un invito alla Digos e alla Procura. Ad acquisire dall’Agenzia Delta
e dal Terminal GMT i documenti di carico e di destinazione delle merci
trasportate dalle navi Bahri verso gli Stati del Medio Oriente, compresa la
Turchia che, denunciata dalla stessa procura per la nave Bana in relazione
all’embargo libico, impiega in Siria contro i civili le armi sbarcate dalle
Bahri a Iskenderun. Che in particolare a segnalino alla Procura di Roma
l’Agenzia Delta quale rappresentante delle navi Bahri che hanno trasportato
dall’Italia le bombe della RWM incriminate per la strage civile procurata in
Yemen.
Li invitiamo infine a non essere sottomessi alle denunce di chi con ipocrisia e
arroganza parla di pace ma vive del commercio delle armi, come ci ha ricordato
Papa Francesco: «I lavoratori del porto hanno detto no. Sono stati bravi! E la
nave è tornata a casa sua. Un caso, ma ci insegna come si deve andare avanti».
COLLETTIVO AUTONOMO LAVORATORI PORTUALI
DI GENOVA
Qui il link del video pubblicato dal
CALP su FB:
https://www.facebook.com/CalpGe/videos/1226171091118744/
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