Professor Gallino, la crisi è finita?
Per nulla. La Cina è un caso a parte, mentre la situazione degli Stati Uniti non è affatto quella che si dipinge. L’attuale presidente della Fed, Ben Bernanke, ha detto che ormai il tasso di disoccupazione è un parametro poco rappresentativo. Infatti la disoccupazione effettiva, che comprende sia gli «scoraggiati» o i part-time che vorrebbero lavorare a tempo pieno, è molto più elevata di quanto sembri. Gli Stati Uniti hanno potuto permettersi di pompare migliaia di miliardi di dollari nell’economia, ma i risultati sono stati abbastanza modesti. Il piano di riduzione degli stimoli monetari (tapering, ndr.) è risultato meno efficace sull’occupazione di quanto si creda. A settembre c’è stato un calo dal 7,3% al 7,2%, ma c’è stato anche un calo dei posti di lavoro rispetto a quelli previsti (148 mila contro 188 mila). Sul mercato del lavoro sono entrate quindi meno persone di quelle stimate. Questo significa che il tasso di disoccupazione è più alto. Oltre 100 milioni di persone vivono in condizioni di povertà, per proteggerle non basta nemmeno il salario minimo che Obama intende aumentare a 10 dollari all’ora. Il salario è fermo ai livelli del 1978, il che vuol dire meno reddito per le famiglie che hanno dovuto mettere al lavoro tutti, nonni e figli compresi.
L’ex segretario Usa al Tesoro Lawrence Summers parla di «stagnazione secolare». Tutto fa pensare che riguardi anche l’Eurozona.
Per un vecchio neoliberale come Summers è strano sentirlo rispolverare un concetto che ha più di 70 anni. Lui dice che senza stimoli forti dall’esterno, una frustrata, il sistema capitalistico è tendenzialmente propenso alla stagnazione alla quale oggi contribuiscono molti fattori, dalla globalizzazione alla creazione di nuove tecnologie e alle delocalizzazioni. Ciò ha portato al paradosso per cui gli Usa contribuiscono alla crescita della Cina ma non alla propria. La stagnazione caratterizza anche l’Europa e allarga le diseguaglianze in tutti i suoi paesi. Non si dice mai che in Germania esiste una parte della popolazione che ha inflitto costi umani e sociali elevati alla maggioranza e ne prende grandi vantaggi. In questo meccanismo ha influito negativamente sui bilanci degli altri paesi il suo eccesso di esportazioni. Siamo nel pieno di una stagnazione che durerà molti anni perchè non si vede bene cosa fare per uscirne.
Ritiene che l’uscita dalla crisi possa avvenire con il rilancio della produzione e dei consumi di massa identici a quelli del «trentennio glorioso», tra il 1945 e 1973?
Lo pensano i governanti e alcuni economisti che hanno sempre in mente il modello che ha provocato la crisi: produrre di più tagliando il costo del lavoro, i salari, aumentando la precarietà. Non credo a questa prospettiva. E se mai questo avvenisse sarebbe un vero disastro, perchè la crisi non è solo finanziaria o produttiva, è anche evidentemente una crisi ecologica che produce la desertificazione del pianeta, distrugge risorse che hanno impiegato migliaia di anni per accumularsi. Rischiamo inoltre di essere seppelliti dai rifiuti, uno dei problemi provocati dall’esplosione nel 2007 del modello produttivo, come dimostra la Campania, che è un caso esemplare di quanto sta accadendo...
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