mercoledì 31 agosto 2016

il colore rosso

in un film di Roman Polanski, Il pianista, appariva una bambina con un cappottino rosso.
non parlava, ma c'era.


ad Amatrice è rimasto in piedi un palazzo rosso di 5 piani, che non parla, ma dice moltissimo.
e basterebbe a mettere in galera costruttori, ingegneri, direttori dei lavori e controllori pubblici che hanno avuto a che fare con l'edilizia del paese negli ultimi 60 anni.



Terremoto Amatrice, una casa è rimasta in piedi, quella alta cinque piani, tutta rossa, a metà di corso Umberto, la main street di Amatrice. Un palazzo per anni contestato e detestato da molti in  paese, qualcuno ha anche pensato di demolirlo. Ora, scrive Massimo Cavoli sul Messaggero, è diventata un simbolo. Amatrice ce la può fare a rinascere. Basta, aggiungiamo, fare le cose bene come fecero quei modesti ma onesti e prudenti muratori che negli anni ’50 innalzarono quella casa.
Quell’edificio di cinque piani, scrive Massimo Cavoli, “dal colore rossiccio e con le facciate realizzate a cortina”, era in aperto contrasto con l’immagine di Amatrice, circondato com’era da ruspe e squadre di soccorritori.Almeno in apparenza non ha subito danni. La filiale della banca Intesa SanPaolo (ex Cassa di Risparmio di Rieti), che occupa il piano terra, ha aperto regolarmente, previ controlli dei pompieri.
Ora tutti si chiedono il perché di questo miracolo “che ha permesso a cinque piani di non accartocciarsi come è stato per quasi tutte le case di corso Umberto”.
Ma, ha scoperto il cronista, dietro “non c’è nessun miracolo e neppure grandi progettisti”, ma solo olio di gomito e niente economia nella scelta dei materiali. Luigi Bucci, ingegnere, che fu sindaco di Amatrice dal 1980 al ’90, ha precisa memoria:
“Il palazzo fu fatto costruire, nei primi anni 50, da Domenico Piccirilli, un commerciante che gestiva un negozio di merceria e una pompa di carburante dalla parte opposta della via, attraverso lavori in economia affidati ad alcune piccole imprese locali, perché voleva trasformarlo in albergo ma il progetto sfumò.  Non ci furono progettazioni particolari e il fatto che l’edificio abbia resistito alla violenza del terremoto ha sorpreso tutti. E’ evidente, comunque, che all’epoca non si risparmiò sui materiali usati”.
L’ex sindaco ammette che quel palazzo gli stava un po’ sullo stomaco:
“Francamente, la struttura strideva con il resto del centro storico, sorgendo oltretutto a ridosso del palazzo comunale. Innanzi tutto c’era il problema dell’altezza che lo rendeva il palazzo più alto, poi quel colore troppo acceso. Insomma, si differenziava troppo rispetto all’architettura del paese e, così, maturai l’idea di intervenire, facendo demolire l’ultimo piano e adeguando la colorazione a un beige, ma non ci fu il tempo per realizzare il progetto”.
Per fortuna, si può dire, col senno di poi.
Sfumato l’albergo, Piccirilli si accordò con la Cassa di Risparmio che acquistò il piano terra e il primo piano per ospitarci l’Esattoria, la banca e gli uffici. Dal secondo al quinto piano furono invece ricavati degli appartamenti:
“Adesso, tutti guardano a quel palazzo ritenuto urbanisticamente inadeguato, che non ha ceduto al terremoto, e sono pronti a eleggerlo come simbolo della rinascita di Amatrice”.


