giovedì 31 luglio 2014

In riva al mare – Veronique Olmi

un libro di poche pagine, insostenibile a tratti, e indimenticabile.
una madre con problemi di testa, sempre si è soli quando capita, e due bambini.
una gita in una cittadina di mare, in un periodo freddo e piovoso, per far vedere il mare ai bambini.
tutti e tre stanno nella stessa camera, in un albergo praticamente deserto, passano le ore e i giorni, i soldi in banconote sono subito finiti, restano tantissime monetine.
i bambini sono preoccupati perché non vanno a scuola, la mamma firmerà la giustificazione, piove, c’è umido, immaginate un villaggio di mare francese quando non c’è neanche il sole, state anche voi un po’ a guardare e ascoltare quella mamma e i suoi due bambini, forse li avete già incrociati altre volte, ma non ci avete fatto caso.
provate a leggere questo libro, dopo non starete benissimo, forse, anzi, di sicuro, ma è un libro necessario - franz



dice Andrea Bajani
…dopo poche pagine sono sprofondato in una lettura così forte come da anni non mi capitava di fare, in cui l’angoscia e la bellezza erano un’unica trama, e la pioggia che batte quasi tutte le pagine era una disperazione livida e al tempo stesso l’espressione di una grazia finale. La discesa verso il mare, e poi verso il baratro, di questa famiglia composta soltanto di una madre e di due bambini al seguito mi aveva lasciato senza fiato. La grandezza fatale di questa donna che annaspa nel fango di una città in cui è inequivocabilmente straniera è tragica. Il suo accanimento nel dimostrare ai suoi figli che una via per la felicità è possibile ha la disperazione di chi non accetta l’inevitabile, del gesto dell’impotente che si accanisce sul corpo di una donna. La disperazione della Rosetta o de Il figlio dei fratelli Dardenne, delle Risorse umane di Cantet, della Trilogia della città di k. di Agota Kristof…

Gaza e Sarajevo, due martìri gemelli

Gaza e Sarajevo hanno qualcosa in comune, i cecchini e le bombe al mercato.
solo che l'aviazione Usa e la Nato non bombardano gli israeliani, come era successo ai serbi.
gli israeliani si proclamano "l'esercito più morale del mondo", cecchini compresi, bombe a scuola, bombe al mercato, bombe fornita dagli Usa, dice l'ONU.

occorre puntare su boicottaggio, come per l'apartheid sudafricano, fare terra bruciata intorno a Israele, Cina e Russia dovrebbero fare la loro parte all'Onu, molti paesi latino americani coraggiosamente sono contro Israele, per fortuna, ma non basta ancora, dall'Europa non arriverà nessun aiuto in questo.

e questo solo per come trattano gli arabi all'interno di Israele.

per Gaza ci dovrà essere un tribunale penale internazionale.

alla fine ci sarà deve essere un unico stato, i due stati potevano funzionare senza le enclavi (o enclavi) dei coloni, le "loro" strade, la "loro" acqua, ecc. ecc., infatti si chiamano territori occupati, adesso è impossibile.

gli israeliani sionisti che non saranno d'accordo costruiranno il loro stato ebraico sionista all'interno degli USA, in un qualche deserto, gli architetti di Las Vegas e Disneyland progetteranno una Gerusalemme tutta per loro, senza Spianata delle Moschee, e tutti saranno (e saremo) felici e contenti - franz








In onore della memoria di Salem Khalil Salem Shammaly, l’International Solidarity Movement (ISM) ha pubblicato tutte il materiale ripreso, presa da Mohammed Abedullah, dell’omicidio di Salem.
Ieri durante il cessate il fuoco, il corpo di Salem è stato finalmente  recuperato e sepolto dopo cinque lunghi giorni. Un cugino di Salem, Mohammed Al-Qattawi, ha spiegato che il corpo di Salem era così in avanzata decomposizione che la madre, le sorelle e gli amici potevano a fatica vederlo per dirgli addio.
Così molte famiglie stanno ora cercando di seppellire i loro figli, le loro madri, padri, fratelli, sorelle e amici. Il primo cimitero della famiglia  era al completo. Il secondo cimitero era in grado di aiutarli, ma sono stati costretti ad aprire una tomba già utilizzata, per poterci posizionare Salem. Negli ultimi 20 giorni, oltre 1.058 palestinesi sono stati uccisi.

Il 20 luglio, Salem e la sua famiglia hanno lasciato il quartiere Shajiya all’alba dopo che l’esercito israeliano ha iniziato a bombardare le case e distruggendo la zona.
L’ISM ha contattato la sorella di Salem, Shireen, e le chiese se poteva dirci di più su suo fratello, e quello che è successo a lui e alla sua famiglia.
“Con il resto del popolo, ci siamo diretti verso il centro della città partendo dal presupposto che sarebbe stato un luogo sicuro. Dopo l’annuncio della tregua, abbiamo sentito una chiamata tramite una stazione radio locale da altri membri della famiglia che sono stati bloccati nella regione; fra loro era nostro cugino.
Salem poi è sparito per due giorni. Siamo andati ogni giorno all’ospedale al-Shifa a guardare le registrazioni per verificare se hanno ricevuto tutte le informazioni su di lui, se egli è stato ferito in ospedale o se è un martire, ma non abbiamo avuto fortuna. Mio padre continuava a chiedere a parenti e vicini di casa e tutti quelli che avrebbe incontrato per scoprire dove il figlio avrebbe potuto essere.
Il 22 luglio mattina, l’energia elettrica è tornata, che dura solo per tre ore al giorno a casa mia. Abbiamo collegato telefoni cellulari e laptop, nonché le lampade in modo che potessimo usarli in preparazione per la notte. Mia sorella ha aperto il suo account Facebook per leggere gli avvenimenti della scorsa notte e per essere sempre aggiornata con le notizie e le immagini circa l’invasione di Shajiya.
Ha trovato un video che ha attirato la sua attenzione dal titolo ‘cecchino israeliano uccide ferito civili’. Una volta aperto il video, l’altra mia sorella, che era seduta accanto a lei, gridò e disse: “questa è la voce di Salem. Giuro, la voce di Salem “.
Abbiamo aspettato fino a quando il video ha completato il buffering e ho visto Salem camminare, aiutando i paramedici per salvare i feriti. Poi, uno di noi ha gridato e chiamato nostro padre: “Papà, Salem è vivo, vieni!”
Abbiamo ottenuto una sedia per nostro padre, si sedette, e tutto concentrato sullo schermo del computer portatile in attesa della fine. Improvvisamente la fotocamera è stata distorta e poi si stabilì che Salem giaceva a terra. Siamo tutti rimasti basiti e senza parole. Ci siamo seduti con calma e nostro padre disse: “Grazie a Dio, Salem è stato ferito. Forse gli stranieri lo hanno portato in un ospedale … “Ma prima che mio padre potesse finire la frase, Salem è stato colpito dal terzo e fatale colpo.
Salem era un giovane nel fiore della sua giovinezza. Aveva sognato di vivere la sua vita come tutti gli altri alla sua età. Era bello e affettuoso e non potrebbe mai nascondere ciò che era nel suo cuore. E ‘stato in attesa di crescere e di sposarsi e avere una famiglia. Stavamo aspettando che lui crescesse in modo da aiutare il nostro padre malato e per sostenere la nostra famiglia. Non gli piaceva la politica per niente. Era solo interessato alla sua famiglia e al calcio.
Perché lo uccidono in questo modo brutale? E ‘stato colpito in pieno giorno e, durante il periodo di tregua, l’unica cosa in mano era un telefono cellulare a buon mercato. È stato ucciso da un cecchino israeliano che ha scoperto che non costituiva alcuna minaccia o pericolo? Allora perché non lo hanno lasciato  riprendere coscienza o salvarsi? Perché hanno sparato una seconda e una terza pallottola?!
Dio, se ha fatto parte della resistenza poi ci avrebbe detto che era la strada che aveva scelto, ma non aveva alcun rapporto con loro.
Non è sufficiente che ci hanno privato della sua gioiosa presenza? Perché ci stanno anche privando della possibilità di dire addio a lui e seppellirlo? Dove sono le persone che chiamano e spingono per iniziative sui diritti umani? Dove è la Svizzera, il sostenitore delle Convenzioni di Ginevra, che prevede la tutela dei diritti umani?
Guardate noi, non facciamo anche noi come gli esseri umani? Come siamo così diversi da loro? Dove sono le vostre leggi e le vostre organizzazioni e le vostre promesse? Se non è possibile far rispettare le leggi promesse, allora perché li create? Vediamo che i diritti degli animali vengano applicate in modo più giusto ed equo di quello che voi chiamate “diritti umani”.


