L'ultimo rapporto delle
Nazioni Unite documenta i progressi di Israele nel suo assalto genocida a Gaza.
Israele è intenzionato, avverte il rapporto, a espellere i palestinesi, a
ricolonizzare Gaza e a rivolgersi poi contro la Cisgiordania.
Un rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato lunedì,
descrive con agghiaccianti dettagli i progressi compiuti da Israele a Gaza nel
tentativo di sradicare “l’esistenza stessa del popolo palestinese in
Palestina”. Questo progetto genocida, avverte minacciosamente il rapporto, “si
sta ora diffondendo in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est”.
La Nakba o “catastrofe”, che nel 1948 aveva visto le milizie sioniste cacciare 750.000 palestinesi dalle
loro case, compiere più di 70 massacri e impadronirsi del 78% della Palestina
storica, è tornata con gli steroidi. Francesca Albanese, relatrice speciale
delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori
palestinesi occupati dal 1967, ha pubblicato il rapporto, intitolato “Genocidio come cancellazione coloniale“, dove lancia un
appello urgente alla comunità internazionale affinché imponga a Israele
sanzioni e un embargo totale sulle armi fino a quando il genocidio dei
palestinesi non sarà fermato. Chiede a Israele di accettare un cessate il fuoco
permanente. Chiede che Israele, come richiesto dal diritto internazionale e
dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, ritiri i suoi soldati e i suoi coloni da
Gaza e dalla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.
Come minimo, Israele, ormai fuori controllo, dovrebbe essere formalmente
riconosciuto come Stato di apartheid e persistente violatore del diritto
internazionale, afferma la Albanese. Le Nazioni Unite dovrebbero riattivare il
Comitato speciale contro l’apartheid per affrontare la situazione in Palestina
e l’appartenenza di Israele alle Nazioni Unite dovrebbe essere sospesa. In
mancanza di questi interventi, l’obiettivo di Israele, avverte Albanese,
probabilmente si realizzerà.
Potete vedere la mia intervista con la Albanese qui.
“L’attuale genocidio è senza dubbio la conseguenza dello status eccezionale
e della prolungata impunità che è stata concessa a Israele”, scrive l’autrice.
“Israele ha sistematicamente e palesemente violato il diritto internazionale,
comprese le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e gli ordini della Corte penale internazionale.
Questo ha rafforzato l’arroganza di Israele e la sua sfida al diritto
internazionale. Come ha avvertito il Procuratore della Corte penale
internazionale, “se non dimostriamo la nostra volontà di applicare la legge in
modo equo, se viene vista come applicata in modo selettivo, creeremo le
condizioni per il suo completo collasso. Questo è il vero rischio che corriamo
in questo momento pericoloso”.
Il rapporto delle Nazioni Unite giunge nel contesto del blocco israeliano
della parte settentrionale della Striscia di Gaza, dove, nel tentativo di
spopolare il nord, oltre 400.000 palestinesi stanno sopportando un assedio da fame e
continui attacchi aerei.
Le forze israeliane avevano ucciso 1.250 palestinesi nell’attacco del 5
ottobre, ha riferito una fonte medica ad Al Jazeera. È difficile ottenere notizie
dal nord di Gaza, poiché i servizi internet e telefonici sono stati tagliati e
i pochi giornalisti sul posto continuano ad essere uccisi.
Gli attacchi terrestri e aerei di Israele si sono concentrati su Jabaliya, Beit
Lahiya e Beit Hanoun. Le unità della difesa civile affermano che le forze
israeliane hanno impedito loro
di raggiungere i siti dei recenti attacchi e che i loro equipaggi sono stati a
loro volta attaccati.
Israele ha ordinato ai palestinesi di fuggire in “zone sicure” designate,
ma una volta in queste “zone sicure” sono stati attaccati ed
è stato loro ordinato di spostarsi in nuove “zone sicure”.
