mercoledì 28 febbraio 2024

Il crimine dell’Occidente - Viviane Forrester

nel 2004 Viviane Forrester ha pubblicato il libro in Francia, l'anno dopo in Italia, il genocidio in atto ora a Gaza da parte di Israele (non usiamo la parola ebrei, si tratta di uno stato governato da assassini che usano il passato e la religione per uccidere meglio, impunemente, secondo loro) era lo sbocco naturale delle parole e degli atti dei dirigenti israeliani, citati nel libro.

non solo Israele, anche gli Usa e l'Europa hanno le mani sporche di sangue, per l'attiva complicità e il fattivo sostegno allo sterminio.

leggere per credere.

buona (dolorosa) lettura.

 

 

Il libro è un atto d'accusa molto documentato contro l'Occidente (Europa e Stati Uniti), portatore di sentimenti razzisti che li resero sordi al dramma degli ebrei, iniziato già nel 1933, quando vennero teorizzate ed iniziarono ad esser praticate le più ottuse e disumane leggi e pratiche persecutorie in Germania. Nessuna Nazione intese ospitarli, nessun Paese mosse un dito per sconfessare quelle teorie ed impedire quelle pratiche.
All'indomani della vittoria sulla barbarie nazista, le Potenze vincitrici spedirono lontano i superstiti dell'apocalisse – ma in un Paese dove viveva una comunità autoctona, quella palestinese.
Ecco perché secondo la Forrester l'Occidente (che ancora non ha coscienza dei propri crimini) non può ergersi ad arbitro del conflitto tra Arabi ed Israeliani, risolvibile solo se entrambe le vittime dell'antisemitismo e dei suoi crimini potranno trovare la strada del dialogo che porti a condividere il loro comune destino.




È possibile dimenticare l’orrore europeo, esorcizzare e sue tracce e i loro fremiti? È possibile mascherare il persistere delle sue pulsioni originarie e, soprattutto, continuare a considerare l’era nazista una mostruosità episodica, maledetta, vinta, sradicata, cui basta contrapporre la litania dei “mai più una cosa simile?”
L’eroica virtù di questa dichiarazione, pronunciata con tono fermo e sguardo intrepido, ci risparmia di analizzare, di definire la “cosa simile”, di prender in considerazione le diverse forme che può assumere e quanto di nostro vi è impresso. La forza contenuta in questa espressione, più simile a una constatazione che a un desiderio o a una decisione, ci consente di considerare quello che è un pio augurio, un’intenzione generica e perentoria – un wishful thinking, direbbero gli inglesi- come un impegno già mantenuto, una missione compiuta, una conclusione acquisita, un baluardo sufficiente, tutte cose che ci emancipano e ci liberano da ogni vigilanza. Cronologia perfetta: Terzo Reich, guerra, Alleati vittoriosi, problema risolto.
Un dettaglio però guasta questo epilogo, una lacuna: la guerra contro il nazismo non c’è stata. E’ stata la Germania conquistatrice a essere combattuta – in ritardo – con le armi, e vinta: non vi furono né un’aperta insurrezione interna contro il regime nazista né una sollevazione generale, universale contro di esso; nessun rifiuto istintivo, nessun rigetto deliberato, e certamente nessuna resistenza internazionale spontanea, immediata alla dottrina e agli atti di Hitler, dal 1933, nemmeno quando si trattò del diritto d’ingerenza…

da qui 


Jan Karski, l’ufficiale polacco, nominato “giusto tra i popoli” in Israele, che per primo documentò l’orrore della Shoah e e già alla fine del 1942 riferì la sua scoperta al governo provvvisorio polacco in esilio a Londra e personalmente al presidente americano Roosevelt. Senza grandi risultati. Karski già nel 1942 scrisse “Il mio rapporto al mondo. Storia di uno Stato nella clandestinità” in cui raccontava quanto aveva visto nel lager di Belzec, nella sua Polonia: lo sterminio sistematico degli ebrei. L’ufficiale polacco, cattolico praticante, aveva corrotto una guardia ucraina per verificare le voci sullo sterminio sistematico di un popolo. Grazie alla sua testimonianza, sperava di convincere gli Alleati a bombardare i campi di sterminio, in modo da fermare l’orrore.

“Alla fine della guerra – disse Karski nel 1981 durante un convegno organizzato da Elie Wiesel – mi dissero che nè i governi nè i politici avevano saputo del destino degli ebrei. Erano sorpresi. Lo sterminio di sei milioni di innocenti era rimasto un segreto, un‘orribile segreto’, come scrisse Walter Laqueur. Allora mi sentii ebreo. Un ebreo come i parenti di mia moglie, qui presenti. Ma sono un ebreo cristiano, cattolico praticante. Non sono un eretico ma credo profondamente che l’umanità abbia commesso un secondo peccato capitale…”.

da qui

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