Il Ministero della Salute di Gaza è indignato per il massacro israeliano perpetrato durante il cosiddetto cessate il fuoco umanitario, quando gli F-16 hanno sparato missili nel mercato affollato di Shujeiyah in cui centinaia di persone hanno approfittato della tregua per comprare cibo e rifornimenti.
 “Questa  atrocità è  barbarie personificata”, ha detto il Direttore Generale del Ministero della Salute, Dr Medhat Abbas.
Non soddisfatti di sterminare intere famiglie nelle proprie case, non soddisfatti di aver ucciso persone che pregano nelle moschee, non soddisfatti di aver ucciso i pazienti, il personale e i visitatori negli ospedali, non soddisfatti di aver ucciso autisti di ambulanze intenti a recuperare i morti e i feriti, non soddisfatti di aver ucciso donne e bambini che si riparavano in una scuola UNRWA, la macchina della morte israeliana ora attacca palesemente un mercato pubblico affollato durante un cessate il fuoco umanitario, in un esercizio crudele e cinico senza eguali quanto a ferocia e barbarie…

…l'Alto Commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay ha accusato gli Usa di fornire "artiglieria pesante a Israele" con una spesa di "quasi un miliardo per creare una protezione contro i razzi a beneficio dei civili israeliani ma non di quelli palestinesi". Poi ha
detto che Hamas e Israele "commettono gravi violazioni dei diritti umani, che potrebbero costituire crimini contro l'umanità". In particolare lo Stato ebraico, che "deliberatamente" viola il diritto internazionale…

Noi accusiamo

NOI ACCUSIAMO

Noi firmatari di questo Appello, sgomenti per gli avvenimenti in corso nella “Striscia di Gaza”,

accusiamo  i governanti attuali di Israele, che nei confronti del popolo palestinese stanno portando avanti una politica all’insegna dell’espansionismo coloniale, della pulizia etnica, del massacro;

noi accusiamo i precedenti governanti  dello Stato di Israele, i quali hanno avviato la spoliazione della terra, dei beni, della stessa memoria di un popolo vivente nella Palestina da millenni;

noi accusiamo l’esercito israeliano, e tutti gli altri corpi armati di quello Stato, che fanno ricorso ai metodi più infami del colonialismo (quelli non a caso ereditati dal Terzo Reich), usano armi proibite dalle convenzioni internazionali, e si comportano come una forza coloniale di occupazione, trattando i palestinesi da esseri inferiori, da espellere, e quando possibile, con il minimo pretesto, da eliminare;

noi accusiamo la classe politica, imprenditoriale e finanziaria degli Stati Uniti d’America, senza il cui sostegno costante Israele non potrebbe neppure esistere, e che  garantisce l’impunità di cui lo Stato israeliano gode;

noi accusiamo governi e parlamenti degli Stati aderenti all’Unione Europea, e il Parlamento e la Commissione Europea, per complicità attiva o passiva con l’espansionismo coloniale, la pulizia etnica, e massacri inferti popolo palestinese;

noi accusiamo l’ONU per la sua incapacità di bloccare Israele, di fermare la sua arroganza, di applicare le sanzioni di condanna (ad oggi 73) che nel corso degli anni sono state promulgate dal Consiglio di Sicurezza, contro Israele, in particolare quelle che impongono il rientro di Israele nei confini ante-1967 e il ritorno dei 700.000 profughi palestinesi;

noi accusiamo il sistema dei media occidentale, del tutto succube a Stati Uniti e Israele, che fornisce una volta di più una rappresentazione falsa e addirittura rovesciata della realtà, presentando l’azione militare israeliana come una “legittima difesa”, tutt’al più talora “sproporzionata”;

noi accusiamo il ceto intellettuale internazionale troppo sordo e lento davanti al massacro in atto;

noi accusiamo le autorità religiose del cristianesimo internazionale, a partire dalla Chiesa di Roma, che non riescono a dire se non qualche flebile parola “per la pace”, trascurando di dire chi sono le vittime e chi i carnefici;

noi accusiamo la società israeliana nel suo complesso che, avvelenata dallo sciovinismo e dal razzismo, mostra indifferenza o peggio nei confronti della tragedia del popolo palestinese e fa pesare una grave minaccia sulla stessa minoranza araba;

mentre esprimiamo la nostra solidarietà e ammirazione per le personalità della cultura e cittadini e cittadine del mondo ebraico che, nonostante il clima di intimidazione, condannano le infamie inflitte al popolo palestinese, noi accusiamo i gruppi dirigenti delle Comunità israelitiche sparse per il mondo che spesso diventano complici del governo di Tel Aviv, il quale sta diventando la principale fonte di una nuova, preoccupante ondata di antisemitismo, che, nondimeno, noi respingiamo e condanniamo in modo categorico, in qualsiasi forma esso si presenti. Esprimiamo il nostro più grande apprezzamento per quelle organizzazioni come la Rete “ECO (Ebrei contro l’occupazione), che svolgono il difficile ma fondamentale compito di dimostrare che non tutti gli ebrei condividono le scellerate politiche dei governi israeliani e lottano per la libertà del popolo palestinese.

