venerdì 3 gennaio 2014

Contro la mistica dell’austerità, intervista a Luciano Gallino

Pro­fes­sor Gal­lino, la crisi è finita?
Per nulla. La Cina è un caso a parte, men­tre la situa­zione degli Stati Uniti non è affatto quella che si dipinge. L’attuale pre­si­dente della Fed, Ben Ber­nanke, ha detto che ormai il tasso di disoc­cu­pa­zione è un para­me­tro poco rap­pre­sen­ta­tivo. Infatti la disoc­cu­pa­zione effet­tiva, che com­prende sia gli «sco­rag­giati» o i part-time che vor­reb­bero lavo­rare a tempo pieno, è molto più ele­vata di quanto sem­bri. Gli Stati Uniti hanno potuto per­met­tersi di pom­pare migliaia di miliardi di dol­lari nell’economia, ma i risul­tati sono stati abba­stanza mode­sti. Il piano di ridu­zione degli sti­moli mone­tari (tape­ringndr.) è risul­tato meno effi­cace sull’occupazione di quanto si creda. A set­tem­bre c’è stato un calo dal 7,3% al 7,2%, ma c’è stato anche un calo dei posti di lavoro rispetto a quelli pre­vi­sti (148 mila con­tro 188 mila). Sul mer­cato del lavoro sono entrate quindi meno per­sone di quelle sti­mate. Que­sto signi­fica che il tasso di disoc­cu­pa­zione è più alto. Oltre 100 milioni di per­sone vivono in con­di­zioni di povertà, per pro­teg­gerle non basta nem­meno il sala­rio minimo che Obama intende aumen­tare a 10 dol­lari all’ora. Il sala­rio è fermo ai livelli del 1978, il che vuol dire meno red­dito per le fami­glie che hanno dovuto met­tere al lavoro tutti, nonni e figli compresi.
L’ex segre­ta­rio Usa al Tesoro Law­rence Sum­mers parla di «sta­gna­zione seco­lare». Tutto fa pen­sare che riguardi anche l’Eurozona.
Per un vec­chio neo­li­be­rale come Sum­mers è strano sen­tirlo rispol­ve­rare un con­cetto che ha più di 70 anni. Lui dice che senza sti­moli forti dall’esterno, una fru­strata, il sistema capi­ta­li­stico è ten­den­zial­mente pro­penso alla sta­gna­zione alla quale oggi con­tri­bui­scono molti fat­tori, dalla glo­ba­liz­za­zione alla crea­zione di nuove tec­no­lo­gie e alle delo­ca­liz­za­zioni. Ciò ha por­tato al para­dosso per cui gli Usa con­tri­bui­scono alla cre­scita della Cina ma non alla pro­pria. La sta­gna­zione carat­te­rizza anche l’Europa e allarga le dise­gua­glianze in tutti i suoi paesi. Non si dice mai che in Ger­ma­nia esi­ste una parte della popo­la­zione che ha inflitto costi umani e sociali ele­vati alla mag­gio­ranza e ne prende grandi van­taggi. In que­sto mec­ca­ni­smo ha influito nega­ti­va­mente sui bilanci degli altri paesi il suo eccesso di espor­ta­zioni. Siamo nel pieno di una sta­gna­zione che durerà molti anni per­chè non si vede bene cosa fare per uscirne.
Ritiene che l’uscita dalla crisi possa avve­nire con il rilan­cio della pro­du­zione e dei con­sumi di massa iden­tici a quelli del «tren­ten­nio glo­rioso», tra il 1945 e 1973?
Lo pen­sano i gover­nanti e alcuni eco­no­mi­sti che hanno sem­pre in mente il modello che ha pro­vo­cato la crisi: pro­durre di più tagliando il costo del lavoro, i salari, aumen­tando la pre­ca­rietà. Non credo a que­sta pro­spet­tiva. E se mai que­sto avve­nisse sarebbe un vero disa­stro, per­chè la crisi non è solo finan­zia­ria o pro­dut­tiva, è anche evi­den­te­mente una crisi eco­lo­gica che pro­duce la deser­ti­fi­ca­zione del pia­neta, distrugge risorse che hanno impie­gato migliaia di anni per accu­mu­larsi. Rischiamo inol­tre di essere sep­pel­liti dai rifiuti, uno dei pro­blemi pro­vo­cati dall’esplosione nel 2007 del modello pro­dut­tivo, come dimo­stra la Cam­pa­nia, che è un caso esem­plare di quanto sta accadendo...

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