una lettera di Gino Melchiorre a Vito Biolchini

Il mio maestro di giornalismo Gino Melchiorre, reduce da alcuni scontri on line relativi ad una mostra in corso a Cagliari e intervenendo sul tema dei migranti accampati in piazza Matteotti, invia al blog questa interessantissima riflessione sui tempi che stiamo vivendo, sull'impatto che le tecnologie hanno nella creazione dell’opinione pubblica, sulla politica tornata in mano a gruppi familiari e sugli ostracismi che subiscono le persone che si permettono di criticare o dissentire. E la soluzione che propone mi sembra interessante. Il dibattito è aperto.
***
Caro Vito,
i tuoi post sono sempre informati, argomentati e intelligenti. Qualità che, oggi, vengono guardate con grande sospetto. Perché a un giornalismo del genere uno non c’è più abituato. Forse è per questo che sei oggetto di campagne denigratorie che non entrano nel merito di quanto descrivi. Si limitano all’invettiva.
Vorrei aggiungere solo una nota (non di dissenso, ma di commento) a ciò che dici.
Tu parli di sinistra e destra come fossero entità distinte e legate a principi fondativi, noti e condivisi dagli associati. Non è così. Ormai destra e sinistra esistono solo come indicazioni stradali. Perché come partiti politici hanno “esaurito la loro funzione propulsiva”, come diceva quel tale.
Sono stati chiusi i luoghi associativi (vedi la sezione Lenin a Cagliari) in religioso silenzio, sono stati abiurati statuti, princìpi, scopi, vincoli ideali e simboli di appartenenza.
Alcuni pensano che siamo tornati agli anni ’50. Magari fosse. In realtà – come scrivi – siamo un po’ più indietro. Siamo alle famiglie. E nemmeno quelle tipo Guelfi/Ghibellini o Montecchi/Capuleti. che, nel bene e nel male, esprimevano una cultura civica fatta di conflitti, ma anche di capacità politica e amministrativa.
Oggi il conflitto funziona solo la mattina. Perché, al calar del sole, Guelfi e Ghibellini, bianchi e neri, rossini e verdini, si ritrovano tutti in pizzeria, alla Loggia, ad Arcore o al Nazareno. Per mettere a punto democratiche spartizioni di potere tramite alleanze variabili e tradimenti trasversali.
Niente di nuovo, certo: Dante era Guelfo di parte Bianca e si aspettava coltellate dalla fazione avversa. Invece è dai suoi colleghi di partito che gli arriva la condanna a morte. Ma lui, seppure dall’estero, ha avuto la possibilità di criticare quanto era accaduto e accadeva. Quei giudizi, redatti in forma di Cantiche (poveraccio, in mancanza di meglio era iscritto alla Corporazione degli Speziali) hanno prodotto un flusso ininterrotto di chiose e commenti. A volte non benevoli, ma sempre articolati e pertinenti. Non dei tweet del tipo: “Bello mio, sei un trombato invidioso. E pure ricchione. Lo sanno tutti che tutti sanno delle scappatelle in barca con Lapo e Guido. Lo ha detto anche Striscia la Notizia”.
Noi siamo andati molto avanti con l’estetica tecnologica. Ma per poterlo fare con maggiore celerità, siamo tornati indietro con l’etica e l’ecologia politica. È la società dello spettacolo. Il quale non è un granché, ma è quello che passa il convento. E ora è con Tweet e Like che si forma la nuova “pubblica opinione”. È la Società dello Spettacolo e la DPT (Democrazia Partecipativa Taroccata).
Perché, dagli incunaboli ai social, non è aumentata, come molti credono, la quantità di Informazione (intesa come evento talmente inedito e improbabile, da costringere l’utente a resettare il suo intero sistema di attese, di valori e di idee). È solo aumentato il numero degli strumenti di Comunicazione (intesi come formidabili diffusori di stronzate che, nella ripetizione, trovano autorevolezza, senso e consenso).
È la stessa democrazia taroccata che chiede al pensionato-elettore di dire se è favorevole alla scissione o alla fusione dell’atomo.
La cosa più curiosa è che “la situazione è drammatica ma non seria”. Perché il taroccamento è evidente e rozzo. E i tuoi post sono un buon contributo per il loro disvelamento e sputtanamento. Lo mostra il numero di quanti, per ragioni diverse, condividono il tuo punto di vista.
Ci sono ancora cospicue sacche di imbecillità? Ma certo: tra idraulici e intellettuali, tra giornalisti e palombari, tra conservatori di sinistra e progressisti di destra. Del resto, decenni di pensiero debole, di riduzione di ogni complessità a semplicità, e di Masanielli e Ciceruacchi, perché avrebbero dovuto colpire solo la casalinga di Voghera e risparmiare tutti gli altri? Decenni di Drive-in e di Amici di Maria, di “Capitali coraggiosi” e di “Abbiamo una banca”, di “Siamo tutti americani” e di “mi hanno pagato la casa a mia insaputa”, è normale che abbiano lasciato il segno.
Noi abbiamo fatto l’Italia a colpi di referendum popolari in cui, su cento cittadini, cinquanta non avevano diritto di voto, trenta non sapevano leggere e scrivere, e quindici erano pagati dagli agenti di Cavour. Gli altri cinque se ne fottevano beatamente.
Malgrado ciò abbiamo scritto una Carta costituzionale ottima e efficace. Perciò va cambiata. In modo che il 20% del 40% che va a votare, abbia il 100% del potere decisionale.
Abbiamo eletto liquidatori di aziende e corruttori di giudici a presidenti del Consiglio. E i commentatori più saggi e lungimiranti, invece di considerare la possibilità di spararsi una revolverata, spiegavano a Porta a Porta e a Ballarò che “non c’erano alternative”.
Allora siamo tutti vittime e insieme carnefici? Tutti innocenti perché ugualmente colpevoli? Siamo tutti nella stessa barca? Non proprio. Perché alcuni si sono rifiutati di andare a Porta a Porta a sparare cazzate: non sono stati sbarcati, ma solo messi a pane e acqua. Altri invece sono scesi a Saint Tropez e, aperitivo in mano, sollecitano a gran voce i galeotti in attesa di capire se la barca affonda o no.
Che fare? Non lo so. Credo che per il momento sia necessario resistere. E continuare a parlare e ascoltare chi è interessato a fare altrettanto. Ma credo che sia anche il momento di mandare educatamente affanculo chi pronuncia sintetici ostracismi e anatemi contro ogni critica o dissenso.
Perché – com’è noto – la Resistenza ha un limite.

