Seguo la straordinaria manifestazione che
si è svolta a Torino a favore del Tav.
Alla testa di tutto, c’è la Confindustria:
“Confindustria ribadisce
“con forza l’assoluta necessità di completare i lavori della Tav”. E annuncia
“che proprio a Torino convocherà un Consiglio generale straordinario allargato
alla partecipazione dei Presidenti di tutte le Associazioni Territoriali d’Italia
per protestare insieme contro una scelta, il blocco degli investimenti, che
mortifica l’economia e l’occupazione del Paese”.”
Leggo su Repubblica la
composizione, invece, della piazza:
“Il sit-in è stato
promosso dall’associazione “Sì Torino va avanti” e da “Sì lavoro”, legata a
Mino Giachino, ex sottosegretario ai Trasporti del governo
Berlusconi, che ha lanciato una petizione online arrivata a più di
65mila sottoscrizioni. Hanno aderito il Partito democratico, i
moderati, Forza Italia e anche la Lega, nonostante il
partito di Matteo Salvini governi insieme al Movimento 5 Stelle che intende
bloccare i cantieri e ha annunciato l’analisi costi benefici per l’alta
velocità.
In piazza anche i Radicali e Fratelli d’Italia, che raccolgono firme
per due referendum”.
Casa Pound,
che è ovviamente fortemente schierata dalla parte delle Opere che Fanno Grande
l’Italia, all’ultimo momento ha deciso di non scendere direttamente
in piazza,
«Pur condividendo le
legittime proteste degli amici del No Ztl non intendiamo manifestare
formalmente con il Partito Democratico e il circuito di poteri forti che la
sinistra rappresenta».
Mettiamo da parte per un momento i pareri
sul valore o sul pericolo dell’opera in sé, e partiamo dalla parolina che meno
vi avrà colpiti: “gli amici del No Ztl“.
Non è solo in Oltrarno (il quartiere nel
quale vive l’autore dell’articolo, ndr) che le cose piccole permettono di
cogliere la chiave di quelle grandi: no Ztl, cioè i
commercianti che sotto l’egida di Casa Pound si stanno battendo perché il
flusso di auto nel centro della città non si fermi nemmeno per un istante.
Auto prodotte con frammenti provenienti da
tutto il mondo, che trasformano il petrolio ricavato dai deserti
arabi in veleno per i nostri polmoni e in gas serra e tutto il resto. Va da sé
che i No Ztl si battono soprattutto su Facebook
regalando i propri profili al
signor Zuckerberg, quindi tranquilli, non sono antisemiti.
Benzina e sottoprodotti portano un
momentaneo sollievo alla crisi, che somiglia piuttosto a una crisi di astinenza. E
certamente hanno ragione i piccoli commercianti a sentirsi addosso il fiato
della morte addosso.
Però tutta la sciarada di diventa più
comprensibile, se partiamo da questo concetto: la crisi da astinenza da
crescita. È chiaramente il motivo della scelta della Confindustria, ma anche di
tutte le piccole realtà a scendere, giù giù fino ai Fratelli d’Italia.
Insomma, stiamo parlando qui di politica vera e non solo di politica spettacolo, per questo si mescolano tra di
loro i giocatori delle varie squadre.
Apriamo una parentesi.
Nel 1936, Daniel Guérin scrisse Fascisme et gran capital, pubblicato in italiano
come Fascismo e gran capitale dall’amico
Roberto Massari. Guérin, osservando da vicino la nascita del fascismo e del
nazismo, aveva osato fare ciò che oggi i furbi evitano accuratamente di fare:
dare una definizione falsificabile di fascismo. Con molti esempi calzanti,
Guérin diceva che gli imprenditori dell‘industria pesante, in
particolare metalmeccanica, godevano di un enorme potere, strettamente legato
agli appalti statali, perché dallo Stato ricavavano sia le infrastrutture che
gran parte delle loro commesse. Dallo Stato l’industria pesante aveva
ottenuto la più Grande Opera Inutile e Imposta di tutti i tempi, la prima
guerra mondiale.
Dall’altra parte, c’era l’industria leggera (segnatamente quella tessile della
Toscana, che lui evidentemente conosceva bene), che non aveva bisogno di Grandi
Opere, ma di traffici internazionali; era molto meno dirigista, non era legata
allo Stato; e cercava di mediare nello scontro con i lavoratori. Con la fine
della pacchia (cioè della Grande Strage), l’industria pesante si trovava in una
crisi paurosa: quando non c’è più da ammazzare, non ti
comprano più le bombe. A lungo termine, la soluzione più semplice
sarebbe stata quella geniale adottata dagli Stati Uniti nel 1945: “facciamo
altri ottant’anni di guerra, ovunque sia!”. Ma nel 1919, gli operai –
che avevano goduto di una piccola pacchia anche loro – pretesero di avere il controllo sul luogo dove passavano la
maggior parte delle loro vite da svegli. Fu a quel punto che la
Confindustria decise di finanziare lo squadrismo fascista. Ma siccome la
crisi si faceva dura, si aggregarono anche l’industria leggera, e tutto il
mondo agrario.
Questa analisi del fascismo, a ottant’anni
di distanza, presenta diversi problemi. Intanto Guérin era un latino, e
all’epoca solo anglosassoni e germanici intuivano qualcosa del vero problema del mondo, la catastrofe ecologica
in preparazione. Poi, esiste oggi una
“industria pesante” e una “industria leggera” in Italia? Come facciamo a
distinguere capitali che girano vorticosamente per il pianeta su computer, e
definirli “italiani” o “americani” o magari “nigeriani”? In un mondo di
anziani, esistono reduci ventenni fuori di testa per aver passato tre anni di
vita e morte in trincea? Esistono operai che rivendicano il controllo della
fabbrica in cui lavorano?
E se nel 2018 cerchi l’olio di
ricino, vai su Amazon e trovi l’olio di ricino biologico.
Insomma, si fa presto a dire che stanno
tornando i fascisti.
Ma fatta la tara a tutto ciò, la Confindustria esiste ancora; la crisi c’è;
la crescita bisogna farla lo stesso; i lavoratori
vanno flessibilizzati, globalizzati, delocalizzati,
automatizzati; e almeno in Toscana, i padroni delle terre che producono il vino
e i palazzi che ospitano i turisti sono i pronipoti degli stessi conti e
marchesi che qui inventarono il fascismo.
Abbiamo finito di scherzare, quando si
deve decidere sul serio, arrivano i produttori e
decidono loro come bisogna fare.
E il momento tremendo
arriva, quando compare anche il No Ztl, quando tutti i piccoli
disperati spaventati dalla crisi si aggregano, e i profitti di pochi diventano
la furia di tanti.
Con la differenza che gli squadristi del
1920 si limitavano a bastonare contadini e operai. Questa nuova furia crescista che
non picchia nessuno e usa l’olio di ricino solo per abbellirsi le ciglia, è
diretta contro la sopravvivenza della vita sull’unico pianeta che abbiamo.
Immaginatevi questa gente che si agita per
un’ipotetica linea ferroviaria, il giorno che qualcuno minaccia di privarla
della plastica usa e getta. E mi dicono che Marte è proprio bruttino.
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