“Gli sfollati sono stati sistematicamente inseguiti e presi di mira nei
rifugi, anche nelle scuole dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e
l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), il 70%
delle quali è stato ripetutamente attaccato da Israele”.
A maggio, l’invasione di Rafah da
parte di Israele aveva causato lo sfollamento di quasi un milione di
palestinesi, spinti nel sud di Gaza dagli ordini di evacuazione israeliani, in
“lande desolate rese inabitabili da macerie, liquami e corpi in
decomposizione”, osserva la Albanese.
Ad agosto, il 90% della popolazione di Gaza, 2,3 milioni di palestinesi,
era sfollato “in condizioni terribili”, secondo l’ONU.
I mesi di “incessanti spostamenti di esseri umani indeboliti da un’area
pericolosa all’altra – in fuga da bombe e proiettili, con minime possibilità di
fuga, tra morti, paura e dolore e con scarso accesso a ripari, acqua pulita,
cibo e assistenza sanitaria – hanno inflitto danni incalcolabili, soprattutto
ai bambini”, si legge nel rapporto. “Gli spostamenti dei palestinesi sfollati
ricordano le marce della morte dei genocidi passati e della Nakba. Lo
sfollamento forzato interrompe il legame con la terra, minando la sovranità
alimentare e il senso di appartenenza culturale e innescando ulteriori
spostamenti. I legami comunitari si spezzano, il tessuto sociale si frantuma e
le riserve di resilienza si esauriscono. Lo sfollamento forzato sistematico
contribuisce alla ‘distruzione dello spirito, della volontà di vivere e della
vita stessa’”.
I continui trasferimenti – molti palestinesi hanno dovuto spostarsi nove o
dieci volte – da una parte all’altra di Gaza sono accompagnati
dagli appelli dei
funzionari israeliani a “rinnovare gli insediamenti a Gaza” e a incoraggiare il
“trasferimento volontario di tutti i cittadini gazani” in altri Paesi.
Dal 7 ottobre 2023,
a Gaza Israele ha ucciso almeno 43.163 persone e ne ha ferite 101.510. Si stima
che 1.139 persone siano state uccise – alcune dalle forze israeliane –
in Israele durante l’incursione di combattenti palestinesi armati in Israele e
che più di 200 siano state fatte prigioniere. In Libano, almeno
2.787 persone sono state uccise e 12.772 ferite dall’inizio dell’assalto
israeliano a Gaza, con 77 morti in attacchi in tutto il Paese solo martedì.
Il rapporto mostra le prove di “più di 93 massacri” commessi da Israele.
Gli investigatori dell’ONU ammettono che il numero dei morti a Gaza è
probabilmente molto sottostimato, dato che almeno 10.000 persone, tra cui 4.000
bambini, sono disperse, probabilmente sepolte sotto le macerie, dove “le voci
di coloro che sono intrappolati e stanno morendo sono spesso udibili”. Altri
palestinesi, un “numero incerto”, sono stati sequestrati dalle
forze israeliane e sono “scomparsi”.
Israele ha ripetutamente attaccato i siti di distribuzione degli
aiuti, le tendopoli, gli ospedali, le scuole e
i mercati ”
tramite l’uso indiscriminato dei bombardamenti aerei e dei cecchini”. Il
rapporto rileva che “almeno 13.000 bambini, tra cui più di 700 neonati, sono
stati uccisi, molti dei quali colpiti alla testa e al petto”, mentre circa
“22.500 palestinesi hanno riportato ferite che hanno cambiato la loro vita”.
