Ormai è innegabile che lo Stato Islamico sia
fortemente presente in Turchia. Nel Paese trova infatti diversi modi per
arricchire le sue casse, si appoggia su diverse realtà per ottenere nuove
adesioni e per mettere in atto i suoi progetti, utilizza il territorio
nazionale sia per far transitare i materiali necessari alla sua lotta sia
affinché i nuovi militanti possano transitare verso i territori occupati in
Siria e Iraq. Infine l’Isis utilizza la Turchia come un palcoscenico mettendo
in atto stragi con l’obiettivo di mantenere alto il livello della sua politica
di terrore.
Iniziamo analizzando alcuni fatti che
proverebbero la presenza dello Stato Islamico in Turchia.
Nel 2012 il giornalista Isa Eren visita il
campo profughi costruito nel villaggio di Apaydin, a 3 chilometri dalla Siria.
Eren riesce a parlare con i militanti di un’organizzazione armata mossa da
ideali religiosi: è il periodo in cui questo genere di organizzazioni si stanno
pian piano staccando dall’Esercito Libero Siriano per agire indipendentemente.
Uno dei jihadisti afferma: “Sappiamo che i nostri combattenti feriti vengono curati
negli ospedali turchi vicino al confine. Noi non sapevamo come usare certe armi
così ci hanno raggiunto dei combattenti dalla Libia attraverso la Turchia”.
Nel gennaio 2014, in due località diverse,
Adana e Hatay, sono stati fermati alcuni tir insieme a qualche auto. Durante i
controlli si scopre che a dirigere il viaggio dei tir, diretti in Siria, ci
sono agenti dei servizi segreti turchi insieme a rappresentanti di
un’organizzazione non governativa (IHH). I mezzi stanno trasportando armi. Nel
luglio 2013 il quotidiano nazionale Milliyet sottolinea in un articolo che, secondo alcune
fonti, in Turchia ci sono gruppi criminali che forniscono anche auto rubate a
Isis e si parla di circa mille mezzi consegnati solo nel 2013.
Secondo il portale di notizie online
HaberTurk, a Gungoren nella città di Istanbul, uno dei quartieri roccaforte dei
voti verso i partiti conservatori, un’associazione non governativa (HISADER) –
che reca il simbolo dell’ISIS all’interno del proprio logo – raccoglie aiuti
“umanitari”. Nel giugno 2013, il giornalista Soler Dagistanli ha intervistato a
Istanbul due famiglie i cui i figli hanno deciso di partire per la Siria e
unirsi ai terroristi dell’Isis. Sempre nello stesso periodo il quotidiano
nazionale Yurt ha fotografato un negozio in zona Bagcilar a Istanbul che vende
abbigliamento con i simboli dell’Isis. Secondo il giornalista Nevzat Cicek le
adesioni all’organizzazione dalla Turchia sono alte e maggiormente nelle città
di Antep, Adıyaman, Bingöl, Mardin, Diyarbakır, Kırşehir, Konya, Ankara,
İstanbul.
In questo periodo, per la prima volta, una
figura istituzionale di alto livello ammette l’esistenza di relazioni strette
fra Isis e Turchia. L’ex vice primo ministro Bulent Arinç durante
l’inaugurazione della nuova sede dell’ong Ardev comunica che in Turchia,
attraverso associazioni e fondazioni, l’organizzazione trova nuovi adepti.
Il giornalista Ilkay Celen si reca in località
Dilovasi nella città di Kocaeli e parla con la famiglia di Ahmet, anche lui
aderente all’Isis insieme ad altri otto amici. Secondo il padre di Ahmet poco
distante da Karamursel c’è anche un campo di addestramento dove operano
istruttori provenienti dalla Bosnia. Le persone intervistate da Celen dicono
che ad aderire all’Isis siano per la maggior parte ragazzi giovani provenienti
da famiglie povere.
Sakir Altas, governatore del villaggio di
Candir, al confine con la Siria, nei pressi della città di Hatay, afferma che
sia la gendarmeria ad agevolare il passaggio delle milizie dell’Isis verso la
Siria e viceversa.
In un servizio di Ralph Sina, del canale
televisivo statale tedesco ARD, nel quartiere Fatih a Istanbul, si mostra come
l’Isis abbia un ufficio dedito all’assistenza dei jihadisti provenienti
dall’Europa. Nel mese di settembre 2014 il giornalista Zafer Samanci intervista
il padre di un altro giovane che ha aderito all’Isis e ritiene che siano circa
300 i giovani partiti per la Siria dalla sola città di Konya.