Perciò noi chiediamo che il mondo si mobiliti contro Israele: non basta la pur importante e lodevole campagna BDS (“Boycott Disinvestment Sanctions”); riteniamo che si debba portare lo Stato di Israele davanti a un Tribunale speciale internazionale per la distruzione della Palestina. Non singoli esponenti militari o politici, ma un intero Stato, (e i suoi complici): il suo passato, il suo presente e il suo presumibile futuro. Se vogliamo salvare con il popolo palestinese, la giustizia e la verità, dobbiamo agire ora, fermando non solo il massacro a Gaza, ma il lento genocidio di un popolo. Noi vogliamo lottare per la pacifica convivenza di arabi, ebrei, cristiani e cittadini di qualsiasi confessione religiosa o provenienza etnica, respingendo le pretese di qualsiasi Stato “etnicamente puro”.
Noi chiediamo 

UNA NORIMBERGA PER ISRAELE

25 luglio 2014

continua  qui o qui

"L'Esercito israeliano (IDF) dovrebbe avere il Premio Nobel per la Pace"

"L'IDF dovrebbe avere il Premio Nobel per la Pace", ha detto il 22 luglio l'ambasciatore israeliano negli Stati Uniti. L’IDF, "l'esercito di difesa di Israele", combatte, ha detto, “con moderazione inimmaginabile"  nella Striscia di Gaza. Il 20 luglio, Avigdor Liberman, ministro degli Affari esteri del governo Netanyahu  ha detto che l'esercito israeliano è "l'esercito più morale e il più coraggioso del mondo" .
 
Questo approccio non è solo condiviso dai falchi del governo israeliano, ma anche da alcuni media e leader mondiali. Articolo dopo articolo, relazione dopo relazione, si sottolinea che l'esercito israeliano ha avvertito gli abitanti di Gaza prima del bombardamento, facendo cadere volantini, chiedendo loro di lasciare le loro case, chiamandoli sul loro telefono cellulare. Ma le argomentazioni sulla "moralità" dell'esercito israeliano non possono resistere davanti al numero delle vittime dell'offensiva israeliana su Gaza. E affrontare le violazioni del diritto internazionale. 
 
Le tattiche utilizzate dell'IDF sono condannate dal diritto internazionale. Le forze israeliane hanno sganciato migliaia di tonnellate di bombe su Gaza, causando la distruzione di oltre 2.700 abitazioni, rendendone inabitabili oltre 3000, danneggiando 18 centri sanitari e 90 scuole. Il diritto internazionale proibisce formalmente di colpire questo tipo di strutture. "Installazioni  civili non devono essere oggetto di attacco o di rappresaglie" , recita l'articolo 52 del Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949. C'è anche un forte principio di diritto internazionale, il principio di proporzionalità, insegnato in tutte le scuole di guerra del mondo che richiede che "le operazioni militari siano condotte in cura costante di risparmiare la popolazione civile, civili e obiettivi civili" .
Secondo questo principio, i membri devono astenersi dal lanciare qualsiasi attacco che potrebbe causare la morte accidentale o lesioni a civili o danni ai beni di carattere civile che sarebbero eccessivi in relazione al concreto e diretto vantaggio militare previsto.
 
Il 23 luglio, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha deciso di avviare un’inchiesta e ha condannato "le diffuse, sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali" da l'esercito israeliano. L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay, ha chiesto un'indagine sui possibili "crimini di guerra" commessi da Israele a Gaza, denunciando gli attacchi "indiscriminati" condotti da Hamas contro aree civili.
 
I bombardamenti non hanno niente chirurgico, i danni non hanno nulla di collaterale. Siamo di fronte ad un conflitto "asimmetrico", come descritto da Mary Kaldor della London School of Economics nel suo libro "New & Old wars" del 1999: "Ciò che erano ritenuti gli effetti collaterali indesiderati e illegittimi delle guerre del passato sono diventati la principale modalità di azione delle nuove guerre", ha scritto. “La tendenza ad evitare scontri e dirigere la maggior parte delle violenze contro i civili è dimostrata dal drammatico aumento del rapporto tra vittime civili di guerra. Nel 20esimo secolo, l’85-90% delle vittime di guerra erano militari. Durante la seconda guerra mondiale, quasi la metà dei morti erano civili. Alla fine del 1990, la proporzione di 100 anni è state quasi esattamente invertita, e quasi l'80% di tutte le vittime di guerra sono civili. "
 
L’analisi di Kaldor è condivisa dal generale italiano Fabio Mini, ex comandante delle forze NATO in Kosovo. "Le vittime civili, in spregio di tutte le norme del diritto internazionale, militare e costumi di codici di guerra, sono tornate il vero obiettivo delle guerre. Siamo tornati alla distruzione "strutturale" della Seconda Guerra Mondiale, con i suoi bombardamenti a tappeto, e del Vietnam con il napalm. Con i nuovi eserciti e le nuove armi, i danni collaterali dovrebbe tendere a zero. 
 
"In Cecenia, Afghanistan, Libano e Gaza recentemente, la strategia di colpire i civili per indebolire il sostegno pubblico per gli insorti, i ribelli, ci riporta alle guerre controrivoluzionarie che, tuttavia, hanno sempre portato alla vittoria dei ribelli - e agli abusi del tempo delle occupazioni coloniali”, conclude Mini.
 
“Distruggere Hamas porterebbe solo qualcosa di più pericoloso a prendere il suo posto”, ha avvertito il tenente generale Michael Flynn,  direttore della Defence Intelligence Agency americana.  

Christopher Gunness, portavoce dell'UNRWA parla dei bambini di Gaza



per sapere cosa è l'UNRWA si veda qui

Norman Finkelstein e le lacrime di coccodrillo


Norman Finkelstein, storico e politologo statunitense, figlio di sopravvissuti ebrei del ghetto di Varsavia e poi del campo di sterminio di Auschwitz è uno dei più fieri oppositori del sionismo. Ieri lo scrittore è stato arrestato per resistenza, insieme ad altre 24 persone, durante una protesta realizzata a New York contro il massacro israeliano di Gaza.

Ieri intorno alle 12.30 alcune decine di attivisti delle reti di solidarietà con il popolo palestinese si sono sdraiati a terra, esponendo cartelli contro i bombardamenti a Gaza e incitando al boicottaggio di Israele, bloccando per circa venti minuti il traffico all’incrocio tra la 43esima strada e la Second Avenue, a poca distanza dal consolato di Israele presso le Nazioni Unite e dalla 42esima strada, soprannominata la “Yitzhak Rabin Way”.
A sostenere l’azione di protesta un altro centinaio di manifestanti che gridavano slogan contro il massacro del popolo di Gaza. Il blitz era stato annunciato il giorno precedente proprio dall’intellettuale ebreo antisionista ed esponente della campagna BDS – Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni – con un post su internet nel quale spiegava: "Non credo negli atti individuali di sacrificio. Sarà un’azione di disobbedienza civile collettiva. Se un centinaio di persone sono pronte a farsi arrestare o ad essere comunque presenti alla protesta per solidarietà ci sarò anche io”. E poi ancora, esprimendo frustrazione e impotenza di fronte a quanto sta accadendo a Gaza: “Sono 20, 21 giorni che sono davanti allo schermo del mio computer. E’ venuto il momento di fare qualcosa di commisurato alla gravità di quanto sta succedendo.
La protesta sotto la sede diplomatica israeliana non è durata a lungo perché appena gli attivisti si sono sdraiati a terra la polizia è intervenuta e con la forza ha sloggiato i dimostranti arrestandone 25, tra cui anche il noto – e inviso – intellettuale. Tra coloro che sono stati condotti in commissariato e denunciati c’è anche Brooke Perry, veterano del Vietnam che insieme a dei suoi compagni indossava una maglietta che recitava a caratteri cubitali: “Vietnam Veterans Against the War”. “Siamo qui perché noi abbiamo visto le carneficine con i nostri occhi, abbiamo visto i massacri, e non ci è piaciuto ciò che abbiamo visto” ha detto l’ex paracadutista statunitense prima di essere arrestato.
Uno dei manifestanti, Jim McLoughlin, ha detto di essere in collera più con gli Stati Uniti che con Israele, denunciando l’utilizzo strumentale dello slogan ‘Israele ha diritto a difendersi” da parte dei giornalisti e dei politici statunitensi nella loro propaganda guerrafondaia e di sostegno al massacro di civili a Gaza. “Perché non si sente mai dire da questi personaggi che anche i palestinesi hanno diritto di difendersi?” ha chiesto il pensionato.
da qui