L’harem e l’Occidente – Fatema Mernissi

le cose non sono come dicono.
basta leggere questo libro per sapere che le cose sono complicate, non ci sono solo il bianco e il nero, ma mille altre sfumature.
Fatema Mernissi è morta recentemente (qui un ricordo), ma i suoi libri ci parlano ancora.
in "L’harem e l’Occidente" tra le mille suggestioni Fatema Mernissi racconta di Sherazade e Shirin (alla quale Abbas Kiarostami ha dedicato un gran bel film, qui), due donne straordinarie.
Fatema Mernissi non ha certezze assolute, spesso ha dei dubbi e, come dice JL Borges, "Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza".
fatevi un regalo, leggete Fatema Mernissi - franz








… Fatema, originaria di Fez in Marocco, riceve la propria "formazione" (si può a ragione chiamarla così) all'interno di un harem, come molte altre ragazze della sua generazione e della sua cultura. Successivamente, si recherà in Occidente, da noi, ne trarrà le considerazioni che sono oggetto di questo libro, e tornerà poi al suo paese, dove oggi insegna Sociologia presso l'Università di Rabat. Fatema, col suo occhio critico e intelligente, ha dunque conosciuto i due mondi, l'Oriente e l'Occidente.
Si domanda, dunque: la condizione femminile e' cosi' diversa? Che cosa la distingue, se qualcosa esiste che crei la differenza?
No, si risponde Fatema, la condizione femminile non è così diversa. Aldilà delle situazioni e dei contesti apparenti, che possono qui sembrare persino fuorvianti, anche l'Occidente ha il proprio harem: l'harem della taglia 42, del corpo femminile costretto a rimanere per sempre adolescente e magro, diafano quasi, acerbo e privo di maturità e di tempo, segregato in un limite di anni che si chiude tragicamente con la menopausa, soggiogato ai dettami maschili dello stilista e del mercato…
Un testo dunque ricco e suggestivo, che passa agevolmente attraverso il sociale, l'immaginativo, il rituale, il religioso, fin dentro le oscurità dell'incontro tra uomo e donna, dalla cui natura pù' o meno egualitaria dipende tuttora il grado di civiltà a cui l'individuo umano può ambire.

…E tuttavia l’Occidente continua ad associare all’harem l’immagine di odalische belle e lascive, dimenticando che, nella tradizione musulmana, ben altre sono le caratteristiche del fascino femminile, sostanzialmente legato al potere incontrollabile, alla forza di volontà, alla cultura. Niente è più intrigante nell’harem della sfida intellettuale tra uomo e donna. "Essere intellettualmente sfidati dalle donne - sostiene l’autrice - dava agli uomini un brivido sensuale" (p. 106). Perché il solo tratto che invece ossessiona gli occidentali è quello della bellezza inevitabilmente legata al sesso e alla passività? La Mernissi inizia, con questa domanda, un’analisi originale dell’immaginario maschile occidentale, che viene indagato a partire dalla filosofia di Kant, attraverso i quadri di Ingres e Matisse, per poi approdare al mito contemporaneo della linea perfetta, o meglio della taglia 42. Secondo l’autrice, l’autorevole filosofo tedesco, nelle sue Osservazioni sul sentimento del Bello e del Sublime, associando la bellezza al femminile e il sublime alla razionalità propria del maschile, realizzerebbe una cesura, tale da rendere inconciliabili bellezza e intelligenza. "Se l’intelligenza è monopolio maschile, le donne che osano appropriarsene saranno private della loro femminilità" (p. 97). Ne deriva l’impossibilità per la donna di avere fascino grazie alla sua cultura e alle sue doti intellettive, e la conseguente esaltazione della bellezza, ridotta a mera esteriorità. "La donna ideale di Kant è senza parole" (p. 79): questo il filo rosso che guida la Mernissi alla scoperta di celebri immagini di odalische, ritratte da Ingres e Matisse secondo una mentalità tutta occidentale, che traduce la bellezza in nudità silenziosa e passiva. Tuttavia, negli stessi anni in cui Matisse dipingeva, i Giovani Turchi rivoluzionavano il mondo musulmano mettendo al bando gli harem e riconoscendo alla donna diritti pari a quelli che, fino ad allora, erano rimasti esclusivo appannaggio maschile. Ma se tutto ciò non ha inciso minimante sull’idea occidentale dell’harem, ancor oggi popolato di odalische seminude, allora si può concludere "che l’immagine sia l’arma principale usata dagli occidentali per dominare le donne" (p. 153). I quadri di Matisse, infatti, hanno potuto più dei dati storici, e consentono agli occidentali di continuare a sognare donne che non sono mai esistite, perpetrando modelli puramente fantastici.
L’attenzione spasmodica alla bellezza fisica rappresenta una vera e propria trappola per la donna occidentale, che è costretta a percepire l’età come una svalutazione e a dedicare quindi le sue energie migliori alla cura della propria immagine, senza poter mai vincere, naturalmente, la sfida contro il tempo. "Gli atteggiamenti degli occidentali sono decisamente più pericolosi e sottili di quelli musulmani perché l’arma usata contro la donna è il tempo" (p. 173). La taglia 42 si rivela, in conclusione, come il confine di un harem tutto occidentale, quello della bellezza, appunto, che finisce per rendere schiave proprio le donne considerate più emancipate e moderne, mentre, lontano dai riflettori maschili, le sorelle musulmane continuano decise il loro cammino di liberazione.

inizia così:
Se per caso vi capitasse di incontrarmi all'aeroporto di Casablanca, o su una nave in partenza da Tangeri, vi apparirei disinvolta e sicura di me, ma la realtà è ben diversa. Ancora oggi, alla mia età, l'idea di varcare una frontiera mi rende nervosa, temo di non comprendere gli stranieri. "Viaggiare è il modo migliore per conoscere e accrescere la tua forza", diceva Jasmina, mia nonna, che era illetterata e viveva in un harem, una tradizionale abitazione familiare dalle porte sbarrate che le donne non erano autorizzate ad aprire. "Devi focalizzati sugli stranieri che incontri e cercare di comprenderli. Più riesci a capire uno straniero, maggiore è la tua conoscenza di te stessa, e più conoscerai te stessa, più sarai forte". Jasmina viveva la sua vita nell'harem come una vera e propria prigionia. Aveva perciò un'idea grandiosa del viaggiare e vedeva nell'opportunità di varcare dei confini un sacro privilegio: la migliore occasione per lasciarsi dietro la propria debolezza. A Fez, la città medievale della mia infanzia, giravano voci affascinanti su abili maestri sufi che esperivano straordinari lampi di illuminazione (lawami') ed estendevano rapidamente la loro conoscenza, tanto erano tesi ad apprendere dagli stranieri che incrociavano nella vita.

