venerdì 8 luglio 2016

Chi sono i terroristi – Murat Cinar



Ormai è innegabile che lo Stato Islamico sia fortemente presente in Turchia. Nel Paese trova infatti diversi modi per arricchire le sue casse, si appoggia su diverse realtà per ottenere nuove adesioni e per mettere in atto i suoi progetti, utilizza il territorio nazionale sia per far transitare i materiali necessari alla sua lotta sia affinché i nuovi militanti possano transitare verso i territori occupati in Siria e Iraq. Infine l’Isis utilizza la Turchia come un palcoscenico mettendo in atto stragi con l’obiettivo di mantenere alto il livello della sua politica di terrore.
  Iniziamo analizzando alcuni fatti che proverebbero la presenza dello Stato Islamico in Turchia.
Nel 2012 il giornalista Isa Eren visita il campo profughi costruito nel villaggio di Apaydin, a 3 chilometri dalla Siria. Eren riesce a parlare con i militanti di un’organizzazione armata mossa da ideali religiosi: è il periodo in cui questo genere di organizzazioni si stanno pian piano staccando dall’Esercito Libero Siriano per agire indipendentemente. Uno dei jihadisti afferma: Sappiamo che i nostri combattenti feriti vengono curati negli ospedali turchi vicino al confine. Noi non sapevamo come usare certe armi così ci hanno raggiunto dei combattenti dalla Libia attraverso la Turchia”.
Nel gennaio 2014, in due località diverse, Adana e Hatay, sono stati fermati alcuni tir insieme a qualche auto. Durante i controlli si scopre che a dirigere il viaggio dei tir, diretti in Siria, ci sono agenti dei servizi segreti turchi insieme a rappresentanti di un’organizzazione non governativa (IHH). I mezzi stanno trasportando armi. Nel luglio 2013 il quotidiano nazionale Milliyet sottolinea in un articolo che, secondo alcune fonti, in Turchia ci sono gruppi criminali che forniscono anche auto rubate a Isis e si parla di circa mille mezzi consegnati solo nel 2013.
Secondo il portale di notizie online HaberTurk, a Gungoren nella città di Istanbul, uno dei quartieri roccaforte dei voti verso i partiti conservatori, un’associazione non governativa (HISADER) – che reca il simbolo dell’ISIS all’interno del proprio logo – raccoglie aiuti “umanitari”. Nel giugno 2013, il giornalista Soler Dagistanli ha intervistato a Istanbul due famiglie i cui i figli hanno deciso di partire per la Siria e unirsi ai terroristi dell’Isis. Sempre nello stesso periodo il quotidiano nazionale Yurt ha fotografato un negozio in zona Bagcilar a Istanbul che vende abbigliamento con i simboli dell’Isis. Secondo il giornalista Nevzat Cicek le adesioni all’organizzazione dalla Turchia sono alte e maggiormente nelle città di Antep, Adıyaman, Bingöl, Mardin, Diyarbakır, Kırşehir, Konya, Ankara, İstanbul.
In questo periodo, per la prima volta, una figura istituzionale di alto livello ammette l’esistenza di relazioni strette fra Isis e Turchia. L’ex vice primo ministro Bulent Arinç durante l’inaugurazione della nuova sede dell’ong Ardev comunica che in Turchia, attraverso associazioni e fondazioni, l’organizzazione trova nuovi adepti.
Il giornalista Ilkay Celen si reca in località Dilovasi nella città di Kocaeli e parla con la famiglia di Ahmet, anche lui aderente all’Isis insieme ad altri otto amici. Secondo il padre di Ahmet poco distante da Karamursel c’è anche un campo di addestramento dove operano istruttori provenienti dalla Bosnia. Le persone intervistate da Celen dicono che ad aderire all’Isis siano per la maggior parte ragazzi giovani provenienti da famiglie povere.
Sakir Altas, governatore del villaggio di Candir, al confine con la Siria, nei pressi della città di Hatay, afferma che sia la gendarmeria ad agevolare il passaggio delle milizie dell’Isis verso la Siria e viceversa.
In un servizio di Ralph Sina, del canale televisivo statale tedesco ARD, nel quartiere Fatih a Istanbul, si mostra come l’Isis abbia un ufficio dedito all’assistenza dei jihadisti provenienti dall’Europa. Nel mese di settembre 2014 il giornalista Zafer Samanci intervista il padre di un altro giovane che ha aderito all’Isis e ritiene che siano circa 300 i giovani partiti per la Siria dalla sola città di Konya.
