Le agenzie di Stampa del mondo hanno riportato
notizie su un conflitto tra il Regno del Marocco e una organizzazione chiamata
Polisario. Scontri a fuoco, in una area chiamata Ghergarat. Come al solito i
lanci di agenzia riportano un fatto d’attualità che sembra uscito dal nulla.
Invece la storia del conflitto del Sahara Occidentale è vecchia di 50 anni.
Ghergarat: piccolo paesino, grande
problema
Per capire quello che è successo negli ultimi giorni bisogna capire di che
si tratta e dove si svolge.
Ghergarat (spesso scritto: Guergarat) è una
piccola località di frontiera, che si trova sul confine tra i territori sotto
controllo del Fronte Polisario e
la Mauritania.
La divisione del territorio del Sahara
Occidentale dopo il cessate il fuoco del 1991, ha lasciato i
territori sotto controllo del Marocco e
quindi anche il Marocco, senza nessun collegamento terrestre con la Mauritania.
Per riaprire le rotte commerciali verso la Mauritania, e da lì verso altri
paesi subsahariani, il Marocco ha tenuto aperto un corridoio di circa 11
chilometri e ha stabilito un posto di frontiera. Facendo del paesino di
Guergarat, di fatto, una specie di enclave marocchina in territorio controllato
dal Polisario.
Nonostante questa anomalia, non
contemplata negli accordi di pace, la situazione è rimasta stabile in
tutti gli anni in cui si
sperava in una risoluzione pacifica della controversia. Anche
perché quella apertura era una boccata d’ossigeno per tutti.
Poi negli ultimi anni, l’ONU e la comunità internazionale si sono quasi del tutto dimenticati
della questione Sahrawi.
I profughi scappati dai territori occupati verso il Sud dell’Algeria sono
rimasti a marcire per 40
anni in campi profughi piantati in mezzo a una delle zone più aride e più calde
del deserto del Sahara.
Mentre quelli rimasti sotto il controllo del
Marocco vivono in una situazione ultra-militarizzata, dove vengono repressi violentemente a ogni segno di
dissenso verso la monarchia.
Verso la fine dell’estate scorsa, dei manifestanti civili, sostenuti
dall’Organizzazione del Fronte Polisario, hanno cominciato a organizzare delle
proteste davanti al valico di Ghergarat, proteste sporadiche che a partire dal 20 ottobre si è
trasformato in un blocco permanente, impedendo
il traffico da e verso Marocco e Mauritania, con centinaia di TIR bloccati da
una parte e l’altra del confine. In seguito si è scatenata una
guerra diplomatica a livello dell’Onu, dell’Unione Africana e della lega araba.
Accompagnata da una guerra mediatica. Il Marocco accusando il Polisario (e
l’Algeria) di terrorismo,
il Polisario accusando il Marocco di violazione
degli accordi di cessate il fuoco con l’apertura del passaggio
abusivo.
Nella notte del 12 novembre, l’esercito marocchino ha
aperto varie brecce nel muro di separazione e ha effettuato operazioni militari
in territorio Polisario, riaprendo così con la forza militare la strada e il
valico per la Mauritania.
A queste operazioni il Fronte Polisario ha dichiarato di aver risposto “in modo
adeguato”, annunciando varie operazioni con
armi pesanti su postazioni occupate. Non si ha per ora notizie
affidabili sui numeri di feriti e eventuali morti.
Una lunga
storia
Il conflitto tra la monarchia marocchina e il Fronte Polisario per il
controllo dei territori del Sahara Occidentale è una eredità nello stesso tempo
della decolonizzazione dell’Africa e della guerra fredda.
Una decolonizzazione atipica
All’inizio degli anni 70 la maggior parte dei paesi africani aveva ottenuto
l’indipendenza politica, all’eccezione dei paesi sotto dominio delle due
dittature fasciste della penisola iberica, La Spagna di Franco e il Portogallo
di Salazar.
Un gruppo di studenti nelle università marocchine e spagnole, provenienti
dai territori detti Sahara Occidentale oggi, che allora si chiamavano Sahara
Spagnolo, cominciano ad organizzare prima un movimento politico e poi rientrano
in patria per fondare il 10
maggio 1973 il Frente
Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro, abbreviato
in Polisario.
Comincia così una lotta per l’indipendenza che durerà pochi
anni. Perché con il disimpegno politico
di Franco e i cambi politici in atto in Spagna, era chiaro che da lì a
poco, il territorio sarebbe stato liberato.
