martedì 26 novembre 2013

27 novembre 1983, in ricordo di Jorge Ibargüengoitia e Manuel Scorza

Nel volo 11 Avianca, in arrivo da Parigi, a pochi minuti dall’atterraggio all’aeroporto di Madrid, sono morti in un incidente aereo Jorge Ibargüengoitia e Manuel Scorza (entrambi avevano solo 55 anni), fra gli altri.
Per ricordare Manuel Scorza riporto la prima pagina di “Rulli di tamburo per Rancas”, che inizia così:
“1. Nel quale il sagace lettore sentirà parlare di una celeberrima moneta.
Dalla stessa cantonata della piazza di Yanahuanca da dove, con l’andare del tempo, sarebbe emersa la Guardia d’Assalto per fondare il secondo cimitero di Chinche, in un umido settembre il tramonto esalò un vestito nero. Il vestito, a sei bottoni, ostentava un panciotto solcato dalla catenella d’oro di un Longines autentico. Come tutti i tramonti degli ultimi trent’anni, il vestito scese in piazza per dare inizio ai sessanta minuti della sua imperturbabile passeggiata.
Verso le sette di quel freddoloso crepuscolo, il vestito nero si fermò, consultò il Longines e s’infilò in un casone a tre piani. Mentre il piede sinistro esitava a mezz’aria e quello destro pigiava il secondo dei tre scalini che uniscono la piazza al limitare, una moneta di bronzo scivolò fuori dalla tasca sinistra dei calzoni, rotolò tintinnando e si fermò sul primo scalino. Don Heròn de los Rìos, l’Alcalde, che stava aspettando da un po’ di sprofondarsi rispettosamente in una scappellata, gridò:‘Don Paco, le è caduto un sol!’.
Il vestito nero non si volse…”
E una poesia:
EPISTOLA AI POETI CHE VERRANNO
Traduzione (G.P.)
Forse domani i poeti chiederanno
Perché non celebriamo la grazia delle ragazze;
chissà domani i poeti chiedano
perché le nostre poesie
erano lunghi viali da dove giungeva l’ardente collera.
Io rispondo: da ogni parte si udiva pianto,
da ogni parte ci circondava un muro di onde nere.
Doveva essere poesia
una solitaria colonna di rugiada?
Doveva essere un lampo perpetuo.
Io vi dico:
finché qualcuno patisca,
la rosa non potrà essere bella;
finché qualcuno guardi il pane con invidia,
il frumento non potrà dormire;
finché i mendicanti piangano di freddo la notte,
il mio cuore non sorriderà.
Uccidete la tristezza, poeti.
Uccidiamo la tristezza con un palo.
Vi sono cose più grandi
che piangere l’amore di pomeriggi perduti:
il rumore di un popolo che si sveglia,
quello è più bello del rugiada.
Il metallo risplendente della sua collera,
quello è più bello della luna.
Un uomo veramente libero,
quello è più bello del diamante.
Perché l’uomo si è svegliato,
e il fuoco è fuggito dal suo carcere di cenere
per bruciare il mondo dove stava la tristezza.
Di Jorge Ibargüengoitia  riporto l’incipit de “Le morte”:
“È possibile immaginarli: tutti e quattro portano occhiali scuri, l’Escalera guida curvo sul volante, accanto a lui c’è il Prode Nicolás che legge un giornaletto, sul sedile posteriore, la donna guarda dal finestrino e il capitano Bedoya dormicchia ciondolando il capo.
L’auto blu cobalto sale stracca su per il dosso del Perro. E’ una soleggiata mattina di gennaio. Non si vede una nuvola. Il fumo delle case galleggia sulla pianura. La strada è lunga, all’inizio dritta, ma passato il dosso serpeggia per la sierra di Güemes, tra i fichi d’India…”;
di “Due delitti”:
“La storia che sto per raccontare inizia una notte in cui la polizia violò la Costituzione. Fu anche la notte in cui la Chamuca e io organizzammo una festa per celebrare il nostro quinto anniversario, non di nozze, perché non siamo sposati, ma della sera in cui lei “mi si concesse” su uno dei tavoli da disegno del laboratorio del Dipartimento di Progettazione. C’era un’aria carica di smog che non lasciava vedere neppure il monumento alla Rivoluzione che dista due isolati, io facevo il disegnatore, la Chamuca aveva studiato sociologia, ma aveva un posto da dattilografa, entrambi facevamo gli straordinari, non c’era nessuno nel laboratorio. Alla festa per l’anniversario avevamo invitato sei fra i nostri migliori amici, cinque dei quali arrivarono alle otto carichi di regali; il Manotas col libro di Lukács, i Pereira col jorongo di Santa Marta, Lidia Reynoso con certi piatti di Tzinzunzan e Manuel Rodríguez con due bottiglie di ottima vodka che si era procurato tramite un amico suo che lavorava all’ambasciata sovietica…”;
e de “I lampi d’agosto”:
“Da dove cominciare? A nessuno importa dove sono nato, né il motivo della mia nomina a Segretario Privato della Presidenza; tuttavia, voglio mettere bene in chiaro che non sono nato in una stalla, come dice Artajo, che mia madre non era una prostituta, come taluni hanno insinuato, e che non è vero che non ho mai messo piede in una scuola, visto che ho terminato le elementari perfino con gli elogi dei maestri; quanto al posto di Segretario Privato della Presidenza della Repubblica, me l’offrirono in considerazione dei miei meriti personali, tra i quali è bene annoverare la mia raffinata educazione che suscita sempre ammirazione e invidia, la mia onestà a tutta prova, che in certe occasioni mi ha addirittura causato fastidi con la polizia, la mia intelligenza perspicace, e soprattutto, la mia simpatia personale, che a molte persone invidiose riesce insopportabile…”
Senza dimenticare che “Jorge Ibargüengoitia scrive un libro ogni qual volta desidera leggere un libro di Jorge Ibargüengoitia, che è il suo scrittore preferito”... (da qui)
Jorge Ibargüengoitia e Manuel Scorza hanno scritto capolavori, o, nelle opere minori, solo cose bellissime, da leggere o rileggere, senza scuse.
(anche qui)

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