domenica 31 luglio 2016

Dai tetti - Pabuda

sono decine di migliaia
i gatti
sui tetti di Parigi
di Londra e di Lisbona:
ne vedono troppe,
proprio
troppe ne vedono
e ne sentono:
di cotte e di crude,
o di noiosissime.
dalle finestre, dai bovindo,
dietro le tende
appena scostate,
dai lucernari, dai balconi
dalle vetrate, dalle soffitte,
dalle prese d’aria e dai solai:
scene ripetitive di famiglia,
eccezionali baraonde
e normali ammazzamenti:
trionfi e vergogne dell’impero,
lussurie e spassi invitanti
e pianti, tanti.
stanze vuote dove non succede
niente,
corridoi fitti fitti
di contabili –
clandestini o regolari –
piegati
sulle loro macchine,
per i conti dei quattrini.
riunioni segrete di sediziosi
e sovversivi,
chiacchiere politiche
e sportive
di finanzieri, monopolisti
o normalissimi scalzacani
e poveri cristi
nostalgie di forca e ghigliottina
la sera
e di spedizioni coloniali
la mattina.
da certi palazzi filtrano
pure brandelli di discorsi
su terrori da procurare
alla massa già impaurita,
per abitudine.
adesso
due o tre di questi gatti
sarebbero pure disposti
a raccontare,
se solo trovassero
un onesto inviato di giornale.
con gli sbirri no:
questi gatti con gli sbirri
preferiscono
non avere a che fare.

Siamo in guerra - Enrico Euli


Tre Stati – Belgio, Francia e Turchia – in stato d’emergenza, ormai permanente. Altri seguiranno a breve in Europa. L’ultimo sarà il nostro, protetto anche dall’Isis grazie ai doppiogiochismi dei nostri ineffabili servizi, i cui maneggi sono segreti solo ai suoi propri cittadini e soprattutto grazie alla Mammasantissima – sempre sia lodata! – che ci protegge dall’alto dei suoi cieli e che non permette intromissioni di potere nei suoi territori, neppure dell’Isis (a sua volta ricambiata nel favore con armi, droga e rock’n’roll) e che ha messo Angelino Alfano agli Interni, santo santo santo!, teniamocelo stretto…
Le democrazie liberali emettono i loro ultimi pestilenziali rantoli. Recep Tayyip Erdogan in Turchia fa le prove generali di quel che, nei prossimi cinque, massimo dieci anni, accadrà in molte ex-democrazie occidentali. Si organizza un autogolpe militare, lo sconfigge in quattro ore, ne fa un altro, militarizzando un regime già da tempo autocratico, infiorandolo di arabeschi islamizzanti. Milioni di persone in piazza a sostenere gli arresti di massa, le torture, i licenziamenti forzati, l’attacco a scuole e tribunali, le epurazioni in nome di Dio e del loro Sultano.
E, da noi, al di là di frasi retoriche e generiche, nessuna reazione. I nostri governanti sanno che è quella la strada che li aspetta a breve. Chi vorrà governare dovrà e potrà farlo solo così. Troppo lenti i tempi del Parlamento, troppi impacci ancora in quel che resta delle procedure partecipative, troppi rimandi e tentennamenti per ottenere quel che la ragion liberista pretende da sempre: l’indipendenza e lo strapotere dei mercati rispetto a qualunque mediazione politica.
.
Immaginiamoci gli scenari peggiori di fine anno. Sono almeno due, entrambi forieri di disastri.
Nel primo vince Donald John Trump negli Stati Uniti e Matteo Renzi perde il referendum: nel mondo, guerra civile negli Usa, terza guerra mondiale dichiarata contro Russia e islamisti terroristi per ogni dove; da noi, fine del governo Renzi e nuovo pastrocchio istituzionale, in attesa di un golpe autogestito in nome dell’emergenza.
Nel secondo vincono sia Hillary Rodham Clinton che Renzie: la palude prosegue, i tempi si allungano, la catastrofe avanza ma più lenta e moderata, siamo schiavi per anni della brodaglia attuale, ma sempre più immangiabile.
Una bella alternativa, no?
In entrambi i casi, gli strati di emergenza si sedimenteranno uno sull’altro e i governi saranno sempre più legittimati ad agire in stato d’eccezione, saltando leggi e regole residue, in barba a blateranti costituzionalisti e internazionalisti (peraltro, sempre più in conflitto fra loro).
I dubbi restano, e forti, e non solo sul finto golpe turco. Come mai, proprio in vista delle elezioni, dei neri si mettono ad uccidere poliziotti negli Stati Uniti? Come è possibile che un tir si faccia due chilometri sul lungomare di Nizza, senza che nessuno lo blocchi? Perché l’immigrazione viene gestita in questo modo, favorendo l’allarme sociale e la sensazione di insicurezza in chi si crede ancora benestante? Come si fa a credere che gli unici a doparsi in massa nel mondo siano gli atleti russi? Aggiungete voi le domande che mancano. Non si tratta di complottismo, si tratta di capire che la verità, in guerra, è sempre la prima vittima. E siamo in guerra. Ma non quella contro l’Isis. Quella contro l’uguaglianza e la fraternità, in nome della “libertà”.