Nel 1976, il territorio fu invaso da Sud dalla Mauritania e da Nord
dal Marocco. Le autorità coloniali spagnole, prima di ritirarsi siglarono un accordo con i due paesi,
dividendo il territorio in due parti e tagliando fuori il Polisario dal
negoziato. L’ultimo
regalo avvelenato della diplomazia spagnola ancora impregnata di franchismo. Questo
ultimo in seguito si trovò a dover
combattere contro due eserciti, Quello mauritano e quello marocchino.
Nel 1979, in Mauritania ci
fu un Colpo di Stato. Il nuovo
esecutivo uscito da quella presa di potere aprì un tavolo di negoziati con il
Polisario e finì per rinunciare alle sue
pretese della regione detta del Rio De Oro. Lo scontro rimase
quindi solo tra il Marocco e il movimento di liberazione.
A metà degli anni 80 l’esercito marocchino finì la
realizzazione di un muro divisorio fatto di pietre e sabbia. Una fortificazione
lunga 2700 chilometri. L’obiettivo, raggiunto con successo, era di isolare la
parte Est del paese sotto controllo dei ribelli dalla parte Ovest occupata dal
Marocco. Il muro impedendo le incursioni dei guerrieri Sahrawi, porta la guerra
a un punto di stallo, in cui gli unici scontri erano scambi di spari di
artiglieria, a distanza.
Il 6 settembre 1991 il negoziato sotto l’egida dell’ONU porta a un accordo di cessate il fuoco,
garantito da una forza internazionale, la MINURSO, che doveva portare entro breve a un
referendum in cui il popolo del Sahara Occidentale avrebbe deciso se essere
parte integrante del Regno del Marocco o fondare una Repubblica indipendente. Ed
è a questo punto che siamo rimasti bloccati dal 1991 ad oggi.
La coda lunga della guerra fredda
Il Polisario è un movimento creato
nel 1973. In quel momento le
ideologie dominanti tra i giovani dei paesi arabi erano il socialismo e il nazionalismo
arabo. Di conseguenza il nascente movimento si basa su un miscuglio
delle due ideologie. Questo suo colore politico, in
piena guerra fredda lo piazza subito nel campo socialista.
Presto arrivano sostegni dalla vicina Algeria, da Cuba, dalla sinistra
spagnola, e di tutto il mondo, e dai movimenti africani ancora in lotta per
l’indipendenza: ANC sud
Africana, il FreLiMo del
Mozambico e il Mpla-Pt dell’Angola.
Questa collocazione geopolitica dell’epoca, anche se già dal 1991 l Polisario, come
tutto quello che è rimasto dei movimenti nazionalisti arabi, , continua a condizionare i
rapporti del movimento con il resto del mondo.
La pretesa espansionista del Marocco invece è
sostenuta da tutto quello che era all’epoca il Blocco Occidentale e i suoi alleati
in Africa e tra i paesi arabi. Mentre la rivendicazione di indipendenza portata
avanti dal Fronte Polisario è ancora sostenuta da quelli tra i paesi dell’ex
blocco socialista e non allineati che non hanno del tutto cambiato sponda.
In prima fila, ovviamente, c’è l’Algeria, che lo sostiene in vari modi e
per varie ragioni,. La prima della quale è da cercare nella sua rivalità
storica con il regno del MArocco. L’Algeria supporta il Polisario innanzitutto
ospitando le popolazioni fuggite dalle zone di guerra all’inizio del conflitto.
Nei campi profughi in Algeria ha anche sede il governo in esilio della
Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD). Ma lo aiuta anche economicamente e
militarmente.
Poi viene Cuba, che fornisce aiuti economici, sanitari, addestramento.
formazione e supporto militare.
La Libia di Gheddafi ha sostenuto e ripudiato il movimento Saharawi a fasi
alterne, secondo gli umori del dittatore.
Poi ci sono gli aiuti umanitari, alimentari, sanitari e educativi
provenienti dalle agenzie dell’Onu, da varie Ong, e da vari movimenti solidali
attraverso il mondo.
Tutti aiuti che fanno sì che se non nel benessere, si può dire che i
profughi Saharawi vivono in uno stato di dignitosa povertà.
Perché adesso e perché Ghergarat ?
Perché adesso?
I fattori che hanno portato agli scontri di questi giorni sono molti. Da
alcuni mesi, si era notata una attività intensa della diplomazia marocchina,
che approfittando della debolezza del
governo algerino, principale sponsor del Polisario a livello internazionale,
messo a dura prova dalle proteste popolari per la democrazia, ha cercato di far crescere il consenso
internazionale introno al suo progetto di annessione.
