domenica 22 novembre 2020

Scontri in Sahara Occidentale: che succede? - Karim Metref


Le agenzie di Stampa del mondo hanno riportato notizie su un conflitto tra il Regno del Marocco e una organizzazione chiamata Polisario. Scontri a fuoco, in una area chiamata Ghergarat. Come al solito i lanci di agenzia riportano un fatto d’attualità che sembra uscito dal nulla. Invece la storia del conflitto del Sahara Occidentale è vecchia di 50 anni.

 

Ghergarat: piccolo paesino, grande problema

Per capire quello che è successo negli ultimi giorni bisogna capire di che si tratta e dove si svolge.

Ghergarat (spesso scritto: Guergarat) è una piccola località di frontiera, che si trova sul confine tra i territori sotto controllo del Fronte Polisario e la Mauritania.

La divisione del territorio del Sahara Occidentale dopo il cessate il fuoco del 1991, ha lasciato i territori sotto controllo del Marocco e quindi anche il Marocco, senza nessun collegamento terrestre con la Mauritania.

Per riaprire le rotte commerciali verso la Mauritania, e da lì verso altri paesi subsahariani, il Marocco ha tenuto aperto un corridoio di circa 11 chilometri e ha stabilito un posto di frontiera. Facendo del paesino di Guergarat, di fatto, una specie di enclave marocchina in territorio controllato dal Polisario.

Nonostante questa anomalia, non contemplata negli accordi di pace, la situazione è rimasta stabile in tutti gli anni in cui si sperava in una risoluzione pacifica della controversia. Anche perché quella apertura era una boccata d’ossigeno per tutti.
Poi negli ultimi anni, l’ONU e la comunità internazionale si sono quasi del tutto dimenticati della questione Sahrawi.

I profughi scappati dai territori occupati verso il Sud dell’Algeria sono rimasti a marcire per 40 anni in campi profughi piantati in mezzo a una delle zone più aride e più calde del deserto del Sahara.

Mentre quelli rimasti sotto il controllo del Marocco vivono in una situazione ultra-militarizzata, dove vengono repressi violentemente a ogni segno di dissenso verso la monarchia.

Verso la fine dell’estate scorsa, dei manifestanti civili, sostenuti dall’Organizzazione del Fronte Polisario, hanno cominciato a organizzare delle proteste davanti al valico di Ghergarat, proteste sporadiche che a partire dal 20 ottobre si è trasformato in un blocco permanente, impedendo il traffico da e verso Marocco e Mauritania, con centinaia di TIR bloccati da una parte e l’altra del confine. In seguito si è scatenata una guerra diplomatica a livello dell’Onu, dell’Unione Africana e della lega araba. Accompagnata da una guerra mediatica. Il Marocco accusando il Polisario (e l’Algeria) di terrorismo, il Polisario accusando il Marocco di violazione degli accordi di cessate il fuoco con l’apertura del passaggio abusivo.

Nella notte del 12 novembre, l’esercito marocchino ha aperto varie brecce nel muro di separazione e ha effettuato operazioni militari in territorio Polisario, riaprendo così con la forza militare la strada e il valico per la Mauritania.

A queste operazioni il Fronte Polisario ha dichiarato di aver risposto “in modo adeguato”, annunciando varie operazioni con armi pesanti su postazioni occupate. Non si ha per ora notizie affidabili sui numeri di feriti e eventuali morti.

Una lunga storia

Il conflitto tra la monarchia marocchina e il Fronte Polisario per il controllo dei territori del Sahara Occidentale è una eredità nello stesso tempo della decolonizzazione dell’Africa e della guerra fredda.

 

Una decolonizzazione atipica

All’inizio degli anni 70 la maggior parte dei paesi africani aveva ottenuto l’indipendenza politica, all’eccezione dei paesi sotto dominio delle due dittature fasciste della penisola iberica, La Spagna di Franco e il Portogallo di Salazar.

Un gruppo di studenti nelle università marocchine e spagnole, provenienti dai territori detti Sahara Occidentale oggi, che allora si chiamavano Sahara Spagnolo, cominciano ad organizzare prima un movimento politico e poi rientrano in patria per fondare il 10 maggio 1973 il Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro, abbreviato in Polisario.

Comincia così una lotta per l’indipendenza che durerà pochi anni. Perché con il disimpegno politico di Franco e i cambi politici in atto in Spagna, era chiaro che da lì a poco, il territorio sarebbe stato liberato.