sabato 30 luglio 2016

ricordo di Anna Marchesini



I jeans di Bruce Springsteen e altri sogni americani - Silvia Pareschi

se avete letto qualche libro di Jonathan Franzen, Don DeLillo, Cormac McCarthy, Zadie Smith, Jamaica Kincaid, Junot Díaz, allora Silvia Pareschi già la conoscete.
io ho letto per primo questo libro grandissimo (tradotto da Silvia), spero anche voi lo abbiate letto, o lo leggerete, se vi volete bene.
nel "suo" libro Silvia racconta gli Usa visti da lei, fra racconto, vita vissuta, finzione e no, da San Francisco a New Orleans, dal sarto al dentista, cibo, religione e attivismo politico, un tuffo in un mondo del tutto diverso dal nostro.
e per chi sta a casa è comodo e bello viaggiare senza file e fusi orari, sul divano di casa.
solo dopo averlo letto saprete cosa c'entrano i jeans di Bruce Springsteen, buona lettura - franz





I jeans di Bruce Springsteen e altri sogni americani è un libro, misto di memoir, reportage e fiction spesso esilarante e mai banale. L’autrice, Silvia Pareschi, narra alcuni aspetti meno noti e forse per questo particolarmente rappresentativi di una nazione vasta come un continente, di infinite coste, di montagne, di città, di genti. Una lettura che ci farà toccare il cuore segreto degli States sorprendendoci a ogni pagina…

…Tenendosi sempre lontana dai cliché dell’italiana all’estero l’autrice racconta – spesso in prima persona – la San Francisco dei techies e dei senzatetto, del Palazzo del Porno e del Ganja Yoga, delle mense di poveri e dei fast food automatizzati; la varietà di culti e religioni praticate nella west coast (le danze estatiche degli Shakers, un ordine di uomini barbuti vestiti da suora…); l’uragano Katrina attraverso gli occhi di una coppia intrappolata a New Orleans; un memorabile viaggio adolescenziale coast to coast in Greyhound; la “terrificante, fantozziana avventura” con un dentista il giorno del Super Bowl; il fortuito ritrovamento di un paio di jeans che, forse, appartennero a Bruce Springsteen.