Il quotidiano Taraf sostiene che le cure mediche dei jihadisti
dell’Isis vengano effettuate negli ospedali della città di Mersin. Una delle
notizie pubblicate dal quotidiano nazionale Bild riporta l’esistenza di una relazione di 100
pagine presentata dai servizi segreti al governo in cui si notifica la presenza
di sette arsenali dell’Isis in Turchia.
Il partito politico parlamentare Dbp (Partito
delle Aree Democratiche) denuncia che nella città di Amed ci sono circa 400
associazioni che lavorano per l’Isis.
Secondo il parlamentare nazionale del Partito
Popolare Repubblicano (Chp), Erdem Eren, in Turchia attualmente sono in atto 14
processi a diversi membri dell’Isis. Eren in un suo intervento parlamentare,
fatto il giorno dopo l’ultimo attentato dell’organizzazione all’aeroporto di
Istanbul, specifica come le carte di questi processi siano piene di
documentazione che proverebbero il fatto che i jihadisti fossero seguiti dalla
polizia già da parecchio tempo.
Uno dei ricercati nel processo sulla strage di
Ankara, del 10 ottobre 2015, «I. B.» dopo 3 anni di detenzione per accuse
terroristiche, abbandona la Turchia nel 2011 e aderisce all’Isis nel 2013.
Secondo le carte del processo «I. B.» ha attraversato il confine per ben 12
volte in un anno. Come specifica anche il parlamentare nel suo intervento,
«I.B.» è accusato di aver lavorato per l’adesione di circa 1800 persone allo
Stato Islamico. I telefoni dell’accusato sono sotto intercettazione da parte
della polizia dal 2013 e «I. B.» attraverso le telefonate fissa appuntamenti
con altre persone per organizzare i viaggi. Nelle documentazioni del processo
sono presenti circa altri 10.000 indirizzi intercettati in 2 anni. Tuttavia
fino all’attacco terroristico consumato davanti alla stazione ferroviaria di
Ankara non è stata effettuata nessuna operazione contro questo individuo e
altri come lui accusati nel processo.
«H. B.» processato in uno dei 14 processi
sull’Isis con altre 96 persone è stato rilasciato il 24 marzo del 2016.
L’accusato non può abbandonare il territorio nazionale e per tre volte a
settimana deve mettere la firma presso la caserma della polizia più vicina. Nel
processo, composto da 315 pagine di accuse, «H.B.» è incriminato per
divulgazione dell’ideologia dell’Isis in diverse località della Turchia e aver
lavorato per creare sostegni logistici all’organizzazione. Inoltre «H. B.» è
accusato di essere il cosiddetto leader dell’Isis in Turchia. Infatti secondo
il quotidiano nazionale Taraf, in un intervento della polizia nel 2014 sono
stati trovati diversi cd con riprese che appartengono all’accusato in cui egli
specifica che dopo le operazioni in Siria l’obiettivo della sua organizzazione
sia quello di “conquistare la città di Istanbul”. Un altro accusato del
processo è «G. B.» arrestato nel 2015 perché in possesso di una serie di
esplosivi e armi nella sua auto; anche «G. B.» è stato rilasciato nell’ultima
udienza del 24 marzo.
Nel suo intervento in Parlamento, Erdem Eren,
mostra la documentazione inerente alla banca dati dei militanti dell’Isis
feriti in battaglia e curati in diversi ambulatori nella città di Antep in
Turchia. Secondo Eren fra le carte del processo sulla strage di Ankara si nota
come gli spostamenti di questi jihadisti siano stati osservati e documentati
dalla polizia precedentemente.
Secondo un lavoro realizzato dal giornalista
Firat Kozok del quotidiano nazionale Cumhuriyet, i fratelli Alagoz, due degli
attentatori delle stragi di Suruç e Ankara, sono finiti nel mirino dei giudici
e della polizia già dal 2013. Uno dei due fratelli, Yunus Alagoz, è stato
convocato nel tribunale per un interrogatorio in cui ha confermato la scomparsa
del fratello, Abdurrahman Alagoz, e la sua eventuale adesione a un’organizzazione
armata. Tuttavia dopo l’interrogatorio Yunus Alagoz è stato rilasciato. Secondo
le intercettazioni effettuate dalla polizia risultano dialoghi tra i due
fratelli mentre si danno l’addio poco prima delle stragi.
