Rapporto Al Mezan: La tortura e l’abuso dei bambini in fuga dalla
catastrofe umanitaria di Gaza
Nel contesto dell’assedio e del blocco israeliano che dura da 13 anni, un
numero allarmante di minori residenti sta intraprendendo viaggi pericolosi
fuori dalla Striscia, alla ricerca di migliori condizioni di vita e della
possibilità di un’esistenza dignitosa. Il nuovo rapporto di Al Mezan si
concentra sull’arresto di questi ragazzi, in particolare 91 minorenni che hanno
tentato di attraversare la recinzione tra il 2015-2019.
In modo allarmante,
tutti i 91 minori hanno raccontato ad Al Mezan le varie forme di tortura,
maltrattamenti o abusi subiti delle autorità israeliane e, in misura minore,
dalle autorità palestinesi con le quali sono entrati in contatto.
I giovani hanno
riferito di essere stati picchiati con pugni e calci, verbalmente abusati e
costretti a mantenere posizioni di stress dalle forze israeliane. Hanno
riferito di essere stati sottoposti a una serie di metodi di interrogatorio
violenti e coercitivi da parte degli interrogatori israeliani, tra cui
privazione del sonno, gravi percosse, insulti e umiliazioni.
Alcuni di essi hanno
inoltre raccontato di essere stati privati di cibo, acqua e accesso a servizi
igienici mentre erano in custodia israeliana. Due hanno denunciato tentativi da
parte degli agenti di costringerli a diventare informatori per i servizi di
sicurezza israeliani.
Ad aggravare questa
situazione, il rapporto mostra che 70 di loro sono stati nuovamente arrestati
nella Striscia di Gaza, questa volta dai servizi di sicurezza palestinesi.
Quasi un terzo di questo gruppo ha affermato di essere stato picchiato e
insultato durante la detenzione.
La documentazione di
Al Mezan indica che l’esercito israeliano, per controllare la zona cuscinetto,
usa metodi eccessivamente violenti, che includono forza letale, lesioni e
arresti. Come conseguenza, otto minori sono stati uccisi e sei feriti nel
periodo di riferimento.
Nonostante ciò, i
figli di Gaza hanno cercato comunque di fuggire. Dei 91 minori intervistati per
il rapporto, 59 hanno affermato di averlo fatto per difficoltà economiche. Undici
hanno lamentato essere vittime di violenza domestica, un fattore che Al Mezan
considera correlato alla povertà, e altri quattro hanno affermato di essere
motivati da entrambi i fattori. I rimanenti, tra le altre ragioni, hanno citato
la depressione e la mancanza di un riparo adeguato.
Secondo le indagini di
Al Mezan, oltre il 70% dei bambini proviene da famiglie numerose e il 78% delle
famiglie dei bambini guadagna meno di 1.000 shekel (250€) al mese. L’alto tasso
di abbandono scolastico tra i bambini (65 dei 91 avevano abbandonato la scuola)
può indicare una percepita mancanza di futuro.
L’analisi dei racconti
eseguita da Al Mezan ci porta a concludere che una serie di torture illegali,
trattamenti e punizioni crudeli, inumani e degradanti (CIDTP) sono stati
ampiamente adottati contro i minori, in modo sistematico e istituzionalizzato.
A tal fine, Al Mezan ha avanzato una serie di raccomandazioni e chiede
un’azione da parte della comunità internazionale e dei responsabili
palestinesi. Tra queste:
La comunità internazionale:
·
Deve intraprendere un’azione urgente ed efficace per porre fine all’assedio
e al blocco israeliano della Striscia di Gaza.
·
Deve garantire indagini rapide, approfondite e imparziali secondo le
normative internazionali e assicurare prontamente alla giustizia gli autori di
violazioni contro i minori.
·
Deve impegnarsi per l’attuazione di una legislazione efficace che
criminalizzi pienamente la tortura in linea con la Commissione Contro la
Tortura delle Nazioni Unite (UN.CAT) in Israele e Palestina.
