Di questa cosa dei barconi
ho i timpani pieni. Per l’insulto all’intelligenza. Per la logica che evapora
col caldo estivo. Per la coazione a ripetere del senso comune, caricato a
orologeria dai media. Dico io: vuoi lamentarti dei barconi che arrivano colmi
di richiedenti asilo? Va bene, ma fallo in bicicletta. O a piedi. Non col culo
sul sedile di un Suv, come ho sentito fare oggi a un tipo che caricava benzina
dentro al suo fuoristrada. Diavolo, ma secondo te, perché la gente scappa
dall’Iraq o dalla Libia, per sport? Scappano per permetterti di fare il pieno,
settecervelli. A ogni pieno che fai, un barcone che viene. Per pompare olio,
serve destabilizzare, colonizzare, sfollare. Allora si può pompare. E mettere
un bel centone per arrivare alla prossima stazione di benzina, dove potrai
continuare a lamentarti dei barconi. Evocandone altri a ogni pieno. Quindi non
prendertela coi “buonisti”. Sono i cinici come te quelli che tengono alta la
domanda della merce che costringe la gente a mettersi nelle mani dei trafficanti.
“A casa loro!”. Certo, ci starebbero volentieri, ma ci sono le macerie a casa
loro, perché a casa tua serve il gas e alla tua auto il petrolio. Ovvero serve
che quelli dell’Isis, “nemici dell’Occidente”, possano rivenderci i loro ottani
di fondamentalismo a buon mercato.
Oh, intendiamoci: vale per tutti.
Mica solo per il genio col Suv che ho visto oggi. Vale per chi prende i voli
intercontinentali come per chi viaggia in low cost. Io che scrivo, mica posso
chiamarmi fuori solo perché c’è scritto natural power sulla mia auto.
Combustibili fossili e gas: in nome di quelle due cose li, che stanno alla base
della nostra civiltà, alimentiamo continuamente conflitti che poi creano
persecuzioni, sfollati e richieste d’asilo.
Certo, se uno evitasse di inalare
il benzene alla pompa della benzina, avrebbe la lucidità di non sparare idiozie
sui migranti dal pradellino di un rottame ciuccia-benzina. Quanto a chi
riconosce il legame tra petrolio e barconi, ha due alternative: o predicare il
diritto delle persone alla fuga e alla mobilità, auspicando l’abolizione di
ogni frontiera; oppure sostenere la priorità dell’olio combustibile sulla vita
degli umani che abitano sopra i pozzi. In altre parole: o rivendicare la
solidarietà e l’accoglienza, o salutare con un fascistissimo “me-ne-frego” i
profughi delle guerre del petrolio, vittime collaterali dei propri pieni. Non
ci sono scuse. Ogni cento chilometri, c’è qualcuno che scappa a piedi per farci
correre sui cavalli a pistoni d’acciaio. Per ogni vacanza, c’è qualcuno che in
Asia o in Africa perde un tetto. Non sto facendo la morale, non dico che è bene
o male (è male, malissimo, in realtà). Ma adesso vi dico solo: prendetene atto.
E’ una questione di logica.
Domanda: perché la gente fatica a
provare compassione per i profughi?
Risposta: Non lo so. Forse perché
viviamo in società individualiste, prive di legami che si estendono oltre
quelli del nucleo familiare. Perché cresciamo in mondi digitali, dove non c’è
spazio per gli abbracci. A dire il vero, non lo capisco, perché io so che i Suv
non provano compassione, ma gli umani si. Forse, amando troppo le merci, non si
prova affetto per le persone. No so.
Mi viene in mente che chi va in
giro col Suv per una città è gente che vive in guerra. In guerra contro la
miseria e i poveri. E per questa guerra avrà le sue buone ragioni. Magari quel
conducente di Suv che ho visto io aveva il nonno proletario e teme di cascare
lui stesso nella miseria. Combatte la guerra contro la proletarizzazione
corazzato col Suv. E’ un’armatura che serve a esorcizzare il fantasma della
miseria.
Un fantasma che fa paura.
Uno spettro che si agita per
l’Europa.
La civiltà capitalista aveva
promesso, dopo il crollo del muro di Berlino, una classe media post-ideologica
che avrebbe vissuto di agi e benessere. E invece ci si ritrova col vecchio
schema di gioco: ancora pochi ricchi contro tanti poveri.
I poveri hanno la speranza, la
solidarietà e la determinazione; i ricchi il potere e il monopolio legale della
violenza.
E chi sta nel mezzo spara stronzate
al distributore, seduto su un Suv pronto a far ruggire.
da qui
(ne ho letto qui)
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