giovedì 13 settembre 2012

l'evoluzione della specie


…Il pomeriggio del 25 marzo 1911, un incendio che iniziò all'ottavo piano della Shirtwaist Company uccise 146 operai di entrambi i sessi. La maggioranza di essi erano giovani donne italiane o ebree dell’Europa orientale. Poiché la fabbrica occupava gli ultimi tre piani di un palazzo di dieci piani, 62 delle vittime morirono nel tentativo disperato di salvarsi lanciandosi dalle finestre dello stabile non essendoci altra via d'uscita.
I proprietari della fabbrica, Max Blanck e Isaac Harris, che al momento dell'incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne. Il processo che seguì li assolse e l’assicurazione pagò loro 445 dollari per ogni operaia morta: il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari…

…è già un bilancio da inferno quello dell'incendio scoppiato martedì sera in una fabbrica tessile alla periferia della maggiore città del Pakistan: ieri dalle macerie fumanti erano stati estratti i corpi di 289 persone bruciate vive. E si sommano alle vittime di un altro incendio avvenuto sempre ieri in una fabbrichetta di scarpe alla periferia di Lahore, altra grande città pakistana, capitale del Punjab, dove sembra che siano morte 25 persone.
Le fiamme sono scoppiate nel giorno di paga in uno dei tanti stabilimenti della zona chiamata Site, acronimo del maggiore distretto industriale di Karachi - con i suoi 18 milioni di abitanti, il porto e la sua cintura industriale , la metropoli affacciata sul mare arabico rappresenta l'ossatura dell'economia pakistana. Dunque l'edificio era pieno e le porte chiuse, come sempre, secondo i dirigenti aziendali per impedire furti - o che i lavoratori se ne andassero prima della fine del turno. Non è ancora stato detto con chiarezza cosa ha provocato le fiamme; certo è che sono divampate in fretta alimentate dai ritagli di stoffa e di materiali sintetici. In un paio di minuti tutto era avvolto dal fuoco. L'inferno, se esiste, deve assomigliare a quello che hanno raccontato gli operai sopravvissuti. «In due minuti tutto era in fiamme. Ma il cancello era chiuso, eravamo chiusi dentro» dice ai cronisti Liaqat Hussain 29 anni, ora ricoverato con il corpo coperto di ustioni. «Tutti hanno cominciato a urlare e correre alle finestre», racconta Mohammad Asif, operaio 20enne che ce l'ha fatta saltando dal terzo piano. I cronisti hanno raccolto lamenti disperati e pieni di rabbia all'obitorio del locale ospedale civile, dove sono ora accatastati i cadaveri avvolti in lenzuola bianche, molti ancora da identificare. Molti dei corpi senza vita sono stati estratti da due stanzoni sotterranei, non notati in un primo tempo: risparmiati dalle fiamme, i lavoratori sono morti asfissiati perché l'uscita era chiusa.
«I padroni si preoccupano più di salvaguardare la loro fabbrica di vestiti e i loro affari che dei lavoratori», dice un altro sopravvissuto, mostrando la foto di un cugino che pure lavorava in quella fabbrica ma ora è disperso. Aggiunge: «Se non ci fossero state le griglie metalliche alle finestre, molte più persone si sarebbero salvate. E poi la fabbrica era sovraffollata. Ma chi si lamentava, rischiava il licenziamento».

Anche a Egorevsk sono morti degli immigrati: tutte le vittime erano vietnamite, immigrate illegalmente e senza permesso di lavoro. Tutte donne, a quanto si intuisce dagli scarni resoconti: ma nelle notizie diffuse si parla solo genericamente di “persone”. Altre 60 donne (queste chiaramente indicate come tali), pure vietnamite e pure senza permesso di soggiorno né di lavoro, vivevano in una specie di magazzino lì accanto e costituivano insieme alle vittime l’insieme dei turni della piccola azienda: cucivano abiti, 24 ore su 24, senza potersi allontanare dal luogo di lavoro. La polizia, giunta sul posto insieme ai pompieri, non ha trovato di meglio da fare che arrestarle tutte. E’ facile immaginare, anche se nessuno farà denuncia, che gli verrà sequestrato tutto quel che possiedono, a partire dai quattro rubli di paga ricevuti (se li hanno ricevuti) dal padrone del laboratorio. Il quale è stato sì denunciato, ma non per strage – come sarebbe il caso, visto che è stato lui a chiudere dall’esterno tutte le uscite condannando così a morte gli schiavi che stavano all’interno – bensì solo per non osservanza delle norme di sicurezza…

2 commenti:

  1. ancora oggi ci sono autogrill e centri commerciali che tengono chiuse le uscite di sicurezza - per evitare i furti
    chiuse col lucchetto e la catena, qualcosa ho visto di persona e qualcosa mi hanno raccontato

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  2. a volte capita anche in scuole, por la pigrizia di qualche bidello, o gli ordini di un capo:(

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