Qualche anno fa, ho dovuto recarmi in Occidente e visitare una decina di città, per la promozione del mio libro La terrazza proibita, uscito nel 1994 e tradotto in ventidue lingue. Sono stata intervistata da più di cento giornalisti occidentali, e in quelle occasioni ho potuto notare che la maggioranza degli uomini pronunciava la parola "harem" con un sorriso. Quei sorrisi mi sconcertavano. Come si fa a sorridere evocando un sinonimo di prigione?...
da qui

ricordo di Tommaso Labranca





qui alcuni interventi alla radio (svizzera), molto interessanti

martedì 30 agosto 2016

se Whatsapp ci vende a Facebook - bortocal


siete già stati contattati da whatsapp?
vi ha gà` chiesto il consenso ad una modifica delle condizioni di trattamento dei vostri dati?
l’avete già data, senza darci importanza, oppure rassegnati, pensando di non poter fare diversamente?
lo sapete che adesso whatsapp trasmette il vostro numero di telefono a facebook?
. . .
lo spiega bene un articolo dello Spiegel.
(in Italia finora non ho letto niente sul tema, ma forse è colpa mia, mi sarà sfuggito…).
. . .
Whatsapp e` stata rilevata tempo fa, nell’autunno 2014, da Facebook per 22 miliardi di dollari.
notate, per favore, l’enormità della cifra…
ed ora l’acquisizione viene messa a frutto.
entro 30 giorni non sarà più possibile utilizzare whatsapp senza dare questo consenso.
. . .
adesso, oltre a ricevere il vostro numero di telefono, facebook verrà informata di quanto spesso utilizzate facebook.
per il momento, notate bene, il nome del profilo, la foto del profilo o la comunicazione di stato non verranno condivisi con facebook,
e il numero di telefono sarà accessibile solamente a facebook.
ma che uso farà facebook del nostro numero di telefono e dei dati delle nostre comunicazioni via whatsapp?
la conoscenza di questi dati servirà per indirizzarci pubblicità mirata su facebook.
se ci sono dei fornitori nella lista dei nostri contatti whatsapp, le offerte di quei fornitori ci verranno inviate sulla nostra pagina facebook.
be’, tutto sommato utile, come no?
. . .
in questo momento, ovviamente, il mio pensiero corre al Grande fratello di Orwell1984, che nel mondo del futuro controllava gli esseri umani a fini politici.
se Orwell vedesse!
il Grande fratello è diventato il titolo di un reality show,
che serve, tra l’altro, a familiarizzare i tele-dipendenti con l’idea che si debba vivere la propria vita in pubblico e senza residui arcaici pudori o forme di riservatezza.
farsi spiare è bello e in fondo soddisfa la voglia narcisistica di sentirsi interessante…
il controllo capillare delle nostre vite è diventato ben più pervasivo di quel che Orwell poteva immaginare nel 1948.
però è grottesco che l’unico controllo politico che al momento interessa chi possiede questi strumenti di spionaggio globale è` il modo dei nostri consumi.


