una storia dell'altro (e di noi) e degli equivoci che nascono.
ci sono passi nei quali non si può evitare di ridere (spero anche per te).
nel complesso un libro che non è perfetto, ma non dispiace - franz
…Si tratta di una storia molto divertente ambientata
nella chinatown di Buenos Aires che, grazie ai suoi eventi tragicomici, allo
spirito critico e al senso dell'umorismo dell'autore, ci introduce nel
mondo spesso ignoto della comunità cinese. A dire dello stesso Magnus, “il
romanzo gioca con l'impressione che gli argentini hanno della Cina e del suo
popolo”, che assomiglia molto agli stereotipi più diffusi. Aiuta quindi ad
accostarsi alla cultura cinese e a comprenderne le comunità presenti in tutto
il mondo, di cui troppo spesso non conosciamo nulla. “I cinesi non sembra che
siano molto integrati nella cultura argentina” spiega l'autore in un'intervista
a Siglo XXI…
…Magnus ha dato tutto all'inizio nel disegnare un
personaggio 'sconvolto' dal contatto col 'diverso', che lo è ancora di più se
lo si tiene sistematicamente a distanza; quando poi quest'ultima tende ad accorciarsi
viene meno la costruzione stessa del confronto.
Rimane comunque una prima parte che è un vero e proprio fuoco d'artificio ed una seconda più rilassata e terzomondista…
Rimane comunque una prima parte che è un vero e proprio fuoco d'artificio ed una seconda più rilassata e terzomondista…
Qual è il fatto reale che ha suggerito l’idea di
questo libro?
Nel 2006 in diversi luoghi di Buenos Aires c’è stata
una serie di incendi, tutti in negozi di mobili, tutti nel cuor della notte,
finché la polizia ha fermato un cinese in bicicletta (Un cinese in
bicicletta è il titolo originale del romanzo, NdT) che aveva con sé
bidoni di benzina, fiammiferi (da cui il soprannome Cerino) e
pietre per rompere le vetrine. Si trattava di un sospetto così perfetto da
destare dei sospetti. E di sicuro ha destato l’interesse di tutti, compresi
vari scrittori che infatti l’hanno messo nei loro libri. Nel mio caso, sono
arrivato a occuparmi di quella storia perché volevo scrivere un libro-reportage
sugli immigrati cinesi in Argentina, un’idea che le case editrici rifiutarono
con assoluto entusiasmo. È per questo che, a mò di vendetta, ho deciso di
scrivere la storia di Cerino in forma di romanzo.
Quanto la televisione può essere determinante nella
nostra vita, e quanto ne subiamo le conseguenze?
Non ho un televisore, tuttavia vengo a sapere più o
meno tutto quello che accade in televisione, il che mostra fino a che punto
influisce sulle nostre vite, persino su quelle di coloro che non la guardano. E
il fatto di non essere al corrente di ciò che sta succedendo alla televisione
può essere determinante, nel senso che ci fa sentire emarginati in molte
situazioni sociali. Proprio come le catene via mail, la tv genera
un’omogeneizzazione dell’esperienza che fa sì che tutti possiamo avere degli
argomenti di discussione (perché abbiamo visto la stessa trasmissione), e al
tempo stesso ci riduce a persone molto meno interessanti, cioè con meno cose da
dire. Personalmente la cosa che mi fa più paura della tv è il rischio di
rimanere intrappolato nel suo sistema di riferimenti, e che di fronte a certe
situazioni mi venga in mente un jingle pubblicitario o qualcosa che ho sentito
dire da qualche conduttore oligofrenico, cosa quasi inevitabile se uno passa
parecchio tempo di fronte allo schermo. Però insomma, per molta gente è una
grande compagnia, e personalmente senza le partite di calcio (che guardo, per
internet o al bar o a casa di mio padre) sarei molto meno felice.
L’ironia è
un’arma, si dice. Ma cosa combatte?
Credo che
l’ironia sia in primo luogo un modo di esprimersi e di pensare, che più che
combattere cerca di attrarre il prossimo verso le proprie posizioni, di farlo
passare dalla propria parte strizzandogli l’occhio. Dicendo quello che penso
attraverso il suo opposto, mettendolo per così dire tra parentesi e con un
segno meno davanti, cerco di fare in modo che l’altro arrivi alla mia opinione
come se stesse facendo tutto il percorso che lo conduce a quella conclusione.
Credo che uno dei vantaggi dello humour sia precisamente quello di obbligare
l’altro a fare la “fatica” di pensare, anche quando si tratta di un percorso di
pensiero già prestabilito da chi sta utilizzando l’ironia. Se si usa l’ironia
come un’arma, in ogni caso è per combattere la solennità, che a me fa sempre
venir voglia di ribellarmi, persino se serve per esprimere opinioni con cui
sono d’accordo.
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