[E’ uscito da poco per Giometti &
Antonello L’indesiderabile. La falsa parola e
altri scritti, di Armand
Robin (1912-1961), che fu poeta, giornalista/polemista, critico letterario, ma
soprattutto traduttore da numerose lingue (italiano, tedesco, russo, polacco,
ebraico, arabo, cinese, ecc.). Durante la guerra Robin si inventò il mestiere
di stilare bollettini d’ascolto delle trasmissioni radiofoniche nelle varie
lingue del mondo, specializzandosi nell’analisi della situazione politica
internazionale; fece questo lavoro dapprima per il regime di Vichy, ma ben
presto prese a stilarne copia anche per i partigiani francesi. Dopo la
guerra, avversato dai comunisti per il suo feroce antistalinismo, così come era
stato pesantemente minacciato dalla Gestapo, aderisce alla Federazione
anarchica e diventa collaboratore della rivista «Le libertaire». Muore a Parigi,
nel 1961, dopo un arresto per un alterco in un locale, sotto custodia della
polizia e in circostanze mai chiarite. Presentiamo una riflessione sulle
trasmissioni radiofoniche del 1955, ringraziando l’editore].
Oltre-ascolto 1955
I.
Da minaccioso, l’universo dei discorsi radiofonici si
è fatto sorridente; eccoci investiti da parole fiorite, disposte per l’orecchio
in aiuole variopinte; si vuole la nostra gioia, la distensione, basta con
l’imposizione anche della minima formula assillante: l’inferno della propaganda
radiofonica è finalmente rimpiazzato da un giardino di consenso verbale; «la
giovincella sovietica» canta e balla «il valzer del soldato sovietico».
Il nuovo stato delle cose, instaurato ormai già da due
anni, lo studieremo soprattutto a partire dalla radio russa, poiché continua a
far dipendere da sé le radio a lei avverse.
Il «deperimento» della propaganda totalitaria ha
cominciato nelle radio russe alla morte di Stalin e si è accentuato nel corso
degli ultimi mesi fino al punto di apparire ora completo, almeno nella
stragrande maggioranza dei casi. Attualmente, il russo è più libero dalle
parole d’ordine, dagli slogan, e dai discorsi del catechismo politico di
qualsiasi altro cittadino nel resto del pianeta. Questa rivoluzione inattesa,
che sopprime radicalmente tutto il delirio verbale staliniano, è andata più
lontano di quanto in generale si sia detto finora. Di colpo, le ondate di
discorsi aggressivi sono ugualmente «deperite» in quasi tutte le radio del
mondo non russo.
Finalmente liberi dalla propaganda sistematica,
stupida e fanatica! Ahinoi, non siamo stati liberati dalle ondate di commenti
superficiali sul brusco «deperimento» di quella propaganda.
Alcuni vi hanno visto un ritorno dei dirigenti
comunisti al dogma del «deperimento» dello Stato. Altri hanno addotto le
«difficoltà economiche» russe per spiegare il tono più conciliante dei
dirigenti sovietici. Per altri ancora la tenace resistenza degli u.s.a. e
dell’Europa occidentale hanno spinto Mosca a parlare un linguaggio più
ragionevole. Forse qualcosa di esatto c’è in tali spiegazioni, ma esse si
situano sul piano della politica.
Da un piano di poco superiore, vediamo bene che
scostandosi nettamente dal linguaggio staliniano, gli attuali dirigenti del
mondo russo hanno avuto ogni interesse ad adottare una «tattica dell’osmosi»
rispetto ai modi di pensare e di parlare dei dirigenti del mondo occidentale.
Esprimendosi improvvisamente come i nostri governanti e giornalisti, in poco
tempo sono riusciti a riguadagnare una parte del credito perso a causa di
Stalin.
Se ci alziamo ad un piano più umano, ascoltando le
principali radio dell’epoca post-staliniana, sia «comuniste» che «capitaliste»,
possiamo anche pensare che in apparenza gli avversari si siano stancati della insensata
guerra verbale del dopoguerra, di quelle ondate di ingiurie omeriche
senza Iliade. Restando sempre sullo stesso piano, si può pensare
che la paura della guerra atomica e termonucleare abbia significato l’inizio
della saggezza per i responsabili dei due stati più grandi del mondo attuale.
Infine, per i russi, Stalin era il supremo Laniel.