Israele è uno Stato Terrorista, dice Evo Morales

El gobierno del presidente Evo Morales decidió hoy denunciar (romper) el acuerdo sobre visas de 1972 suscrito con Israel y ubicarlo en la lista 3, que significa que a partir de ahora se le considera un "Estado terrorista".
"Pasar a la lista 3 significa, en otras palabras, que estamos declarando un Estado terrorista a Israel", explicó Morales en un acto público en Cochabamba (centro), tras justificar la decisión en rechazo a los ataques que Israel inició en la franja de Gaza…

Tras una reunión de gabinete el presidente Morales decidió hoy denunciar el acuerdo sobre visas de 1972 suscripto con Israel y pasar a ese país a la "lista 3". "Eso significa, en otras palabras, que estamos declarando a Israel Estado terrorista", precisó el mandatario.
Morales fundamentó su decisión en que "Israel no es un garante de los principios de respeto a la vida y a los preceptos elementales de los derechos que rigen la convivencia pacífica y armoniosa de nuestra comunidad internacional", por sus bombardeos e invasión de la Franja de Gaza…

mercoledì 30 luglio 2014

Intervista a Ronnie Barkan, attivista anarchico

“Il fascismo in Israele sta uscendo allo scoperto. Non è la prima volta, perché questo società è stata costruita in questo modo”. Non usa mezzi termini, va diritto al nocciolo della questione, Ronnie Barkan.
Attivista e cofondatore dei gruppi Anarchists against the Wall e Boycott from Within, sulla questione israelo-palestinese, l’Occupazione, il Muro e l’assedio di Gaza ha sempre avuto una posizione chiara. 
Quello che succede in queste ore nella Striscia di Gaza “è un massacro, un genocidio, coerente con l’intento originario di pulizia etnica che il neonato Stato di Israele ha messo in pratica sin dal 1948. Ed ha portato avanti in 66 anni di espropri, uccisioni, attacchi indiscriminati, Occupazione, negazione dei diritti, in totale disprezzo delle norme internazionali e umanitarie”. 
E’ così che iniziamo una conversazione per capire che in che modo sta reagendo la società israeliana all’operazione “Bordo Protettivo” contro Gaza.
Un’offensiva che in 22 giorni ha causato (secondo dati in continuo aggiornamento) la morte di oltre 1200 persone, di cui l’85% civili e tra i quali circa 300 minori, e più di 7mila feriti. 
Vani i tentativi di mediazione internazionale, pochi e poco utili i cessate-il-fuoco messi in campo per permettere l’ingresso nella Striscia di medicinali, mentre il governo israeliano dichiara di non volersi fermare a breve. Ufficialmente “non prima che i tunnel costruiti da Hamas per connettersi con l’esterno non saranno distrutti completamente”. 
E se i governi, in particolare quelli occidentali, non mostrano una reale volontà di fare pressione sui vertici israeliani, le manifestazioni di solidarietà da parte di cittadini di tutto il mondo si ripetono ogni giorno. 
Anche in Israele, dove il 26 luglio scorso sera circa 5mila persone (Haaretz parla addirittura di 7mila) hanno riempito Rabin Square a Tel Aviv per protestare contro l’offensiva in corso e chiederne la fine immediata. 
Ma in quelle stesse strade erano presenti anche esponenti di estrema destra e gruppi neofascisti, accorsi per “disturbare e attaccare gli ‘amanti degli arabi’, come vengono definiti tutti coloro che esprimono idee umane”, spiega Ronnie. 
Secondo lui però, la manifestazione di Tel Aviv, la cui partecipazione ha sorpreso non pochi, in particolare per la sua composizione (dai cosiddetti “sionisti di sinistra” ai più radicali anti-sionisti), rappresenta ben poco di nuovo, “nonostante i numeri siano importanti, anche se non bisogna dimenticare che 3 anni fascesero in piazza più di 500mila persone, e non lo fecero certo in solidarietà con i palestinesi”. 
E aggiunge che “parallelamente, secondo un ultimo sondaggio, l’85% degli israeliani si oppone alla possibilità di una tregua e sostiene l’esercito. Ed è importante sottolineare il tipo di domanda a cui questa percentuale ha risposto ‘no’, ovvero: ‘sei d’accordo per una tregua?’. Che è molto diverso da chiedere ‘ti opponi all’operazione militare contro la Striscia di Gaza?’. Segno evidente che su quest’ultima domanda la risposta è già nota…”.
Eppure, resta il fatto che di manifestazioni del genere per fermare un attacco contro i palestinesi non se ne vedevano da tempo. 
Ronnie non ci sta, e in modo chiaro, netto, ripete che non si può guardare alla situazione attuale senza considerare tutto il contesto, così come precisa che la sua “opinione è diversa non solo da quella dei media mainstream ma anche da quella proveniente da oppositori del governo e delle politiche di Occupazione, come l’organizzazione Breaking the Silence' che io considero altrettanto complice”* 
“Il massacro della popolazione di Gaza, la crescita dei gruppi neo-fascisti non sono altro che un’espressione più fisica di quello che Israele è ed è sempre stato e che risale a oltre 70 anni fa. Alla creazione del nuovo ebreo, nell’impostazione sionista – un ebreo forte, coraggioso e lavoratore, in opposizione all’ebreo studioso e commerciante europeo – e che ha successivamente influenzato tutto il modo di pensare della società”.
Sono dunque, secondo Ronnie, solo due le novità a cui stiamo assistendo oggi: “I gruppi di estrema destra sono sempre esistiti, ma ora li vediamo in faccia, e si mostrano in tutta la loro brutalità. La seconda novità infatti è che in questi giorni chiunque venga considerato da loro ‘di sinistra’, o appunto ‘amante degli arabi’, ‘traditore’, viene individuato, disturbato e picchiato, mentre prima gli attacchi erano principalmente verbali”. 
