domenica 8 novembre 2020

solo bambini

 

Rapporto Al Mezan: La tortura e l’abuso dei bambini in fuga dalla catastrofe umanitaria di Gaza

 


Nel contesto dell’assedio e del blocco israeliano che dura da 13 anni, un numero allarmante di minori residenti sta intraprendendo viaggi pericolosi fuori dalla Striscia, alla ricerca di migliori condizioni di vita e della possibilità di un’esistenza dignitosa. Il nuovo rapporto di Al Mezan si concentra sull’arresto di questi ragazzi, in particolare 91 minorenni che hanno tentato di attraversare la recinzione  tra il 2015-2019.

In modo allarmante, tutti i 91 minori hanno raccontato ad Al Mezan le varie forme di tortura, maltrattamenti o abusi subiti delle autorità israeliane e, in misura minore, dalle autorità palestinesi con le quali sono entrati in contatto.

I giovani hanno riferito di essere stati picchiati con pugni e calci, verbalmente abusati e costretti a mantenere posizioni di stress dalle forze israeliane. Hanno riferito di essere stati sottoposti a una serie di metodi di interrogatorio violenti e coercitivi da parte degli interrogatori israeliani, tra cui privazione del sonno, gravi percosse, insulti e umiliazioni.

Alcuni di essi hanno inoltre raccontato di essere stati privati ​​di cibo, acqua e accesso a servizi igienici mentre erano in custodia israeliana. Due hanno denunciato tentativi da parte degli agenti di costringerli a diventare informatori per i servizi di sicurezza israeliani.

Ad aggravare questa situazione, il rapporto mostra che 70 di loro sono stati nuovamente arrestati nella Striscia di Gaza, questa volta dai servizi di sicurezza palestinesi. Quasi un terzo di questo gruppo ha affermato di essere stato picchiato e insultato durante la detenzione.

La documentazione di Al Mezan indica che l’esercito israeliano, per controllare la zona cuscinetto,  usa metodi eccessivamente violenti, che includono forza letale, lesioni e arresti. Come conseguenza, otto minori sono stati uccisi e sei feriti nel periodo di riferimento.

Nonostante ciò, i figli di Gaza hanno cercato comunque di fuggire. Dei 91 minori intervistati per il rapporto, 59 hanno affermato di averlo fatto per difficoltà economiche. Undici hanno lamentato essere vittime di violenza domestica, un fattore che Al Mezan considera correlato alla povertà, e altri quattro hanno affermato di essere motivati da entrambi i fattori. I rimanenti, tra le altre ragioni, hanno citato la depressione e la mancanza di un riparo adeguato.

Secondo le indagini di Al Mezan, oltre il 70% dei bambini proviene da famiglie numerose e il 78% delle famiglie dei bambini guadagna meno di 1.000 shekel (250€) al mese. L’alto tasso di abbandono scolastico tra i bambini (65 dei 91 avevano abbandonato la scuola) può indicare una percepita mancanza di futuro.

L’analisi dei racconti eseguita da Al Mezan ci porta a concludere che una serie di torture illegali, trattamenti e punizioni crudeli, inumani e degradanti (CIDTP) sono stati ampiamente adottati contro i minori, in modo sistematico e istituzionalizzato. A tal fine, Al Mezan ha avanzato una serie di raccomandazioni e chiede un’azione da parte della comunità internazionale e dei responsabili palestinesi. Tra queste:

La comunità internazionale:

·         Deve intraprendere un’azione urgente ed efficace per porre fine all’assedio e al blocco israeliano della Striscia di Gaza.

·         Deve garantire indagini rapide, approfondite e imparziali secondo le normative internazionali e assicurare prontamente alla giustizia gli autori di violazioni contro i minori.

·         Deve impegnarsi per l’attuazione di una legislazione efficace che criminalizzi pienamente la tortura in linea con la Commissione Contro la Tortura delle Nazioni Unite (UN.CAT) in Israele e Palestina.

