giovedì 26 novembre 2020

L’indesiderabile - Armand Robin

 


[E’ uscito da poco per Giometti & Antonello L’indesiderabile. La falsa parola e altri scritti, di Armand Robin (1912-1961), che fu poeta, giornalista/polemista, critico letterario, ma soprattutto traduttore da numerose lingue (italiano, tedesco, russo, polacco, ebraico, arabo, cinese, ecc.). Durante la guerra Robin si inventò il mestiere di stilare bollettini d’ascolto delle trasmissioni radiofoniche nelle varie lingue del mondo, specializzandosi nell’analisi della situazione politica internazionale; fece questo lavoro dapprima per il regime di Vichy, ma ben presto prese a stilarne copia anche per i partigiani francesi. Dopo la guerra, avversato dai comunisti per il suo feroce antistalinismo, così come era stato pesantemente minacciato dalla Gestapo, aderisce alla Federazione anarchica e diventa collaboratore della rivista «Le libertaire». Muore a Parigi, nel 1961, dopo un arresto per un alterco in un locale, sotto custodia della polizia e in circostanze mai chiarite. Presentiamo una riflessione sulle trasmissioni radiofoniche del 1955, ringraziando l’editore].

 

Oltre-ascolto 1955

 

I.

 

Da minaccioso, l’universo dei discorsi radiofonici si è fatto sorridente; eccoci investiti da parole fiorite, disposte per l’orecchio in aiuole variopinte; si vuole la nostra gioia, la distensione, basta con l’imposizione anche della minima formula assillante: l’inferno della propaganda radiofonica è finalmente rimpiazzato da un giardino di consenso verbale; «la giovincella sovietica» canta e balla «il valzer del soldato sovietico».

 

Il nuovo stato delle cose, instaurato ormai già da due anni, lo studieremo soprattutto a partire dalla radio russa, poiché continua a far dipendere da sé le radio a lei avverse.

 

Il «deperimento» della propaganda totalitaria ha cominciato nelle radio russe alla morte di Stalin e si è accentuato nel corso degli ultimi mesi fino al punto di apparire ora completo, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Attualmente, il russo è più libero dalle parole d’ordine, dagli slogan, e dai discorsi del catechismo politico di qualsiasi altro cittadino nel resto del pianeta. Questa rivoluzione inattesa, che sopprime radicalmente tutto il delirio verbale staliniano, è andata più lontano di quanto in generale si sia detto finora. Di colpo, le ondate di discorsi aggressivi sono ugualmente «deperite» in quasi tutte le radio del mondo non russo.

 

Finalmente liberi dalla propaganda sistematica, stupida e fanatica! Ahinoi, non siamo stati liberati dalle ondate di commenti superficiali sul brusco «deperimento» di quella propaganda.

 

Alcuni vi hanno visto un ritorno dei dirigenti comunisti al dogma del «deperimento» dello Stato. Altri hanno addotto le «difficoltà economiche» russe per spiegare il tono più conciliante dei dirigenti sovietici. Per altri ancora la tenace resistenza degli u.s.a. e dell’Europa occidentale hanno spinto Mosca a parlare un linguaggio più ragionevole. Forse qualcosa di esatto c’è in tali spiegazioni, ma esse si situano sul piano della politica.

 

Da un piano di poco superiore, vediamo bene che scostandosi nettamente dal linguaggio staliniano, gli attuali dirigenti del mondo russo hanno avuto ogni interesse ad adottare una «tattica dell’osmosi» rispetto ai modi di pensare e di parlare dei dirigenti del mondo occidentale. Esprimendosi improvvisamente come i nostri governanti e giornalisti, in poco tempo sono riusciti a riguadagnare una parte del credito perso a causa di Stalin.

 

Se ci alziamo ad un piano più umano, ascoltando le principali radio dell’epoca post-staliniana, sia «comuniste» che «capitaliste», possiamo anche pensare che in apparenza gli avversari si siano stancati della insensata guerra verbale del dopoguerra, di quelle ondate di ingiurie omeriche senza Iliade. Restando sempre sullo stesso piano, si può pensare che la paura della guerra atomica e termonucleare abbia significato l’inizio della saggezza per i responsabili dei due stati più grandi del mondo attuale. Infine, per i russi, Stalin era il supremo Laniel.

