Ieri Marco Travaglio ha scritto un articolo su Adriano
Sofri, ma poi ha parlato anche di altro. Per me che faccio teatro e ogni tanto
vedo lui comparire come attore nelle stagioni teatrali è un motivo di
riflessione importante. Da alcuni anni ci chiediamo (io, ma soprattutto critici
e studiosi) come mai giornalisti e magistrati, ma alle volte anche preti,
portino in scena degli spettacoli teatrali. Lo so che il teatro è meno piccolo
di una nicchia, ma è un settore nel quale operano dei professionisti che si
sono formati per farlo. Non basta avere delle cose da dire per farci un’opera
teatrale.
Ma probabilmente non è così visto che c’è gente che
compra il biglietto per vedere Travaglio.
Oggi mi sono dovuto ricredere. La forza persuasiva di Travaglio ha qualcosa di molto teatrale e tra i capolavori della persuasione mi ricorda il celebre discorso di Marco Antonio di Shakespeare. Cesare è stato ucciso dai congiurati e sulla sua salma Antonio parla proprio col loro permesso. Anche per questo la plebe gli crede. Bruto ha ucciso Cesare per combattere la tirannia e Antonio utilizza proprio i suoi argomenti per rovesciarne il senso.
Oggi mi sono dovuto ricredere. La forza persuasiva di Travaglio ha qualcosa di molto teatrale e tra i capolavori della persuasione mi ricorda il celebre discorso di Marco Antonio di Shakespeare. Cesare è stato ucciso dai congiurati e sulla sua salma Antonio parla proprio col loro permesso. Anche per questo la plebe gli crede. Bruto ha ucciso Cesare per combattere la tirannia e Antonio utilizza proprio i suoi argomenti per rovesciarne il senso.
Travaglio lo fa in un modo più semplice di Shakespeare,
ma ci prova.
La questione che cerco di affrontare nasce dal fatto che Sofri viene invitato dal ministro Orlando a parlare di carcere e giustizia e Travaglio scrive che nessuno meglio di lui può farlo, ma lo dice ricordando che non ha scontato tutti e 22 gli anni di carcere al quale è stato condannato. Scrive che “è riuscito a scontarne a malapena 7” e gioca tralasciando il fatto che per un altro mucchio di anni è uscito di giorno per lavorare e poi è tornato di sera tra le sbarre.
La questione che cerco di affrontare nasce dal fatto che Sofri viene invitato dal ministro Orlando a parlare di carcere e giustizia e Travaglio scrive che nessuno meglio di lui può farlo, ma lo dice ricordando che non ha scontato tutti e 22 gli anni di carcere al quale è stato condannato. Scrive che “è riuscito a scontarne a malapena 7” e gioca tralasciando il fatto che per un altro mucchio di anni è uscito di giorno per lavorare e poi è tornato di sera tra le sbarre.
La galera solo di notte, per lui, è villeggiatura come
per Berlusconi era il confino ai tempi del fascismo?
Tutti quegli anni non se li è fatti in cella perché, ricorda Travaglio, è uscito “per gravissimi problemi di salute da cui si è prontamente e fortunatamente ripreso”, insomma fa pensare ad un malessere passeggero, forse persino un pretesto, ma non dice che gli si è squarciato l’esofago ed è stato un mese in coma farmacologico.
Tutti quegli anni non se li è fatti in cella perché, ricorda Travaglio, è uscito “per gravissimi problemi di salute da cui si è prontamente e fortunatamente ripreso”, insomma fa pensare ad un malessere passeggero, forse persino un pretesto, ma non dice che gli si è squarciato l’esofago ed è stato un mese in coma farmacologico.
E conclude la parte in cui parla di Sofri ricordando che
“era stato invitato al tavolo proprio in veste di ex detenuto, quindi di
profondo conoscitore della materia carceraria, per quel poco che l'aveva
sperimentata”.
Sette anni di reclusione per lui sono pochi.
Sette anni di reclusione per lui sono pochi.
In un testo del 1949 pubblicato su “Il Ponte” Vittorio
Foa scrive che “nessuna pena detentiva dovrebbe superare i tre, al massimo
cinque anni”. Foa scriveva cose del genere perché conosceva il carcere. Lo
conosceva perché c’era stato rinchiuso.
Sarebbe da fare un’analisi approfondita dell’acrobazia retorica che segue e che mette in fila nomi improbabili, tipo: Riina, Buzzi, Lapo Elkann, Provenzano.
Sarebbe da fare un’analisi approfondita dell’acrobazia retorica che segue e che mette in fila nomi improbabili, tipo: Riina, Buzzi, Lapo Elkann, Provenzano.
L’effetto è quello del frullatore: mischio ingredienti
diversi e ne viene fuori uno solo che ha un solo sapore. Che li rende tutti
uguali. Un po’ come la barzelletta che ci raccontavamo da bambini. Quella della
mela che si sposa con la pesca e il prete dice “vi dichiaro macedonia”.
Ma a parte questo questo finale di frutta mista che mette tutti sullo stesso piano, tutti impresentabili, tutti malviventi,
è più o meno a metà del monologo che usa l’artificio retorico più interessante.
Ma a parte questo questo finale di frutta mista che mette tutti sullo stesso piano, tutti impresentabili, tutti malviventi,
è più o meno a metà del monologo che usa l’artificio retorico più interessante.
Ovvero quando scrive che il contributo di gente come
Sofri ad un dibattito sulla detenzione “potrebbe avviarci verso la totale
decarcerazione, cioè l'abolizione definitiva delle patrie galere”. Come a dire
che non soltanto bisognerebbe mandare più gente in galera e chiudercela per
molto più tempo. Che non basta avergli fatto scontare una pena, ma devono anche
starsene zitti. Per lui è uno scandalo che persone che hanno vissuto
un’esperienza di detenzione scrivano libri e parlino in pubblico. E questo
perché (lo scrive come se si trattasse di una provocazione uno scandalosa senza
sapere che da decenni se ne parla) potrebbero farci capire l’assurdità
dell’istituzione carceraria.
Non sto a ricordare a Travaglio che nella Costituzione
non si parla di carcere e che le pene non devono essere esclusivamente
schiacciate sulla galera. Che in molti paesi si è imboccata da tempo la via
della decarcerizzazione.
Semplicemente mi permetto di dargli due consigli.
Semplicemente mi permetto di dargli due consigli.
Il primo è di decidere se sta facendo il giornalista o il
teatrante. Sono due linguaggi diversi. Nel primo dovrebbe cercare di raccontare
dei fatti, nel secondo può scrivere commedie o tragedie inventando commistioni,
parallelismi e macedonie.
E poi gli consiglio un libro che è stato pubblicato un paio di mesi fa: “Abolire il carcere”. Ci sono scritti di pericolosi assassini terroristi come Luigi Manconi e Gustavo Zagrebelsky. Penso che possa farselo recapitare gratuitamente visto che l’ha pubblicato il suo stesso editore, quello per il quale pubblica libri e dirige un quotidiano.
Con rispetto,
ascanio
E poi gli consiglio un libro che è stato pubblicato un paio di mesi fa: “Abolire il carcere”. Ci sono scritti di pericolosi assassini terroristi come Luigi Manconi e Gustavo Zagrebelsky. Penso che possa farselo recapitare gratuitamente visto che l’ha pubblicato il suo stesso editore, quello per il quale pubblica libri e dirige un quotidiano.
Con rispetto,
ascanio
Ottima quest'analisi di Celestini.
RispondiEliminameno male che ancora c'è qualche attore parlante...
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