venerdì 4 luglio 2014

iPad e iPocrisia - Huko (gruppo Huxley-Ubu-Kafka-Orwell)

L'introduzione nelle scuole (francesi) degli iPad e di altri tablet è ormai accettata in Francia da quasi tutti.
Vi si oppongono soltanto coloro che i media hanno preso la deplorevole abitudine di definire “tecnofobi”. Purtroppo, il “timore della tecnologia” non porta in sé niente di positivo, perché si inscrive immediatamente nel registro della paura, la quale, come si sa, può dare luogo al peggio. Niente di meglio, per screditare qualsiasi critica, che ridurla a un timore irrazionale e reazionario. È un altro l'attacco, molto più profondo, che qui viene sferrato contro una scuola tutta digitale.

Dopo tutto l'internauta non è altro che l'esito delirante di un lungo processo di isolamento degli individui e di privazione sensoriale; e la cybervita che gli viene proposta è sempre destinata, soltanto per qualche tempo, a percentuali relative del genere umano, mentre tutto il resto si vede abbandonato all'attesa di un Tartaro di questo XXI secolo.
Baudouin de Bodinat, La vie sur terre, 1966

Dopo essersi accontentati dell'immagine, faremo a meno della realtà.
Étienne Gilson, La società di massa e la sua cultura, 1981


Rifiuto anti-industriale e fratture digitali
Le ragioni del rifiuto da parte dei “tecnofobi” delle tecnologie digitali, a forza di essere diffuse dalla maggior parte dei media, anche se nel loro abituale modo screditante, sono finalmente ben note. Si tratta di buone ragioni:
1. I tablet sono gravemente inquinanti, assai più dei libri, in particolare nella fase della costruzione, a causa dei metalli rari che entrano nella loro composizione e dell'acqua necessaria alla loro fabbricazione. Inoltre, la loro obsolescenza programmata permette ai fabbricanti di rendere rapidamente vetusto un materiale presentato uno o due anni prima come “il migliore al miglior prezzo”. Numerosi sono ormai gli studi che dimostrano, concordemente, fino a che punto un tablet, la cui durata di vita è programmata intorno ai tre anni scarsi, forse un po' di più per gli iPad, è assai più inquinante del libro1 e nettamente più costoso per il bilancio delle collettività e quello della nazione2.
2. I tablet sono molto verosimilmente pericolosi per la salute, da un punto di vista neurofisiologico, tanto più che gli utenti sono prevalentemente giovani3.
3. Non è certo che l'apprendimento sui tablet, facilitando lo zapping e distraendo l'occhio dell'utente, sia più facile che sui libri, anzi4.
4. Il loro acquisto rappresenta un massiccio trasferimento di denaro in direzione di paesi lontani, con grave danno per i librai, gli editori e gli stampatori nazionali, che piombano in una situazione economica sempre più delicata. Lo scotto della “mondializzazione” sta per distruggere tutta l'industria culturale: il mondo della cultura non ha saputo, a suo tempo, rifiutare la massificazione, ma questo è un altro tema di discussione che non affronteremo qui5.
5. L'uso generalizzato dei tablet nei soli paesi ricchi costituisce un aspetto cruciale della frattura digitale, rivelata dall'Unesco già dagli anni novanta. Al plurale: fratture digitali tra i paesi ricchi e i paesi poveri; all'interno dei paesi ricchi, tra connessi e non connessi; all'interno dei connessi, tra coloro che utilizzano la rete in modo intelligente e gli altri, che sprecano il loro tempo in acquisti, in pornografia o in aste di tutto ciò che si vende o si compra.
Certo, ci sono delle buone ragioni, ma è un'altra frattura, che ci sembra ancor più fondamentale, quella che citiamo qui.
Chi produce gli iPad? E dove?
Le legittime preoccupazioni ecologiche tendono a farci trascurare il fatto che gli iPad (Apple), Kindle (Amazon), Playstation e altri materiali digitali sono prodotti da una azienda neo-schiavista, Foxconn…

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