“Demenza Digitale“ (di Manfred Spitzer) è il titolo di un libro che dovrebbe far riflettere sui computer (e non solo) a scuola.
“quando si dichiara che a scuola si studia meglio grazie ai media digitali, non bisogna dimenticare che non esistono dimostrazioni di queste tesi. Quasi tutti gli studi sui risultati scolastici con l’introduzione dei computer nelle scuole sono stati realizzati e sponsorizzati, non a caso, dall’industria informatica e dalle società telefoniche”
“chi è favorevole all’introduzione dei media digitali nelle scuole usando soldi pubblici, deve prima dimostrare l’effetto positivo di questa misura. Gli studi a disposizione ci inducono a pensare che portatili e lavagne interattive nelle scuole ostacolino il processo di apprendimento e quindi danneggino gli alunni”
“secondo gli autori dello studio PISA in Germania la semplice presenza di un computer in casa conduce dapprima i bambini a usarlo per giocare. Questo li distrae dallo studio e ripercuote negativamente sui risultati scolastici. Riguardo all’utilizzo del computer a scuola, da un lato si è visto che gli allievi che non utilizzano mai un computer ottengono risultati leggermente inferiori rispetto a quelli che lo usano una volta all’anno o più di una volta al mese. D’altro canto i risultati in lettura e aritmetica di chi ricorre al computer più volte alla settimana sono peggiori. E lo stesso accade con l’uso di internet nelle scuole”
” i computer elaborano informazioni. Da qui si deduce erroneamente che i computer siano strumenti ideali di apprendimento. Invece, proprio il fatto di sottrarci il lavoro mentale, i computer non sono adatti per imparare meglio. L’apprendimento presuppone una lavoro mentale autonomo: più a lungo, e sopratutto in modo più approfondito, si elabora un contenuto, meglio lo si impara”
“il cervello di un adulto è sostanzialmente diverso da quello ancora in via di sviluppo di un bambino. Questo semplice fatto viene praticamente ignorato da tutti gli esperti che si occupano del tema dei media digitali in ambito educativo”
“sebbene l’attuale coorte degli studenti universitari americani disponga di una preparazione tecnologica impensabile in passato, i ragazzi non prediligono i manuali elettronici rispetto ai normali testi di studio. Inoltre non sono stati rilevati collegamenti con e-book letti in precedenza o con una generale predilezione dei libri elettronici: i soggetti del test che leggevano in prevalenza e-book preferivano comunque studiare su testi stampati”
“se si chiede agli studenti universitari che cosa preferiscono tra manuali elettronici o libri stampati, si ottiene un risultato stupefacente: il 75% dei presunti nativi digitali sceglie i libri stampati e solo il 25% quelli elettronici. E’ quanto appurato nel marzo del 2011 da un sondaggio americano tra 655 studenti tra i 18 e i 24 anni”
“è ora che le decisioni nell’ambito della pedagogia non seguano le richieste del mercato, bensì dati scientifici comprovati. Siamo ben lontani da tutto ciò”
“il 12% dei giovani della Corea del Sud, il paese che attualmente vanta l’uso più intensivo di media digitali, accusa sintomi conclamati di dipendenza. Questo rende ancora più discutibile l’invocazione di una maggiore competenza mediatica negli asili e nella scuola elementare”
“si sostiene spesso che la competenza mediatica sia una competenza chiave. A ben guardare non riguarda né la programmazione né la capacitò di pensiero logico (algebra di Boole), né altre capacità intellettuali mentali legate ai media digitali, bensì solo un conoscenza superficiali dei software più diffusi”
“l’aspetto più ingannevole nel concetto di competenza mediatica è che per utilizzare internet non è necessaria alcuna capacità specifica. Ciò che serve è invece una solida cultura di base o generale. Chi già ne dispone potrà trovare molti contenuti su internet e informarsi in maniera approfondita. Chi invece non conosce (ancora) niente non diventerà più colto tramite i media digitali. Perché è necessario avere conoscenze preliminari di un determinato contenuto per poterlo approfondire. Chi non è convinto può provare a inserire in un motore di ricerca un contenuto di cui non sa assolutamente nulla. Si accorgerà ben presto che Google non è in grado aiutarlo. Vale invece il contrario: più so, prima trovo in rete i dettagli che mi erano sconosciuti.”
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