sabato 28 febbraio 2015

Parlamento clown sulla Palestina – Fulvio Scaglione (vicedirettore di ‘Famiglia cristiana’)

La bandiera palestinese durante una manifestazione contro gli insediamenti israeliani (Reuters).
Riconoscere lo Stato di Palestina? Si o no? Per l'Italia sì e no. Perché la Camera è riuscita ad approvare la mozione presentata dal Pd per il riconoscimento tout court della Palestina (300 voti a favore e 45 contro) ma anche quella presentata da Ncd, Udc e Scelta Civica che rinvia il riconoscimento e invita Palestina e Israele a proseguire la trattativa per arrivare a due Stati per due popoli (237 voti a favore e 84 contro).

L'ambasciata di Israele esulta e dice che il riconoscimenti della Palestina non è passato, anche se a rigor di calcolatrice i voti per il riconoscimento immediato sono più di quelli per il rinvio. E infatti molti deputati del Pd sostengono che ad essere stato approvato il riconoscimento. Le opinioni sono tutte legittime, quelle di chi vuole riconoscere lo Stato palestinese fin da subito come quelle di chi chiede altro tempo. Ma non è questo che conta.

Conta di più la figura grottesca che il Governo e il Parlamento si sono concessi su un tema delicatissimo (i rapporti tra israeliani e palestinesi) in un momento delicatissimo per il Medio Oriente, l'Europa e l'Italia. Approvare senza batter ciglio una cosa e il suo esatto contrario non è da politici ma da ciarlatani e incoscienti. Uscire da una scelta delicata facendo i clown è forse utile nell'immediato. Ma guadagnarsi la fama del buffone non aiuta esser presi sul serio. Né in Italia, né in Europa e tanto meno in Medio Oriente. Ricordiamocelo: questo sarebbe il Parlamento che, eventualmente, dovrebbe decidere su un intervento in Libia. Vi pare possibile?
da qui

mercoledì 25 febbraio 2015

minigonne per Özgecan Aslan

Lo scorso 11 febbraio una studentessa turca di 20 anni, Özgecan Aslan, è stata rapita e uccisa a Mersin, nell’Anatolia meridionale, dal conducente di un minibus. Dopo aver cercato di resistere allo stupro con una bomboletta spray al peperoncino, la ragazza è stata accoltellata, picchiata e bruciata: il suo corpo è stato gettato in un fiume e ritrovato due giorni dopo. Anche se il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu ha promesso di «trovare i responsabili e punirli», in molti e molte hanno ritenuto la risposta del governo insufficiente, viste anche le frequenti dichiarazioni del presidente turco Edogan e dei rappresentanti del governo stesso contro le donne e i loro diritti.Dopo l’uccisione di Özgecan Aslan migliaia di donne in tutto il paese hanno organizzato una serie di proteste e cortei, sostenute anche da diversi uomini che hanno sfilato al loro fianco dimostrando la loro solidarietà: indossavano delle minigonne, come la maggior parte delle loro compagne, e hanno condiviso le loro foto sui social network con l’hashtag #ozgecanicinminietekgiy (“indossa una minigonna per Özgecan”)...


Considerazioni economico-finanziarie - Ascanio Celestini

martedì 24 febbraio 2015

mica sono tutti Pessoa


dice Karim Metref (qui) che tutti quelli che erano Charlie, si sono dimenticati di essere anche Raif Badawi, e, aggiungo io, si dimenticano di essere anche Alaa Abdel Fattah (qui), uno alla volta per carità, mica sono tutti Pessoa, e poi, quei due, se li hanno condannati qualcosa avranno fatto.

dice Gianluca Floris


La vittoria delle classi dominanti è diventata totale da quando hanno deciso che la scuola deve servire solo per formare lavoratori.