“La frequenza inquietante e l’insensibilità delle uccisioni di persone
chiaramente riconoscibili come civili sono ‘emblematiche della natura
sistematica’ di un intento distruttivo”, si legge nel rapporto. “Hind Rajab, di
sei anni, è stata uccisa con 355 proiettili dopo aver implorato aiuto per ore;
il fatale sbranamento da parte dei cani di Muhammed Bhar, affetto dalla
sindrome di Down; l’esecuzione di Atta Ibrahim Al-Muqaid, un anziano sordo,
nella sua casa, poi vantata dal suo assassino e da altri soldati sui social
media; i neonati prematuri lasciati deliberatamente morire di morte lenta e
decomporsi nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Al-Nasr; l’anziano
Bashir Hajji, ucciso mentre si recava nel sud di Gaza dopo essere apparso in
una foto propagandistica di un “corridoio sicuro”; Abu al-Ola, l’ostaggio
ammanettato ucciso da un cecchino dopo essere stato mandato all’ospedale Nasser
con l’ordine di evacuazione. Quando la polvere si poserà su Gaza, si conoscerà
la vera portata dell’orrore vissuto dai palestinesi”.
Il genocidio ha trasformato il paesaggio in un deserto avvelenato.
“Quasi 40 milioni di tonnellate di detriti, tra cui ordigni inesplosi e
resti umani, contaminano l’ecosistema”, prosegue il rapporto. “Più di 140 siti
di rifiuti temporanei e 340.000 tonnellate di rifiuti, acque reflue non
trattate e tracimazione di liquami contribuiscono alla diffusione di malattie
come l’epatite A, infezioni respiratorie, diarrea e malattie della pelle. Come
promesso dai leader israeliani, Gaza è stata resa inadatta alla vita umana”.
Con un ulteriore atto di forza, lunedì il parlamento israeliano ha
approvato un disegno di legge che vieta all’UNRWA,
un’ancora di salvezza per i palestinesi di Gaza, di operare in territorio
israeliano e nelle aree sotto il controllo di Israele. Il divieto assicura
quasi certamente il collasso della distribuzione degli aiuti, già paralizzata,
a Gaza.
Dal 7 ottobre 2023 al 20 ottobre 2024, 233 operatori dell’UNRWA sono stati uccisi a Gaza in
quello che è il conflitto più mortale per gli operatori delle Nazioni Unite.
Israele ha esteso la sua “zona cuscinetto” lungo il perimetro di Gaza al
16% del territorio, radendo al suolo case, condomini e fattorie. Ha spinto
oltre l’84% dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza in “una ‘zona umanitaria’
ristretta e insicura che copre il 12,6% di un territorio ora riconfigurato in vista
dell’annessione”. Le immagini satellitari indicano che l’esercito israeliano ha
costruito strade e basi militari in oltre il 26% di Gaza, “facendo capire che
l’obiettivo è quello di una presenza permanente”.
Il blocco alimentare è stato accompagnato dalla distruzione di impianti di trattamento delle acque, sistemi fognari, convogli di aiuti, strutture sanitarie e centri di distribuzione
alimentare – mentre folle di disperati in attesa di cibo “sono
state massacrate” dai soldati israeliani.
Israele ha praticamente cancellato le
strutture e i servizi medici a Gaza. Ha danneggiato 32 dei 36 ospedali e ha
messo fuori uso 20 ospedali e 70 dei 119 centri di assistenza sanitaria
primaria. Ad agosto aveva attaccato 492 volte le strutture sanitarie. Israele
aveva assediato l’ospedale di Al-Shifa per la seconda volta a marzo e aprile,
uccidendo più di 400 persone e detenendone 300, tra cui medici, pazienti,
sfollati e dipendenti pubblici. Ha effettuato un’evacuazione forzata di tutti i
650 pazienti dell’ospedale di Al-Aqsa, tranne 100.
“Ad agosto”, si legge nel rapporto, “i permessi di ingresso per le
organizzazioni umanitarie si sono quasi dimezzati. L’accesso all’acqua è stato
limitato a un quarto dei livelli precedenti al 7 ottobre. Circa il 93% delle
economie agricole, forestali e della pesca è stato distrutto; il 95% dei
palestinesi dovrà affrontare alti livelli di insicurezza alimentare e
privazioni per decenni a venire”.
“Negli ultimi mesi, all’83% degli aiuti alimentari è stato vietato
l’accesso a Gaza e la polizia civile di Rafah è stata ripetutamente presa di mira,
cosa che ha impedito la distribuzione del cibo”, si legge nel rapporto. “Al 14
settembre 2024, erano state registrate almeno 34 morti per malnutrizione”.
