venerdì 19 giugno 2015

Fuoco - Tahar Ben Jelloun

si racconta la piccola storia di Mohamed Bouazizi, che dopo mille amarezze della vita e altrettante angherie della polizia ha scelto di darsi fuoco, nel 2010.
il suo gesto ha dato inizio e forza alla primavera tunisina.
è un libri di poche pagine, inizi e non ti stacchi più, Tahar Ben Jelloun sa scrivere davvero bene, Mohamed non te lo dimentichi più.
alla fine del libro viene ricordata la storia di Hamza al-Khatib, un ragazzini di 13 anni, arrestato, torturato e ammazzato in Siria dalle milizie di Bashar alAssad, nel 2011.
quella tunisina poi è stata l'unica primavera che ancora dura, quella siriana, libica, egiziana, sono più o meno rapidamente diventate inverni/inferni.
cercate Fuoco, un libro che merita, per continuare a ricordare - franz






…Raccontando di Bouazizi, Jelloun ritrae con una prosa asciutta e senza sbavature la vita dei tunisini sotto il regime di Ben Ali: soprusi e prepotenze di politici e polizia da una parte, e dall’altra l’estrema povertà, ma anche la solidarietà della gente comune. La polizia in borghese è ovunque, lo spionaggio capillare: non appena Mohamed interrompe i contatti con il gruppo dei laureati disoccupati (probabilmente infiltrato o comunque controllato), riceve una visita dalle forze dell’ordine; subito dopo aver incontrato di nuovo uno dei vecchi compagni di lotta, viene interrogato e picchiato. Spesso Jelloun lascia parlare i fatti: “A casa, la vecchia televisione era accesa. Una trasmissione stava celebrando i trent’anni di regno del Presidente della Repubblica”. A tratti la ricostruzione ricorre ad un simbolismo poetico di grande efficacia: nel corso di una retata contro un gruppo di giovani venditori ambulanti, un dvd di Spartacus finisce spiaccicato sotto le ruote del furgoncino”.
E celebrando Bouazizi, uno studente di storia che ha fatto la Storia solo dopo aver bruciato il proprio diploma, Jelloun ci ricorda che che c’è ben altro che dovremmo importare dal continente africano piuttosto che gli anticicloni e il petrolio libico.

Fuoco è scritto con una chiarezza ed insieme una delicatezza disarmanti. Ti fa insorgere per la prepotenza, ti fa respirare la polvere. Mohamed è un giovane laureato che, alla morte del padre, non può far altro per mandare avanti la propria famiglia che raccoglierne il testimone: diventa un piccolo ambulante di frutta e verdura. Non sfugga e certamente non sfuggirà ai lettori attenti che il racconto non parla di “altri mondi” arretrati culturalmente ma di un desiderio di umanità che coglie impreparate le istituzioni. Mohamed ha una ragazza, Zineb, che lo proteggerà pur spingendolo a rivendicare i propri diritti, naturali ed irrinunciabili, come quello di determinare le proprie fortune. Tahar Ben Jelloun fa direttamente luce sul male che dilaga in Tunisia, come in Italia: la corruzione perpetrata da piccoli e grandi miserabili, funzionari di stato, semplici agenti di polizia. Anche ciò che trasforma gli uomini in bestie insensate è uguale ovunque…

Ben Jelloun ne esce benissimo. Racconta un dramma, un clima, aggiunge, proprio sulla primavera araba una postfazione per l’edizione italiana, ma conta il testo sulla vita e sulla morte di Mohamed Bouazizi. E quella scrittura, e quel modo di raccontarlo hanno forza perché parola dopo parola, leggendo questo testo, ti convinci che Mohamed potresti essere tu, e tu ovunque, nello spazio, come nel tempo. Tu oggi e in Svezia, tu domani e in Pakistan. Non ha importanza. Ha importanza solo una cosa, che le storie vere raccontate possano diventare storie eterne. Ed è questo il sottotitolo che mi sarebbe piaciuto a questo Fuoco: una storia eterna, una storia di sempre.
da qui



E’ stato diffuso in rete per la prima volta il video shock che mostra il corpo martoriato del bambino Hamza Alì  Al Khatib, sequestrato, torturato e ucciso dalle milizie di bashar al assad nel 2011. Le immagini sono agghiaccianti, consigliate ad un pubblico di adulti. Ora il mondo può capire perché la madre, quando le hanno riportato il corpo esanime, ha detto loro: “No, questo non è mio figlio”. Sono passati tre anni da allora. La morte di questo innocente non deve essere dimenticata. I suoi carnefici sono liberi, la loro presenza è ancora legittimata dal resto del mondo. In questo lasso di tempo sono stati uccisi altri 12 mila Hamza.
Ecco la storia di questo angelo, diventato simbolo dell’infanticidio siriano…



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