Tra ipocriti distinguo e qualche boccone amaro, il governo Conte punta a rafforzare le relazioni politico-militari con la Grande Turchia del sultano Erdogan, in guerra ormai in mezzo mondo.
Fuori
dai riflettori dei network di comunicazione di massa, il 9 ottobre il
ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha incontrato a Roma l’omologo turco
Hulusi Akar. “Un lungo e cordiale colloquio privato ha
preceduto la bilaterale tra i due Ministri su diversi dossier tra i quali
la Libia e il rafforzamento delle relazioni in ambito Difesa”,
riporta l’ufficio stampa del Ministero. “Dialogo
costruttivo e franco, sicuramente positivo per confermare lo stato delle eccellenti
relazioni tra i nostri paesi”, ha aggiunto Lorenzo Guerini. “La Turchia è un partner importante
dell’Italia e un prezioso Alleato NATO e nel corso della conversazione abbiamo
constatato punti di condivisione negli scenari, Iraq e Afghanistan, che ci vedono
congiuntamente impegnati”.
Al
centro del vertice tra i due ministri anche la crisi nel Mediterraneo Orientale
e i crescenti contrasti tra il regime di Erdogan e la Grecia per il controllo
delle riserve energetiche (che si somma al rafforzamento della presenza
militare di Ankara a Cipro) e, ovviamente, il conflitto libico che vede Italia
e Turchia a fianco del Governo di Accordo Nazionale di Fayez al-Serray. “Abbiamo riflettuto sulla necessità di
fare ogni sforzo per allentare le tensioni”, ha dichiarato Guerini. “L’azione dell’Italia si basa sul
rispetto dei princìpi del Diritto Internazionale, sulla tutela degli interessi
nazionali presenti nella regione, e comunque all’interno della prospettiva di
un dialogo costruttivo tra gli attori coinvolti, funzionale a prevenire una
escalation della tensione”.
Il
ministro della Difesa Guerini ha confermato l’impegno dell’Italia a sostegno
degli sforzi perché la Libia “sia unita e sovrana”. “Sul piano tecnico militare abbiamo discusso con Akar del possibile
raccordo a sostegno alle Forze Armate e di Sicurezza libiche, con particolare
riferimento alle attività di sminamento, alla formazione e addestramento ed
allo sviluppo di capacità sanitarie militari”. La nota di Palazzo
Baracchini si conclude sulla condivisione da parte dei due ministri di
migliorare la cooperazione industriale, “altro
elemento importante delle relazioni bilaterali tra i due Paesi”.
Secondo
quanto pubblicato da Sicurezza Internazionale, il quotidiano online dell’Osservatorio della Libera
Università LUISS di Roma, Lorenzo Guerini e Hulusi Akar si sarebbero soffermati
pure sul sanguinoso conflitto tra Armenia e Azerbaigian per il controllo della
regione del Nagorno-Karabakh, altro fronte militare che vede coinvolte le forze
armate di Erdogan. “Per risolvere il problema, l’Armenia deve ritirarsi dai
territori occupati il prima possibile e deve evacuare rapidamente i mercenari e
i terroristi che ha portato lì”, ha affermato Akar. “Non possiamo pretendere che le forze azere interrompano le
loro attività nella zona di conflitto finché continuerà l’occupazione armena”.
Le
valutazioni del ministro turco non consentono di intravedere a breve spiragli
di dialogo tra le parti e hanno certamente deluso le aspettative italiane, ma
Roma non intende comunque alzare la voce contro Ankara anche perché i
plurimiliardari interessi economico-industriali e militari non consentono
battute di sosta o ombre nelle reciproche relazioni.
Lorenzo
Guerini si era recato in Turchia lo scorso 7 luglio per una “bilaterale”
con il ministro Akar, anche allora per discutere di Libia, Mediterraneo
Orientale e rapporti Turchia-UE e Turchia-Nato. Secondo quanto riportato
dall’agenzia di stampa Anadolu News (ripreso parzialmente in Italia solo da Sicurezza Internazionale), Guerini avrebbe ribadito la “profonda convinzione dell’importanza della solidarietà tra
Stati membri dell’Alleanza Atlantica”, sottolineando come l’Italia “da sempre è stata contraria ad ogni atteggiamento
centrifugo e anzi fautrice di una spinta ulteriore che ne rafforzi la coesione”. A tal proposito il ministro avrebbe chiesto alla
Turchia un “approccio efficace e programmatico” per supportare il cosiddetto Fianco Sud della
Nato, “area di crescente instabilità”.
Nel
corso dell’incontro veniva affrontato anche il tema della missione militare
“Irini” avviata dall’Unione Europea nelle acque del Mediterraneo per
contrastare il flusso “illegale” di migranti. “Si tratta di un’operazione
equidistante e bilanciata tra le parti in causa e rappresenta un contributo fondamentale
da parte UE per la pacificazione in Libia e su cui non sono consentite
provocazioni”, aveva
spiegato Guerini. Nonostante le sottili divergenze, il ministro aveva comunque
precisato all’agenzia Anadolu News che il meeting italo-turco era stato “molto positivo
ed amichevole”. “Abbiamo scambiato la nostra visione e le nostre conoscenze”, aggiungeva Guerini. “La nostra amicizia è profonda e
radicata. Siamo stati d’accordo specialmente sul tema della Libia perché si
produca una soluzione politica che conduca alla pace”. Anche per il ministro Hulusi Akar l’incontro era stato
“sincero e costruttivo”. “Crediamo che l’effettiva cooperazione tra Italia e Turchia
in tutte le aree, specialmente nel campo della difesa e della sicurezza,
assicurerà benefici importantissimi non solo per i due paesi ma per l’intera
regione mediterranea”,
dichiarava Akar.