La vittoria è schiacciante perché di questo si sono convinte proprio le classi più svantaggiate.


lunedì 23 febbraio 2015

Matite spuntate - Claudia Fanti

Che le prove Invalsi siano una incredibile spesa inutile ormai nessuno lo mette più in dubbio. Eppure ci avviamo al 5 e al 6 maggio con tutto il carrozzone che arranca fra incubi di tagli, nelle nostre stesse aule di sempre, con gli stessi strumenti di sempre. Che Paese! Se dovessi definirlo come fosse una persona, direi che è borioso, vanaglorioso, sputasentenze… insomma una specie di Capitan Fracassa dalla grancassa stonata. Peccato che ad abitarlo siano tanti inconsapevoli innocenti sottoposti a insensati bla bla su tutto.
Intanto noi maestre e maestri siamo alle prese col cesello, col lavoro da gioielliere. Una pressione qui, un alleggerimento là, molti sì, pochi no, ma ben tenuti,educare, accompagnare, risollevare, sostenere, frenare, spingere, in un lavorio continuo di minime costruzioni e ricostruzioni di apprendimenti, relazioni, rievocazioni, cadute e riprese. Su ogni bambino e bambina una scommessa e un investimento mettendo a disposizione totalmente il corpo e la mente.
Matite spuntate
Di tutta “La buona scuola” di questo governo poi non ho capito niente. Sono ignorante, piccola ed evidentemente vecchia, da rottamare. Sono alle prese con matite spuntate, penne che si perdono, gomme mangiucchiate, litigi e paci raggiunte, pianti, urli, risate, forchette lanciate, bronci e ed entusiasmi da sostenere senza mai sottovalutare una smorfia, un sorriso, una parola detta e non detta… sono qui tra un mare di bambine e bambini che mi chiamano “maestraaaa, maestraaa, maestraaa” senza perdere di vista letture, sintassi, testi, poesie, musiche, balli, colori e forme, in un vortice di passioni, cedimenti, pigrizie, iperattività. Io sono qui come quei segnali su una mappa da cui si dipartono tante strade sconosciute da imboccare o evitare.

No, non capisco il linguaggio de “La buona scuola”, mi è lontano mille miglia quando ogni giorno sono china su ognuno e conduco la regia dei difficilissimi apprendimenti, quando posso quasi udire gli ingranaggi delle menti dei bambini e delle bambine che si misurano con le asperità dell’espressione linguistica e mi chiedono di essere aiutati a uscire dalla gabbia della mancanza del lessico per dire parole di gioia, di tristezza, di emozioni, sentimenti, esperienze. È un lavoro lento, paziente, che parte da lontano, dal corpo, dalle mani, dai piedi, dalla conquista dell’equilibrio nello spazio, dalla percezione del tempo, dalla musica, dal disegno, dalla verbalizzazione di ogni attimo, dal mio ascolto attento, continuo… perché io devo favorire gli apprendimenti di ognuno e ognuna usando le discipline al servizio della persona e non viceversa.
Finanziamenti, competizione, differenziazione
Io non devo creare musicisti, letterati, ginnasti, pittori, matematici, ecc… ma creare i presupposti per la formazione della persona. Io so che la Costituzione mi chiede di fondare le basi per i futuri cittadini e le future cittadine nella loro interezza, affinché possano avere pari opportunità, sapere quali sono i loro diritti e i loro doveri nel rispetto delle diversità. “La buona scuola” mi parla di lustrini, di finanziamenti, di competizione, di differenziazione, di frammentazione… non mi parla di pedagogia, di pazienza, di tempi garantiti e continuativi, della compresenza difesa, di insegnamenti integrati che rispettino la persona nella sua interezza, non mi parla di rispetto per la valutazione formativa, di lavoro collegiale, di tempo pieno.
No, decisamente non capisco dal mio piccolo mondo di rapporti a due, maestre e lei/lui, maestre e classe,  la sua lingua, essa mi è estranea. E allora ho scelto la Lip, l’ho adottata anche se “lei” non lo sa, perché ci respiro Costituzione, rispetto per la nostra storia, per ciò che di buono aveva prodotto, per il suo parlare chiaramente di attenzione alla persona, alla Costituzione, al lavoro, alle componenti della comunità scolastica, per la sua attenzione al concreto, riferendosi anche chiaramente al numero degli alunni per classe, al sostegno. La capisco e la condivido per la sua nitidezza e pulizia prive di annunci mirabolanti. È fatta di discrezione e rispetto per le idee pervenute dalle tante persone di buona volontà che la scrissero e raccolsero firme nei banchetti per le  strade e nelle nostre case, anche la notte. È stata sudata e amata da tanti e tante di noi, sconosciute e sconosciuti lavoratrici e lavoratori che non si stancavano e non si stancano di essere al fianco di Viperetta e Pierino… La Lip ama Pierino e Viperetta e, se andrà in porto, sarà ricambiata.