lunedì 29 agosto 2016

L'ostilità dello stato turco contro i curdi continua

di UIKU/KNK

L’obiettivo dello Stato turco nell’occupare la Siria non è diretto verso Daesh, la sua intenzione è annichilire i successi dei curdi e degli altri popoli e destabilizzare ancora di più la Siria.Lo Stato turco con la scusa della “lotta contro Daesh” sta per iniziare un nuovo processo di invasione, con l’entrata del 24 Agosto 2016 nella città siriana di Jarablus.
Il momento in cui lo Stato turco ha realizzato questa invasione è molto significativo, se si tiene in conto che essa viene realizzata subito dopo i successi delle Forze Democratiche della Siria (SDF) e del Consiglio Militare di Manbij, che hanno liberato questa città il 13 di Agosto 2016, iniziando un contrattacco.
L’esercito turco e le forze a lui legate sono entrate a Jarablus senza alcuno sforzo e senza che ci sia stato nessuno scontro. Questo significa che previamente è stato fatto un accordo con Daesh.
Nel momento in cui si portava a compimento l’occupazione non è avvenuto nessun combattimento.
Daesh si è travestito da Al- Nusra, che è un’altra organizzazione terrorista. Vale a dire che Daesh e altri gruppi terroristi continuano ad esistere nella regione sotto altri nomi. Ora lo Stato turco e i suoi complici hanno cominciato un’intensa aggressione contro le Forze Democratiche della Siria, contro il Consiglio Militare di Manbij, contro i curdi e gli altri popoli che vivono nella regione. Sappiamo dalle fonti locali che hanno usato anche armi chimiche contro la popolazione civile con l’obiettivo di strappare alcune aree dalle Forze Democratiche della Siria (Al-Amarne, Dendeniye..)
Lo Stato turco, che ha cominciato questa campagna di invasione attraverso una manipolazione davanti agli occhi del mondo intero, sta violando i diritti universali e il diritto internazionale.
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno dato il beneplacito a questa invasione, rimanendo in silenzio; hanno fornito il loro consenso, commettendo un grave errore.
Gli attacchi di Daesh all’Europa sino ad oggi vengono condotti da forze sostenute dallo Stato turco e dalla frontiera controllata da questo Stato.
Con questa invasione i paesi occidentali e tutta l’umanità sono stati nuovamente posti in una situazione di vulnerabilità agli attentati di Daesh. Mentre le Forze Democratiche della Siria, composte da curdi, arabi, assiri, armeni, e altri popoli, stavano al punto di sconfiggere completamente Daesh, chiudendo loro le frontiere. Questa invasione dello Stato turco ha interrotto la disfatta di Daesh.
Lo Stato turco collabora con Jabhat al-Sham (vicino ad Al-Nusra) che sta subordinando Al-Qaeda e i criminali di Daesh. Si sono impossessati di Jarablus attraverso un accordo realizzato tra queste forze. E’ necessario dire basta a questi giochi! Perché altrimenti si permette allo Stato turco e alle altre forze del terrore di estendere i loro attacchi verso altri luoghi, il che significa un aggravamento del caos e della guerra, così come la morte di ancora più persone e la trasformazione di ancora più persone in rifugiati.
• Lanciamo un appello a tutta l’opinione pubblica mondiale dalla parte della democrazia e dei valori umani ad alzare la sua voce contro questo sporco gioco dello Stato turco e contro la sua invasione.
• Lanciamo un appello alle potenze internazionali, come Gli Stati Uniti e l’Unione Europea, perché ritirino l’appoggio che forniscono allo Stato turco.
da qui

The american way of death - Claribel Alegría


(a mio figlio Eric)

Se scali giorno e notte la montagna
e ti apposti dietro gli arbusti
(lo zaino-fallimento sta crescendo,
apre crepe la sete nella gola
e la febbre del cambiamento
ti divora)
se scegli la guerriglia,
sta' attento,
ti ammazzano.
Se combatti il tuo caos
con la pace,
la non violenza,
l'amore fraterno,
le lunghe marce senza fucile
con donne e bambini
e ricevi sputi in faccia,
sta' attento,
ti ammazzano.
Se la tua pelle è scura e cammini scalzo
e ti rodono dentro i lombrichi,
la fame,
la malaria: lentamente ti ammazzano.
Se sei un nero di Harlem
e ti offrono campi da football
con il pavimento d'asfalto,
un televisore in cucina
e foglie di marijuana:
poco a poco ti ammazzano.
Se soffri d'asma
se ti esaspera un sogno
- che sia a Buenos Aires
o ad Atlanta-
che ti spinge da Montgomery
fino a Memphis
o ad attraversare a piedi la cordigliera,
sta' attento:
diventerai un ossesso
e sonnambulo
e poeta.
Se nasci nel ghetto
o nella favela
e la tua scuola è la cloaca
o l'angolo,
prima devi mangiare,
poi pagare l'affitto
e nel tempo che ti avanza
sederti sul marciapiede
a veder passare le macchine.
Però un giorno ti arriva la notizia,
corre la voce,
te la dà il tuo vicino
perché tu non sai leggere
e non hai un soldo
per comprare il quotidiano
o ti si è fottuto il televisore.
In un modo o nell'altro
ti arriva la notizia:
lo hanno ammazzato,
sì,
te lo hanno ammazzato.

The American Way of Death
(éste se lo dedico a mi hijo Eric)
By Claribel Alegria

Si arañas día y noche la montaña
y acechas detrás de los arbustos
(la mochila-fracaso va creciendo,
abre grietas la sed en la garganta
y la fiebre del cambio
te devora)
si eliges la guerrilla,
ten cuidado,
te matan.

Si combates tu caos
con la paz,
la no violencia,
el amor fraternal,
las largas marchas sin fusiles
con mujeres y niños
recibiendo escupidas en la cara,
ten cuidado,
te matan.

Si tu piel es morena
y vas descalzo
y te roen por dentro las lombrices,
el hambre,
la malaria:
lentamente te matan.

Si eres negro de Harlem
y te ofrecen canchas de fútbol,
con el suelo de asfalto
un televisor en la cocina
y hojas de marihuana:
poco a poco te matan.

Si padeces de asma
si te exaspera un sueño
-ya sea en Buenos Aires
o en Atlanta-
que te impulsa de Montgomery
hasta Memphis
o a cruzar a pie la cordillera,
ten cuidado:
te volverás obeso
y sonámbulo
y poeta.

Si naces en el ghetto
o la favela
y tu escuela es la cloaca
o es la esquina,
hay que comer primero,
luego pagar la renta
y con el tiempo que te sobra
sentarte en el andén
y ver pasar los coches.

