Sergio Endrigo è stato
uno dei più grandi cantautori e cantanti del ‘900 italiano, di quella che
chiamano musica leggera.
Istriano, arriva
profugo in Italia a 13 anni (dedica alla sua vera patria una canzone, 1947.
Tutte le sue canzoni
sono bellissime, alcune ancora di più.
Avrebbe vinto un Oscar
nel 1994, ma Bacalov è stato un furbetto (qui)
Ha scritto un bel
romanzo, “Quanto mi dai se mi sparo?”, nel 1995, pubblicato da Stampa
Alternativa (qui)
Insieme a Vinicius de
Moraes e Giuseppe Ungaretti, Sergio Endrigo ha composto e cantato “La
Vita, Amico, è L’Arte Dell’Incontro”, nel 1969, (qui o qui).
Il libro e le sue
canzoni sono ancora reperibili, e poi c’è youtube, si può iniziare da dove si
vuole, e non si sbaglia mai, con Endrigo, per chi lo conosce poco sarà una
scoperta e un rimpianto.
Se qualcuno mi chiede
cosa ascoltare la risposta è: tutto.
Presento due
articoli su di lui, il secondo di Gianni Minà, e alcuni filmati:
Impegno morale e
artistico sono le impronte caratteristiche di quest’artista, che dice di sè di
non essere un cantante, ma un uomo che canta.
Il suo atteggiamento
anti divistico (nonostante il grandissimo successo di “Io che amo solo te” e della vittoria al Festival
di Sanremo del 1968 con “Canzone”), lo portò
preferire la vicinanza di poeti ed intellettuali come Paoli, Pasolini e Rodari,
con i quali collaborò anche alla stesura di alcuni suoi testi.
I suoi esordi si
ricollegano, in modo quasi “naturale”, alla poetica realistica che accomunava
la “scuola genovese” e che il cantautore istriano (nato a Pola nel 1933)
accettò in toto.
In un’intervista del
1995 che fa riferimento appunto ai suoi primi periodi, Endrigo dice di sè: “Non
so da dove venisse l’ispirazione delle mie canzoni (…) io credo che affondassero
nella mia malinconia austro-ungarica che ha qualcosa in comune con la saudade brasiliana: la consapevolezza della
perdita dentro l’intensità di una emozione”.
Purtroppo oggi, il
boicottaggio nei suoi confronti da parte di critici e discografici ha reso
quasi introvabili i suoi ultimi e grandi lavori, costringendolo, quasi, ad
un’assurda condizione da “zombie”.
Uno stile
caratterizzato dall’esperienza del dolore, a cui s’affiancano precise domande
politiche sulle responsabilità collettive come nella “Ballata dell’ex“. Solo recentemente,
Sergio Endrigo, disgustato dall’atteggiamento della sua casa editrice (solo
1.500 copie stampate del suo ultimo disco e nessuna promozione dello
stesso), ha annunciato il ritiro dalla scena musicale. Importante rimane la sua
passione per i ritmi brasiliani (in America Latina e’ un personaggio popolare)
e le sue collaborazioni con i più importanti artisti del Sud del continente
americano.
A conclusione, una sua
semi-ironica presentazione: “Parlando di me, mi piace la calma, la buona
tavola, i buoni amici, i buoni libri, la pesca subacquea, i francobolli, le
armi antiche, gli animali, i luoghi non affollati. Non mi piacciono i dritti, i
disonesti, i dilettanti presuntuosi, le salse agrodolci, i seccatori, gli
invadenti, gli animali che mordono. Amen”.
C’è una generazione di
poeti popolari che, dall’inizio degli anni ’60, sulla scia di Domenico Modugno,
hanno cambiato non solo la storia della canzone italiana, ma i modi stessi
della comunicazione, del come dire le cose, anche le più semplici, e di come interpretare
gli aneliti, le ansie, le contraddizioni, i sentimenti di una società che
cambiava, con versi e linguaggi in cui tutti si riconoscessero, anche quelli
che avevano scoperto la lingua italiana solo dieci anni prima con l’aiuto del
maestro Manzi nella trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi .
Non a caso proprio Modugno nella canzone Piove , con la quale ottenne la sua
seconda sfolgorante vittoria al Festival di Sanremo, dopo il trionfo di Nel blu
dipinto di blu (volare) , cantava… Vorrei trovare parole nuove… ma piove piove…
che rivelava proprio la testarda ricerca di molti di questi poeti popolari (poi
chiamati cantautori) di un linguaggio diverso che raccontasse in musica i
sentimenti della gente con espressioni reali, vere, del linguaggio parlato, ma
non per questo tanto lontane dalla poesia…
Grazie di questo post/tributo a Sergio Endrigo. Un cantante, o meglio un uomo che canta, che ho tanto apprezzato. E' vero: le sue canzoni fondono mirabilmente musica e poesia.
RispondiEliminalo ascolto spesso in macchina, andando al lavoro.
Eliminaè un'ottima compagnia, dice un sacco di cose belle e intelligenti, se tutti i colleghi fossero così :)
Son cresciuto da bambino ascoltando e riascoltando una sua cassetta....
RispondiEliminaa tanti sono capitate cose peggiori :)
EliminaEheheh....
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