lunedì 20 gennaio 2014

ricordo di Juan Gelman

Oración de un desocupado - Juan Gelman


Padre,
desde los cielos bájate, he olvidado
las oraciones que me enseñó la abuela,
pobrecita, ella reposa ahora,
no tiene que lavar, limpiar, no tiene
que preocuparse andando el día por la ropa,
no tiene que velar la noche, pena y pena,
rezar, pedirte cosas, rezongarte dulcemente.

Desde los cielos bájate, si estás, bájate entonces,
que me muero de hambre en esta esquina,
que no sé de qué sirve haber nacido,
que me miro las manos rechazadas,
que no hay trabajo, no hay,
bájate un poco, contempla
esto que soy, este zapato roto,
esta angustia, este estómago vacío,
esta ciudad sin pan para mis dientes, la fiebre
cavándome la carne,
este dormir así,
bajo la lluvia, castigado por el frío, perseguido
te digo que no entiendo, Padre, bájate,
tócame el alma, mírame
el corazón,!
yo no robé, no asesiné, fui niño
y en cambio me golpean y golpean,
te digo que no entiendo, Padre, bájate,
si estás, que busco
resignación en mí y no tengo y voy
a agarrarme la rabia y a afilarla
para pegar y voy
a gritar a sangre en cuello 


Preghiera di un disoccupato - Juan Gelman 

Padre,
dai cieli scendi, ho dimenticato
le preghiere che m'insegnò la nonna,
poverina, lei adesso riposa,
non deve più lavare, pulire, non deve
preoccuparsi d'andare di giorno per i vestiti,
non deve più fare le nottate, pena e pena
pregare, chiederti delle cose, brontolarti dolcemente.
Dai cieli scendi allora, se sei lì, scendi
che muoio di fame in quest’angolo,
che non so a che mi serve di esser nato,
che guardo le mie mani rifiutate,
che non c'è lavoro, non c'è,
scendi un po', guarda
questo che sono, questa scarpa rotta,
questa angoscia, questo stomaco vuoto,
questa città senza pane per i miei denti, la febbre
che mi scava la carne,
questo dormire così,
sotto la pioggia, castigato dal freddo, perseguitato
ti dico che non capisco, Padre, scendi,
toccami l'anima, guardami
il cuore!
io non ho rubato, non ho assassinato, fui bambino
e invece mi colpiscono e mi colpiscono,
ti dico che non capisco, Padre, scendi
se sei lì, che cerco
rassegnazione in me e non trovo e vado
a farmi prendere dalla rabbia e ad affilarla
per colpire e vado
a urlare col sangue al collo.

da “Violín y otras cuestiones” (Traduzione di Gregorio Carbonero)

El facto y los poetas

Los poetas se mueren de vergüenza,
ningún decreto los prohibe,
ninguna radio los calumnia,
los poetas se mueren de vergüenza.

Alguna vez, de noche,
se ve pasar a un poeta con camello,
ubro de péstalos con crama espaminostas,
lástima, lástima, dicen las vecinas,
porque era un buen muchacho.

Muchos de ellos se encuentran sin cojones
en el momento culminante del cariño:
no es problema, se escriben un versito
pa' la posteridá.

De Gotán (1962)

Il de facto e i poeti
I poeti muoiono di vergogna,
nessun decreto li proibisce,
nessuna radio li calunnia,
i poeti muoiono di vergogna.
Certe volte, di notte,
si vede passare un poeta a cammello,
ubbro di pessali con crama spasinoste,
 peccato, peccato, dicono le vicine
perchè era un buon ragazzo.
Molti di loro si  ritrovano senza coglioni
nel momento culminante dell’affetto:
non fa nulla, si scrivono una poesiola
pe’ la posterità.
da qui

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