Pero un día te llega la noticia,
corre la voz,
te la da tu vecino
porque tú no sabes leer
o no tienes un cinco
para comprar el diario
o el televisor se te ha jodido.
De cualquier modo
te llega la noticia:
lo han matado,
sí,
te lo han matado.

sabato 27 agosto 2016

La differenza tra la solidarietà e la civiltà: lo Stato - Rete MMT

La tragedia del terremoto nel Lazio e nelle Marche ci lascia sgomenti. Dietro ogni storia una tragedia, una famiglia distrutta e un territorio che dovrà ritrovare la propria identità. Singolarmente, gli attivisti di Rete MMT si stanno adoperando per rispondere agli appelli di solidarietà con donazioni o piccoli aiuti concreti. Come associazione di divulgazione economica, ci impegniamo affinché sia presente lo Stato.
L’impegno dei singoli è importante, ma lo Stato è indispensabile. Lo è in termini di tempestivo intervento (dei Vigili del Fuoco, della Protezione Civile, dei medici, ecc.) e lo sarà quando ci sarà da sostenere un territorio che vorrà rialzarsi e ripensare al futuro. La lungimiranza di cui può essere capace lo Stato è indispensabile se si parla in termini di prevenzione. Non ci sono territori che riprendono il cammino verso il futuro dopo tragedie come queste senza l’intervento dello Stato. L’austerità tiene le popolazioni ancorate alla tragedia e per questo va spazzata via. Ammiriamo lo slancio dei Vigili del Fuoco, che nonostante le assunzioni bloccate e gli stipendi fermi si prodigano per salvare il maggior numero di persone possibile, la tenacia dei medici, che non si sottraggono mai anche quando la sanità pubblica viene smantellata, e di tutti coloro che stanno prestando i propri mezzi perché gli enti locali non ne hanno a sufficienza. Ma non si può confidare solo sul senso di responsabilità dei singoli. Serve la presenza e la forza dello Stato, ma di quello libero dalle catene del rigore dei conti. Quello che applica la Costituzione nella sua interezza e nella sua potenza.
Si può fare una donazione e poi dire che servono i tagli alla spesa pubblica? Si può offrire solidarietà ma pretendere il pareggio di bilancio? Noi pensiamo di no.
Accanto alla solidarietà che ognuno di noi esprime individualmente, ci deve essere sempre l’impegno a creare una cultura economica che metta al primo posto la collettività, lo Stato, il futuro, il lavoro.

Max Gustafson è davvero bravo!



Metamorfosi di un’immigrata nel paese di Ailati - Christiana De Caldas Brito

Bosco, 28 dicembre 2018

cara Biancaneve
Noi sette, senza di te, siamo incasinati più che mai. Se ci tieni a saperlo, mangiamo malissimo e litighiamo tutto il tempo. La sera, quando arriviamo dalla miniera non ci laviamo più. La casa è una baraonda, con polvere dappertutto. Eolo non fa che starnutire e Pisolo è diventato insonne. D’altra parte, con i letti sempre disfatti, gli acari qui si sprecano. Abbiamo dovuto chiedere al cacciatore se ci scriveva questa lettera perché tu, Biancaneve, ci hai insegnato a cantare e a ballare ma non ci hai mai insegnato a leggere e a scrivere. Se ci avessi pensato, adesso avremmo potuto scriverti noi stessi, senza dover chiederlo a uno che a malapena conosciamo.
La nostra vita con te era una favola, ma adesso neanche gli uccellini si fanno più vivi. Mammolo e Cucciolo piangono. Gongolo balbetta. Dotto è caduto in depressione. Brontolo, più scorbutico che mai, manda anatemi al tuo principe. Ieri, abbiamo augurato, tutti insieme, che un fulmine facesse nero il tuo Azzurro.
E tu, Biancaneve, con tutto lo spazio che hai nel castello, balli sempre? Nelle tue canzoni, pensa a noi e canta il più forte che puoi. Se il vento sarà favorevole, riusciremo a sentire la tua voce.
Per noi, come hai potuto vedere, già non è più il tempo che Biancaneve cantava…
I tuoi piccoli
Dotto, Gongolo, Eolo, Cucciolo, Mammolo, Pisolo e Brontolo.

Castello di Ailati, 27 ottobre

caro Azzurro
Non dovevi darmi quel bacio. Se proprio ci tenevi, potevi darmelo e scappare subito. Io, con i nani stavo benissimo. Avevo, sì, sette letti da fare, sette piatti da lavare ma erano piccoli piccoli. Adesso mi tocca fare un lettone matrimoniale con tutti quei veli che vengono giù dal baldacchino e che accumulano un sacco di polvere. In più, le lenzuola di raso sono troppo difficili da stirare. Non trovo giusto che tu non mi abbia avvertito dei problemi di servitù ad Ailati. Lo so che i tempi sono cambiati ma pensavo che le famiglie azzurre non avessero difficoltà di questo genere. Qui nel castello è tutto molto monotono e le mura altissime impediscono i contatti con il bosco. Nel bosco, c’era sempre qualche sorpresa, magari indesiderata, come quella della strega, ma a ben pensarci, mi eccitava sapere che il ritmo delle giornate poteva cambiare da un momento all’altro. E poi, Azzurro, io adoro le mele. La strega me le portava spesso. Ogni piacere ha il suo prezzo e non mi sono mai pentita di aver morso la mela avvelenata. I nani hanno pianto, ma io sono sprofondata nel sonno e, ti dico la verità, erano anni che non dormivo così bene senza tranquillanti. Purtroppo, mi sono svegliata con il tuo bacio e da allora sono cominciati i guai. Sento la mancanza dei miei nani. Non capisco perché non li hai voluti qui nel castello. Con loro, cantavo e ballavo. Tu invece, Azzurro, sei uno solo e a volte, perdonami se te lo dico, sei proprio noiosetto. Parli sempre di caccia e io amo gli animali della foresta; ti allontani per lunghi viaggi ed è seccante restare in solitudine; quando usciamo a cavallo, cavalchi sempre cento metri avanti, ed è come se io galoppassi da sola; leggi un sacco di libri strani e ricevi delle visite che non sono affatto divertenti. Non vorrei offenderti, ma sto maturando l’idea di tornare alla casa dei nani. Le favole possono pure aggiornarsi, non credi, Azzurro?
Biancaneve