Sciarpa maculata, occhiali e jeans rossi Tre quindicenni da Londra al Califfato - Alessandra Coppola

Il parka bordato di pelliccia, i jeans rossi, la sciarpa maculata nera e beige, gli occhiali con la montatura scura. Se le cercasse per le vie di Londra,Scotland Yard farebbe fatica a individuarle: tre adolescenti inglesi uguali a tutte le altre. Tre ragazze dei quartieri orientali, invece, che hanno riempito i borsoni della palestra, hanno salutato i genitori con una scusa martedì presto al mattino, e sono salite sul volo TK1966 delle Turkish Airlines , da Gatwick a Istanbul, atterraggio 18.40 ora locale. Destinazione Siria.
Shamima Bergum, 15 anni, di origine bangladese come Kadiza Sultana, che ne ha compiuti 16, assieme a una terza compagna quindicenne, di cui non è stata diffusa l’identità su richiesta dei parenti. Si sa, però, che come seconda lingua (dopo l’inglese) parla l’amarico: probabile sia di famiglia etiopica.
Il controterrorismo britannico (SO15) ha diramato un mandato di ricerche internazionale, ieri, per tre studentesse di Bethnal Green, East London. Un appello, che non ha precedenti, a fornire informazioni, e a convincerle a tornare da genitori «devastati». «Stiamo cercando di raggiungere le ragazze attraverso i mezzi di comunicazione turchi e i social media – ha spiegato in conferenza stampa il comandante dell’SO15, Richard Walton -. Siamo molto preoccupati, speriamo che Shamima, Kadiza e la loro amica ascoltino i nostri messaggi», prima di varcare il confine con la terra dell’Isis e consacrarsi al jihad.
La paura è questa: le tre sarebbero in viaggio per raggiungere una compagna quindicenne che si è unita ai «combattenti» già a dicembre. Gli investigatori le avevano anche interrogate, a fine anno, sulla sorte dell’amica, «ma non erano state considerate a rischio di lasciare la Gran Bretagna», riporta il sito del Guardian. Se dovessero riuscire nell’intento, però, se si spingessero davvero fino a Raqqa, diventerebbe molto difficile riportarle indietro. Walton e i suoi sperano di rintracciarle in questi giorni, oggi, domani. Confidano nel tempo necessario per contattare i referenti, ultimare i preparativi. Sperano che tre adolescenti inglesi in giro da sole per Istanbul attirino l’attenzione. E vengano fermate prima che sia troppo tardi...

Alaa Abd el Fattah in carcere per cinque anni




Il silenzio dei deboli – Paola Caridi


Solo qualche parola a caldo, dopo la condanna di @alaa. PEN international chiede la liberazione di Alaa Abdel Fattah, condannato a cinque anni di reclusione per aver protestato contro una legge liberticida sulle manifestazioni di piazza. Lo chiede PEN international, non lo chiedono le cancellerie. Non lo chiedono i governi europei. Non lo chiede l’Europa, che a Alaa Abdel Fattah negò il premio Sakharov, rendendolo in questo modo più debole. Il silenzio dell’Occidente è impressionante, e la dice lunga non solo sull’ignavia, ma sulla pochezza della strategia mediterranea europea. Non è solo il destino di un uomo, in gioco, che pure sarebbe motivo sufficiente per esprimere al governo egiziano il disagio dell’Italia e dell’Europa. In gioco sono le stesse libertà e gli stessi valori per cui milioni di persone sono scese in piazza, esprimendo la ferma condanna del razzismo e della violenza, contro la strage di Charlie Hebdo. Per @alaa, icona di piazza Tahrir e dei giovani della rivoluzione, egiziano, arabo, musulmano, laico, democratico, lucidissimo lettore della controrivoluzione di Al Sisi, non si spendono parole e atti politici, da parte di un Occidente vecchio, rinchiuso, miope, vigliacco. In galera, assieme ad Alaa Abdel Fattah, sono molti tra i protagonisti della rivoluzione del 2011. Sono molti ragazzi, tantissimi ragazzi, laici e islamisti, sono migliaia: in prigione perché la controrivoluzione ha bisogno di renderli ancor più silenziosi. Si chiamano prigionieri politici, nella catalogazione delle associazioni per la difesa dei diritti umani e civili. Mi aspetterei, da parte di opinionisti italiani più o meno brillanti, diverse “lettere a” amici arabi e musulmani. Magari, in questo caso, per chiedere scusa.