Tutte queste spiegazioni hanno il loro valore, ma mi
pare non sfiorino l’essenziale; in particolare rimangono, anche le ultime, sul
piano della politica, ovvero su ciò che per definizione è privo di realtà.
II
Come oltre-ascolto di questi ascolti, vedo l’odierno
stato del mondo sotto degli aspetti che non hanno granché in comune con i punti
di vista generalmente espressi tanto nel mondo russo quanto nel mondo «neutro».
La banalità delle formule è nota: «la fatica del
popolo francese» o «la fatica del popolo russo» o «la fatica della razza
bianca». Mi è sembrato, piegato sotto gli ascolti degli ultimi mesi, che fosse
giunto il tempo di dare a questo genere di formule una piega diversa: «la
fatica dei governi».
È escluso che un governo voglia rinunciare da sé al
potere, o farlo «deperire»: è nella natura di chi guida le nazioni lavorare non
soltanto per la propria potenza, ma per accrescere il concetto stesso di
Potenza. In breve, è inconcepibile che i supremi rappresentanti dell’amore per
il Potere si convertano anche minimamente all’idea secondo cui «il Potere è
maledetto».
Ne deriva quindi, ineluttabilmente: se i due maggiori
governi del pianeta rinunciano all’improvviso e spettacolarmente – su una scena
teatrale il cui pubblico è l’umanità intera – a quanto costituiva, e nella
maniera più ufficiale, il loro principale modo di esistere (l’«anticapitalismo»
per gli uni, l’«anticomunismo» per gli altri), non è certo in favore del
Non-Potere. essi possono sconfessare la loro precedente concezione del potere
solo in favore di una concezione della potenza che giudicano più efficace per
salvare l’idolo. Proseguendo nel ragionamento, incontreremo presto l’idea seguente:
se avessero considerato unicamente gli interessi delle popolazioni minacciate,
né Mosca né Washington avrebbero rinunciato all’universale trionfo
dell’«anticapitalismo» o dell’«anticomunismo», neanche al prezzo d’una guerra
atomica o termonucleare; nel corso della storia le classi o caste dirigenti non
hanno mai esitato a scatenare guerre, certe com’erano di non venire colpite
dalla distruzione. se i gradi più alti dell’esercito americano e russo hanno
voltato le spalle alla guerra atomica e termonucleare, è semplicemente perché
hanno temuto per sé e per la nozione stessa di potere: in una guerra simile,
non sarebbe più stato possibile mantenere un governo. In altre parole,
Washington e Mosca erano d’accordo nel salvaguardare l’idea che il Potere in quanto
tale è il valore supremo, e che mantenere un simile «valore» val bene qualunque
«palinodia», qualunque rinuncia alla gigantesca propaganda con cui per tanti
anni avevano importunato il mondo intero, e in nome della quale avevano
scatenato un po’ ovunque inutili e assurdi massacri.
Così scegliendo hanno comunque dato le dimissioni: la
conferenza di Ginevra è stata la loro Canossa difronte ai tecnici dell’energia
atomica, dell’energia nucleare e di altre forme di energia. È possibile inoltre
che i capi supremi di Russia e Stati Uniti (andrebbe a onorare la loro
intelligenza) si siano oscuramente resi conto che i padroni delle nuove
tecniche si erano segretamente impossessati del vero potere; può anche darsi
che i governi di Russia e Stati Uniti abbiano oscuramente intravisto che i
«governi politici» erano ormai degli organismi desueti, sopravvissuti di un’era
primitiva, «superstizioni»; di conseguenza, i supremi rappresentanti delle
forze del Leviatano sociale hanno deciso di comune accordo di passare la mano a
quelli che Pawlowski, nel suo Viaggio nel paese della quarta dimensione,
chiamava «scienziati assoluti». (Allo stesso modo, all’apparizione della
«civiltà industriale» i feudatari di paese cessarono le battaglie da campanile
a campanile, piegandosi istintivamente davanti al nuovo equilibrio dei poteri
che distruggeva la loro concezione dei rapporti di forza).
Giornalisti, diplomatici, esperti delle «Cancellerie»
oggi discutono per sapere se la «distensione» sia reale o meno, se sia duratura
oppure no. Sono rimasti all’era del Leviatano.
