lunedì 14 ottobre 2013

Wael Abdel Zwaiter, assassinato a Roma , il 16 ottobre 1972

Chi ha visto il bellissimo film di Spielberg “Munich” avrà conosciuto per la prima volta Wael Abdel Zwaiter. Dopo l’attacco di Settembre Nero alle Olimpiadi di Monaco il Mossad iniziò la rappresaglia, con vere e proprie esecuzioni Quello di Wael Abdel Zwaiter fu il primo omicidio, per la sua esecuzione furono usate 11 pallottole, come il numero degli atleti israeliano ammazzati a Monaco, quel numero di pallottole era una firma chiarissima.
Qui sotto Alberto Moravia, Igor Man e Bernardo Valli ne parlano con affetto e partecipazione, sarebbe stato bello averlo per amico – franz


Nel ricordo di Alberto Moravia:
“Chi era Zwaiter Abdel Wael? Era un mio amico e la sua morte mia colpito non soltanto dolorosamente ma anche, come dire? Ideologicamente. Mi spiego. Io ho conosciuto molto bene Wael perché oltre a vederlo spesso qui la Roma, o fatto con lui un viaggio nei paesi arabi in occasione della mia intervista ad Arafat. Sono stato con lui nel Libano, in Siria, nel Kuwait.
Wael era palestinese con passaporto giordano; ma in realtà c'era in lui un personaggio non identificabile con questa o quest'altra nazionalità a meno di non parlarne come una incarnazione vivente di certi arabi, di certi caratteri arabi insieme amabili e leggendari.
Wael era infatti un uomo cavalleresco, fantastico, ingenuo, gentile e irreale... mi accorgo di avere descritto senza volerlo l'immenso mondo arabo al momento del suo massimo splendore storico; ed effettivamente Zwaiter Abdel Wael, cosi povero e così semplice, faceva irresistibilmente pensare a quel ricco e complicato mondo defunto. Lui del resto, un po' sapeva di essere fuori dei tempi e, come si dice, ci giocava.”

scrive Igor Man:
“Ma chi era Wael Zuaiter? Un intellettuale palestinese, nato a Nablus (la
Napoli cisgiordana) che dopo lungo peregrinare approda in Italia. Cultore di
Goethe e di Leopardi, splendido traduttore delle Mille e una notte,
protagonista-vittima del Settembre Nero, da Amman raggiunge Roma e presto
diventa il portavoce dell'Olp. Senza stipendio, Wael non sa sparare, il suo
mestiere è scrivere, ragionare. Decide che il «suo posto» sia l'Italia, che
il suo ruolo fosse quello di «combattere l'ignoranza e i pregiudizi degli
italiani nei confronti dei palestinesi», come scriverà alla carissima
sorella Naila.
Mite, sognatore, eternamente povero per pura scelta, innamorato della sua
gente, sentimentalmente legato a una pittrice di particolare
talento,JanetVenn-Brown, amico di Moravia e di Rafael Alberti, diceva che
«la parola fa più danni del cannone» e questo spiega perché egli fosse fiero
oppositore del terrorismo. Ciononostante figurava nella lista nera di
Servizi israeliani: lo ammazzarono, in Roma, il 16 di ottobre del 1972.”