·         Deve condannare pubblicamente la condotta della potenza occupante israeliana e dei servizi di sicurezza di Gaza in quanto costituiscono la violazione dei diritti dei minori, del Diritto Umanitario Internazionale e del Diritto Penale Internazionale.

·         Infine, ricordando gli obblighi di Israele ai sensi del Diritto Internazionale e il dovere di proteggere i minori palestinesi nei territori occupati, la comunità internazionale deve agire rapidamente ed efficacemente per garantire il rispetto del Diritto Internazionale, per fornire una protezione efficace ai minori e porre fine all’uso eccessivo della forza da parte dell’esercito israeliano.

 

Le autorità di Gaza:

 

·         Devono porre fine a tutte le forme di  tortura e trattamento o punizione crudele, inumana e degradante (CIDTP) contro i minori.

·         Devono smettere di criminalizzare i minori che tentano di fuggire e iniziare a considerarli come vittime.

·         Devono fornire assistenza e recupero ai minori e cercare di fornire servizi di protezione sociale alle loro famiglie.

·         Devono fornire il supporto necessario per eliminare e affrontare la violenza domestica contro i bambini.

·         Devono, attraverso il Ministero dell’Istruzione e le istituzioni pubbliche nella Striscia di Gaza, istituire programmi educativi e culturali per salvaguardare il diritto all’istruzione dei bambini che non frequentano la scuola e affrontare le cause dell’abbandono scolastico.

·         Devono adottare tutte le misure possibili, nel contesto dell’occupazione e del blocco israeliano, per implementare un tenore di vita dignitoso, anche fornendo assistenza sanitaria, cibo e servizi educativi alla popolazione, come incentivo per dissuadere i bambini dall’intraprendere fughe pericolose per lasciare Gaza.

 

Il rapporto completo (in inglese) è disponibile per il download al seguente link.


Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

da qui

 

“Senza difesa”: rapporto sui minori palestinesi detenuti

I minori palestinesi nel sistema di detenzione militare israeliano subiscono trattamenti disumani come percosse, perquisizioni corporali, abusi psicologici, settimane in isolamento, e viene loro negato l’accesso a un avvocato durante gli interrogatori.
Questa la denuncia di Save the Children, che ha diffuso oggi il nuovo rapporto “Senza Difesa” che raccoglie le testimonianze di più di 470 minori detenuti negli ultimi dieci anni provenienti da tutta la Cisgiordania.

Come evidenzia il rapporto, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi sono stati portati via dalle loro case di notte, bendati, con le mani dolorosamente legate dietro la schiena. A molti dei minori, intervistati per questo rapporto, non è stato detto il motivo per cui venivano arrestati o dove stavano andando.

Hanno distrutto la porta d’ingresso, sono entrati nella mia stanza, mi hanno coperto il viso con un sacchetto e mi hanno portato via. Hanno detto a mio padre che sarei tornato il giorno dopo. Sono tornato dopo 12 mesi”, ha detto Abdullah *, che da minorenne è stato arrestato sei volte.

Ogni anno centinaia di minori palestinesi vengono detenuti dalle autorità israeliane. Al momento sono 160.

Questi minori sono gli unici minori al mondo che vengono sistematicamente perseguiti attraverso un sistema giudiziario militare invece che civile [1]. L’accusa più comune è il lancio di pietre, per il quale la pena massima è 20 anni di carcere.

Dopo il loro arresto, i minori vengono trasferiti in centri dove sono essere interrogati, e riferiscono di essere stati costretti a giacere a faccia in giù sul pavimento di metallo di veicoli militari, di non aver potuto usare il bagno, di essere stati privati ​​di cibo e acqua e aggrediti fisicamente.

