C’è una sorta di Israel Connection in questa vicenda dei dossier illegali che collega la società Equalize al cuore delle nostre istituzioni. È quasi lampante nell’immagine che coglie l’ex super poliziotto Carmine Gallo mentre maneggia con naturalezza gli scatoloni con i dati dei dossier per infilarli nel baule della sua auto, come se fosse nel parcheggio di un centro commerciale. Sereno, con un senso di invidiabile impunità.
Ed ecco la
prima parte della Israel Connection. L’8 febbraio 2023 – le date sono
importanti – i carabinieri fotografano “due israeliani non identificati” nella
sede di Equalize: “Sono disposti – dice l’intercettato, l’amministratore della
Equalize, Carmine Gallo, parlando di loro come di 007 – a un “do ut des” di
informazioni”. Per esempio, aggiunge un altro intercettato, l’informatico di
Equalize, Samuele Calamucci, “ci stanno fornendo materiale di
sicuro interesse per Eni spa e per Stefano Speroni” (dal 2020 capo
degli Affari legali del colosso energetico) sul “traffico illecito di gas
iraniano con le aziende d’Italia”.
Il traffico
di gas ma anche di petrolio iraniano – l’Iran è sotto sanzioni – è un dossier
su cui i servizi italiani indagano da anni. Per altro questo è un po’ il
segreto di Pulcinella perché il gas iraniano e quello russo arrivano anche in
Paesi come l’Azerbaijan, alleato di Israele, che lo immette nella pipeline
verso l’Europa. Ma facciamo finta di nulla, così come ignoriamo che l’Italia
importa ancora dalla Russia, legalmente, il 14% del suo gas.
Del resto
che gli 007 israeliani possano essere interessati a fare qualche favore all’Eni
avrebbe un sua logica stringente. Il 29 ottobre scorso, già in piena guerra
dopo il massacro del 7 ottobre, il ministro dell’Energia israeliano ha
annunciato la firma di una convenzione con cui Eni e altre società
internazionali e israeliane hanno ottenuto la licenza per sfruttare il
giacimento di gas offshore di fronte a Gaza, all’interno della zona marittima G
al 62% palestinese. Una vicenda imbarazzante emersa soltanto dopo che alcuni
gruppi palestinesi per i diritti umani avevano dato mandato allo studio
legale Foley Hoag di Boston di comunicare all’Eni e alle altre
società coinvolte una diffida dall’intraprendere attività in queste acque.
Evocando il rischio di complicità in crimini di guerra.
Per quanto
riguarda il gas, Israele sfrutta i giacimenti offshore Leviathan e Tamar, il
cui prodotto in parte è estratto nell’ambito di un programma con Cipro e la
Grecia (ormai uno stretto alleato israeliano in funzione anti-turca): dal 2020
Tel Aviv è così diventata un esportatore di gas. Ma di lasciare ai
palestinesi la loro quota legittima di gas non se ne parla neppure. Per
gli agenti israeliani, quindi, fare uno scambio di dati sensibili con Equalize
che possa favorire l’Eni in quel febbraio 2023 avrebbe una sua logica. Meno
logico è che sia coinvolta un società privata italiana che lucra utilizzando
anche dati pubblici e intercettazioni illegali.
Ed ecco la
seconda parte della Israel Connection. Esattamente un mese dopo le
intercettazioni dei carabinieri su Equalize, l’8 marzo del 2023, arriva a Roma
il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Si si firmano
accordi economici – gas compreso ovviamente – ma anche l’appalto di una parte
della cybersecurity italiana a Israele (che nel settore ha una quota del 40%
del mercato internazionale). L’accordo passerebbe totalmente sotto silenzio se
non fosse per le dimissioni del capo della nostra agenzia due giorni prima
dell’arrivo di Netanyahu: evidentemente l’accordo a qualcuno non piace e
lega troppo l’Italia allo Stato ebraico. Del resto ci aveva provato, fallendo,
anche Renzi, quando era premier, a disegnare la stessa intesa riuscita al
governo Meloni.
I punti
chiave sono due. Perché gli agenti israeliani si servono di una società
privata come Equalize quando appare evidente che possono avere
rapporti diretti con le società e le istituzioni italiane? La risposta potrebbe
essere che bisogna “oliare” un po’ tutti i sistemi e i personaggi nel variegato
panorama dell’intelligence italiana. A ognuno la sua fetta di torta.
Il secondo
punto riguarda la nostra Agenzia di cybersicurezza: chi la controlla
davvero? Ed è in grado di proteggere gli interessi del Paese? Ci
risponde il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo non
è un parere tranquillizzante: “Credo che non siamo al sicuro e non lo saremo
finché la legge e la tecnologia a disposizione non saranno riuscite ad
allinearsi con la tecnologia a disposizione della criminalità. La tecnologia
avanza più in fretta rispetto alla legge e i malintenzionati sono sempre un po’
più avanti”.
Certo bisogna
capire con un certa urgenza chi sono i “malintenzionati” e i
“criminali”. Mica possono fare tutto i carabinieri. Si legge, tra l’altro, sui
media che un noto imprenditore sia stato truffato da esponenti di Equalize con
un falso dossier sulle frequentazioni sospette della fidanzata (poi diventata
moglie): “l’intelligence del bidet” di questi spioni era un po’ fake. Poi hanno
vinto comunque l’amore e la passione. Quindi dormiamo i sonni tranquilli del
lieto fine?
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