Queste misure “indicano l’intento di distruggere la popolazione attraverso
la fame”.
I palestinesi detenuti dalle forze israeliane “vengono
sistematicamente abusati in una rete di campi di tortura israeliani. Migliaia
di persone sono scomparse, molte dopo essere state detenute in condizioni
terribili, spesso legate a letti, bendate e costrette ad usare il pannolone,
private di cure mediche, sottoposte a condizioni insalubri, alla fame, ad
ammanettamenti dolorosi, a gravi percosse, a folgorazioni e ad aggressioni sessuali
da parte di uomini e animali. Almeno 48 prigionieri sono morti durante la
detenzione”.
Il rapporto cita il ruolo dei media israeliani nell'”istigazione” al
genocidio e afferma che “hanno contribuito a promuovere un clima di genocidio
incontrollato”.
Il rapporto critica i media israeliani per aver dato spazio ai “sostenitori
del genocidio” e per aver nascosto “i fatti al pubblico israeliano”. Allo
stesso tempo, l’esercito israeliano ha ucciso oltre 130 giornalisti palestinesi.
Per giustificare il loro sterminio, i palestinesi vengono equiparati agli Amalek,
i nemici biblici degli israeliti, e ai nazisti.
Il rapporto della Albanese, in una sezione intitolata “Rischio di genocidio in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est“,
rileva che Israele ha accelerato gli attacchi letali, le detenzioni e
le confische di terre in
Cisgiordania.
“La condotta genocida a Gaza ha creato un precedente inquietante per la
Cisgiordania”, si legge.
Nel maggio 2024, la governance della Cisgiordania è stata “ufficialmente
trasferita dalle autorità militari a quelle civili – un’ulteriore annessione de
jure – e affidata a [Bezalel] Smotrich, un politico impegnato in Eretz Yisrael“, si
legge nel rapporto. “È stata quindi approvata la più grande appropriazione di
terra degli ultimi 30 anni”.
Smotrich, ministro delle Finanze, sostiene che in
Cisgiordania ci sarebbero “due milioni di nazisti”. Ha minacciato di
trasformare parti della Cisgiordania in “città in rovina come nella Striscia di
Gaza” e ha dichiarato che
affamare l’intera popolazione di Gaza è “giustificato e morale”, anche se
morissero due milioni di persone. Anche il ministro degli Esteri Israel Katz ha
chiesto che la Cisgiordania riceva lo stesso trattamento di Gaza.
Migliaia di palestinesi nelle città cisgiordane di Jenin, Nablus, Qalqilya,
Tubas e Tulkarem devono vivere per giorni interi sotto coprifuoco, e questo
rende difficile l’accesso a cibo e acqua. Come a Gaza, l’esercito israeliano,
durante l‘Operazione Campi Estivi,
ha “preso di mira le ambulanze, bloccato gli ingressi agli ospedali e assediato
l’ospedale di Jenin. I bulldozer hanno distrutto strade, infrastrutture
elettriche e sanitarie”.
Droni e aerei da guerra attaccano dall’aria. Blocchi stradali, checkpoint e
blocchi israeliani rendono gli spostamenti difficili o impossibili. Israele ha
sospeso i trasferimenti finanziari all’Autorità Palestinese, che governa
nominalmente la Cisgiordania in collaborazione con Israele. Ha revocato 148.000
permessi di lavoro a chi aveva un impiego in Israele.
“Il prodotto interno lordo (PIL) della Cisgiordania si è contratto del
22,7%, quasi il 30% delle imprese ha chiuso e 292.000 posti di lavoro sono
andati persi”, si legge nel rapporto. Oltre 692 palestinesi – “10 volte la
media annuale dei 14 anni precedenti, che era stata di 69 vittime” – sono stati
uccisi e più di 5.000 sono stati feriti. Dei 169 bambini palestinesi uccisi,
“quasi l’80% è stato colpito alla testa o al busto”.