“Figuriamoci invece cosa può accadere ai palestinesi, verso i quali si manifestano tendenze genocide. Sempre sabato scorso, a Gerusalemme due ragazzi sono stati brutalmente attaccati da circa 12 persone. Questo esempio parla da solo”, aggiunge.  
Secondo Ronnie “questi gruppi ‘sio-nazisti’-  concetto coniato alla fine degli anni’80 dal filosofo israelianoYeshayahu Leibowitz per riferirsi al presidente della Corte Suprema che dichiarò possibile, e dunque legale, la tortura negli interrogatori dei palestinesi – stanno mettendo in atto solo una nuova versione dei pogrom che venivano esercitati contro gli ebrei”. 
“Andare in giro per le strade, con spranghe e bottiglie di vetro, e cercare di individuare chiunque non sia ebreo, per dargli fastidio o per malmenarlo: è di questo che stiamo parlando. Sabato scorso ho avuto io stesso uno scontro, non solo verbale, con alcuni di loro”. 
Sta quindi mutando il clima anche a Tel Aviv? Alla domanda su come ha reagito la polizia, e se sia possibile capire se questi gruppi agiscono da soli o coordinati in qualche modo, Ronnie non perde la sua calma espositiva, nonostante l’urgenza di trovare una risposta. 
Per l’attivista “c’è poco di cui stupirsi se queste cose succedono nella ‘liberale’ Tel Aviv, una delle città piùgay-friendly al mondo, e altrettanto si può dire del comportamento della polizia, che ha continuato a mostrare un atteggiamento leggero nei confronti degli esponenti di estrema destra”.
Dopo la manifestazione di sabato gli arresti tra le loro fila “non sono stati neanche 10, e alcuni sono stati rilasciati subito dopo il fermo”. 
Riguardo l’eventualità che questi gruppi - 6 o 7 secondo quanto dichiarato alla nostra redazione dall’attivista Tamar Aviyah - agiscano da soli, o se abbiano legami o meno con il mondo politico, Ronnie afferma che non è molto rilevante, “dal momento che il loro agire da soldati li agevola: non sono individualisti, ragionano come un gruppo, con una mentalità militare e nazionalista”. 
“Noi dal canto nostro”, chiarisce Ronnie riferendosi a chi in questi giorni si sta organizzando in gruppi anti-fascisti, “partiamo con un approccio nonviolento, ma è normale che in questa situazione si è in battaglia, e quando ci siamo ritrovati di fronte ai fascisti abbiamo risposto anche fisicamente prima che la polizia ci separasse”. 
Di fronte a una violenza così descritta, non sarebbe dunque da considerare positiva una manifestazione di simili proporzioni come quella di Tel Aviv, dal punto di vista di chi si oppone all’Occupazione, alle politiche di discriminazione dei palestinesi e, in questo momento, all’ennesima offensiva su Gaza? 
Non la pensa esattamente così Ronnie, che ribadisce la sua diffidenza e opposizione anche nei confronti dei vari “David Grossman, Peace Now, i politici e i sostenitori del Meretz*, che sono nemici ancor più pericolosi dei Lieberman e dei Netanyahu. Perché non usano come gli altri un linguaggio apertamente fascista, ma parlano di diritti umani, di pace. E usano questi argomenti per proteggere il sistema di apartheid, l’esercito, l’Occupazione. Secondo me non sono da considerare parte di una soluzione possibile, di cui si potrà parlare seriamente solo una volta posto fine all’apartheid”.
Ciononostante, “è stato interessante vedere in piazza i sionisti-liberali, perché interessante è constatare che in momenti così drammatici e bui queste persone vengono costrette a schierarsi”. 
A suo dire, le pressioni non vengono soltanto da “un minimo di umanità da mostrare nei confronti del massacro di Gaza, ma perché si rendono conto che il loro atteggiamento non attecchisce più, neanche all’esterno, dove invece cresce per fortuna sempre di più un movimento chiaro e preciso: quello del boicottaggio verso Israele (BDS, ndr)”. 
“E’ il BDS, secondo me, che obbliga le persone ad alzarsi dal comodo divano dove guardano la TV mentre la gente muore. E’ il BDS che sta facendo capire agli israeliani che qualcosa sta cambiando. Non è un caso che il governo la consideri una minaccia strategica, e che l’AIPAC, la più grande lobby pro-israeliana negli Stati Uniti, si sia schierata contro la legge Anti-Boicottaggio, perché a suo parere dava al BDS troppa visibilità”. 
BDS per Ronnie significa infatti una delle attività che lo tiene impegnato “ogni giorno, per far capire agli israeliani, tramite l’organizzazione Boycott from Within, che questa è la via che cerca ancora giustizia, chiedendo che i diritti dei palestinesi vengano riconosciuti e applicati”. 
Perché se non si affrontano i problemi alla radice, ovvero parlando di diritto al Ritorno, di fine dell’Occupazione e dell’assedio di Gaza, dell’abbattimento del Muro, non si andrà da nessuna parte. 
“Non si può essere contemporaneamente morali e sionisti. Chi vuole farlo si trova di fronte a un dilemma più grande che mai. Umano, morale o sionista, cosa si vuole essere? Se questa situazione può dunque contribuire a far scegliere le persone allora potrà essere considerata positiva, altrimenti ci sarà ancora di più da lavorare”.
E, come affermato da un altro “storico” attivista israeliano, Michel Warschawski, forse è già troppo tardi.

L’ambasciata di Israele a Dublino: La conquista dell’Europa da parte delle orde musulmane – Richard Silverstein


