sabato 26 ottobre 2024

L’età dell’oro: il Burkina Faso nazionalizza le miniere e ora attende la reazione delle compagnie occidentali - Simona Losito

 

Il Burkina Faso è uno dei maggiori produttori d’oro del continente africano. L’estrazione aurifera rappresenta una delle principali fonti di reddito per lo Stato e un pilastro dell’economia nazionale. Tuttavia, le risorse minerarie del Paese sono storicamente state sfruttate in gran parte da compagnie straniere, con benefici spesso limitati per la popolazione locale. Recentemente, il governo ha annunciato una svolta epocale: la nazionalizzazione delle miniere d’oro. Ad agosto ci sono state le prime nazionalizzazioni ai danni di società britanniche e statunitensi. Prima la miniera di Boungou, gestita dalla britannica Endeavour Mining, e quella di Wahgnion, gestita dalla statunitense Burkina Lilium Mining.

Questa decisione fa parte di una serie di azioni che vede diverse nazioni africane riappropriarsi delle risorse della propria terra al fine di riorientare i profitti a proprio vantaggio, soprattutto da parte di quegli Stati che puntano all’indipendenza dalle direttive neocoloniali occidentali. Si parla in particolar modo delle nazioni del Sahel, nonché luoghi in cui negli ultimi anni si sono verificati numerosi colpi di Stato per rovesciare i governi filoccidentali. E il Burkina Faso è tra questi.

La notizia ha suscitato sia entusiasmi sia preoccupazioni. Da un lato nazionalizzare le miniere d’oro significa ricondurre le risorse naturali e i possibili guadagni nelle mani dello Stato, accertandosi che i profitti dell’estrazione mineraria rimangano nel Paese. Dall’altro, le conseguenze per il mercato internazionale sono inevitabili.

Le miniere del Burkina Faso

Il Burkina Faso ha iniziato a sfruttare il suo potenziale minerario su larga scala negli anni Novanta, quando sono state aperte le porte agli investimenti stranieri in seguito a una serie di riforme economiche. Le compagnie minerarie multinazionali, attratte dall’abbondanza di giacimenti e dalla relativa stabilità politica, hanno iniziato a operare nel Paese, instaurando relazioni con il governo per lo sfruttamento delle risorse.

Durante il periodo coloniale, la Francia esercitava un controllo diretto sull’economia delle sue colonie, sfruttando le risorse minerarie per alimentare l’industria nazionale. Dopo l’indipendenza, nel 1960, l’influenza francese non è scomparsa del tutto, ma si è trasformata in un modello neocoloniale e ha continuato a mantenere un’influenza economica e politica attraverso accordi bilaterali e la presenza di aziende francesi.

Nel tempo, anche società provenienti da nazioni come Canada, Australia, Regno Unito e Russia sono diventate protagoniste del panorama minerario. La Russia è l’unica a non essere penalizzata, perché il governo locale ha stretti rapporti economici e militari con Mosca .

Nonostante l’aumento della produzione e delle esportazioni, i benefici per la popolazione locale sono stati spesso limitati. Il settore ha generato introiti significativi per il governo e per le imprese, ma ha anche sollevato polemiche riguardo alle condizioni di lavoro nelle miniere, all’impatto ambientale e alla distribuzione iniqua della ricchezza. Gran parte dei profitti è infatti rimasta nelle mani delle compagnie straniere, con una parte marginale che ritorna sotto forma di tasse e royalties allo Stato.

Nazionalizzare: obiettivi e motivazioni

La decisione del governo burkinabé di nazionalizzare le miniere si inserisce in un contesto di crescente desiderio di autonomia economica e di recupero della sovranità sulle risorse nazionali. Il Burkina Faso, come altri Paesi africani, ha assistito a una crescente disillusione nei confronti del modello di sfruttamento delle risorse dominato dalle multinazionali, che spesso lascia indietro la popolazione locale. La nazionalizzazione rappresenta un tentativo di invertire questa tendenza, garantendo che una quota maggiore delle entrate derivate dall’estrazione aurifera rimanga all’interno del Paese, finanziando infrastrutture, servizi pubblici e programmi di sviluppo economico.

Attraverso la gestione diretta delle miniere, lo Stato può ottenere maggiori entrate da investire in programmi di sviluppo e lotta alla povertà, affrontando la disparità economica che affligge il Paese. Inoltre, la gestione pubblica delle miniere può contribuire a creare nuove opportunità di lavoro per la popolazione locale, migliorando le condizioni di lavoro e garantendo maggiori tutele.

Dal punto di vista interno, la nazionalizzazione delle miniere d’oro rappresenta una sfida per il Paese. Se da un lato il Governo può aumentare i propri guadagni diretti dal settore minerario, dall’altro si presenta la necessità di sviluppare capacità amministrative e tecniche per gestire efficientemente le operazioni. La sfida sarà quella di dimostrare di essere in grado di gestire autonomamente le proprie risorse senza rischiare che le miniere nazionalizzate non riescano a raggiungere gli stessi livelli di produttività e profittabilità delle compagnie straniere che hanno dominato il settore fino ad ora.

La nazionalizzazione potrebbe anche creare tensioni sociali interne. Nonostante le promesse del governo di redistribuire i benefici alla popolazione, esiste la possibilità che le risorse aggiuntive vengano mal gestite o che le élite politiche ne traggano maggior vantaggio rispetto alle comunità locali. In un Paese che lotta contro la povertà e instabilità sociale, qualsiasi percezione di iniquità nella distribuzione delle ricchezze minerarie potrebbe alimentare conflitti.

Ripercussioni sul mercato internazionale

Oltre agli effetti interni, la decisione del Burkina Faso avrà sicuramente conseguenze sul mercato globale dell’oro. Con le multinazionali coinvolte nella produzione aurifera del Paese, la nazionalizzazione potrebbe portare a tensioni diplomatiche e legali. Le compagnie minerarie straniere, che hanno investito ingenti somme in infrastrutture e operazioni nel Paese, potrebbero tentare di bloccare la nazionalizzazione attraverso cause legali internazionali o tramite la pressione dei loro governi. La nazionalizzazione segna anche una rottura simbolica e concreta con l’influenza storica della Francia nella regione.

Un altro possibile effetto è una riduzione della produzione di oro nel breve termine, poiché le strutture nazionalizzate potrebbero non essere immediatamente in grado di operare alla stessa capacità delle compagnie private. Ciò potrebbe incidere sui prezzi dell’oro a livello globale, aumentando la volatilità del mercato. Tuttavia, l’impatto sul mercato globale dipenderà anche dalla reazione di altri Paesi produttori di oro, molti dei quali stanno anch’essi riconsiderando le proprie politiche di gestione delle risorse naturali.

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