·
Deve condannare pubblicamente la condotta della potenza occupante
israeliana e dei servizi di sicurezza di Gaza in quanto costituiscono la
violazione dei diritti dei minori, del Diritto Umanitario Internazionale e del
Diritto Penale Internazionale.
·
Infine, ricordando gli obblighi di Israele ai sensi del Diritto
Internazionale e il dovere di proteggere i minori palestinesi nei territori
occupati, la comunità internazionale deve agire rapidamente ed efficacemente per
garantire il rispetto del Diritto Internazionale, per fornire una protezione
efficace ai minori e porre fine all’uso eccessivo della forza da parte
dell’esercito israeliano.
Le autorità di Gaza:
·
Devono porre fine a tutte le forme di tortura e trattamento o
punizione crudele, inumana e degradante (CIDTP) contro i minori.
·
Devono smettere di criminalizzare i minori che tentano di fuggire e
iniziare a considerarli come vittime.
·
Devono fornire assistenza e recupero ai minori e cercare di fornire servizi
di protezione sociale alle loro famiglie.
·
Devono fornire il supporto necessario per eliminare e affrontare la
violenza domestica contro i bambini.
·
Devono, attraverso il Ministero dell’Istruzione e le istituzioni pubbliche
nella Striscia di Gaza, istituire programmi educativi e culturali per
salvaguardare il diritto all’istruzione dei bambini che non frequentano la
scuola e affrontare le cause dell’abbandono scolastico.
·
Devono adottare tutte le misure possibili, nel contesto dell’occupazione e
del blocco israeliano, per implementare un tenore di vita dignitoso, anche
fornendo assistenza sanitaria, cibo e servizi educativi alla popolazione, come
incentivo per dissuadere i bambini dall’intraprendere fughe pericolose per
lasciare Gaza.
Il rapporto completo (in inglese) è
disponibile per il download al seguente link.
Trad: Beniamino
Rocchetto – Invictapalestina.org
“Senza difesa”: rapporto sui minori palestinesi detenuti
I minori palestinesi nel sistema di
detenzione militare israeliano subiscono trattamenti disumani come percosse,
perquisizioni corporali, abusi psicologici, settimane in isolamento, e viene loro
negato l’accesso a un avvocato durante gli interrogatori.
Questa la denuncia di Save the Children, che ha diffuso oggi il nuovo
rapporto “Senza Difesa” che raccoglie le testimonianze di più di 470 minori
detenuti negli ultimi dieci anni provenienti da tutta la Cisgiordania.
Come evidenzia il
rapporto, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi sono stati portati via
dalle loro case di notte, bendati, con le mani dolorosamente legate dietro la
schiena. A molti dei minori, intervistati per questo rapporto, non è stato
detto il motivo per cui venivano arrestati o dove stavano andando.
“Hanno distrutto la porta d’ingresso, sono entrati nella mia
stanza, mi hanno coperto il viso con un sacchetto e mi hanno portato via. Hanno
detto a mio padre che sarei tornato il giorno dopo. Sono tornato dopo 12 mesi”,
ha detto Abdullah *, che da minorenne è stato arrestato sei volte.
Ogni anno centinaia di
minori palestinesi vengono detenuti dalle autorità israeliane. Al momento sono
160.
Questi minori sono gli
unici minori al mondo che vengono sistematicamente perseguiti attraverso un
sistema giudiziario militare invece che civile [1]. L’accusa più comune è il
lancio di pietre, per il quale la pena massima è 20 anni di carcere.
Dopo il loro arresto,
i minori vengono trasferiti in centri dove sono essere interrogati, e
riferiscono di essere stati costretti a giacere a faccia in giù sul pavimento
di metallo di veicoli militari, di non aver potuto usare il bagno, di essere
stati privati di cibo e acqua e aggrediti fisicamente.
“Mi hanno arrestato mentre andavo a scuola a un posto di blocco
militare. Hanno perquisito la mia borsa e mi hanno parlato in ebraico, una
lingua che non capisco. Mi hanno ammanettato, buttato a terra e calpestato
sulla schiena”, ha detto Fatima *, che è stata arrestata quando
aveva 14 anni.