Tisa, l’idra dalle 7 teste - Alex Zanotelli


Il profeta dell’Apocalisse descrive la Roma Imperiale come la BESTIA dalle sette teste che rappresentano i sette imperatori. Anche il nostro Sistema economico-finanziario è una Bestia dalle sette teste che sono i 7 importanti trattati internazionali (NAFTA, TPP,TTIP, CETA, TISA, CAFTA, ALCA) siglati per creare un mercato globale sempre più liberista sotto la spinta delle multinazionali e della finanza che vogliono entrare nei processi decisionali delle nazioni.
I trattati che ci interessano più direttamente ora sono il CETA (Accordo Commerciale tra Canada e Europa), il TTIP (Partenariato Transatlantico per il commercio e per gli investimenti) e il TISA (Accordo sul commercio dei servizi). Il CETA sta per essere ormai approvato, nonostante le tante contestazioni soprattutto per certe clausole pericolose che contiene. Abbiamo però ottenuto una vittoria: il Trattato dovrà passare al vaglio dei Parlamenti dei 28 Paesi della Ue, prima di entrare in funzione. E questo ci fa sperare che venga così sconfitto.
Anche per il TTIP sia gli Usa che la Ue vorrebbero concluderlo entro la fine dell’anno. Infatti nell’ultimo round di negoziati tenutosi a Bruxelles dall’11 al 13 luglio, i delegati erano concordi nel voler firmare il Trattato prima della fine del mandato di Obama. Ma l’opposizione al TTIP è forte negli Usa sia da parte di Trump che di Hillary Clinton, ma anche in campo europeo, da parte di F. Hollande. La posizione del governo Renzi invece è sempre più schierata a favore dell’accordo. Ma è in crescendo in tutta Europa la resistenza all’accordo, soprattutto in Germania. Ma anche in Italia si sta rafforzando l’opposizione popolare, come abbiamo visto a Roma nella bella manifestazione del 7 maggio scorso. Questa resistenza al TTIP trova una nuova forza nell’intervento dei vescovi cattolici degli Usa (USCCB) e delle Conferenze Episcopali Europee (COMECE) che hanno invitato i cattolici a valutare l’accordo sulla base di una serie di principi etici. “E’ cruciale che tutte le persone abbiano voce in capitolo in decisioni che riguardano le loro vite – scrivono i vescovi. La partecipazione va in particolare applicata ai negoziati del TTIP e per altri accordi commerciali. Questi dovrebbero svolgersi in sedi pubbliche e attraverso processi che assicurino che le voci provenienti dai settori più colpiti della società, possano essere ascoltate e i loro interessi riflessi…. In qualsivoglia accordo devono venire fuori”.
E’ l’opposto di quanto avviene con il TTIP. Possiamo dunque sperare in una vittoria: è troppo presto per dirlo. Dobbiamo continuare a rimanere vigili.
Mi fa invece ancora più paura l’altra testa dell’idra: il TISA, il Trattato sul Commercio dei servizi, come scuola, acqua, sanità! Si vuole la privatizzazione di tutti i servizi. Purtroppo si conosce poco di questo trattato e se ne parla poco. I negoziati sono in corso a Ginevra in grande segretezza. Vi partecipano i delegati delle 28 nazioni della UE e di 22 altre nazioni tra cui USA,Canada, Australia e Giappone. Gli interessi e gli appetiti sono enormi perché solo negli Usa i servizi rappresentano il 75% dell’economia. Mentre la Ue è il più grande esportatore di servizi nel mondo con milioni di posti di lavoro. Ora sappiamo qualcosa di più delle trattative in atto tramite le rivelazioni di Wikileaks. Tra i documenti troviamo una lettera dell’ambasciatore Usa M. Punke, vice presidente per il commercio degli Usa che propone ai negoziatori delle regole per la gestione dei documenti TISA i quali dovrebbero rimanere segreti per cinque anni a partire dall’entrata in vigore dell’accordo. In base ai documenti rilasciati da Wikileaks le nazioni che aderiranno al TISA potranno darsi le loro regole per il “mercato dei servizi” ma dovranno pubblicare con dovuto anticipo queste regole. Questo permetterebbe alle multinazionali di fare i loro giochi. Sulle aziende di Stato, il TISA prevede che queste non possono dare la preferenza ai fornitori locali. Per di più ogni Stato dovrà fornire agli altri una lista di tutte le sue aziende di Stato con tutta una serie di informazioni su di esse. Lo scopo fondamentale di tutto questo è quello di permettere alle multinazionali e alla finanza di mettere le mani sui servizi, dall’acqua alla scuola. “I negoziati stanno procedendo a passo veloce e le parti del negoziato sono impegnate a concludere le trattative entro quest’anno”, così afferma Viviane Reding, attuale relatore della Ue ai negoziati TISA. Ho molta paura che con il TTIP in difficoltà per il momento (e questo anche grazie alla forte resistenza popolare) la Bestia non alzi l’altra testa, il TISA, il più pericoloso e minaccioso dei trattati in discussione. Rischiamo che i servizi fondamentali come quelli idrici, sanitari, educativi… finiscano nelle mani dei poteri economico-finanziari mondiali. Sarebbe la più grande vittoria del mercato globale. Non lo possiamo accettare. Dobbiamo tutti, credenti e laici, metterci insieme per dire No a questa Bestia dalle sette teste che vuole imporre il mercato globale neoliberista.(Per informazioni: www.stop-ttip-italia.net)
Insieme ce la possiamo fare.
Alex Zanotelli
Napoli,28 luglio 2016
(*) Ripreso da http://www.ildialogo.org


venerdì 29 luglio 2016

in ricordo di Rohith Vemula


Arundhati Roy ci fa leggere una lettera

Nel numero di “Internazionale” in edicola dall’8 al 14 luglio la scrittrice Arundhati Roy spiega che cosa sta accadendo in India. All’interno del lungo articolo c’è una lettera di un giovane ricercatore universitario, Rohith Vemula, che si è tolto la vita. Per capire il contesto bisogna leggere l’articolo uscito su Internazionale. Ma ci sono cose che riguardano tutti in ogni parte del mondo.