Castello di Ailati, 8 gennaio

gentile signora Strega
Sono Azzurro, il Principe che ha svegliato Biancaneve dall’incantesimo della mela. Non le scrivo per incolparla di nulla. Anzi, vorrei chiedere un nuovo incantesimo per fare che Biancaneve resti con me. Siamo in quel difficile momento del “vissero felici e contenti” ma c’è qualcosa che non funziona. Mia moglie sembra avere una personalità indipendente e questo mi infastidisce assai. È una che viene dal bosco, un mondo completamente diverso da quello di Ailati. Abituata a vivere con dei nani che lavoravano tutto il giorno fuori, Biancaneve a casa faceva tutto a modo suo.
Gentile signora Strega, possiamo trovarci in modo che Lei mi consegni una pozione magica con le dovute istruzioni? La ringrazio sentitamente.
Azzurro

Ailati, 2 febbraio

gentile Principe
Ho dovuto sprecare molte mele prima che l’incantesimo funzionasse. Sarà perché ha vissuto tanto tempo nel bosco, ma sua moglie ha una salute di ferro, e avrà, sì e no, mangiato cinque o sei chili di mele prima di cadere nello stato catalettico. Se Lei se la sente di affrontare l’oneroso problema – la frutta oggi mantiene prezzi da capogiro – sarò lieta di preparare una nuova pozione. Gentile Principe, ci possiamo vedere domani sera, all’imbrunire.
Le porgo i miei più cordiali saluti.
La sua suddita,
La Strega

Castello di Ailati, 8 marzo

mio caro Azzurro
Com’è bello essere ai lati di Ailati! Le nostre giornate si svolgono in perfetta armonia, Azzurrino mio, e non sai quanto mi diverto a stare sui fornelli ad inventare nuove pietanze per te. Mi commuovo quando ti vedo voracemente finire, in cinque brevi minuti, tutto quello che preparo in ore e ore di lavoro in cucina. Ringrazio il bacio che mi ha reso tua! Beate le donne svegliate come me! Io, che sono così attiva, che con gioia e canti metto la cera sul pavimento dei vari piani del nostro castello, rabbrividisco al solo pensiero di essere potuta rimanere per sempre a dormire dentro quella cassa di cristallo.
Da quando mi porti ogni giorno il delizioso dolce di mele – quanto sei gentile, amore mio! – la mia felicità non ha limiti. L’unica cosa è che devo essere attenta a non ingrassare. Va bene che tu ingrassi, Azzurro, ma io voglio essere in linea per servirti in piena forma. Non mi stancherò mai di ammirare i tuoi muscoli! I sette nani erano troppo bassi, vero? Non erano belli come te.
Se usciamo a cavallo, mi piace osservare da lontano come galoppi bene. Sei un uomo importante, viaggi spesso, ed è meraviglioso attendere il tuo ritorno. Che tenerezza sapere che siamo soli nel castello, senza alcuna servitù a romperci le scatole, vero, Azzurro?
Baciami sempre, amore, svegliami ogni mattina per preparare la tua colazione! A qualunque ora del giorno e della notte, sarò pronta a fare tutto quello che ti piace.
Ti amo, Azzurro!
La tua piccola, sempre più piccola, Biancaneve.

venerdì 26 agosto 2016

Il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America

potrebbe essere Jill Stein, candidata presidente per il Green Party (qui).

Gore Vidal descriveva il sistema politico Usa come un’aquila con due ali, entrambe destre.
Secondo i sondaggi Jill Stein potrebbe prendere il 13% dei voti dei sostenitori di Bernie Sanders, che evidentemente non vogliono scegliere fra due terribili candidati presidenti che sono Donald Trump e Hillary Clinton, ma preferiscono Jill Stein, e potrebbe raggiungere il 5% dei voti.
La pubblicazione di altre mail di Hillary Clinton da parte di Wikileaks (come dice Julian Assange) potrebbe creare seri problemi alla candidata Clinton.
Se potesse la Clinton farebbe ad Assange, quello che hanno fatto a Osama Bin Laden (secondo Zero Dark Thirty), ma andare a Londra, in un ambasciata straniera, con i Navy Seals non dev’essere facile (chissà un caffè come per Sindona), o almeno gli farebbe subire quello che subisce Chelsea Manning.
Jill Stein ha sostenuto OccupyWallStreet, e nel 2012, erano con lei Noam Chomsky e Clifford Stoll, fra gli altri.
Dimenticavo di aggiungere che Jill Stein dice che se diventasse presidente Edward Snowden lo nominerebbe ministro e secondo Jill Julian Assange è un eroe.
Io la voterei, sicuro (l'ottimismo della volontà).


ecco cosa dice Jill Stein (la traduzione è la mia, perdonate le imperfezioni):

George Orwell ha detto: "Nel tempo della menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario". Grazie a Wikileaks, sappiamo che istituzioni potenti hanno abusato del loro potere, e mentito alla gente. Ad esempio,  le comunicazioni del Dipartimento di Stato pubblicati da Wikileaks hanno rivelato che il Segretario Clinton ha identificato l'Arabia Saudita come la prima fonte di finanziamento per i gruppi terroristici proprio nel periodo nel quale che (la Clinton) ha approvato un enorme  contratto di 29 miliardi di dollari per la fornitura di armi alla dittatura saudita.