Cinque anni di carcere all’attivista Alaa Abdel Fattah – Sonia Grieco

Un’altra sentenza si è abbattuta sugli egiziani che nel 2011 occuparono per giorni piazza Tahrir, al Cairo, riuscendo a mettere fine al regime dell’ex presidente Hosni Mubarak. Un tribunale oggi ha condannato a cinque anni di carcere Alaa Abdel Fattah, blogger e attivista diventato uno dei leader di quella sollevazione popolare che seguì l’inizio, in Tunisia, della cosiddetta primavera araba.
Nel 2011 Abdel Fattah si era fatto conoscere per aver dato vita a una campagna contro i processi militari ai civili. Una prassi ancora in auge in Egitto, dove sono centinaia i cittadini giudicati da tribunali militari, organi non indipendenti (rispondono al ministero della Difesa) che hanno comminato pese pesantissime contro gli attivisti laici e gli esponenti dei Fratelli Musulmani.
La Fratellanza è stata messa fuorilegge dall’attuale capo di Stato Abdul Fattah al-Sisi, salito al potere nel 2013 con un golpe che ha messo fine alla presidenza di Mohamed Morsi, primo presidente eletto dopo il 2011 ed esponente della Fratellanza. Ne è seguita una dura repressione che ha portato in cella centinaia di persone e decine di loro sono state condannate a morte.
Da quando è alla guida del Paese, al-Sisi ha emanato, in assenza di un Parlamento, una serie di leggi liberticide volte a limitare l’espressione di ogni forma di dissenso. Norme che hanno colpito i movimenti laici che quattro anni fa avevano fatto di piazza Tahrir il luogo simbolo della rivolta egiziana, e i Fratelli Musulmani. In Egitto lo spazio per il confronto e la contestazione è stato ridotto ai minimi termini. Le manifestazioni sono represse nel sangue, come accaduto nei giorni del quarto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, a fine gennaio, quando la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti uccidendo circa trenta persone.
Abdel Fattah è stato condannato proprio per avere violato una di queste controverse leggi, quella che impone l’autorizzazione governativa alle manifestazioni. Nel 2013 era sceso in piazza assieme ad altri attivisti, nonostante i divieti, e questo gli è costato l’accusa di organizzazione di una protesta illegale e di aggressione a un poliziotto. È finito alla sbarra assieme ai suoi compagni, ai quali sono state inflitte pena dai tre ai cinque anni. In questa riedizione del processo la pena è stata alleggerita, in precedenza, infatti, era stato condannato a 15 anni. Adesso ricorrerà in appello, ha fatto sapere il suo avvocato.
In tribunale gli attivisti presenti hanno scandito slogan contro il “regime militare”. È una sentenza politica, hanno detto i gruppi per i diritti umani, che rientra nel sistema di repressione messo in piedi da al Sisi.

Percival Everett di Virgil Russell - Percival Everett

leggere un libro di Percival Everett è sempre un'avventura, non sai mai dove ti porterà, e come.
qui un figlio sta con il padre vecchio, e l'incontro dei due (ci) regala delle pagina vertiginose, sembra non succeda nulla, e poi certe pagine sono vette altissime, a volte manca il fiato.
ci sono personaggi che appaiono e poi non ci sono più, storie minime, a volte senza nessun legame col resto, ma sarà poi così?
(naturalmente) è uno di quei libri così ricchi, che arrivati alla fine viene voglia di rileggerlo - franz






…“Percival Everett di Virgil Russell” è un romanzo che sposta, confonde e mescola il piano narrativo e lo stesso io narrante attraverso la citazione, diretta e indiretta (ma mai velata) di autori e opere: il Virgil è ovviamente un Virgilio di natura dantesca. Plateale è l’esempio dell’ormai classico capolavoro di William Styron, “Le confessioni di Nat Turner” (vincitore del Premio Pulitzer nel 1968), che fu oggetto di critica proprio dall’establishment intellettuale afro-americano per certi suoi toni razzisti, che Everett cita più volte, ribaltando il racconto: il nero Nat Turner, schiavo che guidò nel 1831 una nota insurrezione nella contea di Southampton in Virginia, racconta del bianco Bill Styron vissuto oltre un secolo più tardi. Il caro Everett mescola i mezzi culturali mettendo in rapporto cinema e letteratura in modo piuttosto ironico e facendo giocare a backgammon lo schiavo nero condannato a morte, Nat Turner appunto, e il guerrafondaio repubblicano Charlton Heston. Virgil, il protagonista, parla con le parole e il linguaggio letteralmente. Everett cita Dante, Ariosto, Dickens, Schopenhauer, la Bibbia, Eratostene, la matematica e altre discipline, usa la fotografia, Mark Twain e il suo Huck Finn. “Percival Everett di Virgil Russell” è un romanzo che è molto più che post-moderno. È, più semplicemente, un capolavoro.
da qui