Mi hanno arrestato mentre andavo a scuola a un posto di blocco militare. Hanno perquisito la mia borsa e mi hanno parlato in ebraico, una lingua che non capisco. Mi hanno ammanettato, buttato a terra e calpestato sulla schiena”, ha detto Fatima *, che è stata arrestata quando aveva 14 anni.
I ragazzi hanno descritto l’esperienza della detenzione come “crudele”, “disumanizzante”, “umiliante” e “terrificante”. Amina *, detenuta a 15 anni, ha detto: “Non ti senti un essere umano in quel posto. Siamo stati trattati come animali“.

La ricerca di Save the Children mostra come l’81% abbia subito percosse fisiche e l’89% abusi verbali; il 52% ha ricevuto minacce sulle proprie famiglie; l’86% è stato sottoposto a perquisizioni corporali, con umiliazione e vergogna; l’88% non ha ricevuto cure adeguate e tempestive, anche quando esplicitamente richieste; a quasi la metà (47%) è stato negato il contatto con un avvocato.

Issa *, che è stato arrestato quando aveva 15 anni, ha detto: “Mentre venivo interrogato, continuavano a gridarmi contro e hanno messo una pistola sul tavolo  per spaventarmi. Hanno detto brutte parole, parolacce. Non voglio pensare a quelle parole… La prigione era un posto orribile. Suonavano le sveglie a mezzanotte, alle 3 e alle 6, per non farci dormire a lungo, e se non ti svegliavi venivi picchiato. Sono stato picchiato più volte con bastoni di legno. Ho ancora mal di schiena a causa di un pestaggio particolarmente duro“.

Fino alla metà dei minori partecipanti alla ricerca ha riferito di essere stato tenuto in isolamento, a volte per diverse settimane. Più della metà dei minori ha affermato di non essere stato autorizzato a vedere le proprie famiglie e in alcuni casi è stato fatto credere loro che le famiglie li avessero abbandonati, facendoli sentire spaventati, soli e rifiutati.
La ricerca rivela anche il profondo impatto della detenzione sulle vite dei ragazzi sin dal loro rilascio, con la stragrande maggioranza che afferma che queste esperienze li hanno cambiati per sempre. Questi minori spesso lottano con insonnia, incubi, disturbi alimentari, cambiamenti comportamentali, rabbia o sentimenti di depressione. Ciò porta a sintomi fisici come stordimento, dolori muscolari cronici, mal di testa e tremori incontrollabili.

Minori di appena dodici anni ci hanno parlato di trattamenti veramente disumani subiti nel sistema di detenzione militare israeliano. Non c’è alcuna giustificazione per usare i cani contro i bambini, picchiarli o incatenarli a sedie di metallo. Di qualunque cosa siano accusati, indipendentemente dalla colpa o dall’innocenza, sono bambini e devono essere trattati prima di tutto come tali, con tutte le protezioni speciali che questo comporta. Nessun minore dovrebbe subire una tale crudeltà per mano di coloro che dovrebbero prendersi cura di lui. I minori non dovrebbero più essere perseguiti nei tribunali militari e non c’è mai stata maggiore urgenza di rilasciare i minori, nel momento in cui questi maltrattamenti sistematici sono aggravati dalla minaccia del COVID-19 nei centri di detenzione. Solo con questi cambiamenti possiamo evitare che vengano inflitti danni irrevocabili a generazioni di minori palestinesi” ha dichiarato Jeremy Stoner, Direttore di Save the Children per il Medio Oriente.

Save the Children chiede che il governo di Israele rispetti il diritto internazionale e ponga fine alla detenzione e ai maltrattamenti dei minori ai sensi del diritto militare. Le autorità israeliane devono adottare immediatamente garanzie concrete per migliorare la situazione dei minori attualmente detenuti, incluse la fine del maltrattamento sistemico, la creazione di sistemi di protezione e salvaguardia per i detenuti e la fornitura di servizi adeguati per sostenere ragazze e ragazzi nel riprendersi dalle loro esperienze.
L’Organizzazione chiede all’Autorità Palestinese (AP) di aumentare il supporto riabilitativo, compreso quello psicologico, per i minori che sono stati detenuti. L’AP dovrebbe anche offrire servizi di supporto volti a ridurre lo stigma associato ai minori detenuti e sostenere il loro reinserimento nelle comunità e nel sistema dell’istruzione.