Nel 1976, il territorio fu invaso da Sud dalla Mauritania e da Nord dal Marocco. Le autorità coloniali spagnole, prima di ritirarsi siglarono un accordo con i due paesi, dividendo il territorio in due parti e tagliando fuori il Polisario dal negoziato.  L’ultimo regalo avvelenato della diplomazia spagnola ancora impregnata di franchismo. Questo ultimo in seguito si trovò a dover combattere contro due eserciti, Quello mauritano e quello marocchino.

Nel 1979, in Mauritania ci fu un Colpo di Stato. Il nuovo esecutivo uscito da quella presa di potere aprì un tavolo di negoziati con il Polisario e finì per rinunciare alle sue pretese della regione detta del Rio De Oro. Lo scontro rimase quindi solo tra il Marocco e il movimento di liberazione.

A metà degli anni 80 l’esercito marocchino finì la realizzazione di un muro divisorio fatto di pietre e sabbia. Una fortificazione lunga 2700 chilometri. L’obiettivo, raggiunto con successo, era di isolare la parte Est del paese sotto controllo dei ribelli dalla parte Ovest occupata dal Marocco. Il muro impedendo le incursioni dei guerrieri Sahrawi, porta la guerra a un punto di stallo, in cui gli unici scontri erano scambi di spari di artiglieria, a distanza.

Il 6 settembre 1991 il negoziato sotto l’egida dell’ONU porta a un accordo di cessate il fuoco, garantito da una forza internazionale, la MINURSOche doveva portare entro breve a un referendum in cui il popolo del Sahara Occidentale avrebbe deciso se essere parte integrante del Regno del Marocco o fondare una Repubblica indipendente. Ed è a questo punto che siamo rimasti bloccati dal 1991 ad oggi.

 

La coda lunga della guerra fredda

Il Polisario è un movimento creato nel 1973. In quel momento le ideologie dominanti tra i giovani dei paesi arabi erano il socialismo e il nazionalismo arabo. Di conseguenza il nascente movimento si basa su un miscuglio delle due ideologie. Questo suo colore politico, in piena guerra fredda lo piazza subito nel campo socialista.

Presto arrivano sostegni dalla vicina Algeria, da Cuba, dalla sinistra spagnola, e di tutto il mondo, e dai movimenti africani ancora in lotta per l’indipendenza: ANC sud Africana, il FreLiMo del Mozambico e il Mpla-Pt dell’Angola.

Questa collocazione geopolitica dell’epoca, anche se già dal 1991 l Polisario, come tutto quello che è rimasto dei movimenti nazionalisti arabi,  , continua a condizionare i rapporti del movimento con il resto del mondo.

La pretesa espansionista del Marocco invece è sostenuta da tutto quello che era all’epoca il Blocco Occidentale e i suoi alleati in Africa e tra i paesi arabi. Mentre la rivendicazione di indipendenza portata avanti dal Fronte Polisario è ancora sostenuta da quelli tra i paesi dell’ex blocco socialista e non allineati che non hanno del tutto cambiato sponda.

In prima fila, ovviamente, c’è l’Algeria, che lo sostiene in vari modi e per varie ragioni,. La prima della quale è da cercare nella sua rivalità storica con il regno del MArocco. L’Algeria supporta il Polisario innanzitutto ospitando le popolazioni fuggite dalle zone di guerra all’inizio del conflitto. Nei campi profughi in Algeria ha anche sede il governo in esilio della Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD). Ma lo aiuta anche economicamente e militarmente.
Poi viene Cuba, che fornisce aiuti economici, sanitari, addestramento. formazione e supporto militare.
La Libia di Gheddafi ha sostenuto e ripudiato il movimento Saharawi a fasi alterne, secondo gli umori del dittatore.

Poi ci sono gli aiuti umanitari, alimentari, sanitari e educativi provenienti dalle agenzie dell’Onu, da varie Ong, e da vari movimenti solidali attraverso il mondo.

Tutti aiuti che fanno sì che se non nel benessere, si può dire che i profughi Saharawi vivono in uno stato di dignitosa povertà.

 

Perché adesso e perché Ghergarat ?

Perché adesso?

I fattori che hanno portato agli scontri di questi giorni sono molti. Da alcuni mesi, si era notata una attività intensa della diplomazia marocchina, che approfittando della debolezza del governo algerino, principale sponsor del Polisario a livello internazionale, messo a dura prova dalle proteste popolari per la democrazia, ha cercato di far crescere il consenso internazionale introno al suo progetto di annessione.