La disfatta morale di Israele ci perseguiterà per anni - Amira-Hass

Se la vittoria si misura in base al numero dei morti, allora Israele e il suo esercito sono dei grandi vincitori. Da sabato, quando ho scritto queste parole, a domenica, quando voi le leggete, il numero [dei morti palestinesi] non sarà più di 1.000 (di cui il 70-80% civili), ma anche di più.[sono 1200 ndt]
Quanti altri ancora? Dieci corpi, diciotto? Altre tre donne incinte? Cinque bambini uccisi, con gli occhi semichiusi, le bocche aperte, i loro piccoli denti sporgenti, le loro magliette coperti di sangue e tutti trasportati su una sola barella? Se vittoria vuol dire causare al nemico una pila di bambini massacrati su una sola barella, perché non ce ne sono abbastanza, allora avete vinto, capo di stato maggiore Benny Gantz e ministro della Difesa Moshe Ya’alon, voi e la nazione che vi ammira.
E il trofeo va anche alla Nazione delle Start Up, questa volta alla start up premiata per sapere e riferire il meno possibile al maggior numero possibile di mezzi di comunicazione e siti web internazionali. “Buon giorno, è stata una notte tranquilla” ha annunciato plaudente il conduttore della radio militare giovedì mattina. Il giorno precedente il felice annuncio, l’esercito israeliano ha ucciso 80 palestinesi, 64 dei quali civili, compresi 15 bambini e 5 donne. Almeno 30 di loro sono stati uccisi durante quella stessa notte tranquilla da una devastante cannoneggiamento, bombardamento e fuoco di artiglieria israeliana, e senza contare il numero di feriti o di case distrutte.
Se la vittoria si misura con il numero di famiglie distrutte in due settimane – genitori e bambini, un genitore e qualche bambino, una nonna e alcune nuore, nipoti e figli, fratelli e i loro bambini, in tutte le variabili che si possono scegliere – allora noi siamo i vincitori. Ecco qui i nomi a memoria: Al-Najjar, Karaw’a, Abu-Jam’e, Ghannem, Qannan, Hamad, A-Salim, Al Astal, Al Hallaq, Sheikh Khalil, Al Kilani. In queste famiglie, i pochi membri sopravvissuti ai bombardamenti israeliani nelle scorse due settimane invidiano la loro morte.E non bisogna dimenticare la corona di alloro per i nostri esperti giuridici, quelli senza i quali l’esercito israeliano non fa una mossa. Grazie a loro, far saltare in aria una casa intera – sia vuota o piena di gente – è facilmente giustificato se Israele identifica uno dei membri della famiglia come obiettivi legittimi ( che si tratti di un importante dirigente o semplice membro di Hamas, militare o politico, fratello o ospite della famiglia).
“Se questo è ammesso dalle leggi internazionali” mi ha ditto un diplomatico occidentale, scioccato dalla posizione a favore di Israele del suo stesso Stato, “vuol dire che qualcosa puzza nelle leggi internazionali.”
E un altro mazzo di fiori per i nostri consulenti, i laureati delle nostre esclusive scuole di diritto in Israele e negli Stati Uniti, e forse anche in Inghilterra: sono certo loro che suggeriscono all’esercito israeliano perché è consentito sparare alle squadre di soccorso palestinesi e impedirgli di raggiungere i feriti. Sette membri delle equipe mediche che stavano cercando di soccorrere i feriti sono stati uccisi da colpi sparati dall’esercito israeliano in due settimane, gli ultimi due solo lo scorso venerdì. Altri sedici sono stati feriti. E questo non include i casi nei quali il fuoco dell’esercito israeliano ha impedito alle squadre di soccorso di arrivare sulla scena del disastro.Ripeterete sicuramente quello che sostiene l’esercito:”Le ambulanze nascondevano dei terroristi” – poiché i palestinesi non vogliono veramente salvare i loro feriti, non voglio veramente evitare che muoiano dissanguati sotto le macerie, non è questo che pensate? Forse che i nostri acclamati servizi di sicurezza, che in tutti questi anni non hanno saputo scoprire la rete di tunnel, sa in tempo reale che in ogni ambulanza colpita direttamente dal fuoco dell’esercito, o il cui cammino per salvare persone ferite è stato bloccato, ci sono davvero palestinesi armati? E perché è ammissibile salvare un soldato ferito al prezzo del bombardamento di un intero quartiere, ma non è consentito salvare un anziano palestinese sepolto sotto le macerie? E perché è proibito salvare un uomo armato, o meglio un combattente palestinese, ferito mentre respingeva un esercito straniero che ha invaso il suo quartiere?
Se la vittoria si misura con il successo nel provocare trauma permanenti a un milioneottocentomila persone (e non per la prima volta) che si aspettano in ogni momento di essere giustiziati – allora la vittoria è vostra.Queste vittorie si aggiungono alla nostra implosione morale, la sconfitta etica di una società che ora si impegna a non fare un’auto-analisi, che si bea nell’autocommiserazione a proposito di ritardi nei voli aerei e che si fregia dell’arroganza di chi è di è libero da pregiudizi. È una società che ovviamente è in lutto per i propri oltre 40 soldati uccisi, ma allo stesso tempo indurisce il proprio cuore e la propria mente di fronte a tutte le sofferenze e al coraggio morale ed eroismo del popolo che stiamo attaccando. Una società che non capisce quale sia il limite oltre il quale l'equilibrio delle forze gli si ritorcerà contro.
“In tutte le sofferenze e la morte “ ha scritto un mio amico da Gaza “ ci sono tante manifestazioni di tenerezza e di gentilezza. Le persone si prendono cura le une delle altre, si confortano a vicenda.
Soprattutto i bambini, che cercano il modo migliore per aiutare i loro genitori. Ho visto tanti bambini di meno di 11 anni che abbracciano e consolano i loro fratellini più piccoli, cercando di distrarli dall’orrore. Così giovani e già si prendono in carico qualcun altro. Non ho incontrato un solo bambino che non abbia perso qualcuno – un genitore, una nonna, un amico, una zia o un vicino. E penso: se Hamas è nato dalla generazione della prima Intifada, quando i giovani che tiravano pietre sono stati presi a fucilate, cosa nascerà dalla generazione che ha sperimentato i ripetuti massacri degli ultimi sette anni?”
La nostra sconfitta morale ci perseguiterà per molti anni in futuro.

Traduzione di Amedeo Rossi

un concerto di Leonard Cohen, a Gent, nel 2012

C’è del metodo in questa follia a Gaza - Amira Hass

C’è del metodo in questa follia. E il cieco rifiuto di Israele di comprendere la portata della vendetta che sta portando avanti a Gaza ha una sua logica. L’intera nazione è un esercito. L’esercito è la nazione. Entrambi sono rappresentati da un governo ebreo-democratico e da mezzi d’informazione fedeli, e tutti quanti lavorano insieme per vendicarsi dei traditori palestinesi, la cui colpa è quella di non riconoscere l’assoluta normalità della situazione.
I palestinesi sono disobbedienti. Non vogliono adattarsi. Pensavamo che sarebbe bastato trattarne bene alcuni e riempire il portafogli di pochi, lasciando che le enormi donazioni di Stati Uniti ed Europa gonfiassero le tasche di un immaginario governo palestinese.
Le incessanti manifestazioni di protesta nei villaggi della Cisgiordania non hanno minimamente intaccato la fede israeliana nella normalità della sua dominazione esercitata su un altro popolo. Il boicottaggio e le sanzioni hanno un po’ confuso il nostro ego, ma non è bastato a farci recepire il messaggio. Il governo di riconciliazione palestinese sembrava averci spinto a fare un passo avanti e rifiutare finalmente l’ostentazione di normalità imposta da Israele. Ma non ce l’ha fatta, perché troppe forze all’interno di Al Fatah e Hamas non lo hanno sostenuto.
Allora è toccato ai razzi di Hamas disturbare il sonno degli occupanti. Dite quello che volete, ma sono riusciti dove le manifestazioni, i boicottaggi e la cancellazione dei concerti hanno fallito.
Nazione, esercito, governo e mezzi d’informazione: avete occhi e orecchie, eppure non vedete e non sentite. Continuate a sperare che il sangue palestinese già versato e quello che ancora deve scorrere basteranno a riportare la calma e la cara vecchia occupazione. Rifiutate di usare le vostre competenze per fermarvi in tempo, prima che si verifichi un disastro ancora più grave. Lo avete già fatto l’ultima volta, e la volta prima.
Certo che siete molto competenti, quando volete. Gli uomini di Hamas emersi dal tunnel del kibbutz Nir Am erano vestiti come soldati israeliani. Amos Harel, di Ha’aretz, scrive che all’inizio gli ufficiali al comando non erano sicuri che si trattasse di terroristi e non di soldati. “Alla fine, grazie a una fotografia aerea scattata da un drone, si è scoperto che erano uomini di Hamas”. “Avevano i Kalashnikov, che non sono in dotazione all’esercito israeliano”.
Dunque le foto scattate dai droni possono essere molto precise, quando l’operatore vuole. Possono stabilire se su una spiaggia o su un tetto ci sono dei bambini (che nemmeno gli acrobatici giuristi del ministero della giustizia e dell’esercito possono considerare un bersaglio giustificabile). Il drone può stabilire se una squadra di salvataggio è arrivata sul posto per portare via i feriti. Può fornire le prove che le famiglie stanno lasciando le loro case. Tutto questo può essere mostrato in una fotografia scattata da un drone a una risoluzione così alta che gli operatori responsabili dello sgancio delle bombe non avrebbero motivo di premere il pulsante “uccidi” sulle loro tastiere. Ma per qualche strano motivo l’occhio di un drone, capace di distinguere la marca di un fucile, non può dire se quella figura è un bambino, una donna o un’anziana. Si limita ad assegnare una sentenza di morte a tutti.
“L’israelianità” attuale somiglia a quel drone. Sceglie una vista offuscata. Si aggrappa con le unghie alla vita bella e confortevole di una nazione padrona, e non vuole che i sottoposti interferiscano. Il ministro della difesa Moshe Ya’alon ha tradotto questo concetto nel linguaggio politico: “Non riconosceremo il governo di riconciliazione, ma altri elementi come il controllo dei punti d’accesso possono essere accettati. Il presidente palestinese Abu Mazen controllerà i punti d’accesso, ma non controllerà la Striscia di Gaza”.
Questa è la routine che stiamo portando avanti. Gaza e la Cisgiordania sono tagliate fuori. Hamas controlla la Striscia di Gaza, ma a condizioni dettate da noi. Al Fatah e l’Autorità Nazionale Palestinese governano e si riempiono le tasche in Cisgiordania, ma alle nostre condizioni. Se di tanto in tanto i palestinesi avranno bisogno di essere addomesticati, lo faremo con il sangue. Ancora e ancora. Pace su Israele.
(Traduzione di Andrea Sparacino)