In linea con la richiesta di numerosi esperti delle Nazioni Unite, Save the Children chiede il rilascio immediato di tutti i minori palestinesi detenuti, in questo momento esposti anche al rischio di contrarre il Coronavirus, affinché possano tornare in sicurezza nelle proprie famiglie e comunità.

L’Organizzazione pertanto diffonde oggi una petizione per invitare il Ministro Di Maio e l’Ambasciatore presso le Nazioni Unite a Ginevra, Gian Lorenzo Cornado, a farsi promotori di un’iniziativa in seno al Consiglio Diritti Umani per la liberazione dei minori nelle carceri militari israeliane, anche per limitare la diffusione della pandemia.
Per firmare la petizione: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/campagne/stop-alla-guerra-s…

 

La versione integrale del rapporto “Senza Difesa” è disponibile qui.

 

Tratto da https://www.savethechildren.it/.

 

da qui

 

 

UNA BANDIERA NERA PER IL TRECENTESIMO BAMBINO - Moriah Shlomot 

 

Dal giugno 2018, 300 bambini palestinesi sono stati rapiti dai loro letti nel cuore della notte e arrestati dal regime sionista, con effetti traumatici. Il Dipartimento di Sicurezza li considera come soggetti pericolosi mentre nella coscienza collettiva non esistono affatto. Ma sono bambini, con affetti e un futuro, che devono avere un posto nella nostra lotta per la democrazia

E., 16 anni, è stato rapito dal suo letto il 10 ottobre e preso in custodia. Alla sua famiglia non è stato detto dove è stato portato. Lo stesso è successo alla quindicenne S. di Beit Omer; Mustafa e Dahud, anche loro di 15 anni, del Monte degli Ulivi, e Khalil e Muhammad, di 16 anni.

Ancora uno, e un altro ancora, mentre dormiamo e sogniamo grandi rivoluzioni, la caduta del regime, la fine della corruzione e la nostra fragile democrazia. Al di là della linea invisibile, i bambini che stanno dormendo vogliono solo continuare il loro sonno e non essere coinvolti nella rivoluzione o nella democrazia.

Da giugno 2018 ad oggi, abbiamo contato sulla pagina Facebook del gruppo “Parents Against Child Arrests” (Genitori Contro gli Arresti di Minori) 300 bambini arrestati in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Si tratta solo di numeri parziali, che riflettono solo i casi in cui le famiglie dei bambini detenuti hanno contattato il Centro per la Protezione della Persona per aiutarli a rintracciare il bambino.

Uno dopo l’altro, bambino dopo bambino, così 300 minori sono stati rapiti dai loro letti davanti agli occhi assonnati dei fratellini e delle sorelline, e davanti ai genitori spaventati, e portati in una stazione di polizia per essere interrogati. Quasi un’intera scuola di bambini presi senza che i genitori ricevessero nemmeno la minima informazione sul loro arresto.

Secondo B’Tselem, alla fine di agosto 2020, 153 minori palestinesi erano in custodia o incarcerati.

Ci poniamo ripetutamente la stessa domanda: come fa un paese che dichiara di essere democratico a perseguitare i bambini in questo modo?

Nelle ultime settimane sono andato nelle piazze insieme a centinaia di migliaia di persone, che hanno presidiato gli incroci e le strade brandendo e sventolando bandiere nere e rosa manifestando “per il futuro dei nostri figli”. I cittadini invadono il paese con gli striscioni e portano con sé i propri figli per insegnare loro cos’è la civiltà e per manifestare insieme per la democrazia, il diritto di protesta e la libertà di espressione e movimento.