Il quotidiano Taraf sostiene che le cure mediche dei jihadisti dell’Isis vengano effettuate negli ospedali della città di Mersin. Una delle notizie pubblicate dal quotidiano nazionale Bild riporta l’esistenza di una relazione di 100 pagine presentata dai servizi segreti al governo in cui si notifica la presenza di sette arsenali dell’Isis in Turchia.
Il partito politico parlamentare Dbp (Partito delle Aree Democratiche) denuncia che nella città di Amed ci sono circa 400 associazioni che lavorano per l’Isis.
Secondo il parlamentare nazionale del Partito Popolare Repubblicano (Chp), Erdem Eren, in Turchia attualmente sono in atto 14 processi a diversi membri dell’Isis. Eren in un suo intervento parlamentare, fatto il giorno dopo l’ultimo attentato dell’organizzazione all’aeroporto di Istanbul, specifica come le carte di questi processi siano piene di documentazione che proverebbero il fatto che i jihadisti fossero seguiti dalla polizia già da parecchio tempo.
Uno dei ricercati nel processo sulla strage di Ankara, del 10 ottobre 2015, «I. B.» dopo 3 anni di detenzione per accuse terroristiche, abbandona la Turchia nel 2011 e aderisce all’Isis nel 2013. Secondo le carte del processo «I. B.» ha attraversato il confine per ben 12 volte in un anno. Come specifica anche il parlamentare nel suo intervento, «I.B.» è accusato di aver lavorato per l’adesione di circa 1800 persone allo Stato Islamico. I telefoni dell’accusato sono sotto intercettazione da parte della polizia dal 2013 e «I. B.» attraverso le telefonate fissa appuntamenti con altre persone per organizzare i viaggi. Nelle documentazioni del processo sono presenti circa altri 10.000 indirizzi intercettati in 2 anni. Tuttavia fino all’attacco terroristico consumato davanti alla stazione ferroviaria di Ankara non è stata effettuata nessuna operazione contro questo individuo e altri come lui accusati nel processo.
«H. B.» processato in uno dei 14 processi sull’Isis con altre 96 persone è stato rilasciato il 24 marzo del 2016. L’accusato non può abbandonare il territorio nazionale e per tre volte a settimana deve mettere la firma presso la caserma della polizia più vicina. Nel processo, composto da 315 pagine di accuse, «H.B.» è incriminato per divulgazione dell’ideologia dell’Isis in diverse località della Turchia e aver lavorato per creare sostegni logistici all’organizzazione. Inoltre «H. B.» è accusato di essere il cosiddetto leader dell’Isis in Turchia. Infatti secondo il quotidiano nazionale Taraf, in un intervento della polizia nel 2014 sono stati trovati diversi cd con riprese che appartengono all’accusato in cui egli specifica che dopo le operazioni in Siria l’obiettivo della sua organizzazione sia quello di “conquistare la città di Istanbul”. Un altro accusato del processo è «G. B.» arrestato nel 2015 perché in possesso di una serie di esplosivi e armi nella sua auto; anche «G. B.» è stato rilasciato nell’ultima udienza del 24 marzo.
Nel suo intervento in Parlamento, Erdem Eren, mostra la documentazione inerente alla banca dati dei militanti dell’Isis feriti in battaglia e curati in diversi ambulatori nella città di Antep in Turchia. Secondo Eren fra le carte del processo sulla strage di Ankara si nota come gli spostamenti di questi jihadisti siano stati osservati e documentati dalla polizia precedentemente.
Secondo un lavoro realizzato dal giornalista Firat Kozok del quotidiano nazionale Cumhuriyet, i fratelli Alagoz, due degli attentatori delle stragi di Suruç e Ankara, sono finiti nel mirino dei giudici e della polizia già dal 2013. Uno dei due fratelli, Yunus Alagoz, è stato convocato nel tribunale per un interrogatorio in cui ha confermato la scomparsa del fratello, Abdurrahman Alagoz, e la sua eventuale adesione a un’organizzazione armata. Tuttavia dopo l’interrogatorio Yunus Alagoz è stato rilasciato. Secondo le intercettazioni effettuate dalla polizia risultano dialoghi tra i due fratelli mentre si danno l’addio poco prima delle stragi.