Escalation
militare turca in Libia, Siria, Iraq, Kurdistan, Corno d’Africa e Caucaso;
pandemia da Covid-19 e il lungo lockdown non hanno assolutamente interrotto le
comunicazioni diplomatiche e le collaborazioni economico-strategiche tra Roma e
Ankara. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel corso di una lunga
conversazione telefonica con l’omologo turco Mevlut Cavusoglu, il 22 Maggio
2020, oltre al tradizionale scambio di valutazioni sul conflitto libico, aveva
affrontato la questione della ripresa dei flussi turistici tra i due Paesi e
più in generale dei rapporti commerciali bilaterali. Il 10 giugno lo stesso Di
Maio si recava ad Ankara per incontrare Cavusoglu. In conferenza stampa i due
ministri degli Esteri avevano esposto i risultati “positivi” raggiunti con il
meeting. “La partnership strategica che lega
Italia e Turchia è stata consolidata ulteriormente durante l’emergenza da
coronavirus dati gli aiuti che la Turchia ha recato all’Italia
ed è nostra intenzione di rafforzare i rapporti bilaterali in materia di
difesa, turismo e energia”, spiegava Mevlut Cavusoglu.
Altrettanto
enfatiche le dichiarazioni di Luigi Di Maio che aveva modo di rilevare come
l’Italia sia “il secondo partner commerciale della
Turchia in ambito europeo e il quinto su scala mondiale”, con un
interscambio annuo pari a circa 18 miliardi di euro e investimenti
principalmente rivolti al settore bancario, energetico, delle infrastrutture e
della Difesa. Il rappresentante della Farnesina aveva poi assicurato
l’impegno italiano a sostegno del dialogo tra Unione Europea e Turchia,
sottolineando “l’importanza dell’accordo in materia di
immigrazione siglato tra Ankara e Bruxelles, da cui ripartire per rilanciare il
dialogo tra le due parti”.
Il
30 luglio, cinque giorni dopo una conversazione telefonica tra il
presidente-despota Recep Tayyip Erdogan e il premier italiano Giuseppe Conte –
con oggetto ancora una volta Libia, Mediterraneo Orientale e relazioni
Turchia/UE – Luigi Di Maio approfondiva in videoconferenza con il ministro
del Commercio Ruhsar Pekcan i temi dell’importazione di acciaio turco da parte
dell’Unione Europea e dell’unione doganale tra UE e Turchia. I due ministri
concordavano il rafforzamento delle relazioni commerciali aeree, marittime e
terrestri dopo le difficoltà riscontrate con la pandemia da Covid-19.
Due
settimane più tardi la Farnesina dava comunicazione dell’ennesimo colloquio
telefonico tra Luigi Di Maio e Mevlut Cavusoglu sul conflitto libico e la crisi
greco-turco-cipriota per lo sfruttamento degli idrocarburi nelle acque del
Mediterraneo. “Il Ministro Di Maio ha ribadito la
necessità che tutte le parti mantengano un approccio moderato e collaborativo,
per ridurre le tensioni e risolvere le questioni pendenti”, riportava
l’Ufficio stampa del Ministero.
L’ambiguità
della linea diplomatica degli uomini di governo italiani si evidenzia
soprattutto alla luce delle dichiarazioni del ministro Lorenzo Guerini, a
conclusione della sua visita lampo a Nicosia (Cipro) l’8 ottobre scorso, il
giorno prima cioè del vertice a Roma con l’omologo turco Hulusi Akar. Nel corso
del meeting con il ministro della Difesa cipriota Charalambos Petrides, Guerini
ha “confermato l’obiettivo di favorire la
riduzione della tensione nell’area e di rilanciare il dialogo costruttivo con
Ankara, senza scalfire la fermezza dei princìpi”, riporta il comunicato del
Ministero della Difesa.
“Quello odierno è stato un
confronto improntato ad un clima di collaborazione che ha toccato diversi temi
– tra i quali il quadro di sicurezza regionale e la difesa europea – durante il
quale i due Ministri hanno confermato la convergenza di vedute in merito alle
principali tematiche di difesa e sicurezza”, prosegue la nota. “Guerini ha confermato l’impegno dell’Italia in termini di cooperazione
bilaterale sia sul piano tecnico militare, che sul piano industriale. Ne sono
un chiaro esempio l’esercitazione Eunomia 2020 e l’Iniziativa Quad, volta a tutelare i nostri comuni interessi nel
Mediterraneo orientale”.
Eunomia 2020 è stata l’esercitazione
aeronavale svoltasi a fine agosto e a cui hanno partecipato Italia, Cipro,
Francia e Grecia; l’Iniziativa Quad è il programma di cooperazione promosso da questi quattro paesi
per “tutelare la libertà di navigazione e incrementare l’interoperabilità tra
le Marine partecipanti”. Il nuovo asse Roma-Parigi-Atene-Nicosia nel
Mediterraneo orientale nasce apertamente in funzione anti-Turchia. Mero cinismo
o schizofrenia la politica del colpo al cerchio e alla botte dell’esecutivo Conte-Pd-M5S? Di certo è che a Roma si
continua a giocare col fuoco mentre gli incendi nel Mare Nostrum si
propagano con rapidità inimmaginabile.
(*)
ripreso da antoniomazzeoblog.blogspot.com
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