Se il nostro oltre-ascolto è giusto, «la distensione»
non è relativa, bensì assoluta, nel senso che i due governi
più potenti del mondo hanno segretamente abdicato a favore degli «scienziati
assoluti». È la ragione profonda in grado di spiegare perché le radio russe nel
giro di due anni abbiano abbandonato ogni propaganda, – l’unica ragione seria
in grado di spiegare perché in Russia il Partito e il governo discutano sul
consegnare l’intero potere dei kolchoz ai «tecnici dell’agronomia e della
zootecnica», etc.
III
La lotta contro «la falsa parola» prende ormai
tutt’altro senso: quello della matematica qualitativa contro la matematica
quantitativa. (E sarà particolarmente difficile in Francia, dove il Potere politico
è destinato a vegetare senza speranza, senza nessuna coscienza della situazione
«preistorica»).
Certo: tempo perso difendere i governi contro i
tecnocrati. Potremmo in ogni caso esserne tentati, come poco addietro si
difendeva dal costruttore delle centrali idroelettriche il bambino che
preferiva sprigionare il fuoco sfregando silicio. E poi i governi avevano
qualcosa in comune con le nostre passioni, la nostra cecità, l’essere instabili
e impulsivi; commettevano degli errori, consolando così il fragile cittadino.
Si vedeva benissimo, almeno negli ultimi tempi, che non sapevano più come
cavarsela, che erano «fuori moda». Loro malgrado, facevano poi da filtro (si
infurierebbero per un complimento simile!) tra i distratti, i sognatori, gli
innamorati, i poeti, gli artisti, i religiosi da una parte e, dall’altra, i
fanatici cerebrali inumani. Infine, magari vagamente ma quei governi li si
conosceva, mentre coi nuovi padroni la sensazione è che gli stessi governi
abbiano paura di sapere chi sono, ragion per cui si metteranno di traverso in
modo da non farceli conoscere.
A impedirci di difendere quei sopravvissuti di governi
è il fatto che il loro abdicare non deriva minimamente da una presa di
coscienza circa la vanità di tutto ciò che è Potere, ma al contrario da un
riflesso atto a mantenere il Potere ad ogni costo, anche a costo di trasferirlo
a una diversa forma di forza. Ora che il piacere di dominare smette di essere
loro totale appannaggio, non lo distruggono attraverso una coraggiosa purificazione,
lo delegano ad altri.
Durante gli ascolti degli ultimi due anni, ci è
capitato spessissimo di constatare come le radio più polemiche (Mosca,
Belgrado, Madrid) adottassero un approccio «indifferente» in rapporto
all’evoluzione della situazione politica internazionale; ascoltando le massicce
aggressioni verbali, emanazione dei poteri di carattere politico, si sarebbe
detto che «si evacuavano» dal pianeta. La cosa derivava dal fatto che i
governi, per tutt’altre ragioni rispetto a quelle con cui avevamo a che fare
sotto l’occupazione tedesca e sotto il tentativo d’alienazione mentale
dell’intera umanità ai tempi di Stalin, potevano ormai parlare soltanto un
linguaggio da cui la forza si era ritirata.
IV
I governi, persino quelli che si proclamavano materialisti,
conoscevano il valore delle parole provenienti dal cuore con amore o rivolta;
le distruggevano o le utilizzavano a seconda degli interessi del momento. Essi
stessi poi parlavano a profusione, cercando in ogni modo di far sì che i loro
«vassalli» parlassero alla loro maniera.
Quest’altri, davanti ai quali i due più potenti
governi del mondo si sono piegati, loro non parlano. La parola, vera o falsa
che sia, nemmeno la disprezzano: ignorano la sua esistenza. Quanto alla Vita,
non si sognano neanche di distruggerla: essa non rientra nei loro calcoli.
Per quanto poco vigile sia il nostro spirito, dietro
le odierne radio russe e statunitensi – molto lontano dietro
le parole dei governanti – , si intravedono i nuovi padroni aspettare taciti e
sicuri che i Partiti, le Chiese, i Poteri dello Stato, accettino di
intraprendere il cammino da loro preparato in imperscrutabile silenzio. Ragni
in agguato non cercano mosche ma i più superbi capi di Stato, Chiesa, Partito.
La fase della lotta dei nostri giorni si gioca sul
costringere i matematici quantitativi, padroni del Potere reale, a ricominciare
i propri studi. Iniziamo col disorientarli.
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