Dopo avere creduto, per ben cinque anni, che l’austerità è la strada
per uscire dal debito, il popolo greco ha capito che
è solo un modo per rapinarlo ed imporgli le catene del neoliberismo. Per questo ha detto
basta affidando il governo ad Alexis Tsipras.
La battaglia che il popolo greco si appresta a combattere
sarà molta dura. E non tanto per le cifre in gioco, quanto per le sfide
politiche che le loro rivendicazioni racchiudono. La Grecia non
vuole uscire dall’euro, tanto meno dall’Europa. Vuole restarci, ma la pretende
diversa. Non più sottomessa agli interessi di banche, brokers e cartelli
industriali, in un parola dell’1% della società, ma organizzata per fare
trionfare i diritti dell’altro 99%: bambini, genitori, lavoratori,
disoccupati, pensionati, studenti. Un’ Europa non più dominata dalla logica del
“vinca il più forte” di matrice mercantilista, ma dal principio “che tutti possano vivere” di
ispirazione solidaristica. Il trionfo dei diritti e dei beni comuni contro
l’individualismo mercantilista: questa è la vera sfida posta da Tsipras.
L’Europa, è inutile
negarcelo, nasce per rispondere alle esigenze di crescita delle imprese del
dopoguerra. Troppo grandi per rimanere compresse nei confini nazionali, troppo
piccole per affrontare il mare aperto della globalizzazione, la soluzione individuata fu un mercato comune di tipo
continentale. E
dopo avere abbattuto le dogane, avere uniformato le regole di produzione e
commercio, avere eliminato ogni ostacolo alla libera circolazione di capitali,
è stata adottata la moneta unica come ulteriore passaggio verso l’integrazione
totale. La loro integrazione, però, non
la nostra. L’integrazione
di un’Europa concepita come una grande arena nella quale le imprese possano fronteggiarsi fra loro
per portarsi via quote di mercato come fossero giocatori di rugby. Ed ecco l’adozione dell’euro senza
l’introduzione di nessuna misura che cercasse di compensare le differenze di
forza fra i giocatori. A suo tempo abbiamo taciuto, forse pensando che noi
potessimo avere la meglio sugli altri, ma oggi che ci stiamo rendendo conto di
essere dalla parte dei perdenti solleviamo le nostre grida contro l’euro.
Ma il problema non è la moneta. Il
problema è la visione politica. Potremo anche avere la nostra moneta
nazionale, ma se continuiamo a concepire la società in termini di profitto, mercato, concorrenza, avremo solo esacerbato gli individualismi
nazionali e i conflitti di sopraffazione. Invece dobbiamo fare l’operazione
inversa: dobbiamo sconfiggere la logica di sopraffazione pretendendo che cambi
la gestione dell’euro, la gestione del debito, la gestione della Banca Europea.
Se Merkel e Schauble dicono no alle richieste di Tsipras non
è perché siano intimoriti per le perdite economiche che la Germania può subire.
Dicono no perché si rendono conto che quelle richieste mettono in discussione i fondamenti concettuali su cui è costruito il sistema che hanno servito per tutta la vita e
che, per una ragione o l’altra, si sentono investiti di continuare a servire e
difendere. Non è la perdita di dieci o cinquanta miliardi che li preoccupa, ma
la paura di perdere la gente. Se passano le richieste di Tsipras, la
gente può convincersi che altri modi di gestire i rapporti economici sono
possibili, più convenienti e
sicuri. La
paura che la gente si svegli e cambi direzione di marcia: questa è la vera
prospettiva che più li terrorizza.
Le forze di mercato metteranno in atto tutti i mezzi a loro
disposizione per fare naufragare il progetto di Syriza. Ordineranno alla Banca
centrale europea di non comprare i titoli greci e di negare ogni aiuto alle
banche greche messe in difficoltà dalla fuga di capitali. Si
inventeranno altre sanzioni per colpirla anche sul piano commerciale. Ma ricordiamoci che se perde la Grecia
perdiamo tutti noi. Non solo perché anche noi saremo condannati all’austerità perpetua, al neoliberismo crescente e a una
gestione dell’euro che ci porterà ad una perdita costante di diritti e salari.
Ma anche perché ci condanneremo a ritardare di qualche secolo l’avvento della
civiltà. E allora evitiamo di starcene alla finestra per vedere cosa succede. Scendiamo
a fianco del popolo greco per imprimere un diverso corso alla storia.
Mi è passato un brivido lungo la schiena, leggendo quest'analisi così stringente e convincente di Francuccio Gesualdi, non a caso uno dei ragazzi di Barbiana, alla scuola di don Milani. Condivido la sua analisi e il suo appello. Grazie.
RispondiEliminaè che siamo disabituati a sentire le cose vere, ahinoi...
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