lunedì 17 settembre 2012

Io sto con Nicoletti - Franco Bomprezzi


“Melog” è uno dei programmi radiofonici di maggior suggestione. Condotto su Radio24 da un autentico prestigiatore del mezzo radiofonico, Gianluca Nicoletti. Una volta era Golem, su Radiorai. Là ci conoscemmo, virtualmente e non solo. Io sono stato, in quel periodo (attorno al 2003) il suo “golem a rotelle”, in un fortunato scambio di idee sulla disabilità e sulla sua rappresentazione virtuale. Ora succede che Nicoletti dedichi una puntata a “Disabitaly”, venerdì scorso, quarantadue minuti filati di parole, interviste, testimonianze, attorno a un concetto preciso: “Oggi a Melog – scriveva Nicoletti sulla pagina facebook del programma – faremo un punto sulle ansie e le legittime angosce di quanti sono disabili o ne hanno uno in famiglia e di fronte ai provvedimenti di riduzione della spesa pubblica potrebbe vedersi limitare risorse indispensabili alla sopravvivenza. Quello che per la maggior parte degli italiani è stringere la cinghia per un disabile significa essere strangolato”. Bene, durante il programma il giornalista riceve, tra i tanti, due sms. Il primo: “Nicoletti, se avessi avuto una figlia velina, avresti parlato tutti i giorni di f…?”. Il secondo: “Non le sembra di fare un uso privato della radio?”.
Succede. Anche in questo blog, ve ne sarete accorti, ogni tanto qualche risposta alle nostre riflessioni sulla disabilità attira commenti pesanti, irritati, grevi. Anche Nicoletti è abituato al massacro degli anonimi, che si celano dietro la comodità di un cinismo multimediale travestito da social network o da interattività radiofonica. Ma questa volta ha voluto rendere nota la sua amarezza, il suo fastidio. Non per sé, ma perché ha immaginato, in un istante, quante volte situazioni analoghe vengano vissute quotidianamente da chi rimane davvero “invisibile” e non ha la forza, e neppure la corazza, che lui e io, e Simone, e Claudio, e Pino, abbiamo collaudato nel tempo. Ecco perché oggi io sto con Nicoletti.
Perché è bello è importante che un giornalista bravo e con un forte seguito di ascoltatori dica con trasparente onestà di essere anche il padre di un ragazzo con sindrome autistica. Lo fa sapere dopo dodici minuti dall’inizio della puntata, in modo semplice: “Conosco bene il problema, ho un figlio disabile”. E’ Tommy, che vediamo nella foto. La sua disabilità è nascosta nei misteri del cervello, non è sgradevole o esposta fisicamente, ma n0n per questo è meno impegnativa, anzi.
Ma il punto è questo: perché non dovrebbe parlarne? Perché suscita ironia, o peggio, provoca commenti pesanti il fatto che una puntata su cento di Melog affronti un tema di bruciante attualità, senza pietismo, senza retorica, dando voce a persone pacate e ragionevoli che raccontano le difficoltà spesso drammatiche che caratterizzano, nel pieno della crisi della spesa pubblica, la vita delle famiglie in cui vivono persone con disabilità?...

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