La potenziale responsabilità del governo italiano e dei produttori di armi per i crimini di guerra nello Yemen
Nel corso della giornata di ieri, 27 ottobre 2020 Rete Italiana Pace e Disarmo, il Centro Europeo per i Diritti Costituzionali e Umani (ECCHR), e
l’ong yemenita Mwatana per i Diritti Umani hanno sottolineato in un evento online che il
Governo italiano e i produttori di armi potrebbero essere considerati
responsabili dei crimini di guerra commessi nello Yemen esportando
armi verso la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati
Arabi Uniti.
Le organizzazioni hanno anche pubblicato il film documentario “Prodotto in Italia, bombardato in Yemen” sulle vittime
civili dell’attacco aereo nel villaggio yemenita di Deir al-Hajari dell’8
ottobre 2016. I risultati delle indagini di Mwatana su questo attacco,
che ha ucciso sei membri di una stessa famiglia tra cui una donna incinta e
quattro bambini, hanno dimostrato
che la bomba utilizzata è stata fabbricata in Italia. Il documentario è
stato girato all’inizio del 2020.
Le organizzazioni della società civile hanno evidenziato il ruolo delle aziende produttrici ed esportatrici di armi e
dei Governi europei nel conflitto in corso nello Yemen e l’urgente necessità di
fermare le vendite di armi verso i Paesi della coalizione saudita.
I relatori del webinar (qui tutti i dettagli) hanno sottolineato come tutte le parti
coinvolte nel non rispetto del diritto umanitario internazionale e nelle
violazioni dei diritti umani che si verificano nello Yemen potrebbero essere chiamate a rispondere
legalmente del loro operato, e del ruolo che la comunità internazionale
potrebbe svolgere in questo senso.
“I Governi che continuano a concludere accordi per la vendita di armi con
gli Stati membri della coalizione saudita sono legalmente e moralmente implicati nelle violazioni che si verificano nel
nostro Paese, alcune delle quali costituiscono crimini di guerra“,
dichiara Radhya al-Mutawakel, presidente
di Mwatana per i diritti umani. “L’Italia
e gli altri fornitori di armi devono fermare immediatamente queste esportazioni e
sostenere gli sforzi per determinare ogni responsabilità penale nelle
violazioni commesse da tutte le parti in conflitto nello Yemen”.
Nell’aprile 2018, le tre organizzazioni promotrici dell’evento odierno
hanno presentato una denuncia penale
alla Procura della Repubblica Italiana a Romaper indagare sulla
responsabilità penale di UAMA, l’ufficio del Ministero degli Esteri che
autorizza le esportazioni di armamenti italiani, e dei dirigenti del
dell’azienda a produzione militare RWM Italia SpA per l’esportazione di armi
verso Stati membri della coalizione saudita. Un anno e mezzo dopo il
Procuratore ha chiesto l’archiviazione del caso invece di procedere a una
valutazione completa dei fatti. Ma
il popolo dello Yemen merita un esame adeguato del ruolo dell’Italia negli
attacchi aerei: Mwatana, Rete Italiana Pace e Disarmo e ECCHR hanno dunque
presentato ricorso contro la decisione del Procuratore e nel
febbraio 2020 è stato individuato un giudice per che si occuperà del
caso. Nel gennaio 2021, l’Ufficio
del Giudice per le indagini preliminari di Roma deciderà se le indagini della
Procura proseguiranno o meno.
“Ormai è giunto il momento che
gli alti funzionari delle aziende produttrici di armi siano chiamati a rendere
conto del loro ruolo nel facilitare la perpetrazione di crimini di
guerra in Yemen, sia a livello internazionale che nazionale”, sottolinea Miriam Saage-Maaß, vice direttore
legale di ECCHR.
Le tre organizzazioni, attraverso questo evento online e altri sforzi
congiunti di advocacy, continuano a richiedere che vengano accertate tutte le responsabilità attraverso gli
opportuni strumenti previsti dal diritto penale internazionale, dal
diritto umanitario internazionale e nelle giurisdizioni internazionali. La
richiesta è che vengano condotte
indagini serie sul ruolo di tutte le parti in conflitto nello Yemen e di tutti
gli attori che contribuiscono ai crimini commessi contro i civili.
“Il flusso di armi di fabbricazione italiana che raggiunge la coalizione
guidata dall’Arabia Saudita coinvolta nel conflitto in Yemen è in netto contrasto con i principi e le regole
sia del diritto italiano che delle norme internazionali firmate dall’Italia“,
afferma Francesco Vignarca,
Coordinatore delle Campagne per la Rete Italiana Pace e Disarmo. “ed è quindi
necessario fermarlo. Insieme ai nostri partner internazionali abbiamo avviato
un’azione legale in tal senso. e allo stesso tempo chiediamo al Governo e al Parlamento di prendere una decisione politica
immediata, estendendo la sospensione delle spedizioni di missili e di bombe
aeree che è stata concordata nel luglio 2019 e che scadrà
all’inizio del 2021”.
L’11 dicembre 2019, queste stesse organizzazioni insieme ad Amnesty
International, Campaign Against the Arms Trade, e al Centro Delàs di studi per
la Pace hanno presentato una
Comunicazione all’Ufficio del Procuratore presso la Corte Penale Internazionale
dell’Aja chiedendo un’indagine sulla responsabilità degli attori
aziendali e governativi in Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. La
comunicazione descriveva 26
attacchi aerei della coalizione saudita che, secondo le ricerche effettuate,
potrebbero aver utilizzato bombe prodotte in Europa.
Il documentario “Prodotto in Italia, bombardato in Yemen” diffuso oggi intervista i parenti delle vittime dell’attacco aereo di Deir al-Hajari che ribadiscono la loro richiesta di giustizia e vogliono che coloro che hanno commesso e permesso l’attacco siano chiamati a risponderne. Ali Ahmed Jaber, il cui fratello, cognata e nipoti sono stati uccisi, chiede: “C’è giustizia in questo mondo? Se sì, mostratela”. I sopravvissuti sottolineano inoltre di essere troppo poveri per riparare le loro case, che sono state ridotte in macerie, e mostrano i resti della bomba usata nell’attacco e chiedendosi perché il loro remoto villaggio – senza alcun obiettivo militare conosciuto – sia stato bombardato.
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