da qui

martedì 29 luglio 2014

Non lasciamo soli i Palestinesi - Alex Zanotelli

La solitudine del popolo palestinese è la vergogna del mondo. Una immensa sofferenza che dura da 70 anni , sfociata adesso in un urlo di disperazione per questa assurda e impari guerra tra Israele e Palestina .E come risposta c’è solo silenzio, indifferenza, sia da parte dell’Unione Europea, sempre più assente, sia da parte dell’Italia, sempre più legata ad Israele, sia da parte della chiesa italiana, sempre più silente.
E’ un grido di dolore che mi tocca profondamente come credente nel Dio della vita , come missionario inviato a costruire un mondo ‘altro’ da quello che abbiamo.
In questo tragico momento faccio mio il grido lanciato dai leaders delle chiese cristiane in Palestina , in un documento del 2009, Kairòs Palestina , che è stato volutamente boicottato e oscurato :”Noi ….gridiamo dal cuore della sofferenza che stiamo vivendo nella nostra terra, sotto occupazione israeliana, con un grido di speranza in assenza di ogni speranza….” Un grido di sofferenza che riassumono così :”Il Muro di separazione eretto in territorio palestinese… ha reso le nostre città e i nostri villaggi come prigioni, separandoli gli uni dagli altri; Gaza ,specialmente, continua a vivere in condizioni inumane, sotto assedio permanente…Gli insediamenti israeliani devastano la nostra terra in nome di Dio o in nome della forza, controllando le nostre risorse naturali, specialmente l’acqua e le risorse agricole…”
Partendo da questa violenza sistemica, i pastori delle chiese dichiarano :”L’occupazione israeliana della terra palestinese è un peccato contro Dio e contro l’umanità poiché depriva i palestinesi dei fondamentali diritti umani .“ I leaders delle chiese invitano quindi i palestinesi alla resistenza come nelle prima intifada:”Affermiamo che la nostra scelta come cristiani di fronte all’occupazione israeliana è di resistere. La resistenza è un diritto e un dovere per il cristiano. Ma è una resistenza che ha l’amore come logica. E’ quindi una resistenza creativa , poiché deve trovare strade umane che impegnino l’umanità del nemico. Dobbiamo combattere il male, ma Gesù ci ha insegnato che non possiamo combattere il male con il male. Possiamo resistere attraverso la disobbedienza civile. “
E’ la via seguita nella lotta contro il regime dell’apartheid in Sudafrica da uomini come il Premio Nobel per la pace Desmond Tutu , che giorni fa ha affermato:” Israeliti e Palestinesi devono uscire dalla logica dell’odio e della guerra. Israele non otterrà mai una vera sicurezza per mezzo dell’oppressione dei Palestinesi. E la Palestina non otterrà mai una pacifica autodeterminazione per mezzo della violenza dei razzi. Nessun conflito è irrimediabile. Nessun dissidio è così assoluto da non poter mai essere riconciliato.”
Per questo i leaders delle chiese in Palestina offrono come primo strumento di resistenza il boicottaggio. “Individui, aziende e stati si impegnino nel disinvestimento e nel boicottaggio di ciò che viene prodotto dall’occupazione.”
E’ da chiedere altresì l’embargo militare  contro Israele come proposto dai Premi Nobel in un recente appello. Nel periodo 2008-2019, gli USA forniranno ad Israele aiuti militari per 30 milardi di dollari. Altrettanto sta facendo la UE , che ha inoltre concesso alle imprese militari e alle università israeliane centinaia di milioni di euro per la ricerca militare.Israele è uno dei principali produttori e/o esportatori mondiali di droni militarizzati.
L’Italia è nella UE il primo esportatore di armi verso Israele. Nel 2012 abbiamo esportato armi a quel paese per un valore di 470 milioni di euro. Il 9 luglio, mentre era in atto il bombardamento di Gaza, l’Italia ha consegnato a Israele i primi due veivoli Alenia-Aermacchi M 346. Questo in barba alla legge 185 che vieta la vendita di armi a paesi in guerra. L’Italia deve rifiutarsi di consegnare gli altri 28 esemplari.
Chiediamo inoltre la revoca del Trattato militare segreto Italia-Israele , conosciuto come”Accordo generale di cooperazione militare e della difesa”.
Riteniamo altrettanto importante il Boicottaggio delle Banche , che pagano per questo commercio di armi (Campagna Banche armate), ritirando i nostri soldi dalle banche ‘armate’.
Infine proponiamo una grande manifestazione nazionale che includa tutti (Chiese, sindacati, movimenti), per far sentire di nuovo la voce di un popolo che ha il coraggio di dire NO a un mondo in guerra, a un Sistema che ha bisogno delle armi e della guerra per continuare a permettere a pochi di avere quasi tutto.
“Speranza è fede in azione contro l’Impero- scrive il pastore luterano palestinese Mitri Raheb, nel suo potente libro Faith in the face of Empire. Speranza è quello che noi oggi facciamo .Solo quello che noi oggi facciamo come popolo della fede e come cittadini impegnati, può cambiare il corso della storia e mettere le fondamenta per un futuro alternativo. Questa è la tradizione profetica che è venuta dalla Palestina , una tradizione che dobbiamo tenere viva.”
Napoli, 28/7/ 2014-07-29