Anch’io, come tutti noi, ero pervaso da una rabbia vibrante e giustificata contro un governo iniquo e un Primo Ministro corrotto, e nel bel mezzo della confusione mi sono dimenticato di M. e S. Madhaud e Khalil, gli altri bambini, che sono dalla parte sbagliata della linea.

L’assurdità è che mentre le dimostrazioni si intensificano, acquistano slancio e influenza, questi bambini vengono dimenticati. In questi giorni stiamo lottando per noi stessi, per i diritti che ogni cittadino merita, e io come tutti gli altri, sventolavo la bandiera rosa con impeto e gridando con la voce roca e al ritmo di “1000, 2000, 4000, corruzione, frode”.

Più forte è la protesta, più forte è la lotta e un po’ di speranza ci rincuora, così il 300esimo bambino imprigionato dalle forze di occupazione questa settimana si allontana ulteriormente dai nostri pensieri, ai margini dell’atmosfera di democrazia per soli israeliani, dove non c’è impegno per nient’altro che noi stessi.

Non è un caso che non sentiremo un’enorme ondata di protesta che gridi “100, 200, 300 bambini arrestati”.

Alcuni psicologi affermano: “Testimonianze di minori palestinesi su episodi violenti e degradanti con potenziali traumi vissuti durante il loro arresto e interrogatorio dipingono un quadro desolante, poiché mostra che il sistema di sicurezza israeliano non è in grado di vederli come minori, ma piuttosto come soggetti pericolosi per la sicurezza.”

Hanno letto l’articolo sull’argomento: “Questo bambino (non) sono io. Essere un minore palestinese in detenzione israeliana”, dei Dr. Sarah Kelai, Michal Fruchtman, Dorit Gorny, Ilana Lach, Tali Larnau, Varda Amir, Sharona Komem, su Psicologia Ebraica nel 2013, e in effetti il ​​300esimo bambino non è un caso facile per nessuno di noi.

Anche per noi di “Parents Against Child Arrest” appaiono solo come dei numeri. Non sappiamo i loro nomi completi, nulla della loro vita e molto poco sulle circostanze del loro arresto. Ma per noi sono narratori che raccontano una storia. Una storia significativa sulla vita di bambini nati in una realtà di occupazione. Bambini che temevano, forse sapevano, che prima o poi l’orrore sarebbe arrivato anche a casa loro, che anche i soldati sarebbero venuti a casa dei loro genitori nel cuore della notte, avrebbero minacciato la vita della famiglia e avrebbero portato con sé uno di loro.

E noi, genitori dei nostri figli, ci chiediamo anche: Come fanno i bambini palestinesi detenuti, i cui diritti sono violati in ogni fase del loro arresto e interrogatorio, a non essere al centro dell’attenzione? In effetti non c’erano mai stati. Allora ci si deve chiedere come porli al centro della discussione e delle nostre preoccupazioni?

Abbiamo scelto di portare le storie delle migliaia di bambini di 13 e 15 anni, quelli arrestati senza aver fatto nulla, quelli che sono stati picchiati o minacciati dai loro interrogatori e che se non avessero ammesso i sospetti contro di loro i permessi di lavoro ottenuti dal padre o dalla madre sarebbero stati revocati, o che gli avrebbero negato cure mediche essenziali.

Quelli bendati erano legati in modo che perdessero il senso del tempo e dello spazio, con le mani legate strette dietro la schiena per spezzarne lo spirito e implorassero di essere liberati per poi interrogarli ed estorcergli assurde confessioni. Altri non hanno visto i genitori e non hanno parlato con loro per settimane e mesi.

Tutti questi bambini non sono nostri figli, ma sono reali, con affetti e con un futuro. Se sventoliamo la bandiera nera anche per il 300esimo bambino, potremmo essere in grado di trovare un posto per lui nella nostra coscienza e avere speranza. Inizieremo da lì.


L’avv. Moriah Shlomot è il coordinatore di “Parents Against Child Arrest”:

Traduzione: Beniamino Rocchetto


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