Non capire tutto ma riuscire ad accogliere, le braccia aperte sono un modo per accogliere tra le proprie braccia. Percival Everett di Virgil Russell è un romanzo nel quale ci si diverte, ci si perde, ci si disperde, ci si ritrova, e corrisponde a queste braccia aperte che un padre schiude per chiarirci che cosa può accadere, che cosa c’è da fare come compito umano nella vita di tutti.
da qui


in questo gioco chiamato linguaggio, e chiamato anche narrare, che poi in ultima analisi puoi chiamare anche vita, ha davvero importanza quale nome abbia il protagonista? Esiste poi davvero un protagonista? O sono due? O sono di più? E nella vita reale, ha davvero importanza il tuo stesso nome? Forse no, se ci pensi su l'attimo che basta a superare te stesso. Allora torniamo a questo linguaggio, che se va bene è una struttura "che regge la farsa del significato", se va male è una trappola, la sensazione che ti dà quando le parole sono disposte secondo un principio se non logico almeno estetico, è quella del piacere puro. Quando non hai capito esattamente quello che ti sta passando sotto gli occhi, ma ti piace lo stesso. Che non necessariamente implica un Ti piace proprio per quello. Perché chi l'ha detto che una storia debba offrirti in pasto un ordine logico, sequenziale, una trama compiuta con un inizio e una fine, e in definitiva un senso che nel mondo non c'è?
Poi trovi certi paragoni da far venire le lacrime agli occhi. Ti sfido lettore a non sentire un brivido se qualcuno ti dice che lo scatto dell'otturatore di una Leica del '63 fa lo stesso rumore “che produrrebbe un neonato se fosse in grado di schioccare le dita”. Lo senti, sì? Allora che sia fiction o non fiction, storia o non storia, uno studio sul linguaggio o sul significato o sull'inaccessibilità della realtà oggettiva o un intruglio di tutto quanto, a un certo punto perde importanza…

…Che questo Percival Everett di Virgil Russell sia un libro non comune lo si capisce sin dall’insolito titolo, che non potrà non suscitare perplesse alzate di sopracciglia nei frequentatori delle librerie. Tranquilli: è solo l’inizio. A una serie di sottotrame che l’autore segue in parallelo (il rapporto sentimentale tra il burbero proprietario di un ranch e una veterinaria che si sviluppa in seguito al misterioso ferimento di un cavallo, i dubbi di un celebre pittore nei confronti di una giovane che afferma di essere sua figlia, le riflessioni e i tormenti di uno scrittore nero negli anni ’60 sono le principali, ma non le uniche) si alternano  sperimentalismi vari (un capitolo costituito solo da verbi all’infinito, versi, digressioni filosofiche, metaletteratura e così via)…

domenica 22 febbraio 2015

Antonio Sánchez alla batteria

Chi ha paura di Rita Katz e dello stato islamista? - di bortocal

nessuno di noi sa che dietro i video degli islamisti, diffusi per fargli propaganda gratis dai media occidentali che imbarbariscono il pubblico come loro, ci sta il SITE, Search for International Terrorist Entities, e che questo e` diretto da Rita Katz.
e` lei, pare, che ricerca sistematicamente nella rete questi filmati, che altrimenti resterebbero assolutamente di nicchia, e che da` loro risonanza mondiale, aiutando in ogni modo gli islamisti a procurarsi l’appoggio di squilibrati di mezzo mondo.
ed ecco che l’eccidio di qualche pazzoide aderente all’islam diventa un problema politico che sconvolge la vita dell’Europa.
non occorre neppure che ci sia alle spalle chissa` quale rete organizzata perche` un esaltato vada ad una sinagoga, ad un convegno, ad una redazione, e apra il fuoco.
quanti di questi morti sono quindi anche sulla coscienza di Rita Katz e chi e` costei?
* * *
ora entreremo assieme in una storia romanzesca e incredibile.
perche` la prima cosa che dobbiamo stabilire e` se Rita Katz esiste davvero, o meglio se si chiama cosi`, o meglio ancora se e` anche altre persone.
perche` appena ho cominciato a fare una piccola ricerca online su di lei mi sono imbattuto in questo video su You Tube.
si intitola: Rita Katz VS Sofia Smallstorm
e non lascia proprio nessuna ombra di dubbio, secondo me, che Rita Katz è ANCHE Sofia Smallstorm.
ma allora chi è Sofia Smallstorm?