Il Fronte Polsario, invece è rimasto vigile. In risposta
all’attivismo della diplomazia della monarchia, ha
attivato delle proteste di civili nei territori occupati. Una di
questa è il blocco del valico di Ghergarat.
Il fatto è che la situazione. sia per i Sahrawi profughi in territorio
algerino che per quelli costretti a vivere sotto occupazione marocchina, è
diventata insopportabile. Sono passati
39 anni dagli accordi di cessate il fuoco e non si riesce a fare un passo
avanti.
I bambini nati in esilio all’inizio del conflitto, ormai hanno più di 40
anni e sia loro che i loro figli non hanno conosciuto altro che i campi di
tende e prefabbricati, costruiti in mezzo al deserto. La misura è colma.
E anche per evitare il pericolo di rivolte
interne, il Polisario è costretto a dare segni di attività.
Perché il Ghergarat?.
Il piccolo villaggio del Ghergarat è una località minuscola che si trova
a 5 chilometri dall’Oceano Atlantico,
a 11 chilometri dal muro di sicurezza marocchino
e in prossimità della frontiera
con la Mauritania. Ed è questa sua posizione che lo rende importantissimo.
Per il Marocco, il Valico di Ghergarat è l’unica porta stradale verso
la Mauritania e l’Africa Subsahariana. La sua apertura ha permesso
la riapertura delle rotte commerciali tra il Regno e il resto del Continente.
Per il Fronte Polisario che ha vari
accessi sia verso l’Algeria sia verso la Mauritania, il valico del Ghergarat è importante solo perché è
l’unico punto debole sul quale può agire per fare pressione sul
Marocco.
Il contesto regionale
Questa riaccensione di un conflitto che sembrava da
tempo assopito, arriva in un momento
di profonda crisi per tutta la Sotto regione del Nord Africa. Il
caos in Libia e in Mali creano tensioni che ad ogni momento possono portare la
zona, in modo particolare la Tunisia e l’Algeria, ad entrare a pieno piede nel
conflitto armato. /p>
Una Algeria
debole…
L’Algeria, che è un attore importante in questo
conflitto, anche lei vive difficoltà economiche dovute al crollo dei prezzi del
petrolio e del gas, e attraversa un lungo periodo di turbolenza politica.
Le dimissioni del vecchio presidente Bouteflika e
l’elezione contestata del nuovo presidente, Abdelmadjid
Tebboune, dovevano calmare la piazza algerina. Invece il popolo non è
soddisfatto e chiede un cambiamento radicale del sistema politico e continua a
protestare. È solo grazie alla crisi del Covid 19, se il governo ha avuto una
tregua. Ma la protesta continua sui mezzi di comunicazione e la popolazione è
decisa a tornare in piazza appena la situazione sanitaria lo permetterà.
Questa debolezza si nota con la poca convinzione con cui il regime ha
organizzato l’ultimo referendum per le riforme costituzionali. La
consultazione doveva essere una
specie di plebiscito per il governo del neoeletto presidente Tebboune.
Ma la sua organizzazione è stata un
fiasco totale. Nemmeno la macchina della falsificazione, di solito molto
efficace, ha funzionato molto bene questa volta. Il regime ha dovuto dichiarare
una partecipazione di circa 30% (nell’arte della decriptazione dei codici del
regime, questo si traduce in meno
del 10%). Questo vuol dire che
nemmeno il regime stesso è compatto.
La caduta del clan di Abdelaziz Bouteflika ha creato degli
sconvolgimenti importanti, tutti i
dignitari del sistema prima del 2019 sono in carcere per corruzione. Ma
questo non è segno di lotta alla corruzione
stessa. Ma segno di guerra interna senza esclusione di colpi.
Il presidente Tebboune è malato. Ricoverato in
Germania. Voci di corridoio parlano di Covid 19. Altre lasciano capire che
potrebbe essere un avvelenamento. Comunicati ufficiali chiari sulla questione
non ce ne sono.
L’unica istituzione stabile nel paese
rimane l’Esercito Nazionale Popolare (ANP).
Anche se il nuovo Capo dello Stato Maggiore, il Generale Said Changriha non ha la
smania del protagonismo come il suo predecessore, Gaid Salah, rimane comunque l’unica autorità
incontestata nel paese. E il
coinvolgimento del paese in uno scontro (anche se non diretto)
porterebbe a rafforzare il posto
dell’esercito e a annullare
lo sforzo della protesta popolare che chiama da anni a uno Stato
Civile, non controllato dai militari.
