venerdì 13 novembre 2020

Piccole dolci domande dalla Morte - Miguel Martinez

 

Non so la tua, la mia vita è cambiata radicalmente.

Io esco di casa, e per la prima volta, misuro ogni passo.

Prima dormivo mentre camminavo.

Ero un morto ambulante, sicuro sempre di vivere.

Oggi sono un vivo ambulante, perché so di poter morire.

Adesso so cosa sto facendo.

Prima di uscire, mi accerto di avere la mascherina.

Lasciamo perdere se questo oggetto inquinante e soffocante serve realmente a qualcosa, o se davvero corriamo il rischio di morire in massa.

Mi basta gioire del fatto che bisogna indossare un oggetto rituale prima di compiere un’azione qualunque, che sia buttare i rifiuti o comprare il pane.

I passi che prima facevo senza esserci, ora li compio con coscienza.

Una volta, quando ero ancora uno zombie, inciampavo in facce sconosciute e immediatamente dimenticate.

Adesso ho davanti persone.

Le guardo in faccia ad una ad una, e con ognuna ci raccontiamo in silenzio queste parole:

Io ti posso uccidere, o tu puoi uccidere me, o tu potresti usarmi per uccidere qualcuno che mi è caro.

Sono persone piccole e irrilevanti come me, ma ciascuno di noi, quando si fa portatore di morte, diventa speciale e più bello, e ci guardiamo – sopra la mascherina cinese – dritto negli occhi.

Tra assassini potenziali, ci capiamo, e ne nasce anche uno strano affetto e un grande rispetto, perché ogni assassino è sicuramente una persona speciale.

E’ irrilevante ogni giudizio morale: la persona che potrebbe uccidere me, o i miei cari, potrebbe essere un’ottima persona.

Ci siamo raccontati, per troppo tempo, di avere diritto a tutto e subito, solo perché siamo umani.

Adesso, la notte, dobbiamo rispettare le voci delle civette.

Il mio amico psicologo ogni venerdì prende il treno per Roma, per incontrare i suoi pazienti.

Un anno fa, la carrozza era sempre piena, perché tante persone avevano motivi impellenti per andare da Firenze a Roma.

Poi arriva la Morte, e chiede con la sua solita saggia dolcezzama sei proprio sicuro di sapere cosa sia importante, e cosa non lo sia?

Adesso il mio amico è quasi l’unico passeggero in tutta la carrozza: in fondo non era così importante andare da Firenze a Roma.

E non era nemmeno così importante fare la crociera, o vedere lo spettacolo, o mandare in Cina venti milioni di cadaveri di visoni, o fare la nuova pista dell’aeroporto, o strafarsi di cocaina alle tre di mattina, o costruire un nuovo grattacielo, o…

Ero molto giovane, sui quindici anni, e molto cretino, quando scoprii Carlos Castaneda.

Una persona di cui esiste un’unica fotografia che probabilmente è falsa.

Ci sono persone che riescono a sfuggire a ogni dominio, come Carlos Castaneda, o come Licorice McKechnie, che “scomparve nel deserto”, senza lasciare traccia.

 

Ecco alcune frasi che Castaneda attribuì al suo vero, presunto, reale, immaginario maestro messicano.

Importa poco, chi le abbia dette davvero, ma il Messico immaginario ha questo da dare al mondo, assieme a patate e pomodori.

“Nulla in questo mondo è un dono. Tutto ciò che dobbiamo imparare, dobbiamo impararlo nella maniera più difficile.

Una persona cerca saggiamente la conoscenza, così come va in guerra: del tutto sveglia, con timore, con rispetto, e con assoluta sicurezza.

 

Cercare la conoscenza o andare in guerra in qualunque altro modo è un errore. Chiunque compia questo errore – se sopravvive – se ne pentirà.

Quando avremo compiuto tutti e quattro i requisiti – essere pienamente svegli, avere paura, rispetto e assoluta sicurezza – non ci saranno errori di cui dovremo rendere conto.

In tali condizioni, le nostre azioni non saranno più quelle di uno sciocco”.

da qui

Nessun commento:

Posta un commento