oh, rispondere e` semplice: Sofia Smallstorm e` anche Sofia Shafquat (nome che in arabo significa peccato).
e costei?
e` l’autrice di un video del 2013 sulle scie chimiche.
in rete si e` diffusa la notizia che sia scomparsa perche` aveva capito i segreti del progetto del NWO.
in realta` non e` affatto scomparsa, continua a rispondere alle mail, e ha cambiato nome dopo una causa che le era stata intentata per violazione di copyright.
cosi` e` diventata Sofia (ma anche Sophie) oppure Monica Smallstorm.
ora, attenzione, perche`, prima del documentario di un’ora sulle scie chimiche, Sofia Shafquat aveva prodotto un video complottista sull’11 settembre.
* * *
grande regista questa Shafquat/Smallstrom, perche` in questa seconda veste ha prodotto anche un video sulla sparatoria di Sandy Hook, un massacro di 27 persone avvenuto il 14 dicembre 2012 in una scuola americana ad opera di un soggetto di cui i media si erano affrettati a dire che era affetto dalla sindrome di Asperger, e che si suicido` alla fine della strage.
ma se ora ammettiamo che la Shafquat/Smallstrom e` anche Rita Katz, come fa pensare l’identita` della faccia, che credito daremo alla sua biografia?
qualcuno ci abbocca comunque in maniera acritica:
Di certa c’è la sua biografia che lei stessa ha raccontato in un libro.
io non darei il minimo credito a questo romanzo in forma di autobiografia, se mancano i riscontri. 
comunque eccola: ecco la vita di Rita Katz, secondo Rita Katz (delle altre, nessuna traccia): visibilmente, un fumettone a fosche tinte.
* * *
Nata nel 1963 a Bassora, seconda città dell’Iraq, da una famiglia ebraica, aveva cinque anni, nel 1968, quando suo padre fu arrestato dal regime di Saddam Hussein con l’accusa di spionaggio in favore di Israele, torturato e impiccato sulla piazza centrale di Baghdad, davanti a una folla di mezzo milione di persone.
Per l’occasione, Saddam organizzò pullman gratuiti dalla provincia e allestì accanto alla forca un palco dove un gruppo di ballerine si esibì nella danza del ventre.
Dopo che i beni della famiglia furono confiscati, la madre riuscì a fuggire in Israele con tre figli piccoli e si stabilì a Bat Yam, una città sul mare.
La giovane Rita Katz ha studiato all’università di Tel Aviv e ha svolto il servizio militare nella Israeli Defense Force.
Parla arabo ed ebraico, e benché da sionista convinta avesse più volte dichiarato che un ebreo non deve mai lasciare Israele, nel 1997 seguì il marito, un endocrinologo, negli Usa, dove gli avevano offerto un incarico come ricercatore.
Madre di tre figli, Rita Katz non ha mai fatto la casalinga.
Negli Usa, prima entrò come ricercatrice nell’Istituto di ricerca sul Medio Oriente, e pochi anni dopo si mise in proprio, fondando la Site, un’agenzia di analisi del terrorismo.
Tipo tostissimo, non si limitava a scrivere analisi, ma agiva sul campo.
Si infiltrò in alcune formazioni terroristiche presenti negli Usa e raccolse preziose informazioni, che passò al Federal Bureau of Investigation (Fbi).
Da allora, collabora stabilmente con le autorità investigative americane e le sue analisi sono tenute in considerazione anche dalla Casa Bianca.
Nel 2007 fu la Katz a far pervenire alla Casa Bianca l’ultimo video di Osama Bin Laden.
E un video del vice-capo di Al QuedaAyman al-Zawahiri, entrò in possesso dellaSite prima ancora che fosse pubblicato sui siti internet dei militanti.
La Site di Rita Katz, che in origine era senza fini di lucro, ha cambiato statuto ed è ora finanziata dai servizi di intelligence Usa e da gruppi privati.
* * *
ecco: i video delle decapitazioni provengono da questo personaggio, una sionista convinta che lavora per la CIA.
il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir ha recentemente accusato i servizi segreti israeliano e americani di essere dietro le azioni degli islamisti:
Queste azioni sono brutali e sono un affronto all’Islam, un’immagine distorta dell’Islam.
Le uccisioni di giornalisti o prigionieri, bruciati vivo come il pilota giordano, non hanno nulla a che vedere con i valori dell’Islam.
Nessun musulmano sarebbe disposto a commettere tali atti, attacchi, omicidi, poiché l’Islam li vieta esplicitamente.
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in effetti del resto il tagliateste mascherato parla oltretutto con un perfetto accento inglese.
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Io dico che la CIA e il Mossad sono dietro queste organizzazioni perché non c’è altra organizzazione o paese che ha un interesse affinché tali gruppi prosperino: solo l’interferenza degli Stati Uniti nella regione e il supporto di Israele possono spiegare perché molti giovani si uniscono a queste organizzazioni, ai gruppi che distruggono l’immagine dell’Islam.
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voglio prendere con le pinze queste dichiarazioni.
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mi ricordano le crisi di coscienza dei gruppi di estrema sinistra quando comparvero le Brigate Rosse alla meta` degli anni Settanta e cominciarono ad uccidere.
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non volevamo ammettere che fossero formate da militanti di sinistra e pensavamo, con la forza della disperazione, che fossero degli agenti che FINGEVANO di esserlo.
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non era vero: le Brigate Rosse erano veramente formate da giovani marxisti esaltati.
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ma era altrettanto vero che i servizi segreti e la CIA conoscevano delle tecniche di condizionamento psicologico a distanza molto precise, per guidarne le azioni.
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credo che lo scenario si stia ripetendo.
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gli islamisti sono autentici.
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ma proprio per questo sono teleguidati.
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chi li appoggia o li giustifica, appoggia la CIA e il Mossad.
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la realta` e` davvero complicata.
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Rita Katz e` talmente brava che a volte arriva ai video ancora prima che gli stessi gruppi islamisti li pubblichino.
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e` lei la centralina operativa di questa propaganda disgustosa che ci mantiene nel terrore.
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tanto pochi argomenti hanno ancora i nostri governanti criminali per estorcere la nostra fiducia.
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questa campagna terroristica che usa senza pieta` vite umane e dolori non risparmia neppure le nostre vite.
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e sarebbe inspiegabile se non ci fosse qualche preciso interesse ad alimentarla.
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e poi questa Rita Katz cerca soltanto nella rete i filmati oppure contribuisce a crearli?
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chi ha paura di Rita Katz, allora?
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io.

