Gabriele del Grande,
appena arrivato all’aeroporto di Bologna, finalmente libero, ha dichiarato: non
mi è stato torto un capello, ma sono stato vittima di una violenza istituzionale. Le istituzioni, e non solo
quelle turche – sfacciatamente
autoritarie -,
sono ormai nemiche della libertà, comunque se ne ammantino. E comunque ci
avvolgano, ci avviluppino, ci attornino e ci blandiscano.
Sino a quando stiamo lì, obbedienti e docili, va tutto bene fuorché noi e
la nostra vera libertà.
Ma appena disobbediamo, critichiamo, cerchiamo di divincolarci e svincolarci da
esse, ecco che ci arrivano addosso ricatti, pressioni, minacce, attacchi, aggressioni.
Al fine di farci paura, e farci così tornare nei ranghi. Non si può pensare che
questo sistema di relazioni possa far crescere la fiducia tra cittadini e
stati. Anzi, fanno aumentare il rifiuto, il boicottaggio coperto o scoperto, le
trasgressioni clandestine, le resistenze e le renitenze.
Emmanuel
Macron ha
uno slogan, “En marche“, che
però manca di un accento finale: il suo vero slogan dovrebbe essere “En marchè” (nel
mercato). Niente di più convenzionale e scontato. L’unico che “ci marcia” è lui.
Insieme alle borse che, non a caso, festeggiano. Eppure, è bastato che si sia
presentato come un
personaggio fuori dai partiti e ha conquistato in pochissimi mesi il
voto di milioni di francesi. Ci si vuole liberare di qualcosa, confusamente
magari, passando dalla padella alla brace probabilmente. Ma è un processo
chiaro e lampante, di liberazione dai partiti, quello che è in corso oggi.
I vaccini faranno pure bene alla salute, avranno
ridotto la mortalità, avranno debellato molte malattie endemiche. Niente da
eccepire, parlano i fatti. Tuttavia, un
bel po’ di gente non si fida più dell’Organizzazione mondiale della salute,
dei medici e dei farmacologi: li vede come una casta che difende i propri
interessi istituzionali, i propri privilegi di parte. Il contenuto, questa
volta, sono i vaccini, ma il problema sta soprattutto altrove: nell’arroganza di una nemesi medica
senza scrupoli e senza ritegno.
Lo
stesso vale per le Organizzazioni non governative e il loro ruolo nella questione
migranti: salveranno pure migliaia di disperati al giorno, dedicheranno le loro
vita al bene dell’umanità reietta e negletta. Ma molta gente non è stupida e
vede quel che sta accadendo: gli stati, i trafficanti e le Ong ci marciano,
sono collusi, stanno in piedi grazie ai poveracci, e vivono alle loro spalle.
Non è in questione la bontà della polpa di salmone (anche se molti sono più che
altro lepri in salmì); è il sistema della
cooperazione e della solidarietà pietosa che non va, sarebbe onesto almeno
ammetterlo.
Nei giorni scorsi sono stato coinvolto nell’organizzazione di una serie di
incontri all’Università di Cagliari sulle scuole
libertarie e non statali: anche qui è sempre più evidente che lo stato sta
perdendo il monopolio dell’istruzione scolastica. Le
famiglie non si fidano più: non vogliono più affidare i loro figli a scatola
chiusa a un sistema malmesso, autoritario e arrogante. Preferiscono cercare o
creare altre strade. E nascono scuoline e scuolette autofinanziate e
autogestite. Ancora una volta: non si rifiuta l’educazione, ma chi la vuole
imporre a modo suo e per i suoi esclusivi fini.
Insomma, in questa festa della Liberazione chiediamoci: chi sono i
nazifascisti e i totalitari oggi? Non lasciamoci distrarre da leghisti,
lepenisti e poundisti, non coglieremmo nel segno. Quelli sono soltanto
l’effetto reattivo e sussidiario di una causa ben più profonda: la violenza degli Stati e dei mercati. Non possiamo avere l’una senza
gli altri. Ma chi è disposto a
riconoscerlo e a liberarsene?
(*) Enrico Euli è ricercatore
alla facoltà di Studi Umanistici dell’università di Cagliari, in cui è docente
di Metodologie e tecniche del gioco, del lavoro di gruppo e dell’animazione. Ha
pubblicato vari testi, l’ultimo: «Fare il morto (Sensibili alle foglie
edizioni).
(**) Testo ripreso da «Comune
Info»
da qui
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