Il 20 luglio 2015 Abdurrahman Alagoz si fa saltare in aria uccidendo 34 persone a Suruç. Il 19 ottobre 2015 la Procura della Repubblica ha confermato che uno degli attentatori della strage di Ankara del 10 ottobre 2015 fosse invece Yunus Alagoz.
Il 21 marzo 2016 in Siria è stato arrestato dalle Unità di Difesa Popolare (YPG-J) uno dei militanti dell’Isis più ricercati in Turchia, Savas Yildiz, accusato di aver pianificato l’attentato di Taksim-Istanbul del 19 marzo. In un’intervista/interrogatorio video diffuso su internet, Yildiz ammette di appartenere all’Isis, di essere un cittadino della Repubblica di Turchia e di aver oltrepassato parecchie volte il confine per entrare in Siria e Turchia. Secondo Yildiz il confine viene utilizzato così tranquillamente dai militanti grazie a un accordo tra l’Isis e il governo di Turchia. Infine Yildiz sottolinea un fatto molto interessante ossia quello di aver collaborato con gli agenti dei servizi segreti della Turchia per attaccare le diverse sedi del Partito Democratico dei Popoli in Turchia poco prima delle elezioni nazionali del 7 giugno 2015.
Lo Stato Islamico oltre a trovare nuove adesioni sul territorio nazionale della Turchia porta avanti anche un’attività economica notevole. Nel mese di marzo 2016 il parlamentare nazionale Idris Baluken ha avanzato una richiesta al governo per capire i dettagli di quei 12 milioni di attività commerciali fra la Turchia e la Siria, dato che le dogane di Akcakale e Karkamis sono ufficialmente chiuse e da circa 5 anni la Turchia applica politiche di embargo verso la Siria. Baluken che ha illustrato l’interruzione delle attività commerciali da quando queste due zone sono passate sotto il controllo delle YPG-J tuttora non ha ricevuto una risposta alla sua richiesta.
Ormai è evidente che l’Isis faccia parte della vita quotidiana in Turchia. Ci lavora e opera. Ci vive e cresce. Tuttora il sistema giuridico e le forze armate non sono stati in grado di impedire tutto questo. Inoltre il partito unico che governa e amministra il Paese da parecchi anni porta avanti un atteggiamento passivo, e irresponsabile nei confronti di obblighi o doveri, dovuto principalmente a pigrizia o insensibilità.
Dopo l’attentato all’aeroporto di Istanbul 3 partiti (HDP-MHP-CHP) su 4 presenti nel Parlamento nazionale hanno proposto di creare una commissione di ricerca per identificare i colpevoli dell’attentato e i loro legami in Turchia. La proposta è stata respinta con i voti dei parlamentari dell’AKP. Poco dopo l’attentato i gruppi parlamentari di questi tre partiti hanno diffuso comunicati di stampa condannando l’attacco terroristico. Tuttavia il gruppo parlamentare dell’AKP, dopo aver definito l’evento come un attacco terroristico, ha specificato che si tratta di un complotto che punta ad indebolire la Turchia e la sua stabile crescita.
La cultura della paranoia, dei complotti e la ricerca del colpevole fanno parte della cultura nazionale militarista in Turchia. Il capro espiatorio è uno dei fondamentali meccanismi utilizzato da parecchi anni dai diversi governi per identificare le ragioni e i responsabili dei problemi. Questi nei primi anni della Repubblica erano i Greci, poi negli anni 50 gli stranieri in generale, dopo tutti i non-musulmani. Dagli anni 60 fino a oggi “il problema” ha incluso progressivamente gli aleviti, gli armeni, i curdi e qualsiasi voce d’opposizione che abbia posto una critica al governo. Attraverso questo meccanismo non è difficile definire periodicamente “terroristi” o “traditori della Patria” tutti coloro che non stanno dalla parte del potere politico dominante. Questo è il caso dei tanti giornalisti che hanno provato a rivelare certi giochi, degli accademici che hanno firmato un appello per la pace, o ancora dei politici che hanno provato a svolgere un’attività alternativa oppure degli studenti universitari che hanno lottato per un futuro migliore: tutti soggetti accusati di “collaborazione terroristica” o di “propaganda terroristica” e rinchiusi in diversi centri di detenzione del Paese.
Mentre i veri terroristi riescono a circolare liberamente in Turchia come fosse il loro palcoscenico sanguinario, dall’altra parte chi si oppone al governo centrale con proprie idee e cerca di rivelare i segreti oscuri del Paese viene classificato come “terrorista”.

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