Ho sempre desiderato diventare uno scrittore. Uno scrittore di scienza, come Carl Sagan. Amavo la scienza, le stelle, la natura, ma amavo anche la gente, senza sapere che da tempo si è allontanata dalla natura. I nostri sentimenti sono di seconda mano. Il nostro amore è costruito. Le nostre convinzioni manipolate. La nostra originalità applicata a un’arte artificiale. È diventato veramente difficile amare senza rimanere feriti.
Il valore di un uomo è stato ridotto alla sua identità e alla sua immediata utilità. A un voto. A un numero. A una cosa. Nessun uomo è mai stato trattato come una mente. Come una cosa meravigliosa fatta della polvere di stelle. In tutti i campi, negli studi, nelle strade, nella politica, nella vita e nella morte.
È la prima volta che scrivo una lettera come questa. È la prima volta che scrivo una lettera di addio. Scusatemi se vi sembra insensata.
Forse ho capito male il mondo, l’amore, il dolore, la vita e la morte. La mia nascita è stato un incidente fatale. Non mi riprenderò mai dalla mia infanzia solitaria di bambino non apprezzato.
Rohith Vemula

Lettera pubblicata nell’articolo di Arundhati Roy sul numero di “Internazionale” dell’8-14 luglio 2016, n. 1161., pagg. 45-46.




Rohith Vemula: in morte di uno studente dalit di sinistra - Matteo Miavaldi


L'attivismo politico durante gli anni dell'università, in India, è generalmente percepito come un trampolino di lancio ottimale per una carriera politica promettente; entrare nel radar dei politici locali, diventarne i «pupilli», ritaglairsi un posticino nell'organigramma della sede più vicina, sperare in un'elezione in tempi brevi ed entrare nel cerchio magico del potere che lega politici, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni nella gestione della Cosa pubblica indiana. Non sempre limpida, ma sempre remunerativa. Ma per moltissimi studenti significa, forse peccando di naiveté, intraprendere un atto rivoluzionario nel senso più stretto del termine: opporsi alle pressioni sociali, che vorrebbero gli studenti come masse da plasmare estirpando alla radice il germoglio della dissidenza, giovani uomini e donne da omologare al pensiero unico che prevede il prima possibile un matrimonio e una vita vissuta all'interno di regole apparentemente immutabili. Perché«questi sono i valori indiani».

Vemula e i suoi compagni la pensano diversamente e, approfittando del privilegio di un'istruzione superiore, erano e sono attivi nella difesa di ciò che ritengono giusto e nella lotta contro ciò che ritengono sbagliato. Proveniente da una famiglia di dalit, Vemula apparteneva all'Ambedkar Students Association (Asa), una delle molte sigle di collettivi universitari indiani che, nello specifico, si occupa di discriminazione contro le minoranze dell'India di oggi. Asa è attiva nella sensibilizzazione dei temi della condizione dei dalit negli istituti scolastici e, recentemente, si è esposta in difesa dei diritti della minoranza musulmana.

Lo scorso anno il collettivo della Hcu aveva organizzato una serie di iniziative mal viste dall'amministrazione universitaria: la proiezione del documentario «Muzaffarnagar Baaqi Hai» (sulle violenze interreligiose tra hindu e musulmani del 2014 nella omonima cittadina dell'Uttar Pradesh), una veglia per l'impiccagione di stato di Yakub Memon, un Beef Festival a sostegno della libertà di mangiare carne di manzo, nonostante lafollia identitaria delle frange estremiste hindu.

Durante la proiezione del documentario che denunciava la regia dell'ultrainduismo dietro gli scontri di Muzzaffarnagar, gli studenti di Asa si sono scontrati - anche fisicamente - contro i loro compagni appartenenti alla Akhil Bharatiya Vidyarthi Parishad (Abvp), il collettivo studentesco nazionale di destra vicino al Bharatiya Janata Party (Bjp, il partito di governo guidato dal premier Narendra Modi). Abvp, dopo gli scontri, ha denunciato cinque studenti di Asa - tra cui Vemula - alle autorità universitarie. Il Vice Chancelor (Vc) in carica all'epoca, il professor Sharma, aveva deciso di non prendere alcun provvedimento contro i cinque studenti di Asa, riconducendo il tutto alla normale amministrazione della politica universitaria (feroce, a tratti, con esplosioni di violenza non infrequenti).

Ma con le dimissioni di Sharma e la nomina del nuovo Vc Apparao - vicino al Bjp - lo scorso dicembre, le cose hanno preso un'altra piega. Secondo quanto riferito da alcuni organi di stampa indiani, in seguito alla scazzottata tra Asa e Abvp, l'Union Minister Bandaru Dattatreya - più o meno il corrispettivo del nostro sottosegretario, in quota Bjp - aveva raccomandato al ministero delle Human Resources and Development (Hrd) - guidato da Smriti Irani, Bjp -  di sospendere i cinque studenti, descritti come «castisti, estremisti, anti-nazionali».

Il Vc Apparao, ricevute indicazioni precise in una lettera del ministero delle Hrd, i primi giorni di gennaio ha proceduto alla sospensione dei cinque studenti, ai quali è stato proibito l'accesso alle strutture universitarie - escluse le aule dove si tenevano le lezioni che dovevano seguire - e, soprattutto, quello alle proprie stanze assegnate nel dormitorio, sgomberate dal personale universitario e lucchettate.

