in piazza Venceslao, a Praga, una targa lo ricorda - franz
La sera del 16 gennaio 1969 un giovane studente di filosofia praghese, Jan Palach (in realtà era nato a Všetaty l’11 agosto 1948) si recò in Piazza San Venceslao. Teneva nascosta nel cappotto una bottiglia piena di benzina. Proprio all’inizio della grande piazza, davanti al Museo, con calma si tolse il cappotto, si versò addosso la benzina e si diede fuoco, senza un grido. Quando gli chiesero chi gli avesse fatto una cosa del genere, Jan rispose semplicemente: “Sono stato io”. Non disse altro. Accorsero immediatamente gli agenti della Bezpecnost’ e il ragazzo fu trasportato in ospedale, dove morì poco dopo. Il giorno dopo un trafiletto di poche righe avvertiva dell’ “insano gesto di uno squilibrato”, ma fu subito a tutti chiaro quale significato avesse il gesto disperato di Ján Pálach. I suoi funerali furono seguiti da migliaia di persone (circa 600.000 arrivati da tutto il paese) in silenzio, proprio come si racconta nella canzone di Francesco Guccini. Malgrado le (ovvie) strumentalizzazioni, il sacrificio di Jan Palach* fu e resta esclusivamente un gesto di libertà, un grido contro tutte le tirannie, di qualsiasi colore esse siano. Il punto dove Jan Palach si diede fuoco è stato sempre coperto di fiori. Prima del 1989, delle “solerti” mani provvedevano a rimuoverli ogni giorno; adesso vi sorge una piccola lapide con la foto del ragazzo. Nessuno toglie più i fiori, ma ce ne sono molti meno di prima.
*Jan Palach, va detto per amore di completezza, faceva parte di un’organizzazione antisovietica che lui stesso aveva fondato poco dopo l’invasione dell’agosto del 1968. Quando si diede fuoco fece ben attenzione a mettere in salvo una borsa contenente i documenti dell’organizzazione; tra di essi, il proprio, breve testamento politico:
“Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zparvy (il giornale delle forze d’occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà”.
Il gesto di Jan Palach non rimase isolato: almeno altri sette studenti, tra cui il suo amico Jan Zajíc, seguirono il suo esempio.[Aggiunta del 28/8/2008].
(da qui)
(Salvatore) Adamo lo ricorda con una canzone intitolata “Mourir dans tes bras”:
Francesco Guccini ne canta qui:
In “Bestia da stile”, di Pier Paolo Pasolini, il protagonista si chiama Jan ed è boemo:
Nel 2013 è uscito un film (in tre parti) di Agnieszka Holland intitolato “Horící ker” (“Burning bush”, in inglese), su Jan Palach.
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