martedì 13 novembre 2018

Arrestando Peter Beinart, Israele ha dichiarato che non rappresenta più milioni di ebrei oltremare - Jonathan Cook



Ci sono pochi luoghi in Israele dove il suo carattere di apartheid è più evidente che l’imponente aeroporto internazionale appena fuori Tel Aviv, che prende il nome dal padre fondatore del paese, David Ben Gurion.
La maggior parte degli aerei che atterrano in Israele devono girare al di sopra della Cisgiordania prima di effettuare la discesa. Sotto, a più di due milioni di Palestinesi che vivono sotto la crudele occupazione israeliana è vietato di usare l’aeroporto. Dipende, invece, dalle decisioni capricciose degli ufficiali militari se sarà loro permesso di attraversare un confine di terra per entrare in Giordania.
Sono relativamente più agiati rispetto ai due milioni di Palestinesi a Gaza occupata, cui è negata anche la minima libertà.
Nel frattempo, un numero analogo di Palestinesi che vivevano chiaramente come cittadini dentro Israele, devono passare sotto le forche caudine del controllo del profilo razziale prima che possano imbarcarsi su un volo.
Inoltre, guardie armate nel perimetro di ingresso, ascoltano l’ebraico parlato con un accento arabo. I passaporti vengono bollati con codici a barre che possono comportare interrogatori umilianti, ritardi, perquisizioni e scorta armata per salire sugli aerei.
La sola sicurezza non avrebbe mai potuto giustificare il genere arbitrario e indiscriminato di queste pratiche vecchie di decenni contro la minoranza di Israele in gran parte quiescente.
La schedatura razziale all’aeroporto è stata eseguita sempre allo scopo di controllare e di intimidire i Palestinesi, raccogliendo informazioni su di loro e ghettizzandoli. I Palestinesi hanno lottato per uscire, mentre gli Arabi e i Musulmani hanno lottato per entrare.
Però, questi tentatici di “rinchiudere” i Palestinesi non son diventati di certo inutili in anni recenti in cui la globalizzazione ha ristretto il mondo. Impedite a un Palestinese di partecipare a un congresso a New York o a Parigi e loro trasmetteranno  il loro intervento per mezzo di Skype.
Però, i controlli a lungo sopportati dai Palestinesi e dagli Arabi, vengono ora rivolti in maniera più aggressiva contro altri tipi di sostenitori. Mentre le critiche aumentano in tutto il mondo e con la rapida crescita di un movimento internazionale di boicottaggio, la cerchia di persone che Israele vuole “chiudere fuori”, sta aumentando rapidamente.
Per gli stranieri, l’aeroporto Ben Gurion è la porta non soltanto a Israele, ma ai territori occupati. E’ il primo modo in cui possono essere testimoni diretti delle condizioni spaventose imposte a molti milioni di Palestinesi.
C’è una lista sempre crescente di accademici, avvocati, gruppi per i diritti umani, oppositori dell’occupazione e sostenitori del boicottaggio che vengono arrestati da Israele al loro arrivo e sottoposti a interrogatorio sulle loro idee politiche. Dopo viene loro negato l’ingresso o viene richiesto loro di stare fuori dai territori occupati.
In un mondo sempre più interconnesso, Israele può identificare coloro che vuole escludere, semplicemente cercando su Twitter o su Facebook.
Il problema per Israele è che sempre di più coloro che sono più critici nei suoi confronti, comprendono gli Ebrei.
Questo non dovrebbe essere una sorpresa. Se Israele sostiene che rappresenta gli ebrei in qualsiasi luogo, alcuni possono pensare che abbiano il diritto di parlare chiaramente per protestare. Sondaggi recenti indicano che si sta aprendo un golfo ideologico tra Israele e molti degli Ebrei all’estero a nome dei quali Israele sostiene di parlare.
La vittima più recente della schedatura politica che fa Israele, è Peter Beinart, un preminente commentatore politico ebreo-americano. Appare regolarmente alla CNN
La settimana scorsa Beinart ha rivelato di essere stato arrestato al suo atterraggio all’aeroporto Ben Gurion, separato da sua moglie e di suoi figli e “interrogato circa le mie attività politiche”, per un’ora. Dopo ripetute assicurazioni da pare sua che doveva semplicemente partecipare a un bat mitzvah (il momento in cui un bambino ebreo raggiunge l’età della maturità, n.d.t.),  di famiglia, i funzionari lo hanno fatto entrare.
Beinart non è Noam Chomsky o Norman Finkelstein, cioè pensatori ebrei dissidenti che hanno aspramente criticato le politiche di Israele e a cui, come conseguenza, è stato negato l’ingresso.
Le sue opinioni riecheggiano quelle di molti ebrei americani liberali che non vogliono più chiudere un occhio sui sistematici abusi di Israele nei confronti dei Palestinesi. Arrestando Beinart, Israele ha effettivamente dichiarato di non rappresentare più milioni di ebrei d’oltremare. Ha chiarito che il messaggio centrale  del Sionismo, cioè che Israele era stato creato come rifugio per tutti gli ebrei, non è più vero.
Il governo di destra del primo ministro Bemjamin Netanyahu vuole la lealtà da parte degli ebrei d’oltremare – appoggio pubblico, donazioni, pressione  sui governi  nazionali, ma non le loro opinioni.
Inoltre l’Israele di Netanyahu vuole la comunità ebraica divisa, con Israele che decida quali Ebrei sono considerati buoni e quali cattivi. La misura della loro virtù  non è più l’appoggio a uno stato ebraico, ma la cieca lealtà all’occupazione e a una Grande  Israele che spadroneggi sui Palestinesi.
Questo divario è sempre più evidente anche all’interno di Israele con un numero crescente di Ebrei israeliani dissidenti che riferiscono di essere stati presi da parte per essere interrogati, al momento dell’atterraggio all’aeroporto Ben Gurion. Vengono esplicitamente dissuasi dal fare attivismo politico, in un ambito inteso a implicare che la loro cittadinanza continuata non dovrebbe essere data per scontata.
Dopo una protesta per la detenzione di Beinart, Netanyahu ha espresso delle scuse stereotipate, definendo il suo trattamento un “errore amministrativo”.
Pochi gli credono. Il quotidiano liberale di Israele, Haaretz, lo ha chiamato “errore sistematico”. Il giornale ha sostenuto che nella “migliore tradizione dei regimi retrivi”, Israele ha redatto “le liste nere per zittire le critiche e per minacciare coloro che non rispettano le regole”.
Certamente gli attuali interrogatori e la prepotenza – non quando i passeggeri si preparano a imbarcarsi su un volo, ma quando a Israele – hanno poco a che vedere con la sicurezza, non più di quanto ne abbia quando i Palestinesi e altri arabi vengono maltrattati all’aeroporto.
Netanyahu, invece, vuole mandare un forte messaggio agli Ebrei progressisti di Israele e all’estero: “Non siete più automaticamente considerati parte del progetto sionista. Giudicheremo se siete amici o nemici.”
Si vuole che questo abbia un effetto agghiacciante sugli Ebrei progressisti e che mandi il messaggio che, se vogliono visitare una famigli a Israele o partecipare a un matrimonio, a un funerale o a un bar mitzwah, dovrebbero essere leali o stare tranquilli. Da ora in poi, devono comprendere che vengono monitorati sui media sociali.
Queste sono soltanto le salve iniziali della guerra della destra israeliana contro il dissenso ebraico. E’ un pendio che gli Ebrei liberali scopriranno che diventa sempre più scivoloso.

(Traduzione di Maria Chiara Starace)


Nessun commento:

Posta un commento