Per 12 giorni i cinque studenti hanno dormito all'aperto, di fronte ai cancelli dell'università, protestando contro una misura secondo loro motivata da sentimenti discriminatori a causa della loro battaglia politica e della loro provenienza familiare: tutti e cinque, infatti, provenivano da famiglie dalit di umili origini.

Vemula, un tempo molto attivo politicamente all'interno dell'università, secondo i propri compagni subito dopo essere stato cacciato dal dormitorio si era chiuso in un silenzio inusuale. Domenica sera, senza che nessuno ad Asa potesse sospettarlo, ha deciso di impiccarsi.

La lettera lasciata da Vemula, che sta facendo il giro dei social network in questi giorni, è il testamento lasciato da un ragazzo sopraffatto dalla frustrazione e dall'ingiustizia che continua a caratterizzare la società indiana contemporanea a vari livelli, non ultimo in quello universitario.

La morte di Vemula ha innescato un'ondata di proteste in molte università del paese, coi collettivi di sinistra che denunciano la responsabilità morale delle istituzioni vicine al Bjp per aver istigato al suicidio il giovane studente. La polizia di Hyderabad ha aperto un fascicolo, inserendo nel registro degli indagati tre funzionari della Hcu e il ministro  Dattatreya. L'accusa è istigazione al suicidio.


[Scritto per East online; foto credit: thewire.in]


India, nazionalismo e discriminazione di casta nelle Università

 [Traduzione a cura di Luciana Buttini, dall'articolo originale di Dag Erik Berg pubblicato su openDemocracy]


