Tre
Stati – Belgio, Francia e Turchia – in stato d’emergenza, ormai permanente.
Altri seguiranno a breve in Europa. L’ultimo sarà il nostro, protetto anche
dall’Isis grazie ai doppiogiochismi dei nostri ineffabili servizi, i cui
maneggi sono segreti solo ai suoi propri cittadini e soprattutto grazie alla
Mammasantissima – sempre sia lodata! – che ci protegge dall’alto dei suoi cieli
e che non permette intromissioni di potere nei suoi territori, neppure
dell’Isis (a sua volta ricambiata nel favore con armi, droga e rock’n’roll) e
che ha messo Angelino Alfano agli Interni, santo santo santo!, teniamocelo
stretto…
Le
democrazie liberali emettono i loro ultimi pestilenziali rantoli. Recep Tayyip Erdogan in Turchia fa
le prove generali di quel che, nei prossimi cinque, massimo dieci anni, accadrà
in molte ex-democrazie occidentali. Si organizza un autogolpe militare, lo
sconfigge in quattro ore, ne fa un altro, militarizzando un regime già da tempo
autocratico, infiorandolo di arabeschi islamizzanti. Milioni di persone in
piazza a sostenere gli arresti di massa, le torture, i licenziamenti forzati,
l’attacco a scuole e tribunali, le epurazioni in nome di Dio e del loro Sultano.
E, da noi, al di là di frasi retoriche e generiche, nessuna
reazione. I nostri governanti sanno
che è quella la strada che li aspetta a breve. Chi vorrà governare dovrà e potrà farlo solo così.
Troppo lenti i tempi del Parlamento, troppi impacci ancora in quel che resta
delle procedure partecipative, troppi rimandi e tentennamenti per ottenere quel
che la ragion liberista pretende da sempre: l’indipendenza e lo strapotere dei
mercati rispetto a qualunque mediazione politica.
.
Immaginiamoci
gli scenari peggiori di fine anno. Sono almeno due, entrambi forieri di
disastri.
Nel
primo vince Donald John Trump negli Stati Uniti e
Matteo Renzi perde il referendum: nel mondo, guerra civile negli Usa, terza
guerra mondiale dichiarata contro Russia e islamisti terroristi per ogni dove;
da noi, fine del governo Renzi e nuovo pastrocchio istituzionale, in attesa di
un golpe autogestito in nome dell’emergenza.
Nel
secondo vincono sia Hillary Rodham Clinton che Renzie: la palude prosegue,
i tempi si allungano, la catastrofe avanza ma più lenta e moderata, siamo
schiavi per anni della brodaglia attuale, ma sempre più immangiabile.
Una bella alternativa, no?
In
entrambi i casi, gli strati di emergenza si sedimenteranno uno sull’altro e i governi saranno sempre più legittimati ad agire in stato
d’eccezione, saltando leggi e regole residue, in barba a blateranti
costituzionalisti e internazionalisti (peraltro, sempre più in conflitto fra
loro).
I
dubbi restano, e forti, e non solo sul finto golpe turco. Come mai, proprio in vista delle elezioni,
dei neri si mettono ad uccidere poliziotti negli Stati Uniti? Come è possibile
che un tir si faccia due chilometri sul lungomare di Nizza, senza che nessuno
lo blocchi? Perché l’immigrazione viene gestita in questo modo, favorendo
l’allarme sociale e la sensazione di insicurezza in chi si crede ancora
benestante? Come si fa a credere che gli unici a doparsi in massa nel mondo
siano gli atleti russi? Aggiungete voi le domande che mancano. Non si
tratta di complottismo, si tratta di capire che la verità, in guerra, è sempre
la prima vittima. E siamo in guerra. Ma non quella contro l’Isis. Quella contro l’uguaglianza
e la fraternità, in nome della “libertà”.
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