I ragazzi hanno descritto l’esperienza della detenzione come “crudele”,
“disumanizzante”, “umiliante” e “terrificante”. Amina *, detenuta a 15 anni, ha
detto: “Non ti senti un essere umano in quel posto. Siamo stati trattati
come animali“.
La ricerca di Save the
Children mostra come l’81% abbia subito percosse fisiche e l’89% abusi
verbali; il 52% ha ricevuto minacce sulle proprie famiglie; l’86% è stato
sottoposto a perquisizioni corporali, con umiliazione e vergogna; l’88% non ha
ricevuto cure adeguate e tempestive, anche quando esplicitamente richieste; a
quasi la metà (47%) è stato negato il contatto con un avvocato.
Issa *, che è stato
arrestato quando aveva 15 anni, ha detto: “Mentre venivo interrogato,
continuavano a gridarmi contro e hanno messo una pistola sul tavolo per
spaventarmi. Hanno detto brutte parole, parolacce. Non voglio pensare a quelle
parole… La prigione era un posto orribile. Suonavano le sveglie a mezzanotte,
alle 3 e alle 6, per non farci dormire a lungo, e se non ti svegliavi venivi
picchiato. Sono stato picchiato più volte con bastoni di legno. Ho ancora mal
di schiena a causa di un pestaggio particolarmente duro“.
Fino alla metà dei minori partecipanti
alla ricerca ha riferito di essere stato tenuto in isolamento, a volte per
diverse settimane. Più della metà dei minori ha affermato di non essere stato
autorizzato a vedere le proprie famiglie e in alcuni casi è stato fatto credere
loro che le famiglie li avessero abbandonati, facendoli sentire spaventati,
soli e rifiutati.
La ricerca rivela anche il profondo impatto della detenzione sulle vite dei
ragazzi sin dal loro rilascio, con la stragrande maggioranza che afferma che
queste esperienze li hanno cambiati per sempre. Questi minori spesso lottano
con insonnia, incubi, disturbi alimentari, cambiamenti comportamentali, rabbia
o sentimenti di depressione. Ciò porta a sintomi fisici come stordimento,
dolori muscolari cronici, mal di testa e tremori incontrollabili.
“Minori di appena dodici anni ci
hanno parlato di trattamenti veramente disumani subiti nel sistema di
detenzione militare israeliano. Non c’è alcuna giustificazione per usare i cani
contro i bambini, picchiarli o incatenarli a sedie di metallo. Di qualunque
cosa siano accusati, indipendentemente dalla colpa o dall’innocenza, sono
bambini e devono essere trattati prima di tutto come tali, con tutte le
protezioni speciali che questo comporta. Nessun minore dovrebbe subire una tale
crudeltà per mano di coloro che dovrebbero prendersi cura di lui. I minori non
dovrebbero più essere perseguiti nei tribunali militari e non c’è mai stata
maggiore urgenza di rilasciare i minori, nel momento in cui questi
maltrattamenti sistematici sono aggravati dalla minaccia del COVID-19 nei
centri di detenzione. Solo con questi cambiamenti possiamo evitare che vengano
inflitti danni irrevocabili a generazioni di minori palestinesi” ha
dichiarato Jeremy Stoner, Direttore di Save the Children per il Medio Oriente.
Save the Children
chiede che il governo di Israele rispetti il diritto internazionale e
ponga fine alla detenzione e ai maltrattamenti dei minori ai sensi del diritto
militare. Le autorità israeliane devono adottare immediatamente garanzie
concrete per migliorare la situazione dei minori attualmente detenuti,
incluse la fine del maltrattamento sistemico, la creazione di sistemi di
protezione e salvaguardia per i detenuti e la fornitura di servizi adeguati per
sostenere ragazze e ragazzi nel riprendersi dalle loro esperienze.