Nel 2016 la politica indiana è stata caratterizzata da un aumento delle proteste studentesche e le principali Università del Paese sono diventate terreno di scontro politico. Il partito nazionalista al potere ha permesso agli attivisti indù di acquisire il controllo dei movimenti politici studenteschi. E l’etichetta ‘anti-nazionale’ è stata usata per frenare gli studenti più preparati politicamente che hanno cercato di confrontarsi pubblicamente sulle questioni sensibili per l’attuale governo di Delhi.
In modo particolarmente allarmante, i recenti episodi di violenza da parte della polizia e l’arresto degli studenti e degli insegnanti all’Università Centrale di Hyderabad, nel Sud dell’India, hanno intensificato la politica di esclusione che opprime i dalit (chiamati anche ‘fuori casta‘) e altre minoranze etniche. I post e i video apparsi sui social network hanno mostrato come le aule generalmente caratterizzate da sobrie attività accademiche sono ora teatro di violenza e disordini. Secondo le indagini condotte sinora, questi violenti sviluppi sembrano essere il risultato di un’azione coordinata tra gli studenti nazionalisti indiani, membri di polizia e amministratori universitari di alto rango.
Nel Paese con la più grande democrazia del mondo, questo impone una sfida critica più ampia agli istituti di istruzione superiore. Com’è possibile che il potere del nazionalismo induista possa intensificare la politica di esclusione delle caste in questo modo, trasformando un campus universitario in qualcosa di simile a una zona di guerra?
Il caso di violenza avvenuto all’Università di Hyderabad lo scorso 22 marzo è un esempio di abuso del potere locale. Dopo il suicidio dello studente dottorando dalit Rohith Vemula, lo scorso 17 gennaio, il vice rettore Appa Rao Podile è stato sospeso dal lavoro. Ha subìto accuse di essere stato in parte responsabile dei traumi che hanno portato lo studente al suicidio, tra cui la sospensione della sua borsa di studio mensile. Rohith Vemula era un leader dell’Ambedkar Student Association(ASA), un collettivo universitario di sinistra che lotta per l’uguaglianza sociale dei giovani studenti indiani. Lui e altri quattro membri dell’ASA avevano espresso critiche al gruppo studentesco nazionalista indiano al fine di fermare le loro manifestazioni. Ulteriori problemi sono emersi quando lo scorso luglio Vemula ha contestato la pena di morte in un momento in cui il governo indiano presiedeva l’esecuzione di Yakub Memon, accusato di essere stato l’”ideatore” dell’attentato di Mumbai.
Nella polemica politica scoppiata dopo il suicidio di Rohith Vemula è stato reso noto pubblicamente che i membri del governo centrale a Nuova Delhi avevano inviato cinque lettere per assicurarsi che l’Università Centrale di Hyderabad avesse sospeso i cinque studenti dalit.
A causa della discriminazione basata sulle caste, vari studenti dalit si sono tolti la vita negli istituti di istruzione superiore in tutta l’India, ma il caso di Rohith Vemula ha sconvolto il Paese come mai prima d’ora. Il suicidio di Rohith Vemula ha raccontato la tragica storia di uno studente proveniente da un ambiente molto povero che ha deciso di togliersi la vita dopo aver sopportato pesanti problemi finanziari e politici all’interno dell’Università. L’episodio ha tuttavia anche rivelato un collegamentodiretto tra il governo centrale e la sua sospensione dall’Università, portando a un dibattito politico cui raramente abbiamo assistito.
I leader dell’opposizione hanno condannato pubblicamente il trattamento riservato a Rohith Vemula e l’interferenza politica all’Università di Hyderabad. Alla fine, il ministro dell’Istruzione ha dovuto affrontare il caso all’interno del Parlamento indiano lo scorso 25 febbraio. È importante notare come il suicidio di uno studente sia diventato un argomento scottante a tale livello politico e, tuttavia, si è da allora intensificata la politica di esclusione, con i nazionalisti indiani al potere determinati a cooperare con gli uomini di potere locali e gli studenti di destra.
Il violento scontro del 22 marzo scorso all’Università di Hyderabad sembra essere parte di un’azione coordinata e continua per affermare il predominio e il potere. Alcuni studenti hanno dato vita a manifestazioni quando il controverso vice rettore è ritornato improvvisamente al lavoro, dovendo poi affrontare un violento giro di vite da parte della polizia e degli attivisti di destra. Nel corso di quella giornata, venticinque studenti sono stati prelevati dal grande campus e mandati in prigione insieme a due insegnanti. Finché il campus era pieno di personale di polizia, le infrastrutture di base e i servizi come elettricità, cibo, Internet e gli sportelli bancomat sono stati chiusi ed è stato impedito l’accesso al campus alla stampa e alle consegne di cibo. Per un po’ è stata come una fortezza chiusa.
Sia gli studenti dalit che quelli musulmani sono stati presi di mira dalla polizia. Questo caso, tuttavia, rispetto ad altre controversie sulla politica studentesca avvenute in tutta l’India negli ultimi due mesi, ha incontrato una certa indifferenza da parte della stampa e della classe politica. Lo scorso 29 marzo gli studenti e gli insegnanti sono stati rilasciati a patto di presentarsi regolarmente in commissariato, come se rimanessero indagati.
Il ritorno a un ambiente di lavoro sereno rappresenta una sfida alla luce di queste eccezionali tensioni e interferenze esterne nell’ambito della vita universitaria e governativa. Più in generale, oggi in India quest’arresto ha sollevato nuove questioni circa il pregiudizio, la libertà di parola e l’esclusione basata sulle caste all’interno degli istituti educativi.
Il nazionalismo induista ha una lunga storia, ma negli ultimi due mesi si è assistito a una campagna incessante per ottenere il controllo degli istituti di istruzione superiore. Lo spazio per il dissenso nella più grande democrazia del mondo si è ridotto notevolmente, con l’etichetta “anti-nazionale” utilizzata regolarmente per condannare le proteste studentesche. Ciò è quanto avvenuto anche all’Università di Jawaharlal Nehru a Nuova Delhi, nonostante il suo ranking accademico superiore e il solido attivismo dei suoi studenti, dopo che i leader studenteschi di sinistra avevano espresso critiche nei confronti delle politiche indiane nel Kashmir. L’evento del 22 marzo all’Università di Hyderabad presenta tuttavia un ulteriore elemento di discriminazione basato sulle caste che si collega alla storia regionale del nuovo Stato meridionale del Telangana che prima faceva parte dell’Andhra Pradesh.
Questa parte dell’India ha una storia fatta di violenti massacri commessi dalle caste terrieretradizionalmente dominanti, tra cui le uccisioni di sei dalit nel villaggio di Karamchedu nel 1985 e di altri nove dalit nel villaggio di Chunduru nel 1991 da parte delle caste localmente dominanti. Molti di questi massacri sono stati eseguiti per “dare una lezione ai dalit in modo che non osassero opporsi ai proprietari terrieri locali.
La storia degli atti di violenza nei confronti delle caste nell’allora Andhra Pradesh ha fornito le basi per gli attivisti che si sono recati dall’Andhra Pradesh al Sudafrica per partecipare alla Conferenza Mondiale contro il razzismo nel 2001. Questi attivisti si sono impegnati perché la discriminazione basata sulle caste fosse riconosciuta a livello internazionale come parte del problema del razzismo, dell’intolleranza e della legge in materia di diritti umani. Invece, il governo indiano ha rifiutato qualsiasi confronto di casta e di razza nel diritto internazionale in materia di diritti umani al fine di evitare qualsiasi controllo esterno della discriminazione di casta in India.
I villaggi e i proprietari terrieri distano parecchio dall’importante Università in cui studenti e insegnanti si dedicano alla lettura, all’insegnamento, alla scrittura e ai continui dibattiti. Tuttavia, la violenta oppressione di queste proteste studentesche ha ricordato nuovamente in maniera brutale ai dalit la convenienza di rimanere in silenzio o, al contrario, le conseguenze inflitte dai detentori del potere locale. La trasformazione di uno spazio universitario in uno spazio di disordine politico segna inoltre un deterioramento significativo della democrazia indiana.
Il fatto che la politica prenda di mira gli istituti di istruzione superiore è diventato un segno caratteristico del nazionalismo induista, ma con una così forte applicazione del controllo politico su un campus è stato raggiunto un nuovo stadio. Come si salveranno ora la democrazia indiana e il principio della legalità alla luce delle crescenti rivalità?