nel ricordo di Bernardo Valli:
…Frequentava Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. Si muoveva con disinvoltura tra i giornalisti interessati al Medio Oriente. Era un compagno piacevole. Divertente. Parlava delle poesie di D' Annunzio. Gli piacevano. Ma forse preferiva Montale. Al Fatah (e l' Olp di cui Al Fatah faceva parte con altri movimenti, alcuni dei quali marxisti) era una formazione laica, nazionalista, con varie correnti al suo interno. Alcuni esponenti potevano essere musulmani praticanti. Ma non era qualificante. Era un fatto privato. Non ricordo che Wael mi abbia parlato di religione. I palestinesi non attiravano molte simpatie. Con qualche eccezione, la grande stampa indipendente li trattava con severità. Anche tra non pochi intellettuali di sinistra l' appoggio a Israele era incondizionato. Penso che, in modo più o meno conscio, mettessero sulla bilancia il contributo dato dagli ebrei alla cultura e alla scienza, e concludessero che al confronto il peso dei palestinesi era insignificante. Anzi nullo. Alcuni dirigenti israeliani negavano persino l' esistenza dei palestinesi. Un personaggio come Wael sorprendeva. A differenza della stragrande maggioranza degli arabi, sapeva valutare la tragedia dell' Olocausto e quanto esso pesasse sul comportamento occidentale nella vicenda mediorientale. Se il suo personaggio non coincideva, all' epoca, con lo stereotipo del palestinese, poteva invece ricordare un altro stereotipo, quello dell' ebreo della diaspora di un tempo. Arafat lo teneva in considerazione. Si diceva fossero parenti. La volta che chiamai Wael da Beirut pregandolo di aiutarmi ad ottenere un appuntamento con lui, con il capo dell' Olp, allora installato a Damasco, ebbi una risposta positiva nel giro di poche ore. Un giorno telefonò a Jean Genet e gli chiese se voleva firmare una dichiarazione in favore dei palestinesi insieme ad Alberto Moravia. Lo scrittore francese era un emotivo e non perdeva occasione per dichiararsi in favore del terzo mondo. Saltò sul primo aereo in partenza da Parigi per Roma; e all' arrivo trovò Wael che l' aspettava con uno spazzolino e un dentifricio in mano. Aveva previsto che nella foga Genet non avrebbe portato nulla con sé. Da Fiumicino partirono insieme per Sabaudia, dove Moravia si trovava. Lungo il tragitto Wael spiegò a Genet che Moravia era riluttante a sottoscrivere un documento del genere. Genet gli disse di non preoccuparsi. L' avrebbe convinto lui. In aereo aveva già preparato una bozza. Wael la lesse e arrossì. Moravia non avrebbe mai approvato un testo in cui si denunciava «l' imperialismo e il razzismo sionista». Infatti, per un intero pomeriggio il francese rincorse invano l' italiano con il foglio e la penna in mano, sotto lo sguardo divertito del palestinese.
 Nella notte tra il 5 e il 6 settembre 1972, un gruppo palestinese clandestino chiamato «Settembre nero» attaccò gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco, ne uccise 11, e lasciò 5 dei suoi uomini sul terreno, più un poliziotto tedesco. Io andai a Tel Aviv, da dove, l' 8 settembre, partì la rappresaglia israeliana contro le basi e i campi palestinesi in Libano. Al ritorno Wael mi rimproverò. Mi disse che ero stato «troppo sionista», perché mi ero soffermato sull' atmosfera commossa ai funerali degli atleti assassinati. Ma aggiunse che si era vergognato per quanto era accaduto a Monaco…
…A Roma, la sera del 16 ottobre di quello stesso anno, il 1972, Wael ritornava a casa, nel quartiere africano. Aveva tra le braccia due filoncini di pane, una bottiglia di latte e dei medicinali. Non aveva più lo stipendio dell' Ambasciata libica, per la quale aveva lavorato nella veste di addetto stampa. Trovava i libici arroganti. Aveva avuto una pessima esperienza a Tripoli. Diceva che preferiva farsi regalare una giacca sdrucita piuttosto che comprarsene una nuova con i soldi guadagnati con un lavoro sgradevole. Si divertiva a dare lezioni d' arabo alle suore cattoliche. Capitava che in seguito a una bolletta non pagata, lui e Janet, l' amica australiana (che gli sarebbe rimasta fedele nei decenni a venire), trascorressero le serate al lume di candela. Wael indugiava sorridendo su questi inconvenienti della vita quotidiana. Anche nel tiepido autunno romano indossava un cappotto pesante, invernale. Quel 16 ottobre, arrivato nei pressi di piazza Annibaliano, fu raggiunto da una scarica di proiettili mortali. Credo non avesse ancora quarant' anni. O forse li aveva compiuti da poco…
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