L’Organizzazione chiede all’Autorità Palestinese (AP) di aumentare il supporto
riabilitativo, compreso quello psicologico, per i minori che sono stati
detenuti. L’AP dovrebbe anche offrire
servizi di supporto volti a ridurre lo stigma associato ai minori detenuti e
sostenere il loro reinserimento nelle comunità e nel sistema dell’istruzione.
In linea con la
richiesta di numerosi esperti delle Nazioni Unite, Save the Children chiede il
rilascio immediato di tutti i minori palestinesi detenuti, in questo momento
esposti anche al rischio di contrarre il Coronavirus, affinché possano tornare
in sicurezza nelle proprie famiglie e comunità.
L’Organizzazione
pertanto diffonde oggi una petizione per invitare il Ministro Di Maio e
l’Ambasciatore presso le Nazioni Unite a Ginevra, Gian Lorenzo Cornado, a farsi
promotori di un’iniziativa in seno al Consiglio Diritti Umani per la
liberazione dei minori nelle carceri militari israeliane, anche per limitare la
diffusione della pandemia.
Per firmare la petizione: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/campagne/stop-alla-guerra-s…
La versione integrale
del rapporto “Senza Difesa” è disponibile qui.
Tratto da https://www.savethechildren.it/.
UNA BANDIERA NERA PER IL TRECENTESIMO BAMBINO
- Moriah Shlomot
Dal giugno 2018, 300 bambini palestinesi sono stati
rapiti dai loro letti nel cuore della notte e arrestati dal regime sionista,
con effetti traumatici. Il Dipartimento di Sicurezza li considera come soggetti
pericolosi mentre nella coscienza collettiva non esistono affatto. Ma sono
bambini, con affetti e un futuro, che devono avere un posto nella nostra lotta
per la democrazia
E., 16 anni, è stato rapito dal suo letto il 10 ottobre e preso in
custodia. Alla sua famiglia non è stato detto dove è stato portato. Lo stesso è
successo alla quindicenne S. di Beit Omer; Mustafa e Dahud, anche loro di 15
anni, del Monte degli Ulivi, e Khalil e Muhammad, di 16 anni.
Ancora uno, e un altro ancora, mentre dormiamo e sogniamo grandi
rivoluzioni, la caduta del regime, la fine della corruzione e la nostra fragile
democrazia. Al di là della linea invisibile, i bambini che stanno dormendo
vogliono solo continuare il loro sonno e non essere coinvolti nella rivoluzione
o nella democrazia.
Da giugno 2018 ad oggi, abbiamo contato sulla pagina Facebook del gruppo
“Parents Against Child Arrests” (Genitori Contro gli Arresti di Minori) 300
bambini arrestati in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Si tratta solo di numeri
parziali, che riflettono solo i casi in cui le famiglie dei bambini detenuti
hanno contattato il Centro per la Protezione della Persona per aiutarli a
rintracciare il bambino.
Uno dopo l’altro, bambino dopo bambino, così 300 minori sono stati rapiti
dai loro letti davanti agli occhi assonnati dei fratellini e delle sorelline, e
davanti ai genitori spaventati, e portati in una stazione di polizia per essere
interrogati. Quasi un’intera scuola di bambini presi senza che i genitori
ricevessero nemmeno la minima informazione sul loro arresto.
Secondo B’Tselem,
alla fine di agosto 2020, 153 minori palestinesi erano in custodia o incarcerati.
Ci poniamo ripetutamente la stessa domanda: come fa un paese che dichiara
di essere democratico a perseguitare i bambini in questo modo?
Nelle ultime settimane sono andato nelle piazze insieme a centinaia di
migliaia di persone, che hanno presidiato gli incroci e le strade brandendo e
sventolando bandiere nere e rosa manifestando “per il futuro dei nostri figli”.
I cittadini invadono il paese con gli striscioni e portano con sé i propri
figli per insegnare loro cos’è la civiltà e per manifestare insieme per la
democrazia, il diritto di protesta e la libertà di espressione e movimento.
