Prima di iniziare il massacro, Dylann Roof ha detto ai
fedeli neri della Emanuel African Methodist Episcopal Church di Charleston,
South Carolina: «stuprate le nostre donne e vi state impadronendo
dell’America». Sono due paranoie diverse — la sessualità e il potere —
connotate da epoche diverse ma infine connesse da un sottofondo
di senso.
La figura del nero violentatore
affonda radici profonde nella storia, e questo le dà oggi un curioso
sapore anacronistico. È vero che non è mai del tutto scomparsa
dall’immaginario americano (e neanche dal nostro): la campagna elettorale
che portò all’elezione di Bush padre nel 1988 fu tutta imperniata sulla figura
di Willie Horton, un afroamericano che, in libera uscita dal carcere,
aveva violentato una donna bianca. Tuttavia, rinvia soprattutto agli anni
dei linciaggi di massa, fra la guerra civile e gli anni ’30, ed
è stata relativamente meno presente in epoca più recente. Il fatto che
Roof l’abbia riesumata rivela da quali paure ataviche è stato mosso,
in quali profondità oscure è andato a pescare.
L’idea che i neri stiano
impadronendosi dell’America invece è strettamente legata alla contemporaneità.
La presidenza Obama, lungi dal segnare il superamento delle tensioni razziali,
ha finito per acutizzarle, generando la convinzione che i neri stiano
prendendo il potere e si preparino a ridurre i bianchi
a cittadini di seconda classe. Intenzionale o meno, anche
l’ondata di assassinii di neri da parte della polizia fa parte di questo
quadro paranoico. La visione del mondo dei «suprematisti» bianchi non
ammette vie di mezzo coesistenze, sfumature: se non dominiamo noi, domineranno
loro. Per questo, ogni volta che il potere bianco viene sia pure minimamente
intaccato, è percepito come l’inizio di un capovolgimento apocalittico.
E poche migliaia di profughi rappresentano un’«invasione» agli occhi
di un Europa bianca paranoica.
Quello che tiene insieme queste
due paranoie storicamente diverse è l’ossessione della purezza.
L’atavica paranoia dello stupro si collega al terrore della miscegenation,
la «mescolanza» che contamina la purezza del «sangue» della stirpe dominante.
Nell’ideologia razziale americana, basta avere un sedicesimo di «sangue»
nero per essere considerati cento per cento neri. La moderna ossessione per
la «conquista» o l’«invasione» nera è anch’essa fondata su un analogo
terrore della contaminazione : basta che i neri ottengano un frammento
di potere perché l’intera sfera del potere sia percepita come sporcata
e impura. Se è vero che lo sporco è «materia fuori posto», ebbene,
niente è più fuori posto di Treyvor Martin in un quartiere per bianchi
o di un nero alla Casa Bianca. I puri devono correre ai ripari.
Per questi motivi mi sembra mal
posta la domanda se il terrorista Dylann Roof sia un isolato o faccia
parte di un’organizzazione. Anche se avesse agito tutto da solo, comunque non
è un isolato, perché è espressione di una patologia diffusa
e attivamente coltivata da media e politici di destra. Non
è comunque isolato il suo gesto. Forse ce ne siamo già scordati, nel
succedersi incessante di tragedie di cronaca, ma nel 2012 un altro terrorista
bianco è entrato un tempio Sikh nel Wisconsin e ha ammazzato sei
persone: odiava gli arabi e i musulmani, che i Sikh non fossero né
l’uno né l’altro era irrilevante. Erano comunque gente fuori posto
nell’America bianca e cristiana, come sono fuori posto tutti
i migranti, accampati sugli scogli di Ventimiglia o attorno alle
stazioni di Roma o di Milano (e la nostrana ossessione della purezza si
è inventata pure l’emergenza scabbia).
Non è un gesto isolato non
solo perché, come in tanti hanno ricordato, echeggia la strage di Birmingham,
Alabama, le quattro bambine uccise in chiesa da una bomba terrorista
bianca nel 1963, ma anche perché – e anche questo fatichiamo
a ricordarcelo – a metà anni ’90 l’America fu segnata da un’ondata
di incendi dolosi di chiese nere. E c’è da domandarsi che relazione esista
fra l’ossessione dello sporco e l’aggressione ripetuta al sacro.
Charleston, dove è successa
questa strage, è un posto un po’ speciale. Al tempo della schiavitù, il
South Carolina era l’unico stato in cui i neri fossero maggioranza. Fu
qui che nel 1821 l’ex schiavo Denmark Vesey e un gruppo di suoi compagni
organizzarono il più importante tentativo di rivolta della storia della
schiavitù – importante non tanto per quello che fecero (furono scoperti
e uccisi prima di poter agire) quanto per quello che pensavano. Orientata
verso il Sud, verso i Caraibi, Charleston era «contaminata» dalle
idee rivoluzionarie e di liberazione che arrivavano dall’appena
compiuta rivoluzione di Haiti.
Denmark Vesey era stato in contatto
con i marinai haitiani, conosceva il pensiero della rivoluzione francese.
Nella raffinata reazionaria Charleston, gli schiavi e gli ex
schiavi erano i portatori delle idee di modernità e di libertà.
Oggi, sta ai loro discendenti salvare un senso di umanità di cui sempre
più, ogni giorno, perdiamo le tracce.
La psicoanalista Melanie Klein sottolineava che la posizione schizo-paranoide è uno stadio primitivo della psiche infantile. Purtroppo tante persone - da sole e in gruppi organizzati - rimangono ferme a questo stadio. Che tristezza ...
RispondiEliminaci sarà una soluzione positiva?
Eliminamagari troppi ne approfittano di queste cose...