da qui

venerdì 20 febbraio 2015

Quell'Italia bocciata in storia (e ortografia)

E’ comparsa a Roma una grande scritta: «L’Italia è nata romana e cristiana – non morirà gay e mussulmana»



Nella foto di cui dispongo non si vede bene la firma (forse Forza Nuova) ma comunque somiglia a una svastica.
Quante stupidaggini e ignoranza in 12 parole, articolo incluso.
Come ha ben spiegato Marco Scarpati su Facebook (*)
1 – Roma è nata pagana
2 – L’Italia è nata con diverse religioni
3 – L’imperatore Settimio Severo era nato in Libia e Eliogabalo era siriano
4 – L’imperatore Adriano era gay.
5 – Giulio Cesare era notoriamente bisessuale (soprannominato il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti…)
6 – Sant’Agostino era algerino e nero
7 – Gesù era ebreo e palestinese. A Roma non è mai andato e i romani lo hanno lasciato crocifiggere.
8 – Il cristianesimo divenne solo in età tarda la religione accettata dall’Impero. Fra l’altro più a Oriente (Costantinopoli) che a Roma (che era già vittima di scorribande di popolazioni pagane del nord Europa).
9 – L’omosessualità era largamente praticata e accettata in tutto l’impero.
10 – Musulmana si scrive con una S sola.
(*) Intanto grazie a chi me lo ha segnalato, infatti io non sono su Fb anche se ogni tanto scopro che qualcuna/o mi trova anche lì… mah. Uno dei miei “inquilini”, cioè Severo De Pignolis, aggiunge: «l’Italia è nata piemontese (nel bene e soprattutto nel male) e si riprese Roma solo dopo qualche anno, facendo incazzare vari papi».(db)
da qui