Il Fronte Polsario, invece è rimasto vigile. In risposta all’attivismo della diplomazia della monarchia, ha attivato delle proteste di civili nei territori occupati. Una di questa è il blocco del valico di Ghergarat.

Il fatto è che la situazione. sia per i Sahrawi profughi in territorio algerino che per quelli costretti a vivere sotto occupazione marocchina, è diventata insopportabile. Sono passati 39 anni dagli accordi di cessate il fuoco e non si riesce a fare un passo avanti.

I bambini nati in esilio all’inizio del conflitto, ormai hanno più di 40 anni e sia loro che i loro figli non hanno conosciuto altro che i campi di tende e prefabbricati, costruiti in mezzo al deserto. La misura è colma. E anche per evitare il pericolo di rivolte interne, il Polisario è costretto a dare segni di attività.

Perché il Ghergarat?.

Il piccolo villaggio del Ghergarat è una località minuscola che si trova a 5 chilometri dall’Oceano Atlantico, a 11 chilometri dal muro di sicurezza marocchino e in prossimità della frontiera con la Mauritania. Ed è questa sua posizione che lo rende importantissimo.

Per il Marocco, il Valico di Ghergarat è l’unica porta stradale verso la Mauritania e l’Africa Subsahariana. La sua apertura ha permesso la riapertura delle rotte commerciali tra il Regno e il resto del Continente.

Per il Fronte Polisario che ha vari accessi sia verso l’Algeria sia verso la Mauritania, il valico del Ghergarat è importante solo perché è l’unico punto debole sul quale può agire per fare pressione sul Marocco.

Il contesto regionale

Questa riaccensione di un conflitto che sembrava da tempo assopito, arriva in un momento di profonda crisi per tutta la Sotto regione del Nord Africa. Il caos in Libia e in Mali creano tensioni che ad ogni momento possono portare la zona, in modo particolare la Tunisia e l’Algeria, ad entrare a pieno piede nel conflitto armato. /p>

Una Algeria debole…

L’Algeria, che è un attore importante in questo conflitto, anche lei vive difficoltà economiche dovute al crollo dei prezzi del petrolio e del gas, e attraversa un lungo periodo di turbolenza politica.

Le dimissioni del vecchio presidente Bouteflika e l’elezione contestata del nuovo presidente, Abdelmadjid Tebboune, dovevano calmare la piazza algerina. Invece il popolo non è soddisfatto e chiede un cambiamento radicale del sistema politico e continua a protestare. È solo grazie alla crisi del Covid 19, se il governo ha avuto una tregua. Ma la protesta continua sui mezzi di comunicazione e la popolazione è decisa a tornare in piazza appena la situazione sanitaria lo permetterà.

Questa debolezza si nota con la poca convinzione con cui il regime ha organizzato l’ultimo referendum per le riforme costituzionali. La consultazione doveva essere una specie di plebiscito per il governo del neoeletto presidente Tebboune.
Ma la sua organizzazione è stata un fiasco totale. Nemmeno la macchina della falsificazione, di solito molto efficace, ha funzionato molto bene questa volta. Il regime ha dovuto dichiarare una partecipazione di circa 30% (nell’arte della decriptazione dei codici del regime, questo si traduce in meno del 10%). Questo vuol dire che nemmeno il regime stesso è compatto.

La caduta del clan di Abdelaziz Bouteflika ha creato degli sconvolgimenti importanti, tutti i dignitari del sistema prima del 2019 sono in carcere per corruzione. Ma questo non è segno di lotta alla corruzione stessa. Ma segno di guerra interna senza esclusione di colpi.

Il presidente Tebboune è malato. Ricoverato in Germania. Voci di corridoio parlano di Covid 19. Altre lasciano capire che potrebbe essere un avvelenamento. Comunicati ufficiali chiari sulla questione non ce ne sono.

L’unica istituzione stabile nel paese rimane l’Esercito Nazionale Popolare (ANP). Anche se il nuovo Capo dello Stato Maggiore, il Generale Said Changriha non ha la smania del protagonismo come il suo predecessore, Gaid Salah, rimane comunque l’unica autorità incontestata nel paese. E il coinvolgimento del paese in uno scontro (anche se non diretto) porterebbe a rafforzare il posto dell’esercito e a annullare lo sforzo della protesta popolare che chiama da anni a uno Stato Civile, non controllato dai militari.