Le rivelazioni stupefacenti di WikiLeaks su come alti ufficiali del Comitato Nazionale Democratico abbiano cospirato per sabotare la campagna presidenziale di Bernie Sanders, in collusione con i media, ha mandato in frantumi l'illusione di un processo elettorale equo, e  hanno confermato ciò che milioni di americani già sapevano nel loro intimo: viviamo sotto un truccato sistema politico.
Quello che WikiLeaks fa-in realtà - ai partiti politici, ai militari, e  ad altri potenti-è tirare indietro la tenda della censura, della cospitazione, e dell'inganno per mostrare al pubblico ciò che sta realmente accadendo. A differenza degli esperti dei media mainstream, Wikileaks non ci dice cosa pensare. Ci invitano a leggere le e-mail, guardare i filmati, e decidere noi stessi.

Mentre innumerevoli servizi dei media  mettono in evidenza le accuse contro Assange, la maggior parte delle persone non hanno mai sentito che un rapporto ufficiale delle Nazioni Unite ha dichiarato che le accuse contro Assange sono infondate. Tre indagini sono state portate a termine  senza aver mai portato ad accuse. E il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria ha dichiarato che Assange è stato arrestato illegalmente e dovrebbe essere rilasciato. Alla luce di questi fatti, sembra che le accuse contro Assange siano un falso pretesto usato da chi vuole dargli il trattamento, o Bradley Manning peggio.
Come candidato presidenziale di un partito che ha mantenuto le critiche di principio nei confronti di potenti istituzioni politiche, militari e aziendali, ho potuto toccare con mano come l’Establishment  attacca le persone che sfidano lo status quo. Questi attacchi sono destinati a marchiare i loro obiettivi come paria e stigmatizzare chiunque osi sfidare lo status quo. La verità è una vittima frequente di vendette politiche…


…la Stein attinge a piene mani da coloro che si autodefiniscono i Never-Hillary, ovvero da una parte minoritaria del movimento di Bernie Sanders rimasta orfana dopo la sconfitta alle primarie e il successivo endorsement del senatore del Vermont alla Clinton.
Al grido di “Jill not Hill”, molti di loro si sono ritrovati alla Convention di Houston a supportare la nominata dei verdi. Ad abbandonare il campo sanderiano sono stati anche personaggi di un certo rilievo fino a poco fa nel team di Bernie, come Cornel West, intellettuale afroamericano e personalità rispettata tra i progressisti americani.
A sintetizzare il sentimento imperante di una parte dell’universo della sinistra a stelle e strisce ci ha pensato proprio West, nella dichiarazione a con cui a metà luglio ha reso ufficialmente noto il proprio appoggio alla Stein: “A novembre abbiamo bisogno di cambiare. Eppure siamo legati a una scelta tra Trump, che sarebbe una catastrofe neofascista, e Clinton, un disastro neoliberista. Ecco perché sto sostenendo Jill Stein. Sono con lei – l’unica donna progressista in gara – perché abbiamo dobbiamo uscire da questo vicolo cieco. Nutro un profondo amore per il ‘fratello’ Bernie Sanders , ma non sono d’accordo con lui su Hillary Clinton. Non credo che sarebbe un ‘presidente eccezionale’ (come affermato da Bernie ndr)”.
A sentire le parole di West e le opinioni dei suoi emuli, il voto alla Stein è giustificato da una presunta equivalenza tra il tycoon e la ex Segretaria di Stato, dipinti (seppure con parole diverse) come incorreggibili reazionari.
Ma per quale motivo una frazione dei fan di Sanders è migrata proprio nel partito della Stein? È presto detto. Il Green Party of the United States ha un programma politico vicino alle posizioni del movimento di Bernie. I punti programmatici su cui batte Jill sono identici a quelli che hanno caratterizzato la campagna del senatore del Vermont: il contrasto al cambiamento climatico attraverso una conversione delle fonti energetiche, l’avversione allo strapotere della finanza e delle grandi banche, la riforma del finanziamento ai partiti, l’appoggio a politiche ultra-liberal su temi come aborto e diritti dei gay, l’espansione dello stato sociale, tanto per citare i più noti. Sull’economia, i verdi hanno coniato l’espressione “Green New Deal” (un richiamo al grande programma riformatore di Franklin Delano Roosevelt) per riassumere massicce politiche pubbliche di investimento basate su nuovi sistemi energetici “puliti”.
Se i temi sono gli stessi, le soluzioni proposte dal Green Party sono sicuramente molto più radicali. In materia di istruzione, ad esempio, i verdi chiedono la cancellazione di tutti i debiti studenteschi tout court; in politica estera e di difesa propongono un taglio drastico delle spese militari pari al 50% e la chiusura delle basi statunitensi nel mondo, mentre sulla questione palestinese si attestano su posizioni ferocemente ostili a Israele, mettendo in aperta discussione la storica alleanza tra Washington e Tel Aviv…
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