 

Tutte queste spiegazioni hanno il loro valore, ma mi pare non sfiorino l’essenziale; in particolare rimangono, anche le ultime, sul piano della politica, ovvero su ciò che per definizione è privo di realtà.

 

II

 

Come oltre-ascolto di questi ascolti, vedo l’odierno stato del mondo sotto degli aspetti che non hanno granché in comune con i punti di vista generalmente espressi tanto nel mondo russo quanto nel mondo «neutro».

 

La banalità delle formule è nota: «la fatica del popolo francese» o «la fatica del popolo russo» o «la fatica della razza bianca». Mi è sembrato, piegato sotto gli ascolti degli ultimi mesi, che fosse giunto il tempo di dare a questo genere di formule una piega diversa: «la fatica dei governi».

 

È escluso che un governo voglia rinunciare da sé al potere, o farlo «deperire»: è nella natura di chi guida le nazioni lavorare non soltanto per la propria potenza, ma per accrescere il concetto stesso di Potenza. In breve, è inconcepibile che i supremi rappresentanti dell’amore per il Potere si convertano anche minimamente all’idea secondo cui «il Potere è maledetto».

 

Ne deriva quindi, ineluttabilmente: se i due maggiori governi del pianeta rinunciano all’improvviso e spettacolarmente – su una scena teatrale il cui pubblico è l’umanità intera – a quanto costituiva, e nella maniera più ufficiale, il loro principale modo di esistere (l’«anticapitalismo» per gli uni, l’«anticomunismo» per gli altri), non è certo in favore del Non-Potere. essi possono sconfessare la loro precedente concezione del potere solo in favore di una concezione della potenza che giudicano più efficace per salvare l’idolo. Proseguendo nel ragionamento, incontreremo presto l’idea seguente: se avessero considerato unicamente gli interessi delle popolazioni minacciate, né Mosca né Washington avrebbero rinunciato all’universale trionfo dell’«anticapitalismo» o dell’«anticomunismo», neanche al prezzo d’una guerra atomica o termonucleare; nel corso della storia le classi o caste dirigenti non hanno mai esitato a scatenare guerre, certe com’erano di non venire colpite dalla distruzione. se i gradi più alti dell’esercito americano e russo hanno voltato le spalle alla guerra atomica e termonucleare, è semplicemente perché hanno temuto per sé e per la nozione stessa di potere: in una guerra simile, non sarebbe più stato possibile mantenere un governo. In altre parole, Washington e Mosca erano d’accordo nel salvaguardare l’idea che il Potere in quanto tale è il valore supremo, e che mantenere un simile «valore» val bene qualunque «palinodia», qualunque rinuncia alla gigantesca propaganda con cui per tanti anni avevano importunato il mondo intero, e in nome della quale avevano scatenato un po’ ovunque inutili e assurdi massacri.

 

Così scegliendo hanno comunque dato le dimissioni: la conferenza di Ginevra è stata la loro Canossa difronte ai tecnici dell’energia atomica, dell’energia nucleare e di altre forme di energia. È possibile inoltre che i capi supremi di Russia e Stati Uniti (andrebbe a onorare la loro intelligenza) si siano oscuramente resi conto che i padroni delle nuove tecniche si erano segretamente impossessati del vero potere; può anche darsi che i governi di Russia e Stati Uniti abbiano oscuramente intravisto che i «governi politici» erano ormai degli organismi desueti, sopravvissuti di un’era primitiva, «superstizioni»; di conseguenza, i supremi rappresentanti delle forze del Leviatano sociale hanno deciso di comune accordo di passare la mano a quelli che Pawlowski, nel suo Viaggio nel paese della quarta dimensione, chiamava «scienziati assoluti». (Allo stesso modo, all’apparizione della «civiltà industriale» i feudatari di paese cessarono le battaglie da campanile a campanile, piegandosi istintivamente davanti al nuovo equilibrio dei poteri che distruggeva la loro concezione dei rapporti di forza).

 

Giornalisti, diplomatici, esperti delle «Cancellerie» oggi discutono per sapere se la «distensione» sia reale o meno, se sia duratura oppure no. Sono rimasti all’era del Leviatano.