 

… e un Marocco malato

Anche la Monarchia Marocchina sta passando momenti difficili. Il Re Mohammed Sesto anche lui è malato. Probabilmente molto gravemente, viste le tensioni che questa situazione ha creato.
E’ da tempo assente dalla gestione del paese. Sua moglie, Hasna, è scomparsa dalla scena pubblica dopo aver chiesto il divorzio. Non si sa se si è nascosta per paura per la propria vita o se è stata “nascosta” per evitare scandali.

Il figlio, Hassan Terzo, è ancora troppo giovane per regnare in caso di diparita precoce dell’attuale monarca, e quindi ci sono tensioni interne al palazzo. Il fratello del Re, Rachid, d’accordo con le sorelle, prendere l’eredità del trono. Alcuni organi di stampa hanno dato eco persino a una voce che parla di complotto sventato che aveva per obiettivo quello di eliminare il giovane principe. fake news totale? verità parziale? difficile stabilire la linea tra il vero il falso in un contesto in cui è tutto segreto di Stato. Ma non c’è mai fumo senza almeno un fuocherello. E le tensioni interne al Palazzo quando sono forti si sentono.

Mentre la famiglia reale litiga per il potere, il paese è in gravi difficoltà economiche, il carovita strangola le famiglie e un’orda di affaristi affamati sta saccheggiando il paese.
La crisi del Covid ha messo alla luce del giorno la grave situazione della sanità pubblica, e le restrizioni alla circolazione mettono in difficoltà ampie fette della società, soprattutto quelle più fragili.
Se non scoppiano disordini ovunque è, anche qui, merito della crisi sanitaria e dello stato di emergenza imposto ovunque.

Niente di meglio di una crisi con la già odiata popolazione Sahrawi e con l’Algeria, il nemico di sempre, per far dimenticare i guai interni.

Ma questa crisi potrebbe anche essere una porta d’uscita

Adesso, la costituzione essendo stata cambiata, niente impedisce all’esercito Algerino di entrare nelle terre sotto controllo della Rasd per “difendere i limiti designati negli accordi di cessate il fuoco del 1991”.

Un ingresso dell’esercito algerino in territorio saharawi darebbe finalmente alla monarchia marocchina ragione sul fatto che il nemico algerino (e non i predatori interni) è la causa di tutta l’infelicità del popolo.

Tamburi di guerra vogliono dire limitazione delle libertà, chiusura della poca libertà di espressione presente nei due paesi, più soldi e mezzi per l’esercito, le forze dell’ordine… Militarizzazione dello spazio pubblico. Una manna in tempi di vacche magre.

Ma questa piccola escalation degli ultimi giorni, da un’altra parte,  potrebbe non essere poi così negativa. Anzi, potrebbe essere una opportunità.

La situazione è bloccata in questo stato di non guerra e non pace da ormai 50 anni.

La vita dei Sahrawi è un inferno ovunque. Ma il conflitto del Sahara Occidentale avvelena la vita di tutto il Nord Africa e anche buona parte del continente.

Le rotte tradizionali di scambio tra popoli sono interrotte da decenniIl confine tra Algeria e Marocco è chiuso da quasi 60 anni, la circolazione tra Marocco e Mauritania è molto difficile.

In epoca coloniale, era possibile viaggiare in treno da Marrakech fino al Mar Rosso. Oggi è impensabile.

Le relazioni diplomatiche, già non facili, sono complicate da questo scontro.  Spesso gli Stati sono costretti a scegliere una posizione per o contro, in una questione che non tutti riescono a capire.

Questa costrizione porta ad esempio i lavori delle organizzazioni dell’Unione Africana e della Lega Araba a essere profondamente disturbate dalla tensione che genera il conflitto Marocco – Algeria. E questo impedisce qualsiasi piano di sviluppo integrato tra i paesi del Maghreb e tra questi e i loro vicini del Sahel.

Anche gli incontri delle società civili africane, come è stato il caso nei Forum Sociali di Dakar e Tunisi, sono disturbate dagli scontri delle organizzazioni inviate dai Servizi segreti del Fronte Polisario e del Marocco, per creare zizania e impedire un dibattito sereno sulla questione. 

Nonostante i pericoli di escalation, questa mossa da qualsiasi parte venga potrebbe anche essere un passo verso un’ulteriore sviluppo e la possibilità, se c’è volontà e buon senso da tutte le parti, di uscire da un fastidioso stato di muro contro muro che dura da più di mezzo secolo e che ha veramente logorato tutti.

da qui

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