si
racconta la piccola storia di Mohamed Bouazizi, che dopo mille amarezze
della vita e altrettante angherie della polizia ha scelto di darsi fuoco, nel
2010.
il suo gesto ha dato inizio e forza alla primavera
tunisina.
è un libri di poche pagine, inizi e non ti stacchi
più, Tahar Ben Jelloun sa scrivere davvero bene, Mohamed non te lo
dimentichi più.
alla fine del libro viene ricordata la storia di Hamza al-Khatib, un ragazzini di 13 anni, arrestato,
torturato e ammazzato in Siria dalle milizie
di Bashar alAssad, nel 2011.
quella tunisina poi è stata l'unica primavera che ancora
dura, quella siriana, libica, egiziana, sono più o meno rapidamente diventate
inverni/inferni.
cercate Fuoco, un libro che merita, per continuare a ricordare - franz
…Raccontando di Bouazizi, Jelloun ritrae con una prosa asciutta e
senza sbavature la vita dei tunisini sotto il regime di Ben Ali: soprusi e
prepotenze di politici e polizia da una parte, e dall’altra l’estrema povertà,
ma anche la solidarietà della gente comune. La polizia in borghese è ovunque,
lo spionaggio capillare: non appena Mohamed interrompe i contatti con il gruppo
dei laureati disoccupati (probabilmente infiltrato o comunque controllato),
riceve una visita dalle forze dell’ordine; subito dopo aver incontrato di nuovo
uno dei vecchi compagni di lotta, viene interrogato e picchiato. Spesso Jelloun
lascia parlare i fatti: “A casa, la vecchia televisione
era accesa. Una trasmissione stava celebrando i trent’anni di regno del
Presidente della Repubblica”. A tratti la ricostruzione ricorre ad
un simbolismo poetico di grande efficacia: nel corso di una retata contro un
gruppo di giovani venditori ambulanti, un dvd di Spartacus “finisce spiaccicato sotto le
ruote del furgoncino”.
E
celebrando Bouazizi, uno studente di storia che ha fatto la Storia solo dopo
aver bruciato il proprio diploma, Jelloun ci ricorda che che c’è ben altro che
dovremmo importare dal continente africano piuttosto che gli anticicloni e il
petrolio libico.
…Fuoco è scritto con una chiarezza ed insieme una
delicatezza disarmanti. Ti fa insorgere per la prepotenza, ti fa respirare la
polvere. Mohamed è un giovane laureato che, alla morte del padre, non può far
altro per mandare avanti la propria famiglia che raccoglierne il testimone:
diventa un piccolo ambulante di frutta e verdura. Non sfugga e certamente non
sfuggirà ai lettori attenti che il racconto non parla di “altri mondi”
arretrati culturalmente ma di un desiderio di umanità che coglie impreparate le
istituzioni. Mohamed ha una ragazza, Zineb, che lo proteggerà pur spingendolo a
rivendicare i propri diritti, naturali ed irrinunciabili, come quello di
determinare le proprie fortune. Tahar Ben Jelloun fa direttamente luce sul male
che dilaga in Tunisia, come in Italia: la corruzione perpetrata da piccoli e
grandi miserabili, funzionari di stato, semplici agenti di polizia. Anche ciò
che trasforma gli uomini in bestie insensate è uguale ovunque…
…Ben Jelloun ne esce benissimo. Racconta un dramma,
un clima, aggiunge, proprio sulla primavera araba una postfazione per
l’edizione italiana, ma conta il testo sulla vita e sulla morte di Mohamed
Bouazizi. E quella scrittura, e quel modo di raccontarlo hanno forza perché
parola dopo parola, leggendo questo testo, ti convinci che Mohamed potresti
essere tu, e tu ovunque, nello spazio, come nel tempo. Tu oggi e in Svezia, tu
domani e in Pakistan. Non ha importanza. Ha importanza solo una cosa, che le
storie vere raccontate possano diventare storie eterne. Ed è questo il
sottotitolo che mi sarebbe piaciuto a questo Fuoco: una storia eterna, una storia di sempre.
da qui
E’ stato diffuso in rete per la prima volta il video shock che mostra
il corpo martoriato del bambino Hamza Alì Al Khatib, sequestrato,
torturato e ucciso dalle milizie di bashar al assad nel 2011. Le immagini sono
agghiaccianti, consigliate ad un pubblico di adulti. Ora il mondo può capire
perché la madre, quando le hanno riportato il corpo esanime, ha detto loro:
“No, questo non è mio figlio”. Sono passati tre anni da allora. La morte di
questo innocente non deve essere dimenticata. I suoi carnefici sono liberi, la
loro presenza è ancora legittimata dal resto del mondo. In questo lasso di
tempo sono stati uccisi altri 12 mila Hamza.
Ecco la storia di questo angelo, diventato simbolo
dell’infanticidio siriano…
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