giovedì 28 luglio 2016

L’isola delle cameriere – Milena Moser

Irma fa una vita si routine, a 28 anni, fa le pulizie a ore, sopravvive,  non ha troppe esigenze né ambizioni.
poi, senza volerlo, incontra qualcuno, e nasce l'idea di una vendetta, di una specie di giustizia, di un viaggio nell'isola delle cameriere (qual è lo scoprirete solo alla fine del libro).
una bella sorpresa - franz




…E questo libro divertente lo e’ davvero. Irma e’ divertente perché e’ buffa e sgraziata ed anche perché usa il potere che le viene dal fatto di essere considerata invisibile per fare un po’ quello che vuole. In realtà e’ lei che, conoscendo tutte le debolezze dei suoi datori di lavoro, li manovra da buona psicologa e li spinge a collaborare inconsapevolmente al piano che sta mettendo in atto. Ed e’ molto interessante il rapporto che si instaura tra Irma e Nelly perché l’accudimento diventa reciproco. Per prendersi cura di Nelly, infatti  Irma dovrà abbandonare la sua vita un po’ disordinata e cialtrona e questo la spingerà ad avere una nuova prospettiva di sé ed anche a fare una scelta non convenzionale.
Ma in effetti in questo libro non ho trovato nulla di convenzionale e questo lo considero un pregio. Inoltre ho apprezzato la capacita’ dell’autrice di intrigare il lettore quando introduce nei personaggi un dettaglio o un aspetto che ne cambiano completamente la personalità .
Se vi e’ rimasta la curiosità di sapere perché il libro abbia questo titolo vi svelerò allora che l’isola di cui si parla e’ la meta del viaggio che le due protagoniste sognano di fare a vendetta ottenuta.

L’isola delle cameriere è un libretto abbastanza originale. La trama è semplice, i personaggi no. 
In pratica, è la storia di una cameriera ad ore, Irma, ex ballerina, che vive nel sottobosco della “borghesia urbana”. Ad un certo punto si imbatte in una specie di segreto di una delle famiglie presso cui lavora, ed in teoria si scatena la vendetta (non dico altro per non rovinare la trama a chi lo leggerà). Come recita la quarta di copertina, “I buoni sono cattivi ed i cattivi sono buoni”. Abbastanza vero, anche se in generale tutti i personaggi sono un po’ sgradevoli, a cominciare da Irma…Va detto che, da amante di libri crudeli, mi aspettavo un po’ più di devastazione nella “vendetta”, che peraltro si perde in storie un po’ parallele. 
I personaggi mi sono piaciuti, la trama è carina.

Mi sono immedesimata molto nella protagonista è questo forse che mi ha fatto affezionare a lei ed a quasi tutti i personaggi presenti. Immagini create con pochi ma definiti tratti che ti permettono di immaginare volti e luoghi. Letto molto volentieri, consigliato!

mercoledì 27 luglio 2016

scuola corrotta, nazione infetta

Chiamata diretta, orari docenti, assegnazione alle classi, incarichi collaboratori sono a rischio corruzione: a dirlo l'ANAC

L'ANAC è "l'Autorità Nazionale Anticorruzione", che giorno 13 aprile 2016 ha emanato la delibera n. 430 che analizza i motivi di possibili corruzioni all'interno delle istituzioni scolastiche.
Il documento analizza quali processi all'interno delle scuole possono essere a rischio corruzione.
Nell'elenco vengono riportati svariati processi che riguardano la progettazione del servizio scolastico, i processi di organizzazione, di autovalutazione dell'istituto, il processo di sviluppo e di valorizzazione delle risorse umane, valutazione degli studenti, gestione dei locali.
Tra i processi a rischio corruzione vengono elencati, ad esempio: gli incarichi ai docenti coerenti con il PTOF, l'assegnazione dei docenti alle classi, l'elaborazione degli orari, conferimento supplenze, gli incarichi dei collaboratori, l'adozione dei libri di testo.
La soluzione offerta dall'ANAC riguarda la trasparenza nella pubblicazione delle graduatorie interne con attribuzione di legittimi punteggi o pubblicazione sul sito della scuola i criteri per la definizione degli orari di servizio.
Tra i timori espressi dall'ANAC anche il conferimento degli incarichi di docenza (la chiamata diretta) che secondo l'Autorità Nazionale, può creare "discriminazioni e favoritismo nell'individuazione all'interno degli ambiti del personale cui conferire incarichi."
Il documento non si limita ad individuare il problema, ma dà anche la soluzione. Il consiglio è di definire, "anche attraverso la consultazione degli organi collegiali, e pubblicazione sul sito internet della scuola, dei criteri oggettivi per l'attribuzione di incarichi". La "diramazione di circolare esplicative dei criteri". Nonché "la pubblicazione tempestiva degli incarichi di docenza conferiti".