Il 20 luglio 2015 Abdurrahman Alagoz si fa saltare
in aria uccidendo 34 persone a Suruç. Il 19 ottobre 2015 la Procura della
Repubblica ha confermato che uno degli attentatori della strage di Ankara del
10 ottobre 2015 fosse invece Yunus Alagoz.
Il 21 marzo 2016 in Siria è stato arrestato
dalle Unità di Difesa Popolare (YPG-J) uno dei militanti dell’Isis più
ricercati in Turchia, Savas Yildiz, accusato di aver pianificato l’attentato di
Taksim-Istanbul del 19 marzo. In un’intervista/interrogatorio video diffuso su
internet, Yildiz ammette di appartenere all’Isis, di essere un cittadino della
Repubblica di Turchia e di aver oltrepassato parecchie volte il confine per
entrare in Siria e Turchia. Secondo Yildiz il confine viene utilizzato così
tranquillamente dai militanti grazie a un accordo tra l’Isis e il governo di
Turchia. Infine Yildiz sottolinea un fatto molto interessante ossia quello di
aver collaborato con gli agenti dei servizi segreti della Turchia per attaccare
le diverse sedi del Partito Democratico dei Popoli in Turchia poco prima delle elezioni
nazionali del 7 giugno 2015.
Lo Stato Islamico oltre a trovare nuove
adesioni sul territorio nazionale della Turchia porta avanti anche un’attività
economica notevole. Nel mese di marzo 2016 il parlamentare nazionale Idris
Baluken ha avanzato una richiesta al governo per capire i dettagli di quei 12
milioni di attività commerciali fra la Turchia e la Siria, dato che le dogane
di Akcakale e Karkamis sono ufficialmente chiuse e da circa 5 anni la Turchia
applica politiche di embargo verso la Siria. Baluken che ha illustrato
l’interruzione delle attività commerciali da quando queste due zone sono
passate sotto il controllo delle YPG-J tuttora non ha ricevuto una risposta
alla sua richiesta.
Ormai è evidente che l’Isis faccia parte della
vita quotidiana in Turchia. Ci lavora e opera. Ci vive e cresce. Tuttora il
sistema giuridico e le forze armate non sono stati in grado di impedire tutto
questo. Inoltre il partito unico che governa e amministra il Paese da parecchi
anni porta avanti un atteggiamento passivo, e irresponsabile nei confronti di
obblighi o doveri, dovuto principalmente a pigrizia o insensibilità.
Dopo l’attentato all’aeroporto di Istanbul 3
partiti (HDP-MHP-CHP) su 4 presenti nel Parlamento nazionale hanno proposto di
creare una commissione di ricerca per identificare i colpevoli dell’attentato e
i loro legami in Turchia. La proposta è stata respinta con i voti dei
parlamentari dell’AKP. Poco dopo l’attentato i gruppi parlamentari di questi
tre partiti hanno diffuso comunicati di stampa condannando l’attacco
terroristico. Tuttavia il gruppo parlamentare dell’AKP, dopo aver definito
l’evento come un attacco terroristico, ha specificato che si tratta di un
complotto che punta ad indebolire la Turchia e la sua stabile crescita.
La cultura della paranoia, dei complotti e la
ricerca del colpevole fanno parte della cultura nazionale militarista in
Turchia. Il capro espiatorio è uno dei fondamentali meccanismi utilizzato da
parecchi anni dai diversi governi per identificare le ragioni e i responsabili
dei problemi. Questi nei primi anni della Repubblica erano i Greci, poi negli
anni 50 gli stranieri in generale, dopo tutti i non-musulmani. Dagli anni 60
fino a oggi “il problema” ha incluso progressivamente gli aleviti, gli armeni,
i curdi e qualsiasi voce d’opposizione che abbia posto una critica al governo.
Attraverso questo meccanismo non è difficile definire periodicamente
“terroristi” o “traditori della Patria” tutti coloro che non stanno dalla parte
del potere politico dominante. Questo è il caso dei tanti giornalisti che hanno
provato a rivelare certi giochi, degli accademici che hanno firmato un appello
per la pace, o ancora dei politici che hanno provato a svolgere un’attività
alternativa oppure degli studenti universitari che hanno lottato per un futuro
migliore: tutti soggetti accusati di “collaborazione terroristica” o di
“propaganda terroristica” e rinchiusi in diversi centri di detenzione del Paese.
Mentre i veri terroristi riescono a circolare
liberamente in Turchia come fosse il loro palcoscenico sanguinario, dall’altra
parte chi si oppone al governo centrale con proprie idee e cerca di rivelare i
segreti oscuri del Paese viene classificato come “terrorista”.
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