… e un Marocco malato
Anche la Monarchia Marocchina sta
passando momenti difficili. Il Re Mohammed
Sesto anche lui è
malato. Probabilmente molto gravemente, viste le tensioni che questa
situazione ha creato.
E’ da tempo assente dalla gestione del paese. Sua moglie, Hasna, è scomparsa
dalla scena pubblica dopo aver chiesto il divorzio. Non si sa se si è nascosta
per paura per la propria vita o se è stata “nascosta” per evitare scandali.
Il figlio, Hassan Terzo,
è ancora troppo giovane per regnare in caso di diparita precoce dell’attuale
monarca, e quindi ci sono tensioni interne al palazzo. Il fratello del
Re, Rachid, d’accordo con le sorelle,
prendere l’eredità del trono. Alcuni organi di stampa hanno dato eco persino a
una voce che parla di complotto sventato che aveva per obiettivo quello di
eliminare il giovane principe. fake news totale? verità parziale? difficile
stabilire la linea tra il vero il falso in un contesto in cui è tutto segreto
di Stato. Ma non c’è mai fumo senza almeno un fuocherello. E le tensioni
interne al Palazzo quando sono forti si sentono.
Mentre la famiglia reale litiga per il potere, il paese è in gravi
difficoltà economiche, il carovita strangola le famiglie e un’orda di affaristi
affamati sta saccheggiando il paese.
La crisi del Covid ha messo alla luce del giorno la grave situazione della
sanità pubblica, e le restrizioni alla circolazione mettono in difficoltà ampie
fette della società, soprattutto quelle più fragili.
Se non scoppiano disordini ovunque è, anche qui, merito della crisi sanitaria e
dello stato di emergenza imposto ovunque.
Niente di meglio di una crisi con la già odiata popolazione Sahrawi e con
l’Algeria, il nemico di sempre, per far dimenticare i guai interni.
Ma questa
crisi potrebbe anche essere una porta d’uscita
Adesso, la costituzione essendo stata cambiata, niente impedisce
all’esercito Algerino di entrare nelle terre sotto controllo della Rasd per
“difendere i limiti designati negli accordi di cessate il fuoco del 1991”.
Un ingresso dell’esercito algerino in territorio saharawi darebbe
finalmente alla monarchia marocchina ragione sul fatto che il nemico algerino
(e non i predatori interni) è la causa di tutta l’infelicità del popolo.
Tamburi di guerra vogliono dire limitazione delle libertà, chiusura della
poca libertà di espressione presente nei due paesi, più soldi e mezzi per
l’esercito, le forze dell’ordine… Militarizzazione dello spazio pubblico. Una
manna in tempi di vacche magre.
Ma questa piccola escalation degli ultimi
giorni, da un’altra parte, potrebbe non
essere poi così negativa. Anzi, potrebbe essere una opportunità.
La situazione è bloccata in questo stato di non
guerra e non pace da ormai 50 anni.
La vita dei Sahrawi è un inferno ovunque. Ma il conflitto del Sahara Occidentale
avvelena la vita di tutto il Nord Africa e anche buona parte del continente.
Le rotte tradizionali di scambio tra
popoli sono interrotte da decenni. Il confine tra Algeria e Marocco è
chiuso da quasi 60 anni, la circolazione tra Marocco e Mauritania è molto
difficile.
In epoca coloniale, era possibile viaggiare in treno da Marrakech fino al
Mar Rosso. Oggi è impensabile.
Le relazioni diplomatiche, già non facili, sono complicate da questo scontro.
Spesso gli Stati sono costretti a scegliere una
posizione per o contro, in una questione che non tutti riescono a
capire.
Questa costrizione porta ad esempio i lavori delle organizzazioni dell’Unione Africana e della Lega Araba a essere
profondamente disturbate dalla tensione che genera il conflitto Marocco –
Algeria. E questo impedisce qualsiasi piano di sviluppo integrato tra i paesi
del Maghreb e tra questi e i loro vicini del Sahel.
Anche gli incontri delle società civili africane, come è stato il caso
nei Forum Sociali di Dakar e Tunisi,
sono disturbate dagli scontri delle organizzazioni
inviate dai Servizi segreti del Fronte Polisario e del Marocco, per
creare zizania e impedire un
dibattito sereno sulla questione.
Nonostante i pericoli di escalation, questa mossa da qualsiasi parte venga
potrebbe anche essere un passo verso un’ulteriore sviluppo e la possibilità, se c’è volontà e
buon senso da tutte le parti, di uscire da un
fastidioso stato di muro contro muro che dura da più di mezzo secolo e che ha
veramente logorato tutti.
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