Avevano nomi semplici
Le donne della Resistenza.
Si chiamavano Nella, Rosa, Maria, Vanna
Dicevano:
“Senza farina non si fa il
pane”
Ed il loro pane era la libertà.
Avevano nomi teneri
Le donne della Resistenza.
Si chiamavano Stellina, Gigina, Pierina la
fugarina, Angelina
Norina, era una bambina, non scorderà mai lo
sguardo di Lorenzini
prima di essere ucciso
“buttato come uno straccio
sui rami di un albero.”
Avevano nomi forti
Le donne della Resistenza
Si chiamavano Ricciotta, Anita, Fedora, Ermelinda
“Ermelinda, ha una lingua che
bisogna sempre prenderla per persa
La verghetta alla patria? NO
Non voglio serva per una palla da schioppo
Per far ammazzare il figlio di un’altra mamma
come me!”
Avevano nomi di sempre
Le donne della Resistenza
Nomi di ieri e di oggi
Si chiamavano Gianna, Arclea, Tilde, Prima
Erano contadine, spazzine, infermiere
Attrici,operaie, studentesse, sarte
Erano ortolane, ceramiste, impiegate
Non c’era differenza se una aveva o no un
diploma
Avevano nomi di sempre
Nomi di ieri e di oggi
Si chiamavano Mina, Nadia, Teresa, Delia
Sulle loro biciclette dai cerchioni scassati
Portavano armi nella borsa della spesa
Portavano volantini nella fodera dei cappotti
Sotto la verdura dei loro cesti
Avevano nomi di sempre
Nomi di ieri e di oggi
Si chiamavano Tona, Masca, Ines, Antonietta
Portavano il loro carico prezioso
Da Imola a Castello, a Bologna, a Casola
Canina, a Osteriola
A Piancaldoli, Ghiandolino, Sesto, Bubano,
Castenaso, Mordano
Sotto gli occhi dei tedeschi il cuore
rimbombava nel petto
Ma sono andate avanti
Avevano nomi gentili
Le donne della Resistenza
Si chiamavano Jusfina, Cecchina, Isuletta,
Richina
Quei grandi occhi neri una notte si sono
spalancati
Alla spallata dei brigatisti all’uscio di casa
Poi presero Guido
“Io piangevo, il bambino
piangeva
Eravamo soli io e il mio bambino
Fra mezz’ora è a casa
E’ stata una mezz’ora che è durata sei anni.”
Avevano nomi di sempre
Le donne della Resistenza
Nomi di ieri e di oggi
Si chiamavano Mafalda, Domenica, Antonia detta
baffietta, Laura
Avevano portato via i loro padri, i loro
mariti, i loro fratelli
“Vendi tutto, ma fai studiare
nostro figlio”
Ma non avevano più nulla.
Hanno lavorato alla fornace, a servizio, a
raccogliere ghiande, a fieno
Tutti i mestieri hanno fatto, tutti fuorché le
puttane
Avevano nomi da fiaba
Le donne della Resistenza
Si chiamavano Zeffira, Elvina, Novella,
Vermiglia
Hanno patito la fame, la paura, il freddo
Nella stamperia clandestina di Via Garibaldi
L’unico litigio era per il gatto Mus’ghì
Per quel po’ di calore che donava alle
ginocchia!
Avevano nomi di sempre
Le donne della Resistenza
Nomi di ieri e di oggi
Si chiamavano Elvira, Adria, Silvana, Ceda era
Annunziata.
Nascondevano i documenti
Sotto i sassi, nelle crepe dei muri, sotto il
fieno
Nascondevano i feriti, i partigiani
Rischiavano la galera, le botte, il confino e
finanche la morte
Avevano nomi di sempre
Nomi di ieri e di oggi
Si chiamavano Lea, Gina, Andreina, Tosca la
fornaciaia
Lea non parlò quando i brigatisti neri
“infierirono sul suo corpo
adolescenziale con indicibile torture”
A febbraio sul torrione della rocca
nude in un bagno ghiacciato sfinite dalle
botte, dalla fame e dalla paura
Usavano un frustino e dicevano: “deve fare il
fumo”
Si sentivano le urla disumane dei compagni
torturati.
Avevano nomi di sempre
Le donne della Resistenza
Nomi di ieri e di oggi
Si chiamavano Maria Rosa, Eva, Livia, Zelinda
Maria Rosa si mise il vestito più bello
In piazza quel 29 aprile
Cinquecento donne chiedevano pane per i propri
figli
Livia aveva rischiato la galera per essere
presente
Maria Rosa si era messa il vestito più bello
Due colpi vigliacchi
E Livia non era più
Era macchiato di sangue il bel vestito di
Maria Rosa.
Avevano cognomi di qui le donne della
Resistenza
I cognomi di Imola, della bassa, della vallata.
Si chiamavano
Barboncini, Vespignani, Gualandi, Mongardi
Avevano i cognomi dei loro padri, dei loro
fratelli
Si chiamavano
Zanotti, Montevecchi, Loreti, Tampieri
Avevano gli stessi cognomi degli uomini della
Resistenza
Si chiamavano
Cavina, Cervellati, Manaresi, Bianconcini
E ancora
Costa, Galassi, Noferini, Dalle Vacche,
Pirazzoli…
Avevano avuto paura, freddo, fame
Sono state picchiate, imprigionate, confinate
Hanno vissuto l’orrore della tortura, dei
campi di sterminio
Hanno conosciuto la morte
Ma, dicevano,
“senza farina non si fa il
pane”
E il loro pane era la libertà.
Erano sicure che sarebbe venuto un bel giorno
di primavera
E in quel tardo pomeriggio del 14 aprile 1945
“Il campanone cominciò a
mandare la sua voce su tutta la città
accompagnato via via dallo scampanio festoso
di tutte le chiese”
L’inverno era finalmente finito!
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