Ho cercato di raggiungere l’Europa all’inizio di quest’anno. Eravamo in
barca da 26 ore, nel mezzo del Mediterraneo, e un elicottero italiano è venuto
a prendere fotografie. Dopo di ciò, è apparsa la guardia costiera libica per
riportarci in Libia, e ci hanno portato all’inferno. Da allora, sono stato in
un centro di detenzione a Tripoli.
Ad oggi, persone ammalate qui hanno trascorso tre settimane senza medicine
per la tubercolosi, ed ora pensiamo che l’abbiano tutti gli uomini e i ragazzi.
I medici hanno smesso di farsi vedere, hanno smesso i farmaci, e viviamo tutti
insieme. Neanche le guardie vengono vicino a noi, dicono agli altri di non
avvicinarsi. Il posto in cui viviamo è simile ad una caverna. Non ci sono
finestre. Condividiamo letti, tazze, quasi tutto. Per passare il tempo
preghiamo al mattino. Stiamo seduti. Dormiamo. Dentro è buio per tutto il
giorno.
Due settimane fa, un somalo si è ucciso prendendo del petrolio da un
generatore e dandosi fuoco. Il suo nome era Abdulaziz, e aveva 28 anni. Aveva aspettato
nove mesi l’evacuazione. Era un uomo buono: quando dei funzionari dell’Agenzia
per i Rifugiati delle Nazioni Unite ( UNCHR) hanno fatto visita ha chiesto loro
perché aveva trascorso così tanto tempo in prigione. L’ultima volta che sono
venuti, ha detto che l’UNCHR lo aveva rifiutato. Così ha preso il petrolio.
Aveva perso la speranza del supporto dell’UNCHR dopo avere aspettato così tanto
tempo per il trasferimento ad un paese sicuro. Altri sette sono morti
quest’anno per le condizioni. Nessuno si prende la responsabilità per noi. La
nostra sola necessità è lasciare la Libia, perché la Libia non ha governo. Io
sono eritreo, pertanto non posso tornare a casa. Altre persone potrebbero avere
una possibilità, ma non gli eritrei, i somali, i sudanesi.
Nel frattempo i paesi della UE stanno giocando dei giochi, specialmente
l’Italia. L’Eritrea è stata colonizzata dall’Italia per molto tempo. Per il
popolo eritreo non c’è ancora libertà, e l’Italia direttamente o indirettamente
ha plasmato ciò. Il mio paese è una dittatura. Sembra come se i paesi europei
non vogliano che gli africani si sviluppino, siano intelligenti , istruiti e
così via. Ecco perché stanno facendo questo. Stanno uccidendo il nostro tempo,
uccidendo i nostri cervelli. È come una guerra fredda. Le nostre condizioni
stanno diventando sempre peggiori. Non c’è abbastanza cibo, e le persone bevono
l’acqua della toilette.
Ed è tutto nascosto. Quando delle persone vengono nei giorni di visita, le
guardie ci danno cibo buono, un ambiente buono, l’igiene. Ma i rifugiati non
hanno contatti con i visitatori, non abbiamo una possibilità di parlare con
loro dei nostri problemi. Talvolta li vediamo attraverso un piccolo buco nella
porta. Quando l’alto commissario per i rifugiati dell’ONU, Filippo Grandi, ha
fatto visita quest’anno, sono passato in mezzo alle guardie con la forza e l’ho
trovato, raccontandogli ogni problema nel centro di detenzione e chiedendogli
perché l’evacuazione si era fermata. Mi ha detto :
“Conosco tutti i problemi “. Abbiamo parlato faccia a faccia. Dopo che se ne è andato, le guardie mi hanno picchiato e mi hanno minacciato perché non lo facessi di nuovo. Da quel momento, non mi è stato più consentito di uscire o di parlare a qualsiasi organizzazione. Ecco perché sono costretto a scrivere adesso sotto pseudonimo.
“Conosco tutti i problemi “. Abbiamo parlato faccia a faccia. Dopo che se ne è andato, le guardie mi hanno picchiato e mi hanno minacciato perché non lo facessi di nuovo. Da quel momento, non mi è stato più consentito di uscire o di parlare a qualsiasi organizzazione. Ecco perché sono costretto a scrivere adesso sotto pseudonimo.
Quando l’UNCHR e l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione ( IOM)
ci danno cose come prodotti per l’igiene, o coperte, prendono alcune
fotografie. Poi, quando se ne vanno, le guardie ce le riprendono e rivendono
tutto. IOM e UNCHR conoscono questo gioco, ma non fanno niente. Fingono come se
non lo conoscessero. A volte le guardie ci picchiano davanti a loro e loro non
le fermano. Dobbiamo chiedere alle nostre famiglie di mandarci dei soldi per
cibo e prodotti per l’igiene. Arrivano attraverso il mercato nero, e le guardie
prendono il 40%. Altrimenti dobbiamo morire. Di recente abbiamo cercato di
buttare giù la porta e di scappare insieme, ma non ci siamo riusciti. Le
guardie ci sono venute incontro con fucili e catene.
Nel frattempo i libici che si suppone si prendano cura di noi stanno solo
pensando a come ottenere più soldi dall’UNCHR. Fanno filmati, mentono, fingono
di darsi da fare, di aiutare i rifugiati. Quando sanno che dei bianchi
verranno, puliscono, nascondono le persone che sono in una cattiva condizione e
quelle che hanno picchiato. Se non si stessero rovinando così tante vite, si
potrebbe persino sorridere del modo con cui fingono: potrebbero essere attori
di Hollywood .
● Thomas Issak è un rifugiato eritreo
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