 

Se il nostro oltre-ascolto è giusto, «la distensione» non è relativa, bensì assoluta, nel senso che i due governi più potenti del mondo hanno segretamente abdicato a favore degli «scienziati assoluti». È la ragione profonda in grado di spiegare perché le radio russe nel giro di due anni abbiano abbandonato ogni propaganda, – l’unica ragione seria in grado di spiegare perché in Russia il Partito e il governo discutano sul consegnare l’intero potere dei kolchoz ai «tecnici dell’agronomia e della zootecnica», etc.

 

III

 

La lotta contro «la falsa parola» prende ormai tutt’altro senso: quello della matematica qualitativa contro la matematica quantitativa. (E sarà particolarmente difficile in Francia, dove il Potere politico è destinato a vegetare senza speranza, senza nessuna coscienza della situazione «preistorica»).

 

Certo: tempo perso difendere i governi contro i tecnocrati. Potremmo in ogni caso esserne tentati, come poco addietro si difendeva dal costruttore delle centrali idroelettriche il bambino che preferiva sprigionare il fuoco sfregando silicio. E poi i governi avevano qualcosa in comune con le nostre passioni, la nostra cecità, l’essere instabili e impulsivi; commettevano degli errori, consolando così il fragile cittadino. Si vedeva benissimo, almeno negli ultimi tempi, che non sapevano più come cavarsela, che erano «fuori moda». Loro malgrado, facevano poi da filtro (si infurierebbero per un complimento simile!) tra i distratti, i sognatori, gli innamorati, i poeti, gli artisti, i religiosi da una parte e, dall’altra, i fanatici cerebrali inumani. Infine, magari vagamente ma quei governi li si conosceva, mentre coi nuovi padroni la sensazione è che gli stessi governi abbiano paura di sapere chi sono, ragion per cui si metteranno di traverso in modo da non farceli conoscere.

 

A impedirci di difendere quei sopravvissuti di governi è il fatto che il loro abdicare non deriva minimamente da una presa di coscienza circa la vanità di tutto ciò che è Potere, ma al contrario da un riflesso atto a mantenere il Potere ad ogni costo, anche a costo di trasferirlo a una diversa forma di forza. Ora che il piacere di dominare smette di essere loro totale appannaggio, non lo distruggono attraverso una coraggiosa purificazione, lo delegano ad altri.

 

Durante gli ascolti degli ultimi due anni, ci è capitato spessissimo di constatare come le radio più polemiche (Mosca, Belgrado, Madrid) adottassero un approccio «indifferente» in rapporto all’evoluzione della situazione politica internazionale; ascoltando le massicce aggressioni verbali, emanazione dei poteri di carattere politico, si sarebbe detto che «si evacuavano» dal pianeta. La cosa derivava dal fatto che i governi, per tutt’altre ragioni rispetto a quelle con cui avevamo a che fare sotto l’occupazione tedesca e sotto il tentativo d’alienazione mentale dell’intera umanità ai tempi di Stalin, potevano ormai parlare soltanto un linguaggio da cui la forza si era ritirata.

 

IV

 

I governi, persino quelli che si proclamavano materialisti, conoscevano il valore delle parole provenienti dal cuore con amore o rivolta; le distruggevano o le utilizzavano a seconda degli interessi del momento. Essi stessi poi parlavano a profusione, cercando in ogni modo di far sì che i loro «vassalli» parlassero alla loro maniera.

 

Quest’altri, davanti ai quali i due più potenti governi del mondo si sono piegati, loro non parlano. La parola, vera o falsa che sia, nemmeno la disprezzano: ignorano la sua esistenza. Quanto alla Vita, non si sognano neanche di distruggerla: essa non rientra nei loro calcoli.

 

Per quanto poco vigile sia il nostro spirito, dietro le odierne radio russe e statunitensi – molto lontano dietro le parole dei governanti – , si intravedono i nuovi padroni aspettare taciti e sicuri che i Partiti, le Chiese, i Poteri dello Stato, accettino di intraprendere il cammino da loro preparato in imperscrutabile silenzio. Ragni in agguato non cercano mosche ma i più superbi capi di Stato, Chiesa, Partito.

 

La fase della lotta dei nostri giorni si gioca sul costringere i matematici quantitativi, padroni del Potere reale, a ricominciare i propri studi. Iniziamo col disorientarli.

da qui

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