Anch’io, come tutti noi, ero pervaso da una rabbia vibrante e
giustificata contro un governo iniquo e un Primo Ministro corrotto, e nel bel
mezzo della confusione mi sono dimenticato di M. e S. Madhaud e Khalil, gli
altri bambini, che sono dalla parte sbagliata della linea.
L’assurdità è che mentre le dimostrazioni si intensificano, acquistano
slancio e influenza, questi bambini vengono dimenticati. In questi giorni
stiamo lottando per noi stessi, per i diritti che ogni cittadino merita, e io
come tutti gli altri, sventolavo la bandiera rosa con impeto e gridando con la
voce roca e al ritmo di “1000, 2000, 4000, corruzione, frode”.
Più forte è la protesta, più forte è la lotta e un po’ di speranza ci
rincuora, così il 300esimo bambino imprigionato dalle forze di occupazione
questa settimana si allontana ulteriormente dai nostri pensieri, ai margini
dell’atmosfera di democrazia per soli israeliani, dove non c’è impegno per
nient’altro che noi stessi.
Non è un caso che non sentiremo un’enorme ondata di protesta che gridi
“100, 200, 300 bambini arrestati”.
Alcuni psicologi affermano: “Testimonianze di minori palestinesi su
episodi violenti e degradanti con potenziali traumi vissuti durante il loro
arresto e interrogatorio dipingono un quadro desolante, poiché mostra che il
sistema di sicurezza israeliano non è in grado di vederli come minori, ma
piuttosto come soggetti pericolosi per la sicurezza.”
Hanno letto l’articolo sull’argomento: “Questo bambino (non) sono io.
Essere un minore palestinese in detenzione israeliana”, dei Dr. Sarah Kelai,
Michal Fruchtman, Dorit Gorny, Ilana Lach, Tali Larnau, Varda Amir, Sharona
Komem, su Psicologia Ebraica nel 2013, e in effetti il 300esimo bambino non è
un caso facile per nessuno di noi.
Anche per noi di “Parents Against Child Arrest” appaiono solo come dei
numeri. Non sappiamo i loro nomi completi, nulla della loro vita e molto poco
sulle circostanze del loro arresto. Ma per noi sono narratori che raccontano
una storia. Una storia significativa sulla vita di bambini nati in una realtà
di occupazione. Bambini che temevano, forse sapevano, che prima o poi l’orrore
sarebbe arrivato anche a casa loro, che anche i soldati sarebbero venuti a casa
dei loro genitori nel cuore della notte, avrebbero minacciato la vita della
famiglia e avrebbero portato con sé uno di loro.
E noi, genitori dei nostri figli, ci chiediamo anche: Come fanno i
bambini palestinesi detenuti, i cui diritti sono violati in ogni fase del loro
arresto e interrogatorio, a non essere al centro dell’attenzione? In effetti
non c’erano mai stati. Allora ci si deve chiedere come porli al centro della
discussione e delle nostre preoccupazioni?
Abbiamo scelto di portare le storie delle migliaia di bambini di 13 e 15
anni, quelli arrestati senza aver fatto nulla, quelli che sono stati picchiati
o minacciati dai loro interrogatori e che se non avessero ammesso i sospetti
contro di loro i permessi di lavoro ottenuti dal padre o dalla madre sarebbero
stati revocati, o che gli avrebbero negato cure mediche essenziali.
Quelli bendati erano legati in modo che perdessero il senso del tempo e
dello spazio, con le mani legate strette dietro la schiena per spezzarne lo
spirito e implorassero di essere liberati per poi interrogarli ed estorcergli
assurde confessioni. Altri non hanno visto i genitori e non hanno parlato con
loro per settimane e mesi.
Tutti questi bambini non sono nostri figli, ma sono reali, con affetti e
con un futuro. Se sventoliamo la bandiera nera anche per il 300esimo bambino,
potremmo essere in grado di trovare un posto per lui nella nostra coscienza e
avere speranza. Inizieremo da lì.
L’avv. Moriah Shlomot è il coordinatore di “Parents
Against Child Arrest”:
Traduzione: Beniamino Rocchetto
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