Mariama Bâ è una scrittrice praticamente sconosciuta da noi, i suoi libri sono pubblicati in italiano da piccole case editrici e venduti per strada dai senegalesi.
la storia è quella di un amore di una ragazza bianca francese (Mireille) e di un ragazzo nero senegalese (Ousmane), contro tutte le previsioni, per i primi due terzi delle pagine.
poi si cambia, lo scoprirete.
Mariama Bâ, che è senegalese, cerca di essere equidistante, ma non ci riesce, secondo me è con Mireille che soffre.
la storia è quella di un amore di una ragazza bianca francese (Mireille) e di un ragazzo nero senegalese (Ousmane), contro tutte le previsioni, per i primi due terzi delle pagine.
poi si cambia, lo scoprirete.
Mariama Bâ, che è senegalese, cerca di essere equidistante, ma non ci riesce, secondo me è con Mireille che soffre.
se per caso trovate uno di quei venditori di libri cercate questo libro, non ve ne pentirete.
…Mariama Bâ dipinge il
quadro di una società in cui i matrimoni misti non sono ben visti, né dai neri
né dai bianchi, e l’apparente apertura nei confronti del mondo occidentale
viene soffocata dal forte attaccamento alle proprie radici. La critica che emerge va però
interpretata nel modo corretto. L’accusa non è rivolta a Yaye Khady, la madre
di Ousmane, e a chi, come lei, manifesta fin da subito e con chiarezza il
rifiuto di Mireille – anche se una maggiore umanità appare comunque auspicabile
– ma piuttosto all’ipocrisia di Ousmane, che tradisce quei valori occidentali
che affermava di condividere.
Ammirevoli
sono, al contrario, i sacrifici di Mireille e il suo tentativo di adattarsi
alla cultura senegalese, nonostante siano in molti a ricambiare tutto ciò con
ostilità e ben pochi prendano invece le sue difese.
Se
a volte lo stile delude un po’, apparendo in alcuni punti troppo semplicistico,
rimane comunque efficacemente essenziale e diretto, e viene compensato dalla
maestria di Mariama Bâ nel condensare in questa storia tematiche universali
sempre attuali come l’amore incondizionato, il coraggio, la solitudine, il
razzismo, l’ipocrisia e l’incomprensione, presentandoci al tempo stesso
un’immagine preziosa della cultura e delle dinamiche sociali senegalesi.
Ciò
che mi stupisce è che questo libro, pubblicato da Giovane Africa Edizioni, sia
pressoché introvabile. Credo che valga davvero la pena provare a recuperarne
una copia (la versione originale, in lingua francese, si intitola Chant écarlate) e magari spargere un po’ la voce, perché Mariama Bâ è senz’altro un’autrice che merita di
essere letta ancora oggi.
…A
subire la violenza più atroce non è il Nero ma la Bianca, calata dentro una
società che la rifiuta, la isola e alla fine drammaticamente la espelle. In
questo contesto il ruolo dell’uomo, dello sposo nero, è determinante alla conclusione
della storia: benché uomo di cultura, intellettuale, insegnante di filosofia, è
completamente in balia del proprio gruppo sociale, e fondamentalmente convinto
della giustezza dei suoi comportamenti. La cultura di cui si è servito per
conquistare la donna gli cade di dosso come la pelle di un serpente per
rivelarne il vero sé fatto di ipocrisia, di occultamenti, di silenzi.
Mariama Bâ, che pure ha cosparso la prima parte del libro di piccoli
indizi rivelatori dell’epilogo, mostra l’inutilità di una cultura fatta solo di
conoscenza ma incapace di servire da strumento per valutare e cambiare il
mondo. I personaggi che formano il coro di questo dramma africano sono
anch’essi divisi in due gruppi, da un lato il gruppo familiare capeggiato dalla
madre di lui, fortemente coeso e deciso a espellere l’intrusa tranne che per
un solo elemento amichevole, e dall’altro pochi amici capaci di
guardare con obiettività alla situazione ma impotenti a far cambiare idea
all’uomo che nasconde, dietro i principi della Negritudine di cui si fa
portavoce, un’aridità di sentimenti. Anche questo personaggio subisce una
rotazione a 360°. La bontà e la gentilezza, il rispetto mostrati nella
giovinezza verso la famiglia non si rivelano sentimenti caratteriali, ma
semplici elementi di solidarietà col proprio gruppo d’origine, incapaci
di innestarsi e far fruttificare una nuova famiglia e dunque una nuova società.
Lo sprofondare nella tradizione fa emergere dallo sfondo una società
poverissima in cui le famiglie si appoggiano pesantemente, per
sopravvivere, a chi ha conquistato una posizione, e in cui il denaro
ricopre un ruolo sociale fondamentale. Al centro la figura della Bianca,
sposata con rito civile e islamico, una donna colta e sincera, fiduciosa
e ignara dell’abisso in cui è scivolata. L’amore che porta al suo uomo non è
sufficiente a spostare la montagna di differenza culturale che lui le ha
celato, e che forse ha celato anche a se stesso. Le regole che cerca di far
rispettare – pulizia, ordine domestico, rispetto per la donna e per la nuova
coppia – diventano terreno di scontro e motivo di distanza crescente fra i
due. Non è questa violenza? Non violenza fisica, ma la sottile quotidiana
negazione di quanto promesso, l’abbandono senza spiegazioni in un mondo sconosciuto
e ostile, di cui non si riescono a decifrare le coordinate, ad opera di un uomo
cui la donna si era affidata completamente, legata da affetto vero, di cui si
era resa dipendente andando da sola in un contesto completamente ignoto.
La violenza qui è quella dell’intero gruppo contro un individuo isolato, ma è
fortemente sottolineata l’incapacità dell’uomo di difendere la propria scelta,
trovando più comodo regredire al passato, all’utero materno…
da qui
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