Chiamata diretta, school bonus, alternanza scuola-lavoro: processi a rischio corruzione. PSP, intervenga l'ANAC

I partigiani della scuola pubblica ha nuovamente scritto al presidente dell'ANAC Cantone, al fine di evidenziare alcuni procedimenti a rischio di corruzione, evidenziati nella delibera n. 430 della medesima autorità nazionale anticorruzione e determinati dalle novità introdotte dalla legge di riforma della scuola. 
I procedimenti evidenziati dai PSP riguardano la chiamata diretta, lo school bonus, l'alternanza scuola-lavoro e le scelte didattiche dei docenti che potrebbero essere influenzate dal DS, in quanto è lo stesso ad assumere i docenti.
Riguardo al primo aspetto, ossia la chiamata diretta, i PSP evidenziano che le misure volte ad evitare il rischio corruzione nell'ambito della chiamata diretta, previste nella medesima delibera ANAC, non saranno rispettate, per una questione legata alla tempistica. Nel documento dell'ANAC, infatti, si consiglia, al fine di rendere il processo di assegnazione dell'incarico ai docenti dell'ambito, di definire criteri oggettivi per poi procedere alla pubblicazione degli stessi, anche tramite circolari esplicative, e degli incarichi conferiti. Incrociando le date di pubblicazione degli avvisi e quelle in cui i docenti dovranno caricare i curriculum su Istanze On line, è evidente che i dirigenti possono pubblicare gli avvisi dopo che i docenti caricano i curriculum, per cui si potrebbero definire dei criteri su misura per il docente che si vuole "chiamare". In particolare - scrivono i PSP -  nella scuola secondaria di secondo grado i CV devono essere caricati a cominciare dal 16 agosto mentre i criteri verranno individuati a cominciare dal 18 agosto, ossia due giorni dopo.   Secondo tale tempistica, dunque, le misure previste dall'autorità anticorruzione sono inapplicabili: prima i curriculum e poi gli avvisi con i criteri.
Quanto allo school bonus, i PSP ritengono che i finanziatori delle scuole potrebbero determinare le scelte dei dirigenti, la cui valutazione è legata dal raggiungimento degli obiettivi delineati nell’atto di indirizzo e dalla valorizzazione delle risorse umane, che necessitano di un investimento  economico che non può trovare appoggio in fondi d’istituto tanto ridotti da dover essere alimentati dai contributivolontari dell’utenza. L’unico appiglio che avrebbe il Dirigente Scolastico per soddisfare la responsabilità di risultato che gli consentirebbe di accederealla retribuzione appositamente prevista per la sua figura professionale sarebbe dunque il reperimento di finanziamenti esterni privati. Privati, che a detta dei PSP, potrebbero finanziare la scuola in cambio magari dell'assunzione di un docente loro amico o dell'acquisto di beni e servizi nella loro azienda da parte dell'Istituto.
L'alternanza scuola - lavoro potrebbe anch'essa determinare dei processi corruttivi di “cambio di utilità” tra impresa e Dirigente scolastico o tra aziende  e famiglie, atteso che quest’anno alcuni  istituti, in difficoltà per l’assenza di un registro dell’alternanza con le varie imprese, hanno demandato alle stessefamiglie la ricerca di aziende disponibili a questa pratica di tirocinio e la  valutazione dell’azienda concorre a quella curricolare dell’allievo.
Ultimo aspetto, oggetto della missiva dei PSP all'ANAC riguarda l'influenza, che il DS potrebbe esercitare sulle scelte didattiche dei docenti  e la valutazione, essendo il dirigente medesimo ad assumere gli insegnanti, a valutarli e ad attribuirgli il bonus premiale.
Alla luce di quanto suddetto, i PSP chiedono un incontro anche pubblico con il presidente Cantone, che potrebbe intercedere nei confronti del Miur affinché corregga tutte le storture della legge n. 107/2015.