all'inizio vede tanta gente strana, a Gorizia, ma per una bambina, non troppo strana come per i grandi, poi crescendo capisce di chi è figlia e nel '68 sarà l'unica giovane che non potrà ribellarsi al padre.
dice Franco Basaglia, e nel libro di Alberta è citato: “di volta in volta sono stati gli schiavi, il proletariato, i negri, gli ebrei, i ‘matti’, le donne, i bambini, gli ‘irregolari’, i ‘disadattati’, gli ‘elementi di disturbo’”.
un libro da non perdere, una sorpresa bellissima, non ve ne pentirete, promesso - franz
Non serve dare un senso a faccende che molte volte
spiegazioni non hanno. E nessuno dei grandi ha mai ritenuto fosse giusto
“spiegare”, semplicemente bastava vivere. Anche l’ansia che a volte si
percepiva. Era nello stato delle cose. Noi bambini non ne siamo mai stati
tagliati fuori, perché non esistevano cose da grandi e cose da piccoli. Eravamo
tutti solo persone. Al massimo potevamo rappresentare dentro di noi, a nostro
modo, realtà adulte. Per fare un esempio, prendiamo La passione secondo Matteo di Bach che il personale della Clinica
Neurologica di Padova aveva regalato a papà per il trasferimento a Gorizia: ero
convinta che fosse cantato e suonato dai medici e dagli infermieri del reparto,
un’orchestra perfetta. Avevo ovviamente preso un bel granchio, ma quelle note
le sentivo e le apprezzavo comunque. La realtà è la stessa per tutti, e non
importa se la vivi a modo tuo o se fraintendi qualcosa, lei ti spetta comunque
di diritto. Grande o piccolo che tu sia. Nessuno ci ha mai lasciato “di là”
perché “non erano cose da bambini”. In quell'ultimo luminoso piano del palazzo
della Provincia, le porte non si chiudevano, le parole ci raggiungevano sempre,
da una stanza all'altra, insieme all'odore del fumo di sigaretta, al ticchettio
della macchina da scrivere e agli squilli del telefono. I loro discorsi erano
anche i nostri. Queste diverse presenze erano il mio quotidiano. Questa è stata
per me la rivoluzione più normale del mondo.
…il
racconto delle storie di tante internate, riemerse da vecchie cartelle
cliniche, conferma l’opinione che la logica dei manicomi pre-legge 180 (lontano
dagli occhi, lontano dal cuore) letteralmente uccideva le vite “escluse e
ignorate”, e che quindi è assolutamente necessario proseguire sulla strada
aperta dal padre.
Malgrado si legga benissimo al punto da poterlo esaurire
d’un fiato, è il caso di soffermarsi sulle riflessioni che il libro stimola
quadro per quadro, che sicuramente aiuteranno a comprendere la genesi di una
legge che comunque divise l’opinione pubblica del tempo, ma anche a guardare
con un occhio più consapevole e maturo alla “malattia mentale” e soprattutto
alla vita di quanti ne sono colpiti, che comunque “vita” è e deve restare.
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