Alla famiglia della millesima vittima del massacro genocida israeliano a Gaza – Ilan Pappe

Non so ancora chi fosse il vostro caro. Avrebbe potuto essere un bimbo di pochi mesi, o un ragazzo giovane, un nonno o uno dei vostri figli o genitori. Ho sentito parlare della morte del vostro caro da Chico Menashe, un commentatore politico di Reshet Bet, la principale stazione radio di Israele.
Ha spiegato che l’uccisione del vostro amato, così come la trasformazione i quartieri di Gaza in macerie e l’allontanamento di 150.000 persone dalle loro case, è parte di una strategia israeliana ben calcolata: questa carneficina distruggerà l’impulso dei palestinesi di Gaza a resistere alle politiche israeliane.
Ho sentito questo mentre leggevo nell’edizione del 25 luglio del presunto rispettabile quotidiano Haaretz le parole del non così rispettabile storico Benny Morris  sul fatto che questo non sia ancora abbastanza.
Egli chiama le politiche di genocidio attuate finora “refisut” – debolezza della mente e dello spirito. Egli esige molta più distruzione di massa in futuro con la consapevolezza che questo è il modo giusto di comportarsi se si vuole difendere la nostra “villa nella giungla”, come l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak ha descritto Israele.
Deserto inumano
Sì, ho paura a dire che i media israeliani e il mondo accademico sono completamente dietro la strage a parte poche voci difficilmente udibili in questo deserto disumano. Non scrivo questo per dirvi che mi vergogno – mi sono dissociato molto tempo fa da questa ideologia di stato e faccio tutto il possibile come un individuo per affrontarla e sconfiggerla. Probabilmente non è stato sufficiente; siamo tutti inibiti da momenti di vigliaccheria, egoismo e forse l’impulso naturale di prendersi cura della nostra famiglia e dei nostri cari.
Eppure sento il bisogno oggi di fare una promessa a te, una promessa che nessuno dei tedeschi che mio padre conosceva durante il periodo del regime nazista era disposto a fare per lui quando i teppisti hanno commesso il genocidio contro la sua famiglia. Questo non è niente di più di un piccolo impegno nel vostro momento di dolore, ma è il meglio che possa offrire e non dire niente non è un’opzione. E non fare nulla è anche meno di un’opzione.
Siamo nel 2014 e la distruzione di Gaza è ben documentata. Questo non è 1948, quando i palestinesi hanno dovuto faticare non poco per raccontare la loro storia di orrore; molti dei crimini commessi allora dai sionisti sono stati nascosti e non sono mai venuti alla luce, anche fino ad oggi. Così il mio primo e semplice impegno è quello di registrare, informare e insistere sulla verità.
La mia vecchia università, l’Università di Haifa, ha reclutato i suoi studenti per diffondere le menzogne ​​di Israele in tutto il mondo utilizzando Internet. Ma questo è il 2014 e la propaganda di questo genere non regge.
Impegno per il boicottaggio
Ma sicuramente questo non è sufficiente. Mi impegno a continuare lo sforzo di boicottare uno Stato che commette tali crimini. Solo quando l’Unione delle Federazioni Calcistiche Europee espellerà Israele, quando la comunità accademica si rifiuterà di avere rapporti istituzionali con Israele, quando le compagnie aeree esiteranno a volare lì, e quando ogni gruppo che può perdere denaro a causa di un atteggiamento etico nel breve termine capirà che a lungo andare si guadagnerà sia moralmente che finanziariamente – solo allora inizieremo a onorare la vostra perdita.
Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) ha avuto molti successi e continua il suo instancabile lavoro. Gli ostacoli sono ancora la falsa accusa di antisemitismo e il cinismo dei politici. Ecco perché un’iniziativa onorevole di architetti britannici di forzare i loro colleghi in Israele a prendere una posizione morale piuttosto che essere complici nella colonizzazione criminale della terra è stata bloccata all’ultimo momento.
Iniziative simili sono state sabotate altrove da politici senza spina dorsale in Europa e negli Stati Uniti. Ma il mio impegno è quello di essere parte dello sforzo per superare questi ostacoli. La memoria del vostro caro sarà la forza trainante, insieme al vivo ricordo delle sofferenze dei palestinesi nel 1948 e da allora.
Macello
Lo faccio egoisticamente. Prego e spero che in questo momento, il peggiore della vostre vite in cui i palestinesi stanno a Shujaiya, Deir al-Balah e Gaza City a guardare il macello creato da aerei da guerra israeliani, carri armati e artiglieria, voi non perdiate la speranza nell’umanità.
Questa umanità comprende anche israeliani, quelli che non hanno il coraggio di parlare, ma che esprimono il loro orrore in privato come attestano le mie traboccanti caselle di posta e Facebook, così come la piccola manciata che manifesta pubblicamente contro il genocidio incrementale a Gaza.
Essa comprende anche quelli non ancora nati, che forse saranno in grado di sfuggire a una macchina di indottrinamento sionista che insegna loro, dalla culla alla tomba, a disumanizzare i palestinesi a un livello tale che ardere vivo un ragazzo palestinese di sedici anni non riesce a commuoverli o a distruggere la loro fede nel loro governo, nell’esercito o nella religione.
Sconfitti
Per il loro, il mio e il vostro bene, mi auguro che potremo anche sognare il giorno seguente – quando il sionismo sarà sconfitto come l’ideologia che governa le nostre vite tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo e tutti noi avremo la vita normale che desideriamo e meritiamo.
Quindi mi impegno oggi a non essere distratto anche da amici e dirigenti palestinesi che ancora stupidamente ripongono le loro speranze nell’ormai datata “soluzione a due stati”. Se uno ha l’impulso di essere coinvolto nel portare un cambiamento di regime in Palestina, l’unica ragione per fare questo è lottare per la parità di diritti umani e civili e la piena restituzione per tutti coloro che sono e sono stati vittime del sionismo, dentro e fuori l’amata terra di Palestina.
Possa la vostra persona amata riposare in pace sapendo che la sua morte non è stata vana – e non perché sarà vendicato. Non abbiamo bisogno di ulteriori spargimenti di sangue. Credo ancora ci sia un modo per portare i sistemi malvagi verso loro fine con la potenza di umanità e moralità.
Giustizia significa anche portare gli assassini che hanno ucciso la vostra persona amata e tanti altri in tribunale, e dobbiamo perseguire i criminali di guerra di Israele nei tribunali internazionali.
E’ un modo molto più lungo e, a volte, anche io sento l’impulso di far parte di quelli che utilizzano la forza bruta per mettere fine alla disumanità. Ma mi impegno a lavorare per la giustizia, la piena giustizia, la giustizia riparatoria.
Questo è quello che posso promettere: lavorare per evitare la prossima fase della pulizia etnica della Palestina e il genocidio dei palestinesi a Gaza.
da qui

i disegni di Carlos Latuff