Da agosto, nel campo profughi di Jenin “circa 180 case sono state rase al
suolo e 3.800 strutture sono state danneggiate, distruggendo o danneggiando le
forniture di energia elettrica, i servizi pubblici e le strutture, sfollando
migliaia di famiglie e causando disagi diffusi. Più di 181.000 palestinesi ne
hanno subito le conseguenze, molti più volte”.
Il rapporto respinge l’affermazione secondo cui Israele starebbe portando
avanti l’aggressione a Gaza e in Cisgiordania per “difendersi”, “sradicare
Hamas” o “riportare a casa gli ostaggi”, sostenendo che queste affermazioni
sono “camuffate”, un modo per “rendere invisibile il crimine”. L’intento
genocida, come sottolinea il giudice Dalveer Bhandari dell’ICJ, “può
esistere contemporaneamente ad altre, ulteriori motivazioni“.
Al contrario, l’incursione in Israele da parte di Hamas e di altri
combattenti della resistenza il 7 ottobre “ha fornito lo slancio per avanzare
verso l’obiettivo di un “Grande Israele””.
“Nel contesto in cui Israele ignora la direttiva della CIG di porre fine
all’occupazione illegale, l’obiettivo di sradicare la resistenza contraddice i
diritti all’autodeterminazione e alla resistenza a un regime oppressivo,
protetti dal diritto internazionale consuetudinario”, si legge nel rapporto.
“Inoltre, dipinge l’intera popolazione come impegnata nella resistenza e quindi
eliminabile. Continuando a sopprimere il diritto all’autodeterminazione,
Israele sta replicando casi storici in cui l’autodifesa, la contro-insurrezione
o l’antiterrorismo erano stati usati per giustificare la distruzione del
gruppo, portando al genocidio”.
Il documento rileva che Israele, invece di rispettare gli accordi di Oslo
del 1993, che avrebbero dovuto portare a una soluzione a due Stati, ha
aumentato le sue colonie in Cisgiordania da 128 a 358 e che il numero di coloni
ebrei “è cresciuto da 256.400 a 714.600”. Israele ha approvato la Legge sullo
Stato nazionale del 2018 che afferma l’esclusiva sovranità ebraica su “Eretz
Yisrael” e nomina “l’insediamento ebraico” sulla terra palestinese occupata una
“priorità nazionale”. Coltiva “una dottrina politica che inquadra le
rivendicazioni palestinesi di autodeterminazione come una minaccia alla
sicurezza di Israele” e la usa “per legittimare l’occupazione permanente”.
“L’attuale intento di distruggere un popolo in quanto tale non potrebbe
essere più evidente dalla condotta israeliana se considerata nella sua
totalità”, si legge nel rapporto.
Una dichiarazione d’intenti del Ministero dell’Intelligence israeliano
dell’ottobre 2023, recentemente trapelata, delinea il piano per
espellere l’intera popolazione di Gaza in Egitto e ricolonizzare Gaza. È il
piano che Israele sembra seguire.
La Albanese scrive che Israele sta replicando gli schemi dei genocidi del
passato. Con la sua retorica crea un'”atmosfera vendicativa” che condiziona i
soldati a essere “volenterosi carnefici”. Sostiene di agire per autodifesa
mentre prende di mira una popolazione civile. Sta distruggendo le
infrastrutture che sostengono la vita, un processo di “genocidio per
logoramento”. Usa la fame come arma. Cerca di nascondere i suoi crimini uccidendo i giornalisti
palestinesi e gli operatori delle Nazioni Unite e impedendo
l’accesso a Gaza alle agenzie internazionali e ai media internazionali.
Abbiamo già visto genocidi in passato. Abbiamo anche visto la complicità o
il silenzio delle nazioni che hanno il potere di intervenire. La storia non si
ripete, ma